Nota di Giovanni Patrizi
Con l’ordinanza n. 26588 del 14 settembre 2023, la Corte di Cassazione ha affermato che, in tema di appalto irregolare, gli enti previdenziali sono legittimati a proporre un’azione volta a far valere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra committente e dipendente dell’appaltatore.
I fatti. La società impugna giudizialmente alcune cartelle esattoriali con cui l’INPS chiedeva il versamento di contribuzione afferente a dipendenti di aziende appaltatrici.
In particolare, l’Istituto previdenziale aveva imputato i rapporti di lavoro in questione alla società ricorrente a fronte della ritenuta irregolarità dei contratti di appalto sottoscritti dalla stessa.
La Corte d’Appello accoglie il ricorso dell’azienda, ritenendo solo il lavoratore (e non anche l’INPS) legittimato a poter chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di chi abbia utilizzato la prestazione.
2.L’ordinanza della Cassazione. La Cassazione, nel ribaltare la pronuncia di merito, ha affermato che, in tema di omesso versamento dei contributi previdenziali in un appalto illegittimo, l’ente previdenziale può agire direttamente senza che sia necessaria la previa azione del prestatore di lavoro, volta all’accertamento dell’interposizione fittizia e alla costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore.
Secondo la S.C., l’accertamento della natura fittizia del rapporto con il datore di lavoro interposto, da cui discende il potere dell’ente previdenziale di applicare le relative sanzioni, costituisce oggetto di questione pregiudiziale, di cui il giudice può conoscere in via incidentale.
Per la Corte, a favore di tali conclusioni depongono, da un lato, l’indisponibilità del regime previdenziale -che non può essere condizionato all’iniziativa del lavoratore che denunci l’irregolarità- e, dall’altro lato, l’autonomia del rapporto di lavoro e di quello previdenziale, che, per quanto tra loro connessi, rimangono del tutto diversi.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dall’INPS.
3. Di seguito alcuni passi dell’Ordinanza.
“[…] 2.4.- All’onere di esporre i fatti della causa la parte ricorrente ha ottemperato in maniera adeguata. La ratio decidendi della pronuncia d’appello s’incardina sul difetto di legittimazione dell’ente previdenziale. Rispetto a questo percorso argomentativo, che valorizza un aspetto dirimente e consente di soprassedere alla disamina di tutte le questioni inerenti al merito della pretesa, il motivo formulato e’ idoneo a far comprendere a questa Corte, sulla scorta delle sole deduzioni del ricorso, gli antefatti salienti. Il ricorrente (pagine 2, 3 e 4), anche mediante il richiamo agli stralci significativi della sentenza impugnata, descrive, in prima battuta, la genesi della controversia, per poi ricostruire nei suoi snodi fondamentali, con autonomo vaglio critico, l’iter logico della pronuncia d’appello (pagine 5, 6 e 7). Le informazioni che la premessa del ricorso fornisce sono circostanziate e consentono di enucleare quello che e’ il nerbo della decisione impugnata e quelli che sono i fatti all’origine del contenzioso, nella parte che viene in rilievo nell’odierno giudizio. Lo scrutinio di questa Corte e’ pur sempre circoscritto alla verifica della legittimazione dell’Istituto a far valere, ai fini dell’obbligazione contributiva, l’inosservanza della normativa sull’appalto e non involge le questioni di merito, che la sentenza impugnata ha trascurato di esaminare. Il requisito di cui all’articolo 366, comma 1, n. 3, c.p.c., nella formulazione applicabile ratione temporis, dev’essere vagliato in relazione alla specifica motivazione della pronuncia impugnata, in quanto e’ funzionale alla piu’ agevole e fruttuosa comprensione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza. Ne deriva che l’esposizione sommaria dei fatti della causa, prescritta dal codice di rito, non si deve sostanziare nella pedissequa e ridondante descrizione di tutte le scansioni del processo e nella riproposizione di tutte le difese illustrate dalle parti nel dipanarsi del giudizio. Il requisito in esame e’ soddisfatto con l’enunciazione dei fatti della causa che illuminano tanto le ragioni della decisione quanto gli argomenti addotti dal ricorrente al fine di confutarle. Nel caso di specie, tali indicazioni traspaiono con sufficiente chiarezza dal ricorso.
3.– Le doglianze sono fondate.
3.1.- Questa Corte e’ costante nell’affermare che, in tema di omesso versamento dei contributi previdenziali, l’accertamento della natura fittizia del rapporto con il datore di lavoro interposto, da cui discende il potere dell’ente previdenziale di applicare le relative sanzioni, costituisce oggetto di questione pregiudiziale, di cui il giudice puo’ conoscere in via incidentale. Non e’ necessaria, pertanto, la previa azione del prestatore di lavoro, volta all’accertamento dell’interposizione fittizia e alla costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore (Cass., sez. lav., 15 maggio 2019, n. 13013). Con precipuo riguardo all’appalto irregolare, si e’ puntualizzato che sussiste la legittimazione degli enti previdenziali a proporre un’azione finalizzata a far valere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra committente e lavoratore (Cass., sez. lav., 28 novembre 2019, n. 31144).
3.2.- A favore di queste conclusioni depongono l’indisponibilita’ del regime previdenziale, che non puo’ essere condizionato all’iniziativa del lavoratore che denunci l’irregolarita’, e l’autonomia del rapporto di lavoro e di quello previdenziale, che, per quanto tra loro connessi, rimangono del tutto diversi. L’interpretazione delineata dalle pronunce menzionate non solo e’ avvalorata dagli elementi sistematici attinenti alle peculiarita’ del rapporto contributivo, ma non e’ contraddetta ne’ dal dato letterale ne’ dal raffronto con la normativa previgente. Quanto al primo aspetto, il dettato testuale non preclude di dedurre la nullita’ degli atti di interposizione da parte di chiunque vi abbia interesse. Quanto al secondo profilo, e’ ben vero che la L. n. 1369 del 1960 consentiva un’azione di accertamento, proponibile da chiunque avesse interesse, allo scopo di far considerare i lavoratori, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell’utilizzatore, ma la diversa modulazione del regime di tutela non riveste il rilievo ermeneutico significativo che le attribuiscono la sentenza impugnata e i controricorrenti. Invero, come ha chiarito questa Corte, “l’azione dell’ente previdenziale terzo e’ finalizzata all’accertamento della sussistenza in fatto di un rapporto di lavoro subordinato tra l’utilizzatore e il lavoratore e trova la sua causa petendi nell’articolo 2094 c.c. e non nel Decreto Legislativo n. 276 del 2003, anche perche’ la formula utilizzata dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, lungi dal configurare una sanzione strutturalmente diversa dal passato, rappresenta una diversa descrizione del medesimo meccanismo sanzionatorio; si tratta di una norma tipicamente processuale formulata a partire dalla posizione del lavoratore” (ordinanza n. 31144 del 2019, cit., punto 6 del Considerato), che non impedisce a ogni interessato di far valere la nullita’ degli atti interpositori, tuttora sanzionati.
3.3.- Da tali principi, richiamati anche nel ricorso e nella memoria illustrativa, non vi sono ragioni di discostarsi, ne’ i controricorrenti prospettano, nella memoria depositata in vista dell’adunanza in camera di consiglio, argomenti risolutivi che inducano a rimeditarli.
4.– In conclusione, il ricorso e’ accolto. La sentenza impugnata e’ dunque cassata.
5.– La causa va rinviata alla Corte d’appello di Perugia, che, in diversa composizione, riesaminera’ la fattispecie controversa alla luce dei principi ribaditi nella presente ordinanza. Al giudice di rinvio e’ rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione (articolo 385, comma 3, c.p.c.).
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza; rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione.[…]”
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