Anticipazione indebita quote TFR. Chiarimenti dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Nota del 3 aprile 2025, n. 616.
“È pervenuta alla scrivente Direzione una richiesta di parere dall’Ispettorato d’area metropolitana di Milano, per il tramite della Direzione interregionale del lavoro del Nord, in merito alla legittimità della prassi, riscontrata dal personale ispettivo, di anticipo mensile del TFR in busta paga.
In particolare, si chiede se l’anticipazione del TFR, effettuato oltre il termine del regime sperimentale individuato dalla L. n. 190/2014 – che era limitato ai periodi di paga decorrenti dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018 – sia consentita nei soli casi espressamente previsti dall’art. 2120 c.c. e, per l’effetto, se una anticipazione fuori dalle ipotesi contemplate dalla norma sia da considerare illegittima.
Si chiede, altresì, quali siano le conseguenze sotto il profilo ispettivo derivanti dal disconoscimento delle somme erogate quali ratei di TFR.
Tanto premesso, acquisito il parere dell’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che si è espresso con nota prot. n. 2899 del 27 marzo, si rappresenta quanto segue.
Il trattamento di fine rapporto (TFR) rappresenta una somma di denaro che viene accumulata mensilmente dal datore di lavoro, per conto del dipendente, allo scopo di assicurare un supporto economico al termine del rapporto di lavoro.
L’istituto è disciplinato dall’art. 2120 c.c. il quale, nei primi cinque commi individua i criteri di calcolo del TFR e nei commi successivi disciplina le condizioni in presenza delle quali, su richiesta del lavoratore, si applica il diverso istituto della anticipazione del trattamento di fine rapporto.
L’ultimo comma dello stesso articolo rimanda alla contrattazione collettiva o ai patti individuali l’introduzione di condizioni di miglior favore relative all’accoglimento delle richieste di anticipazione, in mancanza delle quali l’erogazione monetaria non può che qualificarsi quale maggiore retribuzione assoggettata all’obbligazione contributiva, come chiarito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 4670 del 22 febbraio 2021.
In virtù della collocazione sistematica del rimando operato dal decimo comma dell’art. 2120 c.c., che si pone al termine della disciplina delle anticipazioni del TFR, è tuttavia da ritenere che la pattuizione collettiva o individuale possa avere ad oggetto una anticipazione dell’accantonamento maturato al momento della pattuizione e non un mero automatico trasferimento in busta paga del rateo mensile che, a questo punto, costituirebbe una mera integrazione retributiva con conseguenti ricadute anche sul piano contributivo. Tale operazione, peraltro, sembrerebbe contrastare con la stessa ratio dell’istituto che, come detto, è quella di assicurare al lavoratore un supporto economico al termine del rapporto di lavoro.
Del resto, si ricorda che, dal 1° gennaio 2007, il datore di lavoro con almeno 50 dipendenti è obbligato al versamento della quota di TFR al Fondo Tesoreria istituito ai sensi dell’art. 1, commi 756 e 757, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 le cui modalità attuative sono disciplinate dal D.M. 30 gennaio 2007. Tale versamento assume la natura di contribuzione previdenziale, stante l’equiparazione del Fondo ad una gestione previdenziale obbligatoria, con applicazione dei principi di ripartizione e dell’automaticità delle prestazioni di cui all’art. 2116 c.c., con la conseguenza che le quote di TFR versate al Fondo rispondono al regime di indisponibilità proprio della contribuzione previdenziale, ferme restando le ipotesi di pagamento anticipato del TFR nei casi e nei limiti normativamente previsti.
Pertanto, venendo al secondo quesito concernente le conseguenze sul piano ispettivo, si ritiene che, laddove si ravvisino le descritte ipotesi di anticipazione, il personale ispettivo dovrà intimare al datore di lavoro di accantonare le quote di TFR illegittimamente anticipate attraverso l’adozione del provvedimento di disposizione di cui all’art. 14 del D.Lgs. n. 124 del 2004”.
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