Il 25 Aprile come festa nazionale fu celebrato fin dal 1946 per un’iniziativa dell’allora presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi, ratificata con un decreto dal principe e luogotenente d’Italia Umberto II di Savoia, che sanciva al tempo stesso la soppressione di festività legate al regime fascista, come l’anniversario della “marcia su Roma” (28 ottobre) e la fondazione dell’impero (9 maggio).

L’iniziativa di celebrare il 25 Aprile fu reiterata sia nel 1947 sia nel 1948, ma soltanto dal 1949 la Festa della Liberazione è diventata una ricorrenza stabile.

La scelta della data non era scontata. In effetti la fine delle ostilità in Italia e quindi la totale liberazione del territorio nazionale sono arrivate il 3 maggio 1945.

Si preferì invece orientarsi verso il giorno in cui il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia chiamò il popolo italiano all’insurrezione nei territori ancora occupati dai tedeschi e al tempo stesso si affermò come un’unica autorità nazionale legittima.

Scegliere il 25 Aprile significava quindi celebrare non soltanto la fine della guerra e dell’oppressione nazifascista, ma anche riconoscere il valore e l’importanza del movimento partigiano. La differenza non è da poco: un conto è auspicare la fine della guerra e il ritorno alla normalità, un altro è aderire ai valori e all’iniziativa della Resistenza. In questo senso, l’istituzionalizzazione del 25 Aprile, la sua accettazione da parte di tutti gli italiani, si è presentata più ardua rispetto ad altre memorie civili.

Il 25 Aprile è una la festa che unisce, o almeno prova ad unire, un popolo intorno a determinati valori.

Ma è anche una festa contro. Contro il fascismo,  la dittatura, la guerra: questo non si può cancellare.

Soprattutto non si può dimenticare che questo ‘nemico ideale’ è anche un pezzo della storia nazionale da cui siamo emersi attraverso una guerra civile.

Inoltre, la Resistenza è stato un immenso movimento di popolo, che attraverso la guerra partigiana ma anche scioperi, manifestazioni, disobbedienza civile, momenti di solidarietà ha provato a costruire il proprio destino.

Nondimeno, se il consenso fu diffuso, la partecipazione attiva fu certamente minoritaria; altri combatterono sotto una diversa, opposta, bandiera e ampia fu la cosiddetta zona grigia.

I valori della Resistenza sono ampiamente condivisi, ma forse in modo minore di quanto comunemente si creda, anche in contesti sicuramente esenti da aperte forme di nostalgia verso il regime fascista, ma che hanno ereditato le sensibilità attendiste della cosiddetta zona grigia oppure atteggiamenti individualisti o qualunquisti.

(Fonte: Istituto della Enciclopedia Italiana).