(Studio legale  G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)

Corte di cassazione. Sentenza 22 agosto 2024, n. 23040

Lavoro. Assegno di invalidità. Domanda ASpI. Dichiarazione di opzione tardiva.

 “[…] La Corte di Cassazione,

(omissis)

Fatti di causa

1. La Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto il ricorso proposto da I.I. che, titolare di assegno di invalidità dal luglio 2013, con domanda del 3.8.2015 aveva chiesto all’INPS di riconoscergli l’assicurazione sociale per l’impiego (ASpI), domanda respinta il 4.9.2015 successivamente alla quale il 10.9.2015 aveva dichiarato di optare per l’ASpI per il periodo di concessione e, ciò nonostante il Comitato provinciale decidendo il ricorso lo aveva rigettato sul rilievo che, all’atto della domanda, non aveva esercitato l’opzione sebbene fosse già titolare dell’assegno di invalidità.

1.1. La Corte di merito, evidenziato che l’opzione era stata comunque esercitata nel termine di sessanta giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, ha ribadito un suo precedente con il quale si era ritenuto che la circolare dell’Istituto non era vincolante e che in mancanza di una norma di legge nessuna decadenza era operante.

1.2. Ha rammentato che la Corte costituzionale con la sentenza n. 234 del 2011 aveva previsto la possibilità di optare tra i trattamenti concorrenti e che una decadenza non prevista violerebbe tale assetto disegnato dal giudice delle leggi.

2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’INPS affidato ad un unico motivo.

Nessuno si è costituito per I.I. L’ INPS ha depositato memoria.

Ragioni della decisione

3. Con il ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 7 del d.l. 20 maggio 1993 n. 148 convertito in  legge 19 luglio 1993 n. 236 e dell’art. 2 comma 24 bis della legge 8 giugno 2012 n. 92 e 14 del d.lgs. 4 marzo 2015 n. 22 ratione temporis vigente, in relazione all’art. 1287 secondo comma c.c. con riguardo al diritto dell’assicurato, titolare di assegno di invalidità, ad ottenere l’indennità c.d. ASpI ed al diritto di esercitare l’opzione tra le due prestazioni oltre il termine, fissato dall’Istituto debitore, di presentazione della domanda amministrativa per ottenere il trattamento di disoccupazione.

3.1. L’Inps deduce che, se al titolare della prestazione di invalidità è consentito di optare per il trattamento di disoccupazione (ex Corte Cost. 234 del 2011) alternativo alla prestazione di invalidità non è tuttavia immaginabile che la scelta possa essere operata sine die.

Conseguentemente, ad avviso dell’Istituto ricorrente, in mancanza di un termine di legge, questo ben potrebbe essere fissato dal debitore ex  art. 1287 c.c. e, in caso di mancato rispetto, l’interessato perderebbe la facoltà di scegliere.

3.2. Ricorda che nel caso in cui il diritto all’assegno ordinario di invalidità sopravvenga al godimento del trattamento di disoccupazione, in difetto di una opzione in favore della disoccupazione, l’interessato decade ai sensi dell’art 2 commi 40 d) e 41 della legge n. 92 del 2012.

Pertanto, sostiene che nel caso in cui, come nella specie, sia il diritto al trattamento di disoccupazione a sopravvenire al diritto all’assegno l’opzione per la disoccupazione deve essere esercitata contestualmente alla domanda come previsto dalla circolare n. 138 del 2011.

4. Tanto premesso appare utile riassumere il quadro normativo in cui si inserisce la presente controversia.

4.1. L’art. 2 della legge 28 giugno 2012 n. 92, che disciplina gli ammortizzatori sociali, al comma 1 dispone che presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti (di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989 n. 88) è istituita l’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI) a decorrere dal 1° gennaio 2013 e in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dalla stessa data. 

Si tratta di prestazione che ha la funzione di fornire ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione un’indennità mensile di disoccupazione.

Al successivo comma 4 della citata disposizione è poi chiarito che l’indennità è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che siano in stato di disoccupazione (ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera c), del d.lgs. 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni (lettera a) e che possano far valere almeno due anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione (lettera b).

Secondo quanto disposto dal comma 13 della citata norma i lavoratori, per fruire dell’indennità, devono, a pena di decadenza, presentare apposita domanda, esclusivamente in via telematica, all’INPS, entro il termine di due mesi dalla data di spettanza del trattamento.

Il comma 24 bis – introdotto dall’art. 1 comma 250, lett. e, della legge n. 228 del 2012 – dispone che “Alle prestazioni liquidate dall’Assicurazione sociale per l’Impiego si applicano, per quanto non previsto dalla presente legge ed in quanto applicabili, le norme già operanti in materia di indennità di disoccupazione ordinaria non agricola”.

Con il comma 40 poi sono dettati i casi di decadenza dalla fruizione dell’indennità e tra questi, oltre alla perdita dello stato di disoccupazione (lett. a), alla mancata comunicazione dell’inizio di un’attività in forma autonoma (lett. b) e al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato (lett. c) vi è anche l’ acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità, sempre che il lavoratore non opti per l’indennità erogata dall’ASpI (lett. d).

Quindi al successivo comma 41 si dispone che la decadenza si realizza dal momento in cui si verifica l’evento che la determina, con obbligo di restituire l’indennità che eventualmente si sia continuato a percepire.

4.2. Per effetto di quanto disposto dal comma 24 bis, all’indennità c.d. ASpI si applica la regola generale, stabilita dall’art. 6, comma 7, del d.l. n. 148 del 1993, convertito in legge n. 236 del 1993 (nel testo risultante anche dalla declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza 29 maggio 1 giugno 1995 n. 218) che nel disporre l’incompatibilità tra i trattamenti ordinari e speciali di disoccupazione e l’indennità di mobilità (…) con i trattamenti pensionistici diretti a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, degli ordinamenti sostitutivi, esonerativi ed esclusivi dell’assicurazione medesima, nonché delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, prevede altresì che i lavoratori che fruiscano dell’assegno o della pensione di invalidità all’atto dell’iscrizione nelle liste di mobilità debbano optare tra tali trattamenti e quello di mobilità e che quando si sia optato per quest’ultimo l’assegno o la pensione di invalidità restino sospesi per il periodo di fruizione della mobilità ovvero, in caso di sua corresponsione anticipata, per il periodo corrispondente all’ammontare della relativa anticipazione del trattamento di mobilità come previsto dagli artt. 2 comma 5 e 12 comma 2 del d.l. 16 maggio 1994 n. 299 convertito in legge 19 luglio 1994 n. 451.

4.3. In definitiva, a norma degli artt. art. 10 comma 14 della legge n. 887 del 1984 e dell’art. 6 comma 7 del d.l. n. 148 del 1993 dal 1º gennaio 1985 i trattamenti di disoccupazione sono incompatibili con i trattamenti pensionistici diretti a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, degli ordinamenti sostitutivi, esonerativi ed esclusivi dell’assicurazione medesima, nonché delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi ma l’assicurato ha il diritto di scegliere tra l’assegno ordinario di invalidità e l’indennità di disoccupazione per il periodo di disoccupazione indennizzato, ferma restando l’incumulabilità delle due prestazioni (e in questo senso anche la circolare INPS n. 138 del 2011 a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 19-22 luglio 2011, n. 234).

5. È alla luce dell’esposto quadro normativo che va trovata la soluzione del quesito posto con il ricorso le cui censure, ad avviso del Collegio, non possono essere accolte.

5.1. Sebbene la percezione di un trattamento di invalidità già in godimento sia evidentemente incompatibile con l’erogazione dell’ASpI – indennità erogata a domanda dell’interessato in occasione della sopravvenienza dello stato di disoccupazione – tuttavia deve essere comunque garantita la possibilità per l’assicurato di scegliere il trattamento a lui più favorevole.

5.2. Orbene l’art. 12 comma 2 del d.l. 16 maggio 1994 n. 299 convertito in legge 19 luglio 1994 n. 451, che fissa un termine di sessanta giorni per l’esercizio del diritto di opzione, è norma finale di chiusura della disciplina che interviene per regolamentare il passaggio da un regime ad un altro con riguardo alle situazioni già in essere alla data di entrata in vigore della legge.

La norma prevede, come detto, la necessità di esercitare la scelta tra il trattamento di mobilità e le prestazioni previdenziali e assistenziali in godimento.

5.3. Nessun termine di decadenza è invece previsto in via generale neppure dalla disciplina che viene richiamata dal comma 24 bis dell’art. 2 legge 92 del 2012 che ha introdotto l’ ASpI.

5.4. Come è noto, le norme che dettano una decadenza sono di stretta interpretazione e sono insuscettibili di applicazione analogica (cfr. tra le tante per l’applicazione di tale principio Cass. 31/03/2021 n. 8964,25/11/2020 n. 26845, 13/06/1979 n. 3331).

Né il termine di decadenza (di 30 o di 60 giorni che sia) può essere introdotto ex art. 1287 secondo comma c.c. con una circolare, (la circolare INPS n. 138 del 2011) che è mero atto di interpretazione della normativa neppure vincolante.

5.5. Questa Corte – nel chiarire da tempo che il divieto di cumulo dei trattamenti di disoccupazione con i trattamenti pensionistici a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, introdotto dall’art. 6 comma 7 del citato d.l. n. 148 del 1993, si estende anche all’assegno ordinario di invalidità, in ragione della sua natura di trattamento pensionistico (cfr. Cass. 17/08/2023 n. 24751 e ivi le richiamate Cass. nn. 5544 e 8239 del 2010, 9808 del 2012 e 8634 del 2014) – ha rammentato che il regime della non cumulabilità di tali trattamenti è stato temperato dalla facoltà di opzione introdotta dall’art. 2 comma 5 del d.l. n. 299 del 1994 alla luce del quale “all’atto dell’iscrizione nelle liste di mobilità, i lavoratori che fruiscono dell’assegno o della pensione di invalidità devono optare tra tali trattamenti e quello di mobilità”.

In quella sede si è rammentato che la norma sopra citata non prevede espressamente quali siano le conseguenze del mancato esercizio dell’opzione nel termine previsto per l’iscrizione nelle liste ma si è ritenuto di poterle ricavare dall’art. 1287 secondo comma c.c. il quale stabilisce in forma generale per tutte le obbligazioni alternative le conseguenze del mancato esercizio della facoltà di scelta del creditore “nel termine stabilito” prevedendo la decadenza dalla facoltà di scelta che passa al debitore.

In quel contesto si è ritenuto che, sebbene non si possa avere nel caso dell’iscrizione alle liste di mobilità alcun passaggio della facoltà di scelta al debitore, trattandosi di obbligazioni pubbliche in cui il comportamento dell’ente previdenziale è interamente assoggettato alla volontà di legge, tuttavia l’opzione tra i due trattamenti non potrebbe essere esercitata in ogni tempo ma deve piuttosto intervenire all’atto dell’iscrizione nelle liste di mobilità a pena di decadenza.

5.6. Orbene nella specie la coeva coesistenza dei due trattamenti previdenziali (ASpI e assegno ordinario di invalidità) non è consentita; tuttavia quando si verifichi in concreto l’art. 2 comma 40 lett. d) della legge n. 92 del 2012 prevede che alla maturazione dei requisiti del diritto all’assegno ordinario si perde il diritto a percepire l’indennità di disoccupazione a meno che il lavoratore avente diritto all’assegno ordinario di invalidità non scelga espressamente di mantenere il trattamento di disoccupazione.

Allo stesso modo nel caso di preesistenza dell’assegno, l’art. 2 comma 24 bis della legge n. 92 del 2012 e l’art. 6 comma 7 del d.l. n. 148 del 1993, convertito in legge n. 236 del 1993, a seguito della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 234 del 2011, dispone che il lavoratore espliciti la preferenza di ottenere il trattamento di disoccupazione.

5.7. Da quanto esposto emerge che il diritto all’indennità di disoccupazione, per sua natura più limitato rispetto all’assegno di invalidità, è rispetto a quest’ultimo recessivo di tal che, nel caso in cui siano erogate entrambe le prestazioni, l’ASpI in mancanza di opzione può essere legittimamente ripetuta dall’Istituto.

5.8. Ciò non toglie però che al lavoratore che abbia presentato domanda di ASpI e si sia vista rigettare la pretesa in via amministrativa possa – senza che perciò si possa ritenere intervenuta una decadenza – in sede di ricorso amministrativo esercitare la sua opzione per quel trattamento.

Diversamente verrebbe frustrata, senza che risulti posto dal legislatore un limite in tal senso, l’esigenza perseguita dalla Corte costituzionale con la sentenza n.234 2011 di assicurare il libero esercizio dell’opzione da parte dell’assicurato in favore dell’una o dell’altra prestazione.

5.9. Peraltro, rileva il Collegio che il legislatore che, successivamente alle sentenze della Corte costituzionale sopra ricordate, ha introdotto con la legge n. 92 del 2012 il nuovo istituto dell’ASpI ben avrebbe potuto fissare un congruo termine entro il quale obbligatoriamente l’interessato è tenuto ad esercitare la sua opzione per l’una o l’altra prestazione.

La facoltà di opzione è di regola accompagnata da un termine cui è connessa la stabilizzazione di una certa situazione nel caso di mancato esercizio (si veda ad es. l’art 39 della legge n. 359 del 1955; l’art. 6 del d.l. n. 791 del 1981, conv. nella legge n. 54 del 1982; art. 6 comma secondo della legge n. 407 del 1990 richiamato dall’art. 1, comma secondo, del D.lgs. n. 503 del 1992; cfr. Cass. n. 352 del 2013 e Cass. n. 28279 del 2008, Cass. 8494 del 2000); tuttavia quando, come nella specie, il legislatore non abbia ritenuto di definire l’arco temporale entro il quale deve essere esercitata il rimedio deve essere rinvenuto nel sistema.

Ne consegue che l’esercizio dell’opzione costituisce – in presenza della causa di decadenza dal diritto alla fruizione dell’indennità rappresentato dalla titolarità dell’assegno ordinario di invalidità (già in godimento o successivamente riconosciuto) – una condizione di erogabilità della prestazione cui si collega anche il diritto alla ripetizione delle somme eventualmente erogate indebitamente in mancanza di scelta da parte dell’interessato.

Il tardato esercizio dell’opzione, a norma del comma 41 dell’art. 2 della legge n. 92 del 2012, comporterà quindi la possibilità di ripetere dall’assicurato le somme eventualmente indebitamente erogate a titolo di ASpI, nel concorso dell’assegno ordinario di invalidità, ma non può escludere che l’assicurato possa anche tardivamente optare per l’erogazione dell’indennità.

6. In conclusione, per le ragioni sopra esposte il ricorso deve essere rigettato.

La mancata costituzione di I.I. esonera il Collegio dal provvedere sulle spese del giudizio.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso […]”.