(Studio legale  G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)

Corte di cassazione. Sentenza 16 settembre 2024, n. 24801.

Lavoro straordinario – Trasferta – Indennità di lavoro domenicale – Incidenza sul TFR – Elementi costitutivi della retribuzione – Indennità per lavoro spostato e richiamo in servizio – Accoglimento

“[…] La Corte di Cassazione,

(omissis)

Rilevato che

La Corte di appello di Trieste aveva in parte riformato la decisione con cui il Tribunale aveva accolto (in parte) le domande di P.D., proposte nei confronti di A.P.L. Spa, quanto al diritto al computo nel TFR dell’indennità di lavoro domenicale, dell’indennità particolare, all’utilizzo e dell’indennità di cui all’accordo compenso ore di guida trasferta superiore a 35 Km.

Il tribunale aveva invece rigettato le domande relative all’incidenza del lavoro straordinario, dell’indennità di richiamo in servizio, e a quella del lavoro spostato, in quanto non corrisposte in modo continuativo.

La Corte territoriale, anche esaminando l’appello incidentale proposto dalla società A., aveva confermato quanto statuito dal Tribunale sulle voci retributive considerate positivamente ai fini del TFR e, con riguardo all’appello del lavoratore, aveva comunque ritenuto non valutabile il lavoro straordinario, le indennità per lavoro spostato e richiamo in servizio, in quanto non corrisposte in modo continuativo.

Sempre la corte d’appello asseriva che su tali voci andava effettuata una valutazione globale e unitaria del dato della frequenza degli introiti in questione.

La stessa Corte accoglieva parzialmente l’appello del lavoratore sul governo delle spese di lite, compensandole per metà invece che per intero (come invece aveva disposto il primo giudice) ponendo la residua metà a carico della società.

Avverso detta decisione proponeva ricorso il lavoratore con due motivi cui resisteva la società con controricorso anche contenente ricorso incidentale affidato ad un motivo.

Entrambe le parti depositavano successiva memoria.

La Procura Generale concludeva per l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, l’inammissibilità del secondo e il rigetto del ricorso incidentale.

Ragioni della decisione

Ricorso principale

1) – Con primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 2120 c.c. e artt. 40 e 11 CCNL Autostrade e Trafori.

La censura è diretta a contestare la valutazione unitaria e globale del dato della frequenza degli emolumenti non riconosciuti (lavoro straordinario, indennità di richiamo in servizio, e indennità del lavoro spostato) anziché la valenza annuale dell’incidenza degli stessi sul Trattamento di Fine Rapporto (TFR) maturato nell’anno.

2) – Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. con riguardo alla compensazione delle spese, liquidate dalla corte di merito in ragione della metà dell’intero ammontare, con condanna della società per la parte residua.
Ricorso incidentale

3) – Con ricorso incidentale la società deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2120 c.c. e del CCNL (artt. 11, 19, 22, 27, 28, 43, 45).

L’unico motivo del ricorso incidentale lamenta la mancata valutazione da parte della Corte di merito, in particolare, del contenuto dell’art.22 del CCNL, relativo agli elementi costitutivi della retribuzione, differenti e non inclusivi di quelli invece considerati positivamente dai giudici d’appello ai fini dell’incidenza sul TFR.

4) – Le censure proposte, come sopra riassuntivamente esposte, riguardano essenzialmente il concetto di trattamento di fine rapporto e di sua determinazione e propongono una differente interpretazione delle norme legali e contrattuali.

La sentenza in esame ha chiarito di aver fatto riferimento, nell’individuazione dei criteri determinativi dell’emolumento in questione alla norma contrattuale (art. 40 ccnl) che a sua volta contiene il richiamo solo alle disposizioni di legge, e dunque all’art. 2120 c.c.

La stessa Corte spiega che il richiamo ad altre disposizioni contrattuali, quale ad esempio l’art. 43 del ccnl, non risulta essere criterio utilizzabile ai fini del computo del TFR, essendo la disposizione, focalizzata solo su talune voci ivi previste ad altri fini.

La società A., con l’unico motivo di ricorso incidentale, lamenta la mancata applicazione dell’art. 22 del CCNL, a suo dire costituente il criterio di riferimento per la determinazione del TFR, poiché contenente l’elenco degli elementi della retribuzione.

Solo tali ultimi sarebbero pertanto da considerare.

5) Questa Corte di legittimità, anche recentemente, occupandosi della materia ha chiarito che nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto possono essere ricompresi gli emolumenti incentivanti che, pur presentando in astratto il carattere dell’incertezza, sono erogati ai dipendenti con carattere di corrispettività rispetto alle prestazioni rese e per i quali risulta, in base ad una verifica da eseguire necessariamente ex post, l’avvenuta corresponsione per un tempo significativo tale da escluderne il carattere occasionale, senza che rilevi il fatto che l’ammissione al sistema incentivante dipende da una decisione datoriale (Cass n. 14242/24; Cass.n. 29440/17; Cass.n. 16591/2014).

Il principio espresso segue e specifica ulteriormente quello che da tempo viene definito come principio dell’omnicomprensività della retribuzione, adottato dal secondo comma dell’art. 2120 cod. civ., nel testo novellato dalla legge n. 297 del 1982, che, benché derogabile, comporta che se la prestazione di lavoro non è occasionale, la relativa retribuzione debba essere compresa nel trattamento di fine rapporto, salvo che la contrattazione collettiva apporti un’eccezione a tale regola in modo chiaro e univoco(Cass.n. 96/2003).

6) Come appare chiaro, ai fini della corretta individuazione del TFR, i criteri identificativi sono dati dalla ricorrenza dell’emolumento percepito, quale corrispettivo delle prestazioni rese (anche non preventivamente certo), e tale da non costituire il frutto di una mera e unica occasionalità, con l’eccezione che la contrattazione collettiva possa derogare a tali criteri in modo assolutamente chiaro e con univoco significato.

7) Nel caso in esame la Corte territoriale, con una interpretazione della norma contrattuale del tutto coerente rispetto al contenuto della stessa e alla scelta delle parti sociali, ha chiaramente precisato che il canone da adottare era quello del disposto dell’art. 2120 c.c., poiché espressamente richiamato dalla disposizione collettiva specificamente diretta alla determinazione del TFR.

Peraltro, la stessa Corte, pur avendo correttamente individuato il criterio della onnicomprensività, ha poi escluso talune voci retributive, quali il lavoro straordinario, l’indennità di richiamo in servizio e quella del lavoro spostato, valutando che la non ricorrenza puntuale di dette voci retributive portava ad escluderle ai fini del TFR, imponendosi “una valutazione globale ed unitaria del dato della frequenza di detti introiti e compensi”.

8) Con tale valutazione la corte di merito non ha svolto corretta sussunzione del dato concreto nei principi dalla stessa richiamati.

Come già affermato da questa Corte, “il secondo comma dell’art. 2120 cod. civ. vigente, nel definire la nozione di retribuzione, ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, non richiede, a differenza del vecchio testo della norma codicistica, la ripetitività regolare e continua e la frequenza delle prestazioni e dei relativi compensi, disponendo che questi ultimi vanno esclusi dal suddetto calcolo solo in quanto sporadici ed occasionali, per tali dovendosi intendere solo quelli collegati a ragioni aziendali del tutto imprevedibili e fortuite, e dovendosi all’opposto computare ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto gli emolumenti riferiti ad eventi collegati al rapporto lavorativo o connessi alla particolare organizzazione del lavoro” (Cass. n. 15080 del 2008; nello stesso senso v. Cass. n. 7488 del 2000; n. 12411 del 2002; n. 11448 del 2004; n. 9252 del 2008; n. 16591 del 2014; n. 29440 del 2017).

Difatti, l’art. 2120 c.c., nel testo modificato dalla legge n. 297 del 1982, ha accolto un criterio omnicomprensivo del calcolo del trattamento di fine rapporto, che include nella relativa base di computo “tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese” (comma 2).

L’espressione è così ampia da includere qualsiasi compenso corrisposto al dipendente per un titolo connesso al rapporto di lavoro, anche se privo del “carattere continuativo” precedentemente richiesto dal vecchio testo dell’art. 2121 c.c. per l’indennità di anzianità.

Ne restano esclusi, quindi, soltanto quegli emolumenti erogati per situazioni straordinarie ed imprevedibili, tali da far ragionevolmente presumere che non possa ripetersi con frequenza l’occasione della prestazione lavorativa.

Si tratta di una dizione certamente idonea a comprendere compensi relativi a prestazioni che presentino carattere di ricorrenza nel tempo, anche se variabili nella cadenza temporale e nella quantità.

Al fine dell’inclusione nella base di calcolo del t.f.r., diversamente da quanto accade per altri istituti retributivi indiretti per i quali non vige un principio legale di onnicomprensività della retribuzione, è sufficiente che nel corso del rapporto i compensi siano erogati con frequenza e con carattere di corrispettività rispetto alle prestazioni rese, in modo tale da escluderne la corresponsione a titolo occasionale” (così Cass.n.14242/2024; Cass. n. 18680 del 2014).

9) Sulla base di tale principio, al quale va data continuità, deve dunque ritenersi che erroneamente la Corte di merito ha escluso, dal calcolo in questione, le indicate voci retributive, certamente non ripetitive, ma comunque erogate in più occasioni e in corrispondenza di una specifica prestazione.

La valutazione di merito richiesta doveva infatti essere improntata a siffatti principi in considerazione della annualità della ricorrenza, sia pur non continuativa, ma comunque presente quale corrispettivo della prestazione resa.

Su tale punto, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale, la sentenza deve essere cassata.

10) – Le ragioni sopra evidenziate devono conseguentemente far ritenere infondato il motivo del ricorso incidentale. Il richiamo all’art. 22 del ccnl risulta infatti non di rilievo trattandosi di disposizione che, indicando gli “elementi della retribuzione” fa riferimento alle voci retributive c.d “standard” ovvero a quegli emolumenti che ricorrono ordinariamente in busta paga quali componenti fissi della retribuzione di ciascun lavoratore, ma che non possono certamente far escludere ulteriori emolumenti versati per specifici aspetti della prestazione di lavoro, non riferibili a tutti i lavoratori e non a tutte le prestazioni.

11) – È, infine, assorbito il secondo motivo del ricorso principale, poiché ex art. 336 co. 1° c.p.c. in forza del principio espansivo interno la cassazione della sentenza importa la caducazione dei capi dipendenti, come quello sulle spese.

In conclusione, deve accogliersi il primo motivo del ricorso principale, con cassazione sul punto della sentenza impugnata e rinvio alla corte di merito, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità, assorbito il secondo motivo del ricorso principale e rigettato il ricorso incidentale.

Sussistono i presupposti processuali per il pagamento del contributo unificato da parte del ricorrente incidentale, ove dovuto.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo motivo.

Rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza con riguardo al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità […]”

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