(Studio legale G.Patrizi, G.Arrigo, G.Dobici)
Corte di cassazione. Sentenza 27 marzo 2025, n. 8076
Ape sociale. Requisiti contributivi. Anticipo pensionistico. Calcolo della misura. Art. 3 del DPCM nr. 88 del 2017. Massimale mensile. Sistema retributivo. Contribuzione mista. Cumulo contributivo. Rateo pensionistico. Liquidazione dell’indennità.
“[…] La Corte di cassazione
(omissis)
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Firenze, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato il diritto di P.B. a fruire dell’anticipo pensionistico (cd. Ape sociale) calcolato con il sistema retributivo ex art. 1, comma 13, della legge nr. 335 del 1995 e, per l’effetto, ha dichiarato non dovuta la restituzione della somma richiesta dall’INPS a titolo di indebito.
2. In discussione le modalità di determinazione dell’importo della Ape sociale di cui all’art.1, comma 179, della legge nr. 213 del 2016,(ndr art.1, comma 179, della legge nr. 232 del 2016) la Corte di merito ha ritenuto che la normativa di riferimento fosse chiara nel parametrare l’importo della stessa alla «rata mensile della pensione calcolata al momento di accesso alla prestazione».
L’indennità doveva, cioè, liquidarsi con gli stessi criteri con i quali era stato calcolato il trattamento pensionistico.
3. Nello specifico, ove veniva in rilievo il versamento dei contributi in più gestioni, trovava applicazione il criterio di cui all’art. 1, comma 245, della legge nr. 228 del 2012 (cd. cumulo), come originariamente calcolato dallo stesso Istituto; pertanto, poiché l’interessato aveva (complessivamente) maturato, al 31 dicembre 1995, oltre 18 anni di contribuzione, il trattamento pensionistico e quindi la misura dell’Ape dovevano calcolarsi interamente con il sistema retributivo.
4. La Corte di appello non giudicava condivisibile la tesi dell’INPS che, sulla base dell’art. 3 del DPCM nr. 88 del 2017, attuativo della disciplina dell’Ape sociale, assumeva una diversa modalità di calcolo dell’indennità.
Per i giudici territoriali, infatti, la fonte secondaria non aveva inciso sulle modalità di determinazione del beneficio, già chiaramente fissate dalla norma primaria.
Le regole del «pro quota» erano quelle previste dall’art. 1, comma 245, della legge nr. 228 del 2012.
5. Avverso la pronuncia, ha proposto ricorso l’INPS con un unico motivo, successivamente illustrato con memoria.
6. Ha resistito, con controricorso, P.B.
7. Il PG ha depositato conclusioni scritte e ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
8. Con l’unico motivo di ricorso – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 181, della legge nr. 232 del 2016 e dell’art. 3 del d.P.C.M. nr. 88 del 2017, per avere la sentenza impugnata ritenuto che, in ipotesi di liquidazione dell’Ape sociale in favore di un soggetto assicurato in plurime gestioni, la liquidazione dell’indennità dovesse essere fatta parametrando la stessa ad una pensione determinata con il regime del cumulo contributivo, ex art. 1, comma 239 e ss., della legge nr. 228 del 2012.
9. Secondo l’INPS, per il calcolo dell’Ape sociale, in presenza di contributi versati in più gestioni, trovano, invece, applicazione criteri diversi da quelli del «cumulo dei periodi assicurativi » ovvero quelli fissati dall’ art. 3 del regolamento attuativo (d.P.C.M. nr. 88 del 2017).
Ai fini della quantificazione dell’Ape, in caso di contribuzione mista, la regola da applicare sarebbe quella generale del «pro rata».
Ciascuna gestione, cioè, determinerebbe l’importo a suo carico in proporzione all’anzianità assicurativa maturata presso di sé.
10. Il motivo è infondato.
11. La vicenda concreta deve ritenersi non controversa tra le parti.
Il controricorrente ha svolto attività lavorativa sia come lavoratore autonomo che come dipendente.
In suo favore, è stata, dunque, accreditata la contribuzione tanto nella gestione speciale degli artigiani quanto nel Fondo lavoratori dipendenti.
In nessuna delle due gestioni, l’interessato ha maturato, però, un’anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni, al 31 dicembre 1995.
12. Il B. ha chiesto – ed ottenuto – la liquidazione dell’indennità di cui all’art. 1, commi 179 e ss., della legge n. 232 del 2016 (c.d. Ape sociale), sussistendo le condizioni di legge.
Il requisito contributivo è stato raggiunto aggregando la contribuzione versata nelle due diverse gestioni.
13. Nel liquidare l’indennità in questione, l’INPS, in prima battuta, ha considerato, quale parametro per la misura dell’Ape, il rateo pensionistico calcolato con sistema retributivo, secondo il regime del cumulo, computando cioè unitariamente i due segmenti assicurativi maturati prima del 31 dicembre 1995.
14. Con un successivo provvedimento, l’Ente ha rideterminato l’importo dell’indennità.
Questa volta il beneficio è stato commisurato ad un rateo di pensione composto da due quote, ciascuna calcolata con il sistema cd. misto.
Ciò in quanto l’anzianità assicurativa è stata valutata considerando quella raggiunta nel le singole gestioni.
Dal ricalcolo è scaturito l’indebito per cui è causa.
15. Tanto premesso in fatto, la disciplina dell’Ape sociale è contenuta, ratione temporis, nell’art. 1, commi 179 e ss., della legge nr. 232 del 2016.
Si tratta di una indennità – introdotta in via sperimentale per un limitato periodo di tempo, poi prorogato – a carico dello Stato, erogata dall’Inps, che consente – a chi abbia compiuto almeno 63 anni di età e sia in possesso di specifici requisiti contributivi e socio sanitari – di ottenere un anticipo pensionistico, in forma di assegno, che «accompagna» l’assicurato alla maturazione del requisito pensionistico della vecchiaia.
16. Nel caso in esame, come si è visto, non è in discussione la sussistenza delle condizioni di erogazione dell’indennità.
La lite verte, piuttosto, sulla misura della stessa per la peculiarità della vicenda concreta, data dal fatto che il requisito contributivo è raggiunto aggregando la contribuzione versata in due diverse gestioni.
17. Nella legge istitutiva, la disposizione (art. 1, comma 181, della legge nr. 232 del 2016) che regola la liquidazione dell’Ape Sociale stabilisce che l’indennità è «erogata mensilmente su dodici mensilità ed è pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione».
Prevede, inoltre, che l’importo dell’Ape sociale non può superare quello «massimo mensile di 1.500 euro» e che (l’importo) «non è soggetto a rivalutazione».
18. In modo chiaro, l’art. 1, comma 181, cit. detta il criterio di calcolo dell’indennità di Ape sociale.
La norma fissa la regola della corrispondenza tra rateo pensionistico, calcolato al momento della domanda di accesso all’Ape, e misura della prestazione, nei limiti di un massimale mensile.
19. Le modalità di calcolo dell’uno (rateo pensionistico, calcolato al momento della domanda di prestazione) e quelle di determinazione dell’altra (indennità di Ape sociale) sono, dunque, le stesse, fatte salve le specificità proprie di quest’ultima: non reversibilità, ripartizione in dodici mensilità, massimale mensile.
20. I rilievi dell’Inps vanno, dunque, disattesi.
Generiche, a giudizio del Collegio, le censure sviluppate a pag. 9 del ricorso, la sentenza impugnata ha accertato che, al momento di accesso alla prestazione dell’Ape sociale, il rateo di pensione era stato calcolato con il metodo retributivo, previo cumulo dei contributi versati nelle due diverse gestioni a cui l’assicurato risultava essere stato iscritto.
21. Sulla base di questa premessa, i giudici territoriali, correttamente, hanno ritenuto che anche l’anticipo pensionistico andasse determinato in applicazione dei medesimi criteri.
Diversamente da quanto argomentato dall’Istituto ricorrente, la sentenza impugnata non afferma che, sempre e comunque, il calcolo del rateo pensionistico da porre a base della misura dell’Ape debba essere fatto in applicazione delle regole sul cumulo.
Il regime di cumulo è stato, piuttosto, applicato nel caso concreto per la determinazione del rateo pensionistico e, pertanto, il calcolo della misura dell’Ape ha seguito il medesimo regime.
22. Non decisivo è il richiamo all’art. 3 del d.P.C.M. nr. 88 del 2017.
23. L’art. 1, comma 185, della legge nr. 232 del 2016 ha delegato ad una fonte secondaria l’attuazione di alcune disposizioni, in relazione ad individuate materie. Tra dette materie, non vi è alcun riferimento specifico al calcolo dell’Ape sociale.
24. Ciò è coerente con il fatto che i criteri di quantificazione dell’indennità sono chiaramente espressi nella norma primaria che determina la misura dell’Ape sociale in ragione del rateo pensionistico.
Come già detto, per effetto dell’art. 1, comma 181, cit., l’importo dell’Ape sociale corrisponde a quello del rateo di pensione calcolato al momento di richiesta dell’anticipo ma con tetto massimo pari a 1500,00 euro mensili.
25. Il regolamento attuativo reca, però, all’art. 3, la disposizione «misura dell’Ape sociale».
La prima parte della norma riproduce la regola dell’art.1, comma 181, della legge nr. 232 del 2016.
Stabilisce, a seguire, che «nel caso di soggetto con contribuzione versata o accreditata a qualsiasi titolo presso più gestioni» ai fini del calcolo dell’APE sociale il computo della rata mensile di pensione è effettuato «pro-quota […] secondo le regole […] previste da ciascun ordinamento e sulla base delle rispettive retribuzioni di riferimento».
26. La previsione, che rileva ad altri fini, è sovrapponibile, nella sostanza, a quella recata dall’art 1, comma 245, della legge nr. 228 del 2012, di disciplina proprio del regime di cumulo.
Alcuna deroga, come è ovvio che sia, è introdotta dalla fonte secondaria al criterio di calcolo dell’anzianità assicurativa per l’ipotesi -che qui solo rileva- di liquidazione dell’Ape in relazione a un soggetto che ha fruito di trattamento pensionistico liquidato in regime di cumulo.
In questo caso, l’anzianità contributiva è data dalla sommatoria delle anzianità maturate nelle diverse gestioni assicurative, salvo i periodi coincidenti che vanno considerati una sola volta.
27. Tornando sempre al caso concreto – in cui, per come deve ritenersi accertato, la posizione assicurativa, al momento di accesso al trattamento pensionistico, è rimasta invariata rispetto a quella esistente alla data di accesso all’Ape – la pensione, per effetto del regime di cumulo, è stata liquidata con metodo retributivo, poiché al 31 dicembre 1995 risultavano, complessivamente, oltre 18 anni di contributi, ai sensi della legge nr. 335 del 1995.
Pertanto, con gli stessi criteri andava determinata la misura dell’Ape sociale, così come riconosciuto dalla sentenza impugnata, che resiste, pertanto, ai rilievi mossi.
28. Per quanto innanzi, il ricorso va rigettato.
29. La novità della questione trattata giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità, mentre, tenuto conto del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Compensa le spese […]”.
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