Contratto di apprendistato. Obblighi di formazione. Inadempimento del datore di lavoro. Effetti.
Cassazione, ordinanza n. 15949/2021.In tema di contratto di apprendistato l’inadempimento totale agli obblighi di formazione pratica e teorica da parte del datore di lavoro comporta la trasformazione del rapporto di lavoro in contratto a tempo indeterminato.
Cassazione, ordinanza 8 Giugno 2021, n. 15949.
di Luigi Verde
In tema di contratto di apprendistato, l’inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall’inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto, ferma la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai principi generali, la gravità dell’inadempimento ai fini della declaratoria di trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza.
1. Come noto, il contratto di apprendistato è un rapporto dì lavoro a tempo indeterminato bi-fasico, nel quale la prima fase è contraddistinta da una causa mista (al normale scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione si aggiunge, con funzione specializzante, lo scambio tra attività lavorativa e formazione professionale) mentre la seconda fase soltanto eventuale, perché condizionata al mancato recesso ex art. 2118 c.c., rientra nell’ordinario assetto del rapporto di lavoro subordinato. La funzione giuridica del contratto di apprendistato è quindi caratterizzata oltre che dallo svolgimento della prestazione lavorativa, anche da un effettivo addestramento professionale finalizzato all’acquisizione da parte del tirocinante della necessaria capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato.
2. Sul tema la Suprema Corte, con l’ordinanza n. 15949/21, depositata l’8 giugno 2021, ha confermato il suo orientamento, ribadendo che “in tema di contratto di formazione e lavoro, l’inadempimento degli obblighi di formazione determina la trasformazione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato, qualora l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e quindi trasfusi nel contratto (cfr., ex plurimis, Cass. n. 7301/14). In questa seconda ipotesi, afferma la S.C., il giudice deve valutare in base ai principi generali la gravità dell’inadempimento, giungendo alla declaratoria di trasformazione del rapporto (v. Cass. n. 7301/14, cit.; n. 6803/14; n. 16445/13; n. 2247/06; n.15308/04 nonché n. 19846/04). La Corte ha quindi ricordato, conformemente alla più recente sua giurisprudenza (cfr. sul punto, Cass. n. 16595 del 2020) che “in tema di contratto di apprendistato, l’inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall’inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agii obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto, ferma la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai principi generali, la gravità dell’inadempimento ai fini della declaratoria di trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza”.
Testo dell’ordinanza
“[…] Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza n. 15949.
Presidente: Berrino Umberto. Relatore: Piccone Valeria.
Data pubblicazione: 8 Giugno 2021
Ordinanza sul ricorso 29142-2017 proposto da H.C. (Omissis). -ricorrente–
contro S.r.l. (Omissis) -controricorrente–
avverso la sentenza n. 63/2017 della Corte d’Appello di Campobasso, depositata il 13/06/2017 R.G.N. 194/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/11/2020 dal Consigliere Dott. Valeria Piccone.
RILEVATO CHE
-con sentenza in data 13 maggio 2017, la Corte d’Appello di Campobasso ha respinto l’appello proposto da H.c. avverso la decisione del locale Tribunale che aveva dichiarato inammissibile la domanda da lei avanzata nei confronti della (Omissis) S.r.l. volta ad impugnare il recesso dal contratto di apprendistato, contratto di cui era stato chiesto accertarsi l’illegittimità per difetto dell’attività formativa, nonché respinto la domanda volta ad ottenere la condanna della società alla corresponsione delle differenze retributive dovute in considerazione del CCNL applicabile e delle mansioni effettivamente svolte;
– in particolare, confermando l’iter argomentativo di primo grado, la Corte ha ritenuto la ricorrente decaduta dall’impugnazione del recesso essendo trascorsi infruttuosamente i sessanta giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro e non applicandosi alla fattispecie la proroga di cui all’art. 32 comma 1-bis della legge n. 183 del 2010;
– avverso tale pronunzia propone ricorso H.C. affidandolo ad un unico, articolato motivo;
– resiste, con controricorso, la (Omissis) S.r.I.;
– la questione è stata rimessa a questa Sezione dalla Sezione Sesta che ha ritenuto insussistenti i presupposti per la trattazione in camera di consiglio;
– entrambe le parti hanno presentato memorie.
CONSIDERATO CHE
– con l’unico, articolato motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.L. 29 dicembre 2010 n. 225 conv. con modificazioni in legge 26 febbraio 2011, n. 10, nonché degli artt. 32 L. n. 183 del 2010 e 6 L. 16 luglio 1966, n. 604, in relazione all’art. 360 primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per aver la Corte d’appello ritenuto applicabile alla specie il termine decadenziale di sessanta giorni di cui all’art. 32 comma 3 lett. a I. n. 183/2010, in quanto esteso ai “licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro”, senza tener conto che l’applicabilità del nuovo termine decadenziale era stata differita ex lege al 31/12/2011;
– il motivo è fondato e merita accoglimento, nei termini di cui in motivazione;
– parte ricorrente, nel proprio atto introduttivo – aspetto, questo pacifico fra le parti – ha fatto valere la completa assenza dell’attività formativa nel rapporto asseritamente di apprendistato intercorso con la società datrice e da tale illegittimità ha fatto discendere la conseguente ingiustizia dell’intimato recesso, per essersi il rapporto trasformato in contratto a tempo indeterminato; –
orbene, sia il primo che il secondo giudice hanno incentrato la propria motivazione sulla inapplicabilità alla fattispecie del decreto “milleproroghe” per essere già maturata al momento dell’entrata in vigore della legge del 26/02/2011 la decadenza, atteso che, come ritenuto in entrambe le sedi di merito, la ricorrente avrebbe avuto l’onere di impugnare il licenziamento de quo entro sessanta giorni dal 18/2/2010 (data di ricezione del fax contenente il recesso), talché, non avendo la ricorrente provveduto, ella sarebbe incorsa nella decadenza, non sanabile per l’intervento della norma successiva, priva di effetto retroattivo;
– va rilevato, preliminarmente, che la fattispecie di causa è regolata ratione temporis dalla normativa di cui alla legge 19 gennaio 1955 n. 25, dagli articoli 21 e 22 I. n. 56 del 1987, dall’articolo 16 I. n. 196 del 1997, dagli articoli da 47 a 53 d. Igs. n. 276 del 2003: non trova, invece, applicazione la disciplina introdotta dal d. Igs. 14 settembre 2011, n. 167, che, all’articolo 1, nel definire l’apprendistato, ne ha riconosciuto la natura di rapporto a tempo indeterminato (qualificazione confermata anche dall’articolo 41 del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81, abrogativo del decreto legislativo n. 167 del 2011);
– nondimeno, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. sul punto, fra le più recenti, Cass. 2365 del 2020) pur in mancanza di espressa previsione, deve affermarsi che anche il contratto di apprendistato disciplinato dalla L. 19 gennaio 1955, n. 25 dà origine ad un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (negli stessi termini, Cass. n. 17373 del 2017; Cass. n. 5051 del 2016);
– l’articolo 19 della I. n. 25 del 1955 prevede che, in caso di mancata disdetta a norma dell’art. 2118 c.c., al termine del periodo di apprendistato l’apprendista sia «mantenuto in servizio» con la qualifica conseguita mediante le prove di idoneità e con il computo del periodo di apprendistato ai fini dell’anzianità di servizio del lavoratore;
– la stessa previsione normativa della disdetta ai sensi dell’art. 2118 c.c., cioè con periodo di preavviso, corrisponde all’esigenza, propria di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, di evitare che la parte che subisce il recesso si trovi improvvisamente di fronte allo scioglimento del rapporto (sul punto, Cass. n. 2365/2020, cit);
-orbene, deve confermarsi che il contratto di apprendistato, pur nel regime normativo di cui alla I. n. 25 del 1955 e alla I. n. 196 del 1967, è dunque un rapporto dì lavoro a tempo indeterminato bi-fasico, nel quale la prima fase è contraddistinta da una causa mista (al normale scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione si aggiunge, con funzione specializzante, lo scambio tra attività lavorativa e formazione professionale) mentre la seconda fase soltanto eventuale, perché condizionata al mancato recesso ex art. 2118 c.c. – rientra nell’ordinario assetto del rapporto di lavoro subordinato;
– va, quindi, rimarcato, che la funzione giuridica del contratto di apprendistato è caratterizzata oltre che dallo svolgimento della prestazione lavorativa, anche da un effettivo addestramento professionale finalizzato all’acquisizione da parte del tirocinante della necessaria capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato;
– è in conseguenza di detta funzione che l’art. 7 della legge 19 gennaio 1955 n.25, sottopone il rapporto ad un termine di durata massima alla cui scadenza il datore di lavoro ha facoltà di recesso, ex art. 19 della stessa L.25/55, senza che sia richiesta l’esistenza della giusta causa o del giustificato motivo, ed infatti al compimento del previsto periodo di tirocinio viene a cessare per esaurimento la causa negoziale (cfr. Corte Costituzionale 28 novembre 1973 n. 169, Cass. n. 2213 del 1986 e Cass. n. 4334 del 11.5.87);
– questa Corte ha più volte affermato che, in tema di contratto di formazione e lavoro, l’inadempimento degli obblighi di formazione determina la trasformazione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato, qualora l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e quindi trasfusi nel contratto (cfr., ex plurimis, Cass. n. 7301/14);
– in questa seconda ipotesi il giudice deve valutare in base ai principi generali la gravità dell’inadempimento, giungendo alla declaratoria di trasformazione del rapporto (v. Cass. n. 7301/14, cit.; Cass. n. 6803/14; Cass. n. 16445/13; Cass. n. 2247/06; Cass. n.15308/04 nonché Cass. Cass. n. 19846/04);
– va, quindi, ricordato, conformemente alla più recente giurisprudenza di questa Corte (cfr. sul punto, Cass. n. 16595 del 2020) che in tema di contratto di apprendistato, l’inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall’inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agii obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto, ferma la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai principi generali, la gravità dell’inadempimento ai fini della declaratoria di trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza;
– appare evidente come, nel caso di specie, oggetto del giudizio sia l’applicazione di quella disposizione del collegato lavoro, l’art. 32 comma 3 lett. a I. n. 183/2010, che estende il termine di sessanta giorni per l’impugnazione del recesso proprio ai “licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro”, atteso che parte ricorrente, nell’impugnare il recesso, ha chiesto accertarsi la natura del rapporto, asserendo il difetto di causa formativa e la conseguente impossibilità di procedere al recesso all’esito per periodo formativo, trattandosi di rapporto a a tempo indeterminato ab origine;
– posta, quindi, l’applicabilità alla specie del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 32, deve, tuttavia rimarcarsi, contrariamente a quanto asserito nei due giudizi di merito, che, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., sul punto, fra le più recenti, Cass. n. 15978 del 27/07/2020) a partire da SU n. 4913 del 14/03/2016, l’art. 32, comma 1 bis, della legge n. 183 del 2010, nel prevedere, “in sede di prima applicazione” il differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, si applica a tutti i contratti ai quali tale regime risulta esteso e riguarda tutti gli ambiti di novità di cui al novellato art. 6 della L. n. 604 del 1966;
– ne consegue, con riguardo ai contratti a termine non solo in corso ma anche con termine scaduto e per i quali la decadenza sia maturata nell’intervallo di tempo tra il 24 novembre 2010 – data di entrata in vigore del “collegato lavoro” – e il 23 gennaio 2011 – scadenza del termine di sessanta giorni per l’entrata in vigore della novella introduttiva del termine decadenziale – si applica il differimento della decadenza mediante la rimessione in termini, rispondendo alla ratio legis di attenuare, in chiave costituzionalmente orientata, le conseguenze legate all’introduzione ex novo, del suddetto e ristretto termine di decadenza (così, Cass. n. 15978/2020 cit., nonché, fra le altre, Cass. n. 25103 del 14/12/2015);
– alla luce delle suesposte argomentazioni, quindi, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Campobasso, in diversa composizione, che si uniformerà all’anzidetto principio provvedendo, altresì, alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
PQM
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Campobasso, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.
Così deciso nella Adunanza camerale del 18 novembre 2020 […]”.
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