Mark Cartwright. La democrazia ateniese, Traduzione di Alessandro Moscone.
Pubblicato il 3 aprile 2018 nella “Enciclopedia della storia del mondo” (World History Encyclopedia).
1.Quel che siamo soliti chiamare ‘Occidente’ continua ad essere pervaso da parole, concetti ed argomentazioni elaborati nell’antico mondo greco e romano. Una di queste parole è ‘Democrazia’, che evoca il nome di Atene.
Herman Hansen, uno dei più importanti studiosi della democrazia ateniese nell’ultimo secolo, osservava che, se si prendono in considerazione non le specifiche e concrete strutture istituzionali e procedure organizzative ma i principi generali dell’ideologia politica e le loro reciproche interconnessioni, esistono “forti analogie formali” per quanto riguarda “princìpi, regole, meccanismi”. Ciò avviene non perché vi sia stata una qualche continuità storica fra democrazie greche e democrazie contemporanee (le quali nascono dalla crisi dell’ancien régime e poi dal superamento dei regimi liberali a base borghese, ma non si ispirano direttamente al modello democratico ateniese, da cui anzi prendono le distanze) ma perché le une e le altre muovono da presupposti ideali (assiologici) simili, che conducono a elaborare argomentazioni e modelli concettuali simili anche nelle loro reciproche relazioni.
Su questa linea di ricerca si innesta il saggio, ancora attuale, di Mark Cartwright, saggio che riproduciamo in q.Riv.
2.”Quando si parla di democrazia ateniese ci si riferisce generalmente al sistema di governo democratico utilizzato ad Atene, in Grecia, dal V al IV secolo a.C. In questo sistema, tutti i cittadini maschi – che complessivamente costituiscono il demos (popolo) – avevano pari diritti politici, libertà di parola e l’opportunità di partecipare direttamente al dibattito politico e, quindi, alle decisioni comuni.
Nella democrazia ateniese, i cittadini partecipavano ad una democrazia diretta: questo significa che gli stessi cittadini non prendevano soltanto le decisioni fondamentali per la vita della città, ma prestavano anche servizio attivamente nelle istituzioni cittadine e quindi controllavano direttamente tutte le fasi del processo politico.
3.Fonti Antiche. Altre città greche sviluppano, chi prima chi dopo, sistemi che potremmo definire democratici, in particolare Argo, Siracusa, Rodi ed Eritre. Inoltre, a volte all’interno di sistemi oligarchici in alcuni poleis poteva esistere un comunque alto grado di uguaglianza politica. Ad ogni modo, la versione ateniese, che si stabilisce definitivamente intorno a partire al 460 a.C. (con le riforme di Pericle ed Efialte) e termina verso il 320 a.C. (dopo la conquista macedone) e coinvolgeva tutti i cittadini maschi, è stata sicuramente la più avanzata.
La parola democrazia (dēmokratia) deriva da dēmos, che si riferisce all’intero corpo cittadino: il popolo.
Le fonti contemporanee che descrivono il funzionamento della democrazia si riferiscono tipicamente ad Atene: si tratta di testi notissimi come la Costituzione degli Ateniesi attribuita ad Aristotele o alla sua scuola; le opere degli storici greci Erodoto, Tucidide e Senofonte; orazioni come quelle di Demostene; iscrizioni su pietra di decreti, leggi, contratti, onori pubblici e altro; commedie come quelle di Aristofane. Sfortunatamente, le fonti sugli altri governi democratici dell’antica Grecia sono poche e tutte piuttosto tarde. Stando così le cose, le seguenti osservazioni sulla democrazia si concentreranno sugli Ateniesi.
4.L’Assemblea e il Consiglio. La parola democrazia (dēmokratia) deriva da dēmos, che si riferisce all’intero corpo cittadino, e kratos, che significa governo. Qualsiasi cittadino maschio poteva, quindi, partecipare al principale organo democratico di Atene, l’assemblea di tutti i cittadini (ekklesia). Nel IV e V secolo a.C. la popolazione cittadina maschile di Atene probabilmente variò in un numero compreso tra 30.000 e 60.000, a seconda del periodo storico. L’assemblea si riuniva almeno una volta al mese, più probabilmente due o tre volte, sulla collina della Pnice in uno spazio dedicato che poteva ospitare circa 6000 cittadini. Qualsiasi cittadino poteva prendere la parola durante l’assemblea e quindi votare le decisioni semplicemente alzando la mano: le decisioni dell’assemblea, definitive, venivano dunque prese a maggioranza. Nove presidenti (proedroi), eletti a sorte per ricoprire tale carica una sola volta, organizzavano i lavori e valutavano le votazioni.
Le questioni che venivano discusse nell’assemblea includevano la nomina delle magistrature militari e finanziarie, l’organizzazione e il mantenimento delle scorte di cibo, l’avvio di leggi e processi politici, la decisione di inviare ambasciatori o delegati, la firma o meno di trattati, la votazione per la raccolta di fondi e la discussione di questioni militari. L’assemblea aveva anche il potere di votare per ostracizzare da Atene qualsiasi cittadino che fosse diventato troppo potente e quindi pericoloso per la polis. In questi casi si svolgeva una votazione segreta in cui i cittadini potevano scrivere scritto un nome su un pezzo di ceramica rotta (ostrakon). Un privilegio fondamentale per i dibattiti cittadini era la libertà di parola (parrhēsia), che divenne, forse, il diritto fondamentale e il simbolo stesso del cittadino democratico. Dopo opportune discussioni, venivano adottati decreti temporanei o specifici (psēphismata) e definite leggi (nomoi). L’assemblea inoltre garantiva che le decisioni fossero applicate e che i funzionari svolgessero correttamente i loro compiti.
Ad Atene (ma anche a Elide, Tegea e Taso) esisteva un organismo più piccolo, il cosiddetto Consiglio (la boulē), che deliberava o semplicemente impostava l’ordine del giorno (e quindi la priorità agli argomenti discussi) dell’assemblea. Inoltre, soprattutto in tempi di crisi e di guerra, questo organismo poteva prendere decisioni anche senza la riunione dell’assemblea. La boulē o consiglio era composto da 500 cittadini scelti a sorte e che prestavano servizio per un anno, con la limitazione che potevano servire non più di due anni non consecutivi. La boulē rappresentava i 139 distretti (demoi) dell’Attica e aveva le funzioni di ‘comitato esecutivo’ dell’assemblea. Era infatti questo organismo che supervisionava tutti i comitati amministrativi e i funzionari per conto dell’assemblea.
Era nei tribunali che le leggi emanate dall’assemblea potrebbero essere imputate e lì venivano prese le decisioni in merito all’ostracismo.
Esisteva poi anche una più organo esecutivo rispetto alla boulē, formato dai 50 cittadini di una delle dieci tribù che partecipavano alla boulē. Questi 50 cittadini della stessa tribù componevano la cosiddetta pritania (e per questo erano detti prytaneis), che rimaneva in carica per una decima parte dell’anno. Questo organo, che si potrebbe definire come il comitato esecutivo del più ampio comitato esecutivo (la boulē) aveva un presidente (epistates) che veniva estratto a sorte ogni giorno. La pritania, composta appunto da 50 uomini, si riuniva nell’edificio noto come Bouleuterion nell’agorà ateniese e custodiva anche i sacri tesori.
Insieme a tutte queste istituzioni politiche c’erano i tribunali (dikasteria) composti da 6.000 giurati e un corpo di magistrati principali (archai) scelti annualmente mediante sorteggio. Attraverso un meccanismo appositamente predisposto, che si serviva sostanzialmente di sassolini o altri piccoli oggetti colorati estratti da un’urna (kleroterion), si garantiva la selezione casuale dei magistrati. Era nei tribunali che le leggi emanate dall’assemblea potevano essere contestate e venivano prese decisioni in merito all’ostracismo, alla naturalizzazione e alla remissione del debito.
Questo sistema complesso doveva, senza dubbio, garantire un adeguato grado di controllo contro qualsiasi potenziale abuso di potere, nonché un cert equilibrio in modo che ciascuna regione dell’Attica fosse equamente rappresentata e avesse pari poteri. Attraverso il sorteggio, i magistrati e in generale le persone all’interno delle istituzioni venivano scelte a caso e per mandati strettamente delimitati: dunque era difficile per un individuo o un piccolo gruppo dominare o influenzare indebitamente il processo decisionale, sia direttamente che indirettamente, dal momento che non si poteva sapere mai esattamente chi sarebbe stato selezionato per la gestione del potere pubblico.
5.La Partecipazione al Governo. Come si è visto, nell’assembea potevano parlare (almeno in teoria) e votare solo i cittadini maschi che avessero compiuto 18 anni, mentre gli incarichi come magistrati e giurati erano limitati ai maggiori di 30 anni. Pertanto, le donne, gli schiavi e gli stranieri residenti (metoikoi) erano sistematicamente esclusi dal processo politico.
Tucidide racconta come avvenisse il coinvolgimento (si potrebbe quasi dire ‘di massa’) di tutti i cittadini maschi e descrive come, per la mentalità ateniese, era scontato che tutti partecipassero attivamente alla gestione della polis:
Noi soli (sottinteso gli Ateniesi) consideriamo il cittadino che non partecipa all’attività politica non come uno che si fa gli affari propri ma come un cittadino inutile.
La reputazione e la stima nei confronti del governo democratico è testimoniata anche dalla personificazione divina dell’ideale della democrazia, la dea Demokratia appunto. Attraverso il coinvolgimento diretto nella politica della polis, gli Ateniesi svilupparono una forte identità collettiva, nonché un certo orgoglio per il loro sistema di governo, come emerge dalla famosa orazione funebre di Pericle per i caduti ateniesi nel 431 a.C., il primo anno della Guerra del Peloponneso:
L’ordinamento di Atene è detto ‘democrazia’ perché rispetta gli interessi non di una minoranza ma di tutto il popolo. Quando si tratta di risolvere controversie private, tutti sono uguali davanti alla legge; quando si tratta di anteporre una persona ad un’altra in posti di responsabilità pubblica, ciò che conta non è l’appartenenza ad una classe particolare, ma l’effettiva capacità che l’uomo possiede. Nessuno, finché ha in sé la capacità di servire lo Stato, viene tenuto nell’oscurità politica a causa della sua povertà. (Thuc. 2.37)
Sebbene fosse incoraggiata la partecipazione attiva, la presenza all’assemblea in determinati periodi storici veniva retribuita. Questa misura serviva evidentemente per incoraggiare i cittadini che vivevano lontano e non potevano permettersi di non lavorare per partecipare all’attività politica. Il pagamento doveva però limitarsi a coprire le spese, poiché ogni tentativo di trarre profitto dalle cariche pubbliche veniva severamente punito. I cittadini con pieni diritti politici rappresentavano probabilmente il 10-20% della popolazione della polis e di questi è stato stimato che solo 3.000 circa partecipassero attivamente alla politica. Di questo gruppo, forse solo 100 cittadini – i più ricchi, i più influenti e i migliori oratori – dominavano l’arena politica sia davanti all’assemblea che dietro le quinte in riunioni private (xynomosiai) e attraverso gruppi politici (hetaireiai). Questi gruppi spesso dovevano incontrarsi segretamente perché, benché esistesse la libertà di parola, la critica persistente nei confronti di individui e istituzioni poteva condurre ad accuse di cospirazione tirannica e quindi portare in definitiva all’ostracismo.
Alcuni critici della democrazia, come Tucidide e Aristofane, sottolinearono come non solo i procedimenti politici erano dominati da una ristretta élite, ma che il dēmos troppo spesso nei fatti veniva influenzato da oratori o leader (i cosiddetti demagoghi) che facevano leva sulle emozioni del popolo. L’accusa principale dei critici nei confronti della democrazia, come accade in fondo ancora oggi, era insomma che il popolo non avesse le conoscenze necessarie per prendere decisioni informate. E in effetti ci furono molti casi di decisioni palesemente sbagliate prese dal dēmos ateniese, come ad esempio l’esecuzione dei sei generali vincitori della battaglia delle Arginuse contro Sparta nel 406 a.C. o la condanna a morte contro il filosofo Socrate nel 399 a.C.
6.Conclusioni .La democrazia, che aveva prevalso durante l’età d’oro di Atene, fu sostituita da un sistema oligarchico già nel 411 a.C. Il cambiamento costituzionale, secondo Tucidide, sembrava l’unico modo per ottenere il necessario sostegno dell’Impero persiano contro Sparta e, inoltre, si pensava che il cambiamento non sarebbe stato permanente. La democrazia, anche se in una forma leggermente modificata, venne infatti ristabilita presto ad Atene. Ciò che tuttavia risulta in definitiva più importante, in ogni caso, è che la creazione del sistema politico democratico degli Ateniesi influenzerà (e influenza ancora oggi due millenni dopo) la storia delle civiltà successive.
Usando le parole dello storico K.A. Raaflaub, la democrazia nell’antica Atene era
un sistema unico e veramente rivoluzionario che realizzava il suo principio fondamentale in una misura senza precedenti ed estrema: nessuna polis aveva mai osato dare a tutti i suoi cittadini uguali diritti politici, indipendentemente dalla loro discendenza, ricchezza, posizione sociale, istruzione, qualità personali e qualsiasi altro fattore che di solito determinava lo status sociale all’interno di una comunità.
Questi principi introdotti (pur con tutti i suoi limiti) dalla democrazia ateniese costituiranno i capisaldi di tutte le democrazie sorte nel mondo moderno. A ben guardare, l’eredità più preziosa e duratura che ci hanno lasciato gli antichi Greci (più delle arti, dell’architettura e della filosofia) è proprio la democrazia”.
Bibliografia
Ferguson J. et al. Political and Social Life in the Great Age of Athens. Ward Lock Educational Co Ltd, 1979.
Herodotus. The Landmark Herodotus. Anchor Books, 2009.
Hornblower, S. The Oxford Classical Dictionary. Oxford University Press, 2012.
Kinzl et al. A Companion to the Classical Greek World. Wiley-Blackwell, 2010.
Nichols et al. The Oxford Handbook of Hellenic Studies. Oxford University Press, 2009.
Thucydides. The Landmark Thucydides. Free Press, 1998.
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