(Studio legale  G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)

Corte di cassazione, sezione lavoro, Ordinanza 25 novembre 2024, n. 30314.

In tema di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione va intesa in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo (quali il tempo necessario per l’accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell’impresa), con valutazione riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici.

Lavoro. Licenziamento. Inosservanza di numerosi turni di lavoro. Numerose sanzioni conservative adottate. Lettera di contestazione. Comportamento insubordinato. Rigetto.

“[…] La Corte di Cassazione,

(omissis)

Rilevato che

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Venezia, in riforma del provvedimento del giudice di primo grado (con esclusivo riguardo al profilo della tempestività della contestazione disciplinare), ha respinto la domanda proposta da C.P. nei confronti di RAI – Radiotelevisione italiana s.p.a. tesa alla declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato l’11.3.2020.

2. La Corte territoriale – rilevato che i fatti in relazione ai quali il lavoratore era stato licenziato erano pacifici (inosservanza di numerosi turni di lavoro, nell’ambito della mansione di tecnico della produzione) e che la deduzione della sottoposizione a turni stressanti e difficoltà logistiche era del tutto generica – ha escluso (al pari del giudice di primo grado) la nullità del licenziamento per inosservanza della forma scritta, rilevando che le (insufficienti) deduzioni dello stesso lavoratore e il quadro probatorio raccolto portavano a ritenere perfezionata la comunicazione dell’atto di licenziamento sul luogo di lavoro e di fronte a testimoni nonché il rifiuto del destinatario di riceverlo; ha, del pari, escluso la consumazione del potere disciplinare a fronte di precedenti sanzioni conservative per la stessa tipologia di condotte, considerata la sopravvenienza di fatti nuovi e ritenuto che la contestazione della recidiva (come da giurisprudenza consolidata) prescinde dalla definitività della sanzione ove sia pendente la sua impugnazione; ha sottolineato che la reiterazione delle condotte nel corso degli anni e la manifestata insofferenza verso una basilare regola organizzativa come è il rispetto del turno di servizio (specie per un tecnico, la cui attività è propedeutica rispetto al lavoro di altre maestranze) integra una condotta insubordinata, nei confronti della quale non poteva certamente ritenersi sopravvenuta una acquiescenza da parte della società, viste le numerose sanzioni conservative adottate per la violazione sui ritardi; in conclusione, nonostante alcune condotte contemplate nella lettera di contestazione dovessero ritenersi tardive (ossia i ritardi contestati per il periodo maggio-settembre 2019), le altre condotte dovevano ritenersi tempestivamente contestate (considerate l’articolazione su base nazionale della struttura organizzativa della RAI, la valutazione delle condotte da parte di un’articolazione interna della società avente sede a Roma e non a Venezia, la natura della condotta di insubordinazione che richiedeva la cristallizzazione del carattere continuativo ripetuto nel tempo delle condotte, la mancanza di allegazioni circa la lesione del diritto di difesa del lavoratore) e il licenziamento doveva ritenersi legittimo.

3. Avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.

La società ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

4. Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.

Considerato che

1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per avere, la Corte territoriale, erroneamente ritenuto che la lettera asseritamente letta al lavoratore fosse proprio la lettera di licenziamento (e non missiva di altro contenuto).

2. Con il secondo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della legge n. 300 del 1970, 28 e 29 del CCNL applicato in azienda, 2119 c.c., 12 della legge n. 604 del 1966, nonché violazione del Regolamento di disciplina: posto che la recidiva era l’elemento costitutivo della fattispecie espulsiva e non un mero criterio di determinazione della sanzione proporzionata alle mancanze oggetto di contestazione, la Corte di appello, ha errato nel ritenere corretta l’utilizzazione di alcune sanzioni conservative citate nella contestazione disciplinare che, invece, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970 erano sottoposte alla valutazione del Collegio di conciliazione e dovevano, pertanto, ritenersi sospese, mentre per altre sanzioni doveva ritenersi esaurito l’esercizio del potere disciplinare (in quanto quella sanzione era stata già oggetto di duplice valutazione: come sanzione individuale e come parte di altra sanzione irrogata per recidiva); e inoltre, la società aveva già precedentemente contestato 6 recidive (sempre per ritardo sul posto di lavoro e per permanenza non autorizzata) e non aveva ritenuto di adottare la sanzione espulsiva, e, quindi, per le medesime condotte avrebbe dovuto adottare pur sempre una sanzione conservativa.

3. Con il terzo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, “nn. 1 e 3”, nullità della sentenza e violazione e falsa applicazione degli artt. 1324, 1362, 1366 e 1370 c.c., avendo, la Corte di appello, illegittimamente tramutato il titolo disciplinare: la lettera di contestazione fa riferimento a condotte di ritardo o di permanenza non autorizzata sul posto di lavoro mentre il giudice di merito ha qualificato le condotte come un comportamento insubordinato, con ciò impedendo la specifica riconduzione delle infrazioni alla casistica prevista dal CCNL, che avrebbe comportato l’applicazione di una sanzione conservativa.

4. Con il quarto motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, “nn. 1 e 3”, nullità della sentenza e violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1373, 1324, 1362, 1366 e 1370 c.c., 7 della legge n. 300 del 1970 non potendo, la Corte territoriale, scindere in momenti diversi – ai fini della valutazione della tempestività della contestazione disciplinare – un comportamento valutato in maniera unitaria dalla società.

5. Con il quinto motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 5, nullità della sentenza e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio avendo, la Corte territoriale, erroneamente escluso l’acquiescenza della società alle condotte tenute dal lavoratore, acquiescenza che, invece, risultava evidente dai fatti.

6. Con il sesto motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 5, nullità della sentenza e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio avendo, la Corte territoriale, soprasseduto all’esame di una molteplicità di fatti dedotti in appello, fatti che laddove correttamente esaminati avrebbero offerta la prova di circostanze tali da invalidare l’atto espulsivo.

7. I motivi di ricorso presentano, tutti, profili di inammissibilità in quanto, seppur formulati come violazione o falsa applicazione di legge, nullità del procedimento o come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio – vizio il cui esame peraltro risulta impedito dalla presenza di una « doppia conforme » su tutti gli elementi di fatto della vicenda (ad esclusione della sola valutazione di tempestività della contestazione) – mirano, in realtà, alla rivalutazione dei fatti e del compendio probatorio operata dal giudice di merito non consentita in sede di legittimità.

7.1. In particolare, il primo motivo è inammissibile in quanto non individua un errore di diritto ma, piuttosto, involge apprezzamenti di merito in ordine alle modalità di consegna della lettera di licenziamento ed al suo contenuto; del pari, il terzo motivo propone un atomistico conteggio e una suddivisione delle sanzioni conservative già intimate che si discosta dall’accertamento del “carattere continuativo e ripetuto nel tempo” delle condotte come effettuato dal giudice di merito; il quinto motivo propone una personale, più favorevole, valutazione dei fatti (pacifici) in ordine alla carenza di disfunzioni organizzative provocate dal comportamento del lavoratore e alla conseguente tolleranza ed acquiescenza delle condotte del lavoratore; il sesto motivo sottolinea la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito al diverso convincimento soggettivo patrocinato dalla parte, proponendo, anche in questo caso, un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati; tutte valutazioni in quanto tali sottratte al sindacato di questa Corte.

8. Per gli aspetti residuali si evidenzia che:

9. Il secondo motivo di ricorso è in parte inammissibile e, per la parte residua, infondato.

9.1. Le censure sono inammissibili per carenza di decisività ove sottolineano la inutilizzabilità, ai fini della recidiva, di alcune sanzioni (indicate nella lettera di contestazione disciplinare ai fini della recidiva) sottoposte alla valutazione del Collegio arbitrale di disciplina, posto che nella medesima lettera erano altresì richiamate diverse altre sanzioni (nel termine dei due anni antecedenti il provvedimento espulsivo, ex art. 7 della legge n. 300 del 1970) già definitivamente applicate dalla società.

9.2. In punto di diritto, con specifico riferimento alla valutazione di precedenti infrazioni disciplinari sottoposti al Collegio di conciliazione, questa Corte ha, poi, già affermato che “Con riguardo a contratto collettivo il quale preveda che alcune mancanze del lavoratore, di per sé costituenti illeciti disciplinari e punite con specifica sanzione, siano valutabili, in caso di recidiva, come unico comportamento sanzionabile con il licenziamento, la richiesta del lavoratore di costituzione del collegio di conciliazione e arbitrato, in relazione alle sanzioni irrogate per quelle mancanze, non preclude al giudice di tenere conto – in sede di verifica della legittimità del recesso del datore di lavoro – delle sanzioni predette, atteso che la sospensione prevista dall’art. 7 l. n. 300 del 1970 incide su misure disciplinari già efficaci e si risolve in una mera temporanea ineseguibilità che è limitata alle sanzioni relative alle infrazioni considerate singolarmente e non già quali comportamenti del complesso e più grave illecito disciplinare sanzionato con il licenziamento” (Cass. n. 7719 del 2016; conf. Cass. n. 17685 del 2018).

10. Il quarto motivo di ricorso è infondato.

10.1. Questa Corte ha già affermato che in tema di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione va intesa in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo (quali il tempo necessario per l’accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell’impresa), con valutazione riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici (orientamento del tutto consolidato; da ultimo, cfr. Cass. n. 14726 del 2024).

10.2. Nella specie, la sentenza impugnata ha motivato, con ampia argomentazione, le circostanze che hanno reso legittimo, in quanto tempestivo, l’addebito disciplinare risalente a due mesi precedenti, addebito che – come rigorosamente illustrato – rappresentava un continuum rispetto alle condotte (e alle sanzioni ricevute) nei due anni precedenti.

11. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.

12. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità […]”.