Agenzie interinali: presupposti per lo svolgimento di attività in uno Stato membro

Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 3 giugno 2021.

Agenzie interinali: presupposti per lo svolgimento di attività in uno Stato membro.

Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 3 giugno 2021, in  causa C-784/19, Team Power Europe Eood/Direktor naTeritorialna direktsia na Natsionalna agentsia za prihodite-Varna.

 di Luigi Verde

Affinché si possa ritenere che un’agenzia interinale “esercit[i] abitualmente le sue attività” in uno Stato membro, essa deve svolgere una parte significativa delle sue attività di messa a disposizione di lavoratori in favore di imprese utilizzatrici che sono stabilite ed esercitano le loro attività nel territorio di detto Stato membro.

1. Nel corso del 2018, un cittadino bulgaro ha concluso un contratto di lavoro con la Team Power Europe, una società di diritto bulgaro il cui oggetto sociale è l’esercizio di un’attività di fornitura di lavoro interinale e di intermediazione nella ricerca di lavoro in Bulgaria e in altri paesi. In forza di tale contratto, quest’ultimo è stato messo a disposizione di un’impresa utilizzatrice stabilita in Germania. Tra il 15 ottobre e il 21 dicembre 2018, egli doveva svolgere il suo lavoro sotto la direzione e il controllo di detta impresa tedesca.

Ritenendo, da un lato, che il legame diretto tra la Team Power Europe e il lavoratore in questione non fosse stato mantenuto e, dall’altro, che tale impresa non svolgesse un’attività sostanziale nel territorio bulgaro, il servizio tributario della città di Varna ha respinto la domanda della Team Power Europe diretta al rilascio di un certificato A1 attestante che la legislazione bulgara sulla sicurezza sociale era applicabile al lavoratore di cui trattasi durante il periodo della sua messa a disposizione. Secondo tale servizio, la situazione di detto lavoratore non rientrava quindi nell’ambito di applicazione dell’art. 12, par. 1, del Reg. n. 883/2004[1], in forza del quale detta legislazione bulgara sarebbe stata applicabile. Il reclamo amministrativo presentato dalla Team Power Europe avverso tale decisione del servizio tributario è stato respinto.

È in tale contesto che il Tribunale amministrativo di Varna (Administrativen sad -Varna), investito di un ricorso giurisdizionale per l’annullamento della decisione di rigetto di tale reclamo amministrativo, ha deciso di interpellare la Corte sui criteri pertinenti da prendere in considerazione al fine di valutare se un’agenzia interinale svolga normalmente “attività sostanziali, diverse dalle mere attività di gestione interna” nel territorio dello Stato membro in cui essa è stabilita, ai sensi dell’art. 14, par. 2, del Reg. n. 987/2009[2], il quale è una precisazione del cit. art. 12, par. 1, del Reg. n. 883/2004. Difatti, il soddisfacimento di tale requisito da parte della Team Power Europe condiziona l’applicabilità di quest’ultima disposizione al caso di specie.

2.La Corte, con la sentenza del 3 giugno 2021, in causa C-784/19, precisa, per quanto riguarda le agenzie interinali, la portata della nozione di datore di lavoro che “esercita abitualmente le sue attività” in uno Stato membro prevista dalla suddetta disposizione e precisata dall’art. 14, par. 2, del Reg. n. 987/2009.

2.1. La Corte procede, anzitutto, ad un’interpretazione letterale di quest’ultima disposizione e rileva che un’agenzia interinale è caratterizzata dal fatto che svolge un insieme di attività consistenti nella selezione, assunzione e messa a disposizione di lavoratori interinali presso imprese utilizzatrici. Al riguardo, la Corte osserva che, sebbene le attività di selezione e di assunzione di lavoratori interinali non possano essere qualificate come “mere attività di gestione interna” ai sensi di detta disposizione, l’esercizio di tali attività nello Stato membro in cui una siffatta impresa è stabilita non è sufficiente a far ritenere che essa vi eserciti “attività sostanziali”. Difatti, le attività di selezione e di assunzione di lavoratori interinali hanno come unico obiettivo l’ulteriore messa a disposizione, da parte di quest’ultima, di tali lavoratori presso imprese utilizzatrici. A tal proposito la Corte rileva che, se è pur vero che la selezione e l’assunzione di lavoratori interinali contribuiscono a generare il fatturato realizzato da un’agenzia interinale, costituendo tali attività un presupposto indispensabile per l’ulteriore messa a disposizione di detti lavoratori, soltanto la messa a disposizione degli stessi presso imprese utilizzatrici, in esecuzione dei contratti conclusi a tal fine con questi ultimi genera effettivamente tale fatturato. I redditi di una tale impresa dipendono infatti dall’importo della retribuzione versata ai lavoratori interinali messi a disposizione di imprese utilizzatrici.

Per quanto riguarda, poi, il contesto in cui s’inserisce la disposizione in argomento, la Corte ricorda che se un lavoratore distaccato per svolgere un lavoro in un altro Stato membro resta soggetto alla legislazione del primo Stato membro, ciò costituisce una deroga alla regola generale (ex art. 11, par. 3, lett. a, del Reg. n. 883/2004), secondo cui la persona che esercita un’attività subordinata o autonoma in uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato membro.

Di conseguenza, la disposizione che disciplina un caso del genere dev’essere interpretata restrittivamente.

In tale prospettiva, detta norma derogatoria non può applicarsi a un’agenzia interinale che non proceda, nello Stato membro in cui è stabilita, in alcun modo o, tutt’al più, solo in misura trascurabile, alla messa a disposizione di lavoratori presso imprese utilizzatrici ivi parimenti stabilite.

Inoltre, le definizioni delle nozioni di “agenzia interinale” e di “lavoratore tramite agenzia interinale”, di cui alla Dir. n. 2008/104[3], nella parte in cui fanno emergere la finalità dell’attività di un’agenzia interinale, contribuiscono anch’esse a suffragare l’interpretazione secondo cui una siffatta impresa esercita, nello Stato membro in cui è stabilita, “attività sostanziali” solo se svolge in maniera significativa attività di messa a disposizione di tali lavoratori in favore di imprese utilizzatrici che esercitano le loro attività nello stesso Stato membro.

Per quanto riguarda, infine, l’obiettivo perseguito dalla disposizione di cui trattasi, la Corte afferma che la deroga di cui all’art. 12, par. 1, del Reg. n. 883/2004, che rappresenta un vantaggio offerto alle imprese che esercitano la libera prestazione dei servizi, non può andare a beneficio delle agenzie interinali che orientano le loro attività di messa a disposizione di lavoratori interinali esclusivamente o principalmente verso uno o più Stati membri diversi da quello in cui sono stabilite. Una soluzione contraria rischierebbe infatti di indurre tali imprese al cd. forum shopping, stabilendosi nello Stato membro la cui legislazione di sicurezza sociale è per esse più favorevole. A lungo termine, una soluzione del genere rischierebbe di condurre ad una riduzione del livello di tutela offerto dai sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri.

La Corte tiene inoltre a sottolineare che la concessione di una tale beneficio alle suddette imprese avrebbe l’effetto di creare tra le possibili modalità di impiego, una distorsione della concorrenza a favore del ricorso al lavoro interinale rispetto alle imprese che assumono direttamente i loro lavoratori, i quali sarebbero iscritti al regime di sicurezza sociale dello Stato membro in cui lavorano.

2.2.La Corte conclude che, affinché si possa ritenere che un’agenzia interinale stabilita in uno Stato membro “esercit[i] abitualmente le sue attività” in tale Stato membro, essa deve svolgere una parte significativa delle sue attività di messa a disposizione di lavoratori interinali in favore di imprese utilizzatrici che sono stabilite ed esercitano le loro attività nel territorio di detto Stato membro.

[1]Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, come modificato dal regolamento (UE) n. 465/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012. Più precisamente, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, di tale regolamento, “[l]a persona che esercita un’attività subordinata in uno Stato membro per conto di un datore di lavoro che vi esercita abitualmente le sue attività ed è da questo distaccata, per svolgervi un lavoro per suo conto, in un altro Stato membro rimane soggetta alla legislazione del primo Stato membro a condizione che la durata prevedibile di tale lavoro non superi i ventiquattro mesi e che essa non sia inviata in sostituzione di un’altra persona distaccata”.

[2] Regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Secondo l’articolo 14, paragrafo 2, di tale regolamento, “[a]i fini dell’applicazione dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento di base, per un datore di lavoro “che vi esercita abitualmente le sue attività” si intende un datore di lavoro che svolge normalmente attività sostanziali, diverse dalle mere attività di gestione interna, nel territorio dello Stato membro in cui è stabilito, tenendo conto di tutti i criteri che caratterizzano le attività dell’impresa in questione. I criteri applicati devono essere adatti alle caratteristiche specifiche di ciascun datore di lavoro e alla effettiva natura delle attività svolte”.

[3] Direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa al lavoro tramite agenzia interinale.