(Studio legale G.Patrizi, G.Arrigo, G.Dobici)

Convalida del trattenimento dello straniero e ricorso per cassazione: deve applicarsi la procedura ordinaria e non già quella consensuale del mandato d’arresto europeo

La nuova disciplina del processo di cassazione sulla convalida del trattenimento dello straniero espulso o richiedente protezione internazionale, introdotta dal Decreto legge numero 145 del 2024, è costituzionalmente illegittima nella parte in cui dispone che in detto giudizio trovi applicazione la norma, dettata per il processo di legittimità in materia di mandato d’arresto europeo consensuale, secondo cui la Corte di cassazione giudica in camera di consiglio sui motivi di ricorso e sulle richieste del procuratore generale senza intervento delle parti.

Così ha deciso la Corte costituzionale con la sentenza  numero 39, depositata il 10 aprile 2025, che ha ritenuto fondata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale -sollevata dalla Corte di cassazione, sezione prima penale- dell’articolo 14, comma 6, del testo unico sull’immigrazione, come modificato dal decreto-legge numero 145 del 2024 -richiamato, per quanto concerne lo straniero richiedente protezione internazionale, dall’articolo 6, comma 5-bis, del decreto legislativo numero 142 del 2015, introdotto dal medesimo decreto-legge- , nella parte in cui rinvia al quarto periodo del comma 5-bis dell’articolo 22 della legge numero 69 del 2005, anziché ai commi 3 e 4 di quest’ultimo articolo.

Il novellato articolo 14, comma 6, del testo unico sull’immigrazione ha, infatti, stabilito che nel giudizio di cassazione sulla convalida del trattenimento -ora proponibile nelle forme del giudizio penale, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettere a), b) e c), del codice di procedura penale-  si osservano le norme relative alla procedura consensuale in materia di mandato d’arresto europeo dettate dal secondo e dal quarto periodo dell’articolo 22, comma 5-bis, della legge numero 69 del 2009. Ai sensi di quest’ultima disposizione, la Corte di cassazione, nel termine di sette giorni dalla ricezione degli atti, giudica in camera di consiglio sui motivi di ricorso e sulle richieste del procuratore generale senza l’intervento delle parti e deposita la decisione con la contestuale motivazione a conclusione dell’udienza.

Secondo la Consulta, la nuova disciplina, nella parte in cui estende al giudizio di legittimità sulla convalida del trattenimento un modello processuale -quale è, appunto, la procedura in materia di mandato d’arresto europeo consensuale- strutturalmente inidoneo ad assicurare alle parti un momento di confronto dialettico scritto o orale, sconfina nella manifesta irragionevolezza.

L’inadeguatezza del rito delineato dalla novella deriva dalla eterogeneità, oggettiva e funzionale, tra il giudizio in materia di mandato d’arresto europeo consensuale, per il quale la procedura in questione è stata concepita, e il giudizio concernente la convalida del trattenimento dello straniero, al quale la stessa procedura è stata estesa.

Infatti, ha sottolineato la Corte, la particolare speditezza e semplificazione del procedimento in materia di mandato d’arresto europeo consensuale si giustifica, oltre che in ragione della garanzia dell’habeas corpus e della necessità di concludere la procedura di consegna entro i termini imposti dalla decisione quadro 2002/584/GAI, anche perché, per effetto del consenso prestato dall’interessato, l’oggetto del controllo giudiziale è più limitato.

Per converso, il giudizio di legittimità sulla convalida del trattenimento è caratterizzato dalla contrapposizione delle parti e può estendersi alla verifica di profili che eccedono la regolarità dell’adozione della misura restrittiva in sé considerata.

La Corte ha, quindi, individuato nella disciplina procedurale sul mandato d’arresto europeo ordinario dettata dall’articolo 22, commi 3 e 4, della legge numero 69 del 2005 il dato normativo utile alla ricostruzione del frammento precettivo rimosso.

In linea con la sua consolidata giurisprudenza, secondo la quale la soluzione normativa utile a porre rimedio alla violazione riscontrata deve essere in relazione di prossimità con la fattispecie in scrutinio -e, quindi, in linea con la logica in essa perseguita dal legislatore -, la Corte ha ritenuto che il procedimento di legittimità in materia di mandato d’arresto ordinario costituisca il referente normativo più vicino alla disciplina dichiarata parzialmente illegittima. Esso, infatti, condivide con il rito relativo al mandato d’arresto europeo consensuale, assunto a paradigma dalla disposizione censurata, la funzione e l’oggetto, pur distinguendosene per la maggiore ampiezza della cognizione riconosciuta al giudice di legittimità oltre che per un più articolato iter includente l’udienza camerale.

La procedura di cui all’articolo 22, commi 3 e 4, della legge numero 69 del 2005 non solo costituisce un modulo processuale agile, semplificato e capace di assicurare la definizione del giudizio di legittimità entro un lasso temporale assai contenuto, ma, offrendo alle parti la possibilità di essere sentite, mantiene integro il nucleo essenziale delle garanzie giurisdizionali alle stesse riconosciute.

La Corte ha, tuttavia, precisato che con l’operata sostituzione normativa ha inteso porre rimedio, nell’immediato, alla riscontrata violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, individuando, «nel massimo rispetto della voluntas legis, la disciplina più vicina a quella originariamente individuata dal legislatore».

Resta comunque ferma la possibilità che il legislatore intervenga in qualsiasi momento per individuare, nell’esercizio dell’ampia discrezionalità allo stesso riservata nella materia in esame, una diversa configurazione dello speciale giudizio di cui all’articolo 14, comma 6, del testo unico sull’immigrazione, «purché tale scelta sia rispettosa dei principi costituzionali e, in particolare, del diritto al contraddittorio e del diritto di difesa».

In particolare, ha concluso la Corte, una revisione delle scansioni temporali di tale procedimento potrebbe divenire ineludibile nel caso in cui un significativo incremento dei ricorsi dovesse rendere non più conciliabile l’estrema concentrazione del rito con la stessa effettività del «diritto al processo in cassazione».