Ammortizzatori sociali, licenziamenti collettivi e congedo parentale nel "Decreto Ristori"
29 Ottobre 20201. Premessa.
Con il D.L. n. 137/2020 (“Decreto Ristori”), entrato in vigore il 29 ottobre 2020, s’intendono per l’appunto “ristorare” le categorie colpite da chiusure e limitazioni alle attività, decise dal Dpcm (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) del 24 ottobre 2020.
Al lavoro è dedicato l’intero Titolo 2°, così articolato:
Art. 11. (Finanziamento della prosecuzione delle misure di sostegno al reddito per le conseguenze dell’emergenza epidemiologica)
Art. 12. (Nuovi trattamenti di Cassa integrazione ordinaria, Assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga. Disposizioni in materia di licenziamento. Esonero dal versamento dei contributi previdenziali per aziende che non richiedono trattamenti di cassa integrazione)
Art. 13. (Sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione per i dipendenti delle aziende dei settori economici interessati dalle nuove misure restrittive)
Art. 14. (Nuove misure in materia di Reddito di emergenza)
Art. 15. (Nuova indennità’ per i lavoratori stagionali del turismo, degli stabilimenti termali e dello spettacolo)
Art. 16. (Esonero contributivo a favore delle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura).
Art. 17. (Disposizioni a favore dei lavoratori sportivi)
Inoltre, l’art. 22 (collocato nel Titolo 3°, “misure in materia di salute e sicurezza e altre disposizioni urgenti”), amplia il ricorso al congedo parentale.
2. Nuovi trattamenti di Cassa integrazione ordinaria, cassa integrazione in deroga, e di assegno ordinario legate all’emergenza COVID-19.
1.I datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare una nuova domanda di concessione dei trattamenti di Cassa integrazione ordinaria, Assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga per una durata massima di sei settimane.
Le sei settimane devono collocarsi nel periodo ricompreso tra il 16 novembre 2020 e il 31 gennaio 2021.
A questa misura possono accedere: a) i datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato l’ulteriore periodo di nove settimane del DL 104 -2020; b) i datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dal Dpcm del 24 Ottobre 2020, di limitazione delle attività economiche per l’emergenza COVID-19.
È richiesto il versamento dei seguenti contributi addizionali , già utilizzati per la CIG (secondo il “Decreto Agosto”): i) pari al 9% della retribuzione globale spettante per le ore di lavoro non prestate per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al 20%; b) pari al 18% della retribuzione globale spettante per le ore di lavoro non prestate per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato da versare a partire dal periodo di paga successivo al provvedimento di concessione dell’integrazione salariale) .
Nessun contributo è dovuto invece dai datori di lavoro: i) che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20%; ii) che hanno avviato l’attività d’impresa dopo il 1.1.2019, e, iii) dai datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dal DPCM del 24.10.2020.
La domanda va presentata all’INPS entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività. In fase di prima applicazione, il termine di decadenza è fissato al 30 novembre 2020. È necessario presentare autocertificazione sul fatturato per la determinazione del contributo dovuto. In caso di pagamento diretto da parte dell’Inps, il datore di lavoro deve inviare all’Istituto tutti i dati entro la fine del mese successivo a quello del periodo di integrazione salariale, o, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dal provvedimento. In sede di prima applicazione, il termine è fissato al 30 novembre 2020.
I Fondi di solidarietà (D.Lgs. n.148/2015) seguono le stesse procedure per l’erogazione degli assegni di solidarietà.
3.Disposizioni in materia di licenziamento
Fino al 31 gennaio 2021 resta precluso l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo (di cui agli artt. 4, 5 e 24 della L. n. 223/1991); restano sospese le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, salvo le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, venga riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto.
Fino al 31 gennaio 2021, resta preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo (art. 3 della L. n. 604/1966), e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’art. 7 della Legge n. 604/1966.
Le suddette preclusioni e sospensioni non si applicano ai licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa (ex art. 2112 c.c.), o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo: a tali lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento NASpI. Sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori in esso non compresi.
4.Nuove previsioni in materia di congedo parentale (e lavoro agile).
Il “Decreto Ristori”, integrando il precedente “decreto Agosto” (D.L. n. 104/2020) nella parte in cui regola la possibilità del lavoratore dipendente di svolgere la prestazione lavorativa in modalità di “lavoro agile” (comunemente noto come smart working) laddove il figlio convivente debba osservare un periodo di quarantena a seguito di contatto verificatosi all’interno del complesso scolastico nonché nell’ambito di svolgimento di attività sportive di base, attività motoria in strutture quali palestra, piscine, centri sportivi, circoli sportivi, sia pubblici che privati (art. 21-bis del Decreto Agosto).
In particolare, l’art. 22 del “decreto ristori) introduce le seguenti innovazioni: a) a) l’età del figlio interessato dalla quarantena è elevata da quattordici anni a sedici anni;
b) come presupposto della facoltà di passare alla modalità di “lavoro agile”, viene aggiunta anche la “sospensione dell’attività didattica in presenza del figlio convivente di età minore di sedici anni”.
L’art. 21-bis del Decreto Agosto aveva previsto che, se l’attività lavorativa non può essere svolta con “lavoro agile”, uno dei genitori, alternativamente all’altro, poteva astenersi dal lavoro per tutta o parte della quarantena del figlio, con il diritto, in luogo della retribuzione, ad una indennità Inps pari al 50 % della retribuzione e calcolata secondo i criteri previsti dall’art. 23 del T.U. sulla maternità e paternità, con connessa contribuzione figurativa.
Il “Decreto Ristori”, con l’art. 22, aggiunge la facoltà di astenersi dal lavoro anche in caso di “sospensione dell’attività didattica in presenza del figlio minore di anni quattordici “, in un modo tale che conferma la fruibilità della predetta indennità anche in relazione a questa nuova fattispecie. Inoltre riconosce la facoltà dell’astensione anche con riferimento a figli di età compresa fra i quattordici anni e i sedici ma, in questo caso, escludendo la corresponsione sia della retribuzione che della indennità e della contribuzione figurativa. In considerazione di quanto sopra, il Decreto Ristori, sempre con l’art. 22, porta il finanziamento da 50 milioni a 93 milioni di Euro.
[…]
Testi dell’art. 12 e dell’art. 22 del D.L. n. 137/2020 (“Decreto Ristori”).
ART. 12 (“Nuovi trattamenti di Cassa integrazione ordinaria, Assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga. Disposizioni in materia di licenziamento. Esonero dal versamento dei contributi previdenziali per aziende che non richiedono trattamenti di cassa integrazione”).
1.I datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare domanda di concessione dei trattamenti di Cassa integrazione ordinaria, Assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga di cui agli articoli da 19 a 22 quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n.27, per una durata massima di sei settimane, secondo le modalità previste al comma 2.
2. Le sei settimane devono essere collocate nel periodo ricompreso tra il 16 novembre 2020 e il 31 gennaio 2021. Con riferimento a tale periodo, le predette sei settimane costituiscono la durata massima che può essere richiesta con causale COVID19. I periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 15 novembre 2020 sono imputati, ove autorizzati, alle sei settimane del presente comma. Le sei settimane di trattamenti di cui al comma 1 sono riconosciute ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato l’ulteriore periodo di nove settimane di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, decorso il periodo autorizzato, nonché ai datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dal Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020 che dispone la chiusura o limitazione delle attività economiche e produttive al fine di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19. I datori di lavoro che presentano domanda per periodi di integrazione relativi alle sei settimane di cui al comma 1 versano un contributo addizionale determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre del 2019, pari: a) al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al venti per cento; b) al 18% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.
3.Il contributo addizionale non è dovuto dai datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al venti per cento, dai datori di lavoro che hanno avviato l’attività di impresa successivamente al primo gennaio 2019, e dai datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dal Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020 che dispone la chiusura o limitazione delle attività economiche e produttive di cui al comma 2.
4.Ai fini dell’accesso alle sei settimane di cui al comma 1, il datore di lavoro deve presentare all’Inps domanda di concessione, nella quale autocertifica, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445, la sussistenza dell’eventuale riduzione del fatturato di cui al comma 2. L’Inps autorizza i trattamenti di cui al presente articolo e, sulla base della autocertificazione allegata alla domanda, individua l’aliquota del contributo addizionale che il datore di lavoro è tenuto a versare a partire dal periodo di paga successivo al provvedimento di concessione dell’integrazione salariale. In mancanza di autocertificazione, si applica l’aliquota del 18% di cui al comma 2, lettera b). Sono comunque disposte le necessarie verifiche relative alla sussistenza dei requisiti richiesti e autocertificati per l’accesso ai trattamenti di integrazione salariale di cui al presente articolo, ai fini delle quali l’Inps e l’Agenzia delle Entrate sono autorizzati a scambiarsi i dati.
5.Le domande di accesso ai trattamenti di cui al presente articolo devono essere inoltrate all’Inps, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione, il termine di decadenza di cui al presente comma è fissato entro la fine del mese successivo a cui al presente comma è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto-legge.
6.In caso di pagamento diretto delle prestazioni di cui al presente articolo da parte dell’Inps, il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. In sede di prima applicazione, i termini di cui al presente comma sono spostati al trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto, se tale ultima data è posteriore a quella di cui al primo periodo. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.
7.La scadenza dei termini di invio delle domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza COVID19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi che, in applicazione della disciplina ordinaria, si collocano tra il 1° e il 10 settembre 2020, è fissata al 31 ottobre 2020.
8.I Fondi di cui all’articolo 27 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, garantiscono l’erogazione dell’assegno ordinario di cui al comma 1 con le medesime modalità di cui al presente articolo. Il concorso del bilancio dello Stato agli oneri finanziari relativi alla predetta prestazione è stabilito complessivamente nel limite massimo di 450 milioni di euro per l’anno 2021 ed è assegnato ai rispettivi Fondi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Le risorse di cui al presente comma sono trasferite ai rispettivi Fondi con uno o più decreti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, previo monitoraggio da parte dei Fondi stessi dell’andamento del costo della prestazione, relativamente alle istanze degli aventi diritto, nel rispetto del limite di spesa e secondo le indicazioni fornite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
9.Fino al 31 gennaio 2021 resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto.
10.Fino alla stessa data di cui al comma 9, resta, altresì, preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.
11.Le preclusioni e le sospensioni di cui ai commi 9 e 10 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile, o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, a detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22. Sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
12.Il trattamento di cui al comma 1 è concesso nel limite massimo di spesa pari a 1.634,6 milioni di euro, ripartito in 1.161,3 milioni di euro per i trattamenti di Cassa integrazione ordinaria e Assegno ordinario e in 473,3 milioni di euro per i trattamenti di Cassa integrazione in deroga L’INPS provvede al monitoraggio del limite di spesa di cui al presente comma. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che è stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.
13.All’onere derivante dai commi 8 e 12, pari a 582,7 milioni di euro per l’anno 2020 e a 1.501,9 milioni di euro per l’anno 2021 in termini di saldo netto da finanziare e a 1.288,3 milioni di euro per l’anno 2021 in termini di indebitamento netto e fabbisogno delle amministrazioni pubbliche si provvede a valere sull’importo di cui all’articolo 11, comma 1.
14.In via eccezionale, al fine di fronteggiare l’emergenza da Covid-19, ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedono i trattamenti di cui al comma 1, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico di cui all’articolo 3, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, per un ulteriore periodo massimo di quattro settimane, fruibili entro il 31 gennaio 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nel mese di giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, riparametrato e applicato su base mensile.
15.I datori di lavoro privati che abbiano richiesto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ai sensi dell’articolo 3, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, possono rinunciare per la frazione di esonero richiesto e non goduto e contestualmente presentare domanda per accedere ai trattamenti di integrazione salariale di cui al presente articolo.
16.Il beneficio previsto dai commi 14 e 15 è concesso ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” e nei limiti ed alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione. L’efficacia delle disposizioni del presente articolo è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea. 17. Alle minori entrate derivanti dai commi 14 e 15, valutate in 61,4.
17.Alle minori entrate derivanti dai commi 14 e 15, valutate in 61,4 milioni di euro per l’anno 2021 si provvede con le maggiori entrate contributive derivanti dai commi da 2 a 4 del presente articolo. Alle minori entrate derivanti dal presente articolo valutate in 3 milioni di per l’anno 2022, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
[…]
Art. 22. (“Scuole e misure per la famiglia”)
1.All’articolo 21 bis, del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104 convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, le parole: “, minore di anni quattordici,” sono sostituite dalle seguenti: “, minore di anni sedici” e dopo le parole: “sia pubblici che privati” sono aggiunte le seguenti: “,nonché nel caso in cui sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica in presenza del figlio convivente minore di anni sedici”; b) al comma 3, dopo le parole: “plesso scolastico” sono aggiunte le seguenti: “,nonché nel caso in cui sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica in presenza del figlio convivente minore di anni quattordici. In caso di figli di età compresa fra 14 e 16 anni, i genitori hanno diritto di astenersi dal lavoro senza corresponsione di retribuzione o indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro.”. c) al comma 7, le parole: “50 milioni di euro” sono sostituite dalle seguenti: “93 milioni di euro”. d) al comma 8, le parole: “1,5 milioni di euro” sono sostituite dalle seguenti: “4 milioni di euro”.
2.Agli oneri derivanti dal presente articolo pari a 45,5 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui l’articolo 85, comma 5, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.9 a 22 quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n.27, per una durata massima di sei settimane, secondo le modalità previste al comma 2.
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