(Studio legale  G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)

Corte di Cassazione, quarta sezione penale, sentenza n. 22839 del 6 giugno 2024.

Sicurezza sul lavoro. In una società di capitali gli obblighi riguardanti la prevenzione degli infortuni gravano su tutti i membri del consiglio di amministrazione, salvo il caso comprovato di delega delle funzioni, a norma dell’art. 16 del decreto legislativo n. 81/2008 o di delega gestoria ai sensi dell’art. 2381 c.c. .

“[…] La Corte di Cassazione,

(omissis)

Fatto

1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 4 luglio 2023, ha confermato la sentenza del Tribunale di Como di condanna di A.A., nella qualità di amministratore della ditta Edilnava Srl (e di B.B. nella qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione e consigliere delegato della Nuova M.G.V. Marmi-Graniti Valbrona Srl) in ordine al delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni del lavoratore C.C. commesso in C il 19 settembre 2016.

1.2. Il processo ha ad oggetto un infortunio sul lavoro ricostruito nelle sentenze di merito, conformi, nel modo seguente. B.B., presidente e consigliere delegato della Nuova M.G.V. Srl, dopo che era cessata l’attività di lavorazione marmi ed era stata avviata la trattativa per la cessione dell’immobile, subordinata dall’acquirente allo smaltimento del silos metallico presente nel piazzale esterno, aveva contattato una ditta specializzata nella demolizione e nel trasporto dell’attrezzatura; tale ditta aveva richiesto, quale condizione per lo smontaggio, il preliminare svuotamento del silos dai fanghi ivi contenuti; posto che a causa della solidificazione di detti fanghi, lo svuotamento rendeva necessario il taglio delle lamiere del silos, B.B. aveva contattato la ditta Carpenteria D.D. di C.C. & C Snc per il taglio e Ici ditta Edilnava per la realizzazione del ponteggio. Il giorno dell’infortunio C.C. e il figlio E.E. avevano iniziato i lavori di taglio delle lamiere del silos, operando sul ponteggio all’uopo allestito dalla ditta Edilnava Srl: nei minuti antecedenti i fatti E.E. si trovava sopra il ponteggio per eseguire il taglio, mediante l’uso di un cannello a fiamma ossidrica, mentre il padre era sul piazzale nelle vicinanze del silos; quando E.E. si stava apprestando a scendere, il materiale contenuto nel silos era improvvisamente fuoruscito e aveva colpito la base di appoggio del ponteggio, che era, così, precipitato parallelamente al muro di cinta, nella zona ove si trovava C.C.; questi non aveva fatto in tempo a spostarsi ed era stato colpito, riportando lesioni in conseguenza delle quali era deceduto.

1.3. Nei confronti di A.A. sono stati individuati, quali profili di colpa, la negligenza, l’imperizia e l’inosservanza delle norme prevenzione infortuni sul lavoro, per avere omesso di assicurare il montaggio del ponteggio a regola d’arte e conformemente al Pimus, per aver consentito che non venissero montati gli ancoraggi a cravatta o ad anello previsti dal costruttore e riportati nel libretto di costruzione e per avere omesso di verificare che gli ancoraggi, realizzati in fili di ferro del diametro di 3 mm, sottoposti a torsione al fine di fissazione di capi, fossero idonei alla tenuta richiesta.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato con proprio difensore, formulando due motivi.

2.1 Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione per avere la Corte di Appello escluso che la condotta del lavoratore deceduto potesse qualificarsi come abnorme e idonea ad interrompere il nesso di causalità fra la condotta dell’imputato e l’evento. Secondo il difensore, la sentenza di appello, nel trattare tale profilo, si era limitata a riprodurre in maniera stereotipata e apodittica la sentenza di primo grado e non aveva considerato che il ponteggio era caduto in quanto investito da ingente massa di materiale fuoriuscita dal silos a causa delle scorrette modalità del taglio delle lamiere.

L’esecuzione del lavoro con modalità errate avrebbe attivato un rischio eccentrico ed esorbitante dalla sfera di rischio governata dall’imputato.

Il ricorrente lamenta anche la attendibilità attribuita dalla Corte alle dichiarazioni della parte civile, portatore di interessi economici nella vicenda e la natura oggettiva della responsabilità attribuita all’imputato, il quale, avendo delegato ad altri l’attività di costruzione del ponteggio, non avrebbe dovuto essere considerato responsabile, tenuto conto anche del fatto che l’evento si era verificato per pratiche incaute attuate dalla vittima.

2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla affermazione e della responsabilità penale dell’imputato. Secondo il difensore La Corte avrebbe dovuto mandare assolto l’imputato ai sensi dell’art. 530 comma 2 cod. proc. pen. e considerare come plausibile la ricostruzione alternativa prospettata dalla difesa.

3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Luca Tampieri, ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto rigettarsi il ricorso.

4. In data 26 marzo 2024 il difensore delle parti civili ha depositato memoria con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso e nota spese.

In data 19 marzo 2024 il difensore della parte civile Inail ha depositato memoria con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso e nota spese.

 Diritto

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

2. Si deve premettere che nel caso in cui il giudice di appello confermi la sentenza di primo grado, le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, purché la sentenza di appello si richiami alla sentenza di primo grado e adotti gli stessi criteri di valutazione della prova (Sez. 2 n. 37295 del 12-06-2019 E. Rv. 277218). Quanto alla natura del ricorso in cassazione, si è affermato che il contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione . deve essere il confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21-1-2013, (Omissis) e altri Rv. 254584). Sono, perciò, estranei alla natura del sindacato di legittimità l’apprezzamento e la valutazione del significato degli elementi probatori attinenti al merito, che non possono essere apprezzati dalla Corte di Cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. sez. 6 n. 47204 del 7-10-2015, (Omissis), Rv. 265482).

3. Così delineato il perimetro del sindacato di legittimità, il primo motivo (incentrato su tre differenti profili: interruzione del nesso causale fra la condotta dell’imputato e l’evento per effetto della comportamento del lavoratore che aveva effettuato il taglio delle lamiere; mancata valutazione in ordine alla attendibilità della testimonianza di E.E., costituito parte civile; attribuzione della responsabilità all’imputato a titolo oggettivo) è inammissibile, in quanto meramente reiterativo di censura già dedotta, in assenza di confronto con il percorso argomentativo adottato dalle sentenze di merito conformi, cui non contrappone alcuna valida ragione in fatto o in diritto, e, comunque, manifestamente infondato.

3.1. Il Tribunale aveva chiarito che la ricostruzione della dinamica era stata effettuata sula base delle dichiarazioni rese da E.E. e B.B.; le dichiarazioni della teste della difesa di A.A., F.F., mai sentita nel corso delle indagini, secondo cui l’infortunato era caduto dal ponteggio, erano state smentite dal fatto che il corpo della vittima era stato rinvenuto sotto il ponteggio tra la seconda e la terza campata, nonché dal tipo di lesioni riscontrate, da schiacciamento e non da caduta; il montaggio del ponteggio della ditta Edilnova non era avvenuto a regola d’arte, ovvero secondo le istruzioni indicate nel libretto redatto dal costruttore, in quanto la tipologia degli ancoraggi non era conforme a quanto previsto dal costruttore e il numero degli ancoraggi era insufficiente; la condotta del lavoratore non aveva interrotto il nesso casuale: secondo la difesa la vittima avrebbe proceduto al taglio del silos in modo non corretto e avrebbe manomesso uno degli ancoraggi posti su un tubo centrale che era stato tagliato, ma tale tesi era stata smentita dalle foto in atti, da cui emergeva che il silos appoggiava su quattro pali portanti, mentre il tubo tagliato non aveva funzioni di sostegno, ma era un mero canale di scolo dell’acqua.

La corte di Appello, in coerenza con le argomentazioni del primo giudice, ha ricordato che la caduta del ponteggio era stata determinata dalla fuoriuscita dal silos di materiale edile molle, che, investendolo, ne aveva causato il cedimento, in ragione del suo non corretto ancoraggio: il crollo era, pertanto, da ascriversi alle modalità di realizzazione del ponteggio, mentre il taglio della lamiera aveva rappresentato una causa concorrente.

3.2. I giudici hanno adeguatamente vagliato il tema della causalità della colpa, intesa come introduzione da parte del soggetto agente del fattore di rischio poi concretizzatosi con l’evento (Sez 4. n. 40050 del 29-03-2018, (Omissis), Rv. 273870; Sez. 4, n. 17000 del 05-04-2016, (Omissis), Rv.266645). Come rilevato dallo stesso ricorrente, all’interno dell’area di rischio considerata, la condotta dei lavoratori può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità, ove sia tale da attivare un rischio esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. Nel caso di specie, la Corte ha correttamente osservato, da un lato, che A.A., in quanto amministratore della società che aveva realizzato il ponteggio, era tenuto a salvaguardare coloro che dovevano operare sullo stesso dal rischio che potesse cedere e l’evento verificatosi era stata la concretizzazione del rischio contemplato dalla norma cautelare violata; dall’altro che l’infortunio si era verificato mentre era in corso la lavorazione commissionata alla vittima C.C., ovvero quella del taglio delle lamiere e che la non conformità di tale operazione alle regole dell’arte non poteva valere a interrompere il nesso di causalità, in quanto causa concorrente (insieme a quella consistita nella costruzione del ponteggio in violazione delle regole dell’arte) e non esclusiva dell’evento.

3.3. Alla generica censura in ordine alla inattendibilità della testimonianza di E.E., la Corte di Appello ha replicato con un richiamo alla sentenza di primo grado, in cui si era dato atto che il teste (il quale aveva riferito che il padre si era trovato a terra e non già sul ponteggio) non avrebbe avuto alcun concreto interesse a dichiarare il falso in relazione a tale specifico aspetto e che, in ogni caso, la sua versione era risultata riscontrata dalla quella resa da B.B., oltre che da dati oggettivi.

A tali argomentazioni, il ricorrente non ha contrapposto alcun argomento, ma si è limitato a ribadire in linea astratta la inattendibilità della parte civile, in assenza di confronto con le ragioni individuate dalle conformi sentenze di merito.

3.4. Anche l’affermazione, peraltro generica, contenuta nel ricorso, per cui i giudici avrebbero configurato in capo al ricorrente una mera responsabilità oggettiva, non si confronta con la motivazione, approfondita e conforme ai principi giurisprudenziali puntualmente indicati, della Corte di Appello. In replica ad analogo motivo di impugnazione, i giudici hanno rilevato che nelle società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega validamente conferita della posizione di garanzia (sez. 4 n. 8118 dell’ 01-02-2017, Rv. 269133; n. 49402 del13-11-2013, Rv. 257673; n. 49732 dell’11-11-2014, Rv. 261181); che nel caso di specie non era ravvisabile né delega di funzioni ex art. 16 D.Lgs. 81/2008, né delega gestoria ex art. 2381 cod. civ., essendo stata solo prospettata la materiale realizzazione del ponteggio ad opera di G.G., socio e amministratore di Edilnava Srl, rispetto alla cui posizione, peraltro, il Tribunale aveva disposto la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero; che l’affermazione della penale responsabilità in tema di sicurezza e prevenzione infortuni sul lavoro, al di fuori delle ipotesi di valida delega, prescinde dallo svolgimento di mansioni tecniche (Sez 3, n. 17426 del 10-03-2016, (Omissis), Rv. 267026).

Il ricorrente, con la censura in esame, ha ribadito che l’imputato aveva delegato “un preposto alla organizzazione e all’espletamento di specifica attività”, indicandolo come “persona idonea e capace”, senza tuttavia documentare l’esistenza della delega, sia essa di funzione, sia essa gestoria. Deve in proposito ribadirsi che l’art. 16D.Lgs. 81/2008 prevede una serie di requisiti della delega di funzioni (fra cui quello per cui essa deve risultare da atto scritto recante data certa, quello per cui il delegato deve possedere tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate, quello per cui al delegato devono essere attribuiti tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate e l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate) e che permane comunque in capo al datore di lavoro delegante l’obbligo di vigilanza in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. E così pure l’art. 2381 cod. civ. detta le condizioni per accedere al modello della delega gestoria, i limiti entro cui è possibile ricorrevi e gli effetti che l’adozione del modello determina nel rapporto fra delegati e deleganti.

Non può, pertanto, essere affermato in maniera generica l’affidamento della realizzazione di un’opera ad altro soggetto, per invocare, da parte del legale rappresentante di una società, l’istituto della delega ai fini di esonero della responsabilità in tema di sicurezza sul lavoro.

4. Il secondo motivo è inammissibile, per difetto di specificità. Il ricorrente si limita a ribadire i principi che devono presiedere alla affermazione della responsabilità penale, oltre ogni ragionevole dubbio, e richiama in proposito pronunce giurisprudenziali, senza ancorarle al caso in esame, evocando, in maniera generica, altre possibili ricostruzioni alternative dell’accaduto, già escluse dai giudici di merito attraverso un puntuale richiamo al compendio probatorio in atti.

5. All’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.

6. Alla inammissibilità del ricorso consegue, altresì, la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalle parti civili H.H., I.I. e E.E., che si stima congruo liquidare in complessivi Euro 4800,00 oltre accessori come per legge.

Il ricorrente non deve essere condannato al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile Inail, in quanto la stessa, pur avendo depositato una memoria scritta, non è intervenuta all’udienza di discussione.

Secondo l’orientamento maggioritario di questa Corte, infatti, nel giudizio di cassazione non va disposta la condanna dell’imputato al rimborso delle spese processuali in favore della parte civile che non sia intervenuta nella discussione in pubblica udienza, ma si sia limitata a formulare la richiesta di condanna, mediante il deposito di una memoria in cancelleria con l’allegazione di nota spese (Sez. 6, n. 28615 del 28-04-2022, (Omissis), Rv. 283608; Sez. 5, n. 19177 del 31-01-2022, (Omissis), Rv. 283118 -01; Sez. 6, n. 9430 del 20-02-20:19, S. Rv. 275882-02; Sez. 2, n. 36512 del 16-07-2019, (Omissis), Rv. 277011; Sez. 5, n. 29481 del 07-05-2018, (Omissis), Rv. 273332; Sez. 5, n. 47553 del 18-09-2015, (Omissis), Rv. 265918).

 P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso […]”.