A proposito di un recente libro sul debito pubblico in Italia.

Giovanni Patrizi. 10 Maggio 2021

A proposito di un recente libro sul debito pubblico in Italia.

Leonida Tedoldi e Alessandro Volpi, “Storia del debito pubblico in Italia. Dall’Unità a oggi” (Ed. Laterza, 2021).

di Giovanni Patrizi

1. Come noto, il debito pubblico è il debito assunto dallo Stato nei confronti dei creditori, sia pubblici e privati. Il debito pubblico si può distinguere in debito interno, ossia il debito nazionale espresso nella propria valuta, o in debito estero, ossia il debito in valuta estera. La valutazione del debito pubblico può comunque essere controversa anche nello stesso campo dell’economia. Secondo alcuni economisti, può essere definito come uno dei flagelli più terribili che possono affliggere una nazione mentre secondo altri l’aumento del debito è giustificato, almeno temporaneamente, come un impulso alla crescita economica e quindi per certi versi può essere visto positivamente. Quel che è certo è che il debito pubblico di una nazione viene “spalmato” su più generazioni, in particolare anche su quelle che non hanno beneficiato o che hanno beneficiato solo in minima parte dei proventi derivanti da quel debito stesso. Secondo i critici del concetto del “debito pubblico”, infatti, la generazione attuale o quella appena passata vive o ha vissuto a spese delle generazioni future secondo quello che può essere considerato come un “bilancio generazionale”. Il debito pubblico, infatti, può essere affrontato sostanzialmente solo con l’aumento delle tasse, aumento che, quando viene contratto il debito, è semplicemente rinviato nel futuro. C’è anche da specificare, però, che se vi è una crescita economica (e sottolineiamo il “se”), a seguito dell’assunzione del debito, saranno comunque anche le generazioni future a goderne.

Il debito pubblico è stato sempre una caratteristica di tutti gli Stati, come dimostra il fatto che nonostante i continui buoni propositi di ridurlo o addirittura di annullarlo questo è venuto sempre crescendo, fino a toccare cifre iperboliche. Perciò lo studio del suo divenire nel tempo rappresenta un capitolo rilevante anche per la storia dei popoli, in quanto le vicende finanziarie sono sempre intimamente connesse con quelle politiche. 

2.L’Italia è il paese del debito pubblico: da sempre alto e difficile da gestire, ha costantemente condizionato la nostra storia. Come abbiamo potuto crescere nonostante questo peso? Quali sono le conseguenze che ha prodotto sulla politica e sulla società?

Fin dalla sua origine, il forte debito pubblico è stato uno dei grandi problemi dell’Italia unita. Un problema che ha accompagnato tutta la nostra storia, tanto da essere l’unico paese al mondo ad aver avuto un debito superiore al 60% del Pil per più di 110 anni. Dal 1992 è divenuto l’asse centrale di tutta la vita politica nazionale: prima con le ingenti misure e i “tagli” per entrare nell’euro, poi con i limiti imposti dal rispetto dei parametri di Maastricht.

In “Storia del debito pubblico in Italia. Dall’Unità a oggi” (Ed. Laterza, 2021),  Leonida Tedoldi e Alessandro Volpi ricostruiscono l’andamento storico delle politiche del debito e analizzano le responsabilità della classe politica e della società italiana che spesso del debito si sono alimentate, mostrando altresì un’inaspettata dinamicità dello Stato, dello Stato “debitore” italiano, di fronte alle sue crisi, a quelle dei decisori politici, al susseguirsi di squilibri e riequilibri dei conti.

Tale dinamicità, tuttavia, dopo l’esplosione della pandemia pare non bastare più e ha bisogno di essere sostituita da una più organica visione che si misuri con la natura “fisiologica” del debito stesso. La pandemia ha cambiato, in profondità, il ruolo e il peso del debito pubblico, non solo in Italia. Il 2020 è stato il primo anno in cui, nel mondo, il debito pubblico ha superato il 100% del Pil. In Italia è cresciuto di oltre venti punti percentuali e nel 2021 crescerà ulteriormente: ciò dipende in larga misura dal fatto che lo Stato spenderà in due anni, senza contare i fondi europei, oltre 250 miliardi di euro, di cui oltre la metà costituiti da nuovo debito. In tale situazione appare poco immaginabile pensare ad una rapida riduzione di una simile massa debitoria che, dunque, dovrà essere resa sostenibile, in primis, attraverso il mantenimento di tassi d’interesse bassi. Ciò, secondo gli Autori, dipenderà dalla Banca Centrale Europea che dovrà continuare nella attuale politica espansiva, magari spingendosi fino ad una parziale “monetizzazione” del debito, e dalla capacità del debito italiano di attrarre il vasto risparmio privato degli italiani. Secondo Volpi e Tedoldi, non sarà più in alcun modo concepibile tornare ai parametri europei fissati a Maastricht e con il Fiscal compact, che sembrano appartenere ad un’era distante.