1.La normativa in materia di sicurezza sul lavoro è principalmente costituita dal D.Lgs. 81/2008(Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) che individua le misure generali di tutela di sicurezza aziendale, poi integrate dalle misure di sicurezza previste per specifici rischi o settori di attività.

Su tale disciplina è intervenuto il D.L. n. 146 /2021, che ha, in particolare, esteso i poteri di vigilanza dell’Ispettorato nazionale del lavoro, rafforzato la banca dati del Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP) e rafforzato il quadro sanzionatorio previsto in caso di violazioni della suddetta normativa.

Si segnala altresì che il decreto legge n. 19 del 2024 ha introdotto, a decorrere dal 1° ottobre 2024, l’obbligo di possesso di una patente – rilasciata dall’Ispettorato nazionale del lavoro – per le imprese e i lavoratori autonomi operanti nei cantieri temporanei o mobili, ad esclusione di coloro che effettuano mere forniture o prestazioni di natura intellettuale.

2.Ambito di applicazione

La suddetta normativa si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici e a tutti i lavoratori, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati (come, ad esempio, il socio lavoratore di cooperativa o di società, l’associato in partecipazione o il soggetto beneficiario di tirocini formativi). Il principale destinatario degli obblighi di sicurezza di cui al D.Lgs. 81/2008 è il datore di lavoro (che nelle pubbliche amministrazioni è il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale); tuttavia, all’applicazione generale delle disposizioni del D.Lgs. 81/2008 può derogarsi in ragione della peculiarità dell’attività svolta, tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative (art. 3, D.Lgs. 81/2008).

3.Obblighi del datore di lavoro

Oltre all’obbligo generale di attuare le misure necessarie a tutela della sicurezza dei lavoratori (ex art. 2087 c.c.), il datore di lavoro deve adempiere, in particolare, agli obblighi di informazione, formazione e addestramento dei lavoratori ed elaborare il documento di valutazione dei rischi.

3.1. Valutazione dei rischi
Il datore di lavoro – insieme al responsabile del servizio di prevenzione e protezione e al medico competente, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza – deve procedere alla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (artt. 28-30 D.Lgs. 81/2008), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro, delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro. Il datore deve, inoltre, considerare in modo specifico i rischi riguardanti gruppi di lavoratori esposti a particolari rischi, tra cui quelli collegati allo stress lavoro-correlato e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro. La valutazione dello stress lavorocorrelato non è delegabile in quanto parte integrante della valutazione dei rischi.
Al termine della valutazione dei rischi, il datore di lavoro, sempre con la collaborazione dei suddetti soggetti, deve redigere un documento da custodire presso l’unità produttiva alla quale si riferisce la valutazione, che è tenuto a consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l’espletamento della sua funzione. Le imprese che operano in settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali possono sostituire il documento di valutazione dei rischi con un modello semplificato. Il datore di lavoro può delegare alcune funzioni pur conservando l’obbligo di vigilanza sul corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni delegate. In ogni caso, non sono delegabili:

-la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento di valutazione previsto;

-la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.

3.2. Servizio di prevenzione e protezione
Il datore di lavoro ha l’obbligo di organizzare all’interno dell’azienda, o dell’unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione (artt. 31-35 D.Lgs. 81/2008).
Nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. Gli addetti e i responsabili dei servizi devono essere in numero sufficiente rispetto alle caratteristiche dell’azienda e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa della attività svolta nell’espletamento del proprio incarico.

3.3. Obbligo di informazione e formazione
Il datore di lavoro ha l’obbligo di fornire a ciascun lavoratore una adeguata informazione (art. 36 D.Lgs. 81/2008):

-sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi all’attività dell’impresa in generale;

-sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei luoghi di lavoro;

-sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di primo soccorso e di prevenzione incendi, nonché del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente;

-sui rischi specifici cui è esposto;

-sui pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi;

-sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate.

Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione e altri aspetti, nonché con riferimento ai rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni (art. 37 D.Lgs. 81/2008).

Il D.L. 146/2021 ha altresì disposto che entro il 30 giugno 2022 venisse adottato, in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome, un accordo nel quale provvedere all’accorpamento, alla rivisitazione e alla modifica degli accordi attuativi del D.Lgs. 81/2008 in materia di formazione, in modo da garantire l’individuazione:

della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro;

delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e delle modalità delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.

Allo stato il suddetto accordo non risulta ancora adottato.

Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono una formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro e le relative attività formative devono essere ripetute con cadenza almeno biennale (e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi).

Il più volte richiamato D.L. 146/2021 delinea altresì i contenuti dell’addestramento, qualora necessario, disponendo che esso consiste nella prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale.

4.Obblighi dei lavoratori

Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro (art. 20 D.Lgs. 81/2008).
I lavoratori devono in particolare:

-contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;

-sservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;

-utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza, nonché i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;

-segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei suddetti mezzi e dispositivi di cui sopra, nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza;

-partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;

sottoporsi ai controlli sanitari.

5.Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza

Ogni impresa, o unità produttiva, deve dotarsi di un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (art. 47 D.Lgs. 81/2008) che svolge, in particolare, i seguenti compiti:

-è consultato in merito alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nell’azienda o unità produttiva, alla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente, nonché all’organizzazione della formazione dei lavoratori;

-riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e alle misure di prevenzione;

-promuove l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori;

-avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;

-può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.

6.Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro

Il D.Lgs. 81/2008 (art. 8) ha previsto l’istituzione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro al fine di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l’efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, e per programmare e valutare, anche ai fini del coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale, le attività di vigilanza, attraverso l’utilizzo integrato delle informazioni disponibili nei sistemi informativi, anche tramite l’integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
Il richiamato D.L. 146/2021 ha rafforzato la suddetta banca dati prevedendo che ne facciano parte – oltre ai Ministeri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell’interno, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dall’INAIL e all’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) – anche il Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale e l’INPS.
Il medesimo D.L. 146 ha altresì previsto:

che gli organi di vigilanza alimentano un’apposita sezione del SINP dedicata alle sanzioni irrogate nell’ambito della vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;

che l’INAIL rende disponibili ai Dipartimenti di prevenzione delle ASL e all’INL i dati relativi alle aziende assicurate, agli infortuni denunciati, ivi compresi quelli sotto la soglia di indennizzabilità, e alle malattie professionali denunciate.

7.Poteri di vigilanza dell’Ispettorato nazionale del lavoro

Il richiamato D.L. 146/2021 (che ha modificato l’art. 13 del D.Lgs. 81/2008) ha esteso i poteri dell’Ispettorato nazionale del lavoro, in particolare:

attribuendogli il compito di vigilare sull’applicazione della intera legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, precedentemente svolto solo dalla ASL competente per territorio;

prevedendo che entro il 30 giugno di ogni anno presenti al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per la trasmissione al Parlamento, una relazione analitica sull’attività svolta in materia di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare e che dia conto dei risultati conseguiti nei diversi settori produttivi e delle prospettive di sviluppo, programmazione ed efficacia dell’attività di vigilanza nei luoghi di lavoro.

In conseguenza dell’ampliamento delle competenze, il medesimo D.L. 146/2021 ha autorizzato l’Ispettorato ad assumere, per il biennio 2021-2022, un contingente di personale ispettivo pari a 1.024 unità. Successivamente, il D.L. 19/2024 ha prorogato al 31 dicembre 2025 leautorizzazioni alle assunzioni non utilizzate dall’Ispettorato e ha autorizzato, per il triennio 2024-2026, ulteriori assunzioni a tempo indeterminato di 250 unità.

8.Contrasto al Caporalato

Il fenomeno del cd. “caporalato” costituisce una forma di sfruttamento lavorativo che coinvolge diversi settori produttivi (come, a mero titolo esemplificativo, i trasporti, le costruzioni, la logistica ed i servizi di cura), ma che si manifesta in maniera preponderante nel settore agricolo.

Nello specifico, il caporalato risulta essere integrato da condotte quali l’intermediazione, il reclutamento e l’organizzazione della manodopera, che comportano l’instaurarsi di rapporti di lavoro in cui i dipendenti sono costretti a subire trattamenti degradanti in violazione con le tutele previste dalla normativa giuslavoristica, a causa dello stato di bisogno in cui versano.

Tale materia ha ottenuto una disciplina organica grazie alla L. n. 199 del 2016 rubricata “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”.

L’intervento normativo ha in primo luogo riformato l’impianto penalistico che sanziona le condotte concernenti il fenomeno del caporalato.

Tra le diverse misure sanzionatorie introdotte, merita di essere segnalato il novellato articolo 603-bis, rubricato “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”, che, attualmente, sanziona, con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore, chi recluta manodopera, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori, per destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, nonché le condotte di utilizzo, assunzione ed impiego della manodopera, poste in essere anche mediante attività di intermediazione, che si concretizzano sempre nella sottoposizione dei lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.

La norma prevede pene superiori (reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro) se le condotte appena richiamate sono commesse mediante violenza e minaccia.

L’art. 603- bis stabilisce, inoltre, gli indici in presenza dei quali si versa in una situazione di sfruttamento e le aggravanti specifiche che comportano un aumento di pena da un terzo alla metà.

La L. 199/2016 ha anche introdotto altri due articoli all’interno del codice penale.

L’art. 603-bis.1 che detta una serie di circostanze attenuanti per il delitto di caporalato e l’art. 603-bis.2 che, invece, stabilisce i casi in cui è possibile procedere con la misura della confisca obbligatoria (e quando questa non sia possibile la cd. confisca per equivalente).

8.1. Misure giuslavoristiche.

Accanto alle nuove misure sanzionatorie introdotte, la L. 199/2016 ha dettato anche puntuali disposizioni in materia giuslavoristica, al fine di predisporre una serie di strumenti normativi volti alla tutela dei lavoratori agricoli ed alla prevenzione del fenomeno del caporalato.

Tra tali misure si può annoverare il rafforzamento della “Rete del lavoro agricolo di qualità“, già istituita con D.L. n. 91 del 2014.

Alla Rete, istituita presso l’Inps, possono accedere, dietro presentazione di apposita istanza, le imprese agricole in possesso di determinati requisiti.

Queste ultime non devono aver riportato condanne penali per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale ed in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, non devono essere destinatarie, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative definitive per le precedenti violazioni e devono essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi.

La L. 199/2016 ha, in particolare, reso più stringenti i criteri per poter accedere alla Rete. In primo luogo, è stato ampliato il catalogo dei reati ostativi all’iscrizione includendovi, tra gli altri, alcuni reati contro la libertà individuale (artt. 600, 601, 602 e 603-bis c.p.), i delitti contro la pubblica amministrazione (artt. 314-356 c.p); delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio (artt. 499-517-quater c.p); delitti contro il sentimento per gli animali (artt.544-bis e 544-quinquies c.p).

In secondo luogo, sono stati previsti ulteriori requisiti per l’iscrizione alla Rete, come l’applicazione, da parte delle imprese agricole, dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ed i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro RSA o dalle RSU. Inoltre, le imprese interessate non devono essere collegate o controllate da soggetti giuridici che difettano dei requisiti richiesti dalla normativa esaminata.

La L. 199/2016 incide anche sulla cabina di regia istituita presso l’INPS, chiamata a vigilare sulla Rete del lavoro agricolo, modificandone la composizione ed allargandone le funzioni, con l’attribuzione, tra le altre, di attività di monitoraggio sull’andamento del mercato di lavoro agricolo e di promozione di iniziative, d’intesa con le autorità competenti, in materia di politiche attive del lavoro, contrasto al lavoro sommerso ed all’evasione contributiva, controllo della manodopera stagionale.

La L. 199/2016, inoltre, detta disposizioni a tutela degli emolumenti spettanti ai lavoratori agricoli. In particolare, in materia di riallineamento retributivo si prevede che i relativi accordi provinciali nel settore agricolo possono attribuire la definizione del programma di riallineamento, in tutto o in parte (in deroga alla normativa vigente), agli accordi aziendali di recepimento, a condizione che essi siano sottoscritti con le stesse parti che hanno stipulato l’accordo provinciale.

8.2. Piano triennale di contrasto al caporalato e istituzione del Tavolo operativo

Al fine di intraprendere una strategia efficace di contrasto al caporalato e lo sfruttamento della manodopera nel settore agricolo, l’articolo 25-quater del D.L. n. 119 del 23 ottobre 2018 ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Tavolo operativo, presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali (o da un suo delegato), che riunisce i vari soggetti istituzionali, nazionali e territoriali, nonché aperto a diversi soggetti privati (rappresentanti datoriali e dei lavoratori, nonché enti del Terzo settore), impegnati nell’elaborare la strategia comune di contrasto allo sfruttamento lavorativo.

L’operatività di tale organismo, originariamente, era fissata per un triennio, sino al a mese di settembre 2022, per poi essere prorogata col Decreto Interministeriale del 17 giugno 2022, sino al 3 settembre 2025.

Si deve segnalare, inoltre, che il DM n. 58 del 6 aprile 2023 – con il quale si è proceduto all’aggiornamento del Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso per il triennio 2023-2025, adottato, a sua volta, con DM n. 221 del 2022 –  ha previsto che tale Piano operi in sinergia con il richiamato Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato e ne contribuisca all’implementazione delle azioni prioritarie, con particolare riferimento a quelle volte a favorire l’impiego regolare di lavoratori stranieri in agricoltura, attraverso il contrasto agli insediamenti abusivi e la promozione di politiche attive del lavoro.

Il Tavolo operativo rappresenta il soggetto competente del coordinamento delle istituzioni, nazionali e locali, e dell’elaborazione degli indirizzi e della programmazione delle attività volte al perseguimento del contrasto al caporalato (cfr. D. Interm. del 04 luglio 2019).

L’attività compiuta da tale organismo ha condotto all’approvazione del cd. Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura ed al caporalato (2020-2022).

Il suddetto Piano è stato approvato in data 20 febbraio 2020 ed è suddiviso in tre parti. Nella prima parte si analizza il contesto, ossia tutti gli elementi che connotano la situazione in cui il Piano è chiamato ad operare (caratteristiche del fenomeno “caporalato”, analisi dei dati, quadro normativo ed istituzionale presente).

Nella seconda parte il Piano individua le diverse criticità esistenti in materia e le aree che costituiscono la priorità di intervento, tra cui figurano prevenzione, vigilanza e contrasto del fenomeno ed il reinserimento socio-lavorativo.

Infine, la terza parte ha lo scopo di dettare il piano d’azione per fronteggiare le problematiche illustrate nella parte precedente.

8.3. Recenti sviluppi normativi

Recentemente con il D.L. 63 del 15 maggio 2024 (cd. D.L. Agricoltura) sono state introdotte nuove misure preordinate al rafforzamento della lotta al caporalato.

Innanzitutto, occorre richiamare l’articolo 2-ter, che, al comma 1, modifica l’articolo 7, comma 3 del D.L. 48/2023. In particolare, con il nuovo intervento normativo si consente al personale ispettivo dell’INL, al Comando carabinieri per la tutela del lavoro ed alla Guardia di finanza di accedere alle informazioni ed alle banche dati detenute dall’INPS anche al fine di rafforzare i controlli di prevenzione e contrasto del caporalato, dello sfruttamento lavorativo e del lavoro sommerso e irregolare.

Inoltre, merita di essere segnalato l’articolo 2-quater, il quale, novellando l’art. 25-quater del D.L. 119/2018, istituisce, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il “Sistema informativo per la lotta al caporalato nell’agricoltura”. Tale Sistema ha lo scopo di implementare la strategia per il contrasto al caporalato, incrementando le attività di analisi, monitoraggio e vigilanza sui fenomeni di sfruttamento e favorendo lo sviluppo qualitativo del lavoro agricolo. Per raggiungere tali finalità, il Sistema si basa sulla condivisione e sull’aggregazione delle diverse informazioni di cui sono in possesso i soggetti istituzionali competenti.

La norma prevede, inoltre, che la condivisione delle predette informazioni debba essere preordinata anche a contrastare il lavoro sommerso in generale.

Infine, l’articolo 2-quinquies istituisce, presso l’INPS, la cd. “Banca dati degli appalti in agricoltura”, i cui contenuti sono messi a disposizione del personale ispettivo dell’INL, del Comando carabinieri per la tutela del lavoro, della Guardia di finanza e dell’INAIL, al fine di rafforzare i controlli in materia di lavoro e legislazione sociale nel settore agricolo.

L’iscrizione alla banca dati è rivolta a determinati tipi di imprese, che intendono partecipare ad appalti, in cui il soggetto committente risulti essere un’impresa agricola ex art. 2135 c.c. A seguito dell’iscrizione, l’INPS rilascia una certificazione di conformità rispetto ai requisiti stabiliti con apposito decreto ministeriale.

Qualora venga stipulato o eseguito un contratto di appalto agricolo in assenza della necessaria certificazione, si applica una sanzione amministrativa sia all’appaltatore che al committente, nonché l’esclusione temporanea dalla Rete del lavoro agricolo di qualità.

Si deve osservare, inoltre, che i recenti interventi normativi hanno potenziato le assunzioni all’interno dei soggetti istituzionali competenti, al fine di incrementare l’attività ispettiva e di vigilanza.

A tale scopo, l’articolo 31 del D.L. 19 del 02 marzo 2024 ha disposto nei confronti dell’organico dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) la proroga delle autorizzazioni alle assunzioni ancora non utilizzate, nonché l’autorizzazione ad effettuare ulteriori assunzioni di 250 unità di personale.

Sempre il medesimo articolo ha previsto anche l’ampliamento dell’organico del Comando carabinieri per la tutela del lavoro per un incremento complessivo di 50 unità.

Peraltro, l’articolo 31 ha soppresso la previsione dell’attribuzione esclusiva delle attività di ispezione e vigilanza nei confronti dell’INL, attribuendo tali funzioni anche all’INPS ed all’INAIL, con il conseguente ampliamento delle dotazioni organiche di tali enti di un numero di posti corrispondenti alle unità di personale ispettivo inserite, con decorrenza 1° gennaio 2017, nei ruoli ad esaurimento dei piani triennali dei fabbisogni.

In linea di continuità con la previsione da ultimo richiamata, l’articolo 2-ter del D.L. 63 del 15 maggio 2024 autorizza l’INPS e l’INAIL ad assumere, rispettivamente, n. 403 e n. 111 unità, da inquadrare, all’interno dei propri ruoli, nell’area dei funzionari, famiglia professionale ispettore di vigilanza.

La disposizione, inoltre, specifica che le assunzioni dovranno avvenire nei limiti delle economie utilizzabili a seguito delle cessazioni dal servizio del personale ispettivo a decorrere dal 1° gennaio 2017 e fino al 31 dicembre 2023.

8.4. Le misure del PNRR per combattere lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura

Per quanto concerne gli obiettivi legati all’attuazione del PNRR, bisogna sottolineare la presenza, all’interno della Missione M5C2 dell’Investimento 5 – Piani urbani integrati concernente il “superamento degli insediamenti abusivi per combattere lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura”.

In particolare, l’Investimento sopra richiamato si compone del:

Traguardo M5C2-15 riguardante l’entrata in vigore del decreto ministeriale che definisce la mappatura degli insediamenti abusivi approvata dal “Tavolo di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura” e l’adozione del decreto ministeriale per l’assegnazione delle risorse;

Obiettivo M5C2-16 inerente il completamento delle attività dei progetti nelle aree individuate come insediamenti abusivi nei piani urbani.

Nello specifico, il Traguardo M5C2-15 si considera raggiunto nel primo trimestre del 2022 grazie: a) all’adozione del Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022. A tal proposito si ricorda che la quinta azione del Piano prevede la pianificazione e l’attuazione di soluzioni alloggiative dignitose per i lavoratori del settore agricolo e richiama il rispetto di specifici standard abitativi; b) all’adozione del cd. Piano InCas, approvato dalla Direzione generale per l’immigrazione e le politiche di integrazione su proposta dell’ANCI, volto a mappare la presenza di lavoratori stranieri impiegati nel settore agro-alimentare e l’ampiezza del fenomeno degli insediamenti abusivi; c) alla presentazione dei risultati della mappatura al Tavolo operativo in data 1° marzo 2022, che ha evidenziato la presenza di insediamenti informali in 37 comuni di 11 regioni (con particolare concentrazione soprattutto nel Mezzogiorno). Sulla base degli esiti dell’indagini sono state ripartite le risorse per l’attuazione della misura (200 milioni). Il D.M. n. 55 del 29 marzo 2022 dispone la concreta assegnazione delle predette risorse per una parte in maniera fissa per tutti i Comuni interessati e, per l’altra parte, tenendo conto dell’anzianità dell’insediamento e delle iniziative già intraprese dai Comuni.

Per quanto riguarda l’attuazione dell’Obiettivo M5C2-16, essa è prevista per il primo trimestre del 2025.

Si fa presente che a seguito dello stanziamento delle risorse in favore dei 37 Comuni, 36 di essi hanno presentato i Piani di azione locali (con un Comune rinunciatario). La Direzione Generale Immigrazione ha svolto una pre-verifica dei piani di azione locali, dalla quale è emerso che ad oggi 28 piani di azione risultano completi in virtù alla documentazione richiesta.

Tuttavia, a causa delle difficoltà di ordine pubblico e logistiche riscontrate dai diversi Comuni nell’attuazione dei propri Piani di azione, è stato adottato l’articolo 7 del D.L. n. 19 del 02 marzo 2024, il quale prevede la nomina di un Commissario straordinario, attraverso apposito d.p.c.m. al fine di assicurare il conseguimento dell’Obiettivo M5C2-16.

9.Patente nei cantieri edili

Il richiamato D.L. 19/2024 (art. 29, c. 19-20) prevede, a decorrere dal 1° ottobre 2024, l’obbligo di possesso di una patente – rilasciata dall’Ispettorato nazionale del lavoro – per le imprese e i lavoratori autonomi operanti nei cantieri temporanei o mobili, ad esclusione di coloro che effettuano mere forniture o prestazioni di natura intellettuale e fatto salvo il possesso di un documento equivalente rilasciato dal Paese di origine per le imprese e i lavoratori autonomi stabiliti in uno Stato membro diverso dall’Italia o in uno Stato terzo (obbligo che può essere esteso ad altri settori con apposito decreto ministeriale). Sono escluse da tale obbligo le imprese in possesso dell’attestazione di qualificazione (SOA).
La patente viene rilasciata in presenza dei seguenti requisiti autocertificati:

iscrizione alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura;

adempimento, da parte del datore di lavoro, dei dirigenti, dei preposti, dei lavoratori autonomi e dei lavoratori dell’impresa, degli obblighi formativi (in materia di sicurezza sul lavoro) previsti dal citato D.Lgs. n. 81 del 2008;

possesso del documento unico di regolarità contributiva (DURC) in corso di validità;

adozione (nei casi previsti dalla normativa vigente) del documento di valutazione dei rischi;

possesso del certificato di sussistenza dei requisiti previsti per le imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici dall’articolo 17-bis, commi 5 e 6, del D.Lgs. 241/1997 (certificato comunemente denominato documento unico di regolarità fiscale-DURF). Tale condizione non si applica ai soggetti per i quali la normativa vigente non prevede il suddetto istituto (si ricorda che quest’ultimo non concerne i lavoratori autonomi);

avvenuta designazione (nei casi previsti dalla normativa vigente) del responsabile del servizio di prevenzione e protezione;

La patente in oggetto ha una dotazione iniziale di 30 crediti e lo svolgimento delle attività nei suddetti cantieri è subordinato alla sussistenza di un punteggio pari o superiore a 15 crediti, fatto  salvo il completamento delle attività in corso quando i lavori eseguiti sono superiori al 30% del valore del contratto.
Il punteggio della patente subisce le decurtazioni correlate alle risultanze dei provvedimenti definitivi emanati nei confronti dei datori di lavoro, dirigenti e preposti delle imprese o dei lavoratori autonomi, nei casi e nelle misure indicati nell’allegato I-bis annesso al richiamato D.L. 19/2024. Se nell’ambito del medesimo accertamento ispettivo sono contestate più violazioni tra quelle indicate nel citato allegato I-bis, i crediti sono decurtati in misura non eccedente il doppio di quella prevista per la violazione più grave.
La patente è, invece, revocata in caso di dichiarazione non veritiera sulla sussistenza di uno o più requisiti e sospesa, per un periodo massimo di 12 mesi (decorsi i quali il soggetto può richiedere il rilascio di una nuova patente), in caso di infortunio da cui sia derivata la morte del lavoratore.
In caso di assenza della patente o di possesso di una patente con punteggio inferiore a 15 crediti, alle imprese e ai lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o mobili si applicano una sanzione amministrativa pari al 10 per cento del valore dei lavori e, comunque, non inferiore a euro 6.000, nonché l’esclusione dalla partecipazione ai lavori pubblici di cui al Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023), per un periodo di sei mesi. Le stesse sanzioni si applicano alle imprese ed ai lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o mobili.
Viene altresì introdotto l’obbligo per il committente o responsabile dei lavori nei suddetti cantieri temporanei o mobili di verifica del possesso – da parte delle imprese esecutrici o dei lavoratori autonomi operanti – della patente o della SOA.

10.Lista di conformità

Il D.L. 19/2024 (art. 29, c. 9) ha altresì introdotto un meccanismo di premialità in favore dei datori di lavoro per i quali non emergano violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale, prevedendo l’iscrizione di tali datori di lavoro alla Lista di conformità dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che viene appositamente istituita.

In particolare, in caso non emergano violazioni o irregolarità all’esito di accertamenti ispettivi in materia di lavoro e di legislazione sociale, ivi compresa la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, l’Ispettorato nazionale del lavoro rilascia un attestato e iscrive il datore di lavoro – previo assenso e nel rispetto delle disposizioni di cui al regolamento (UE) 2016/679 sulla protezione dei dati – in un apposito elenco informatico consultabile pubblicamente, tramite il sito istituzionale del medesimo Ispettorato, e denominato Lista di conformità INL.

I datori di lavoro a cui è stato rilasciato l’attestato non sono sottoposti, per un periodo di 12 mesi dalla data di iscrizione nella suddetta lista di conformità, ad ulteriori verifiche da parte dell’Ispettorato nelle materie già oggetto degli accertamenti, fatte salve le verifiche in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, le eventuali richieste di intervento, nonché le attività di indagine disposte dalla Procura della Repubblica. In caso di violazioni o irregolarità accertate attraverso elementi di prova successivamente acquisti dagli organi di vigilanza, l’Ispettorato nazionale del lavoro provvede alla cancellazione del datore di lavoro dalla Lista di conformità INL.

11.Sanzioni

Il D.Lgs. 81/2008 delinea un sistema sanzionatorio delle violazioni delle norme da esso previste commesse da: datori di lavoro, dirigenti, preposti, lavoratori, progettisti, fabbricanti, installatori, fornitori e medici competenti. Le violazioni delle norme in materia di sicurezza sul lavoro possono essere sanzionate in via amministrativa o penale, a prescindere dalla circostanza che ne sia derivato o meno un infortunio ai lavoratori. Le ammende e le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal D.Lgs. 81/2008 vengono rivalutate ogni quinquennio. Dal 1° luglio 2023, come previsto dal decreto direttoriale del 20 settembre 2023, le sanzioni sono rivalutate nella misura del 15,9%.
Si ricorda che gli importi dovuti per la violazione delle disposizioni di cui al richiamato D.Lgs. 81/2008, sanzionate in via amministrativa o penale, sono incrementate del 10 per cento (ai sensi dell’art. 1, c. 445, lett. d), n. 2, della L. 145/2018). Tale maggiorazione è raddoppiata se nei tre anni precedenti il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti.

11.1. Sospensione dell’impresa in caso di lavoro irregolare
La disciplina relativa alla sospensione dell’attività imprenditoriale in presenza di lavoro irregolare (art. 14) è stata sostanzialmente modificata dal D.L. 146/2021.
In primo luogo, si prevede che l’Ispettorato nazionale del lavoro adotti un provvedimento di sospensione quando riscontra che almeno il 10 per cento dei lavoratori risulti irregolare, ossia impiegato senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ovvero inquadrato come lavoratore autonomo occasionale in assenza delle condizioni richieste dalla normativa e dell’obbligo di comunicazione introdotto dal medesimo D.L. 146/2021 (fatte salve le attività autonome occasionali intermediate dalle piattaforme digitali, come disposto dal D.L. 21/2022), nonché quando riscontra gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro di cui all’Allegato 1 del D.Lgs. 81/2008, anch’esso modificato dal medesimo D.L. 146/2021. Su tale ultimo punto, non si richiede che le violazioni siano anche reiterate.
Il suddetto provvedimento di sospensione è adottato in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni o, alternativamente, dell’attività lavorativa prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni. A tal riguardo, l’Ispettorato può anche imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro.
Si specifica che è fatto divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti per il periodo della sospensione e che il potere di sospensione spetta anche ai servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali nell’ambito di accertamenti in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro e non più solo con riferimento all’accertamento della reiterazione delle violazioni.
Per la ripresa dell’attività produttiva è necessario il ripristino delle regolari condizioni di lavoro e il pagamento di una somma aggiuntiva in relazione al tipo di violazione, il cui importo viene però aumentato dal D.L. 146/2021, che prevede altresì che le suddette somme aggiuntive siano raddoppiate nelle ipotesi in cui, nei cinque anni precedenti alla adozione del provvedimento, la medesima impresa sia stata destinataria di un provvedimento di sospensione.

11.2. Impiego effettivo di lavoratori senza preventiva comunicazione

In caso di impiego effettivo di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato (ad eccezione dei datori di lavoro domestico) si prevede (art. 29, c. 3, D.L. 19/2024) un incremento del 30 per cento delle sanzioni già previste per tale fattispecie (ex art. 1, c. 445, lett. d), n. 1, L. 145/2018). Tale maggiorazione – che dà luogo alla cosiddetta maxisanzione per lavoro nero e che viene raddoppiata se nei tre anni precedenti il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti – determina i seguenti importi:

da 1.950 a 11.700 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a trenta giorni di effettivo lavoro;

da euro 3.900 a euro 23.400 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da trentuno e sino a sessanta giorni di effettivo lavoro;

da euro 7.800 a euro 46.800 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre sessanta giorni di effettivo lavoro.

11.3. Somministrazione di lavoro
In caso di violazioni in materia di somministrazione di lavoro e di mercato del lavoro, l’art. 18 del D.Lgs. 276/2003 prevede le seguenti sanzioni, come incrementate dall’art. 29 del D.L. 19/2024:

per l’esercizio non autorizzato dell’attività di somministrazione di lavoro, di intermediazione e di ricerca e selezione del personale:

per l’esercizio abusivo dell’attività di somministrazione di lavoro, la pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di 60 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro (in luogo dell’attuale regime sanzionatorio, che prevede la pena dell’ammenda di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro;

per l’ipotesi in cui il somministratore non autorizzato agisca senza scopo di lucro, l’arresto fino a due mesi o l’ammenda da 600 a 3000 euro;

per l’esercizio abusivo dell’attività di intermediazione, ricerca e selezione del personale, la pena dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda da 900 a 4500 euro;

nelle ipotesi di esercizio non autorizzato delle attività di intermediazione, ricerca e selezione del personale svolte senza scopo di lucro, la pena dell’arresto fino a quarantacinque giorni e dell’ammenda da 300 a 1.500 euro;

per l’utilizzatore di personale somministrato da soggetti non autorizzati, si prevede la pena dell’arresto fino ad un mese o dell’ammenda di 60 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione;

nelle ipotesi di appalto o distacco fittizi, in quanto privi dell’effettiva funzione per la quale sono stati prefigurati dall’ordinamento, per l’utilizzatore ed il somministratore di personale si prevede la pena dell’arresto fino ad un mese o dell’ammenda di 60 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione.

Con riferimento alla fattispecie di somministrazione fraudolenta, che ricorre quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, si prevede che il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con la pena dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda di 100 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.

L’importo delle suddette sanzioni è incrementato del 20 per cento se, nei tre anni precedenti, il datore di lavoro è stato destinatario di sanzioni penali per i medesimi illeciti e non può, in ogni caso, essere inferiore a euro 5.000 né superiore a euro 50.000.

(Fonte: Camera dei Deputati. Documentazione parlamentare. 22 Luglio 2024)