Banca Marche: la Commissione UE non è responsabile per il mancato salvataggio.
Tribunale UE. Sentenza 30 Giugno 2021.Tribunale dell’Unione europea, Sentenza 30 giugno 2021, nella causa T-635/19, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro e altri c. Commissione
La risoluzione di Banca delle Marche da parte delle autorità italiane è stata essenzialmente determinata dallo stato di dissesto della banca. La Commissione non può essere ritenuta responsabile di aver impedito il suo salvataggio.
Responsabilità extracontrattuale-Aiuti di Stato-Settore bancario-Progetto di ricapitalizzazione da parte di un consorzio di diritto privato tra banche a favore di uno dei suoi membri-Autorizzazione dell’intervento da parte della Banca centrale dello Stato membro-Rinuncia a procedere al salvataggio e avvio della risoluzione-Direttive 2014/49/UE e 2014/59/UE- Decisione di non sollevare obiezioni-Richieste di informazioni e prese di posizione della Commissione nel corso della fase di esame preliminare- Insussistenza di nesso causale.
di Sonia Menicucci
1.Il Tribunale dell’Unione europea, con sentenza 30 giugno 2021, in causa T‑635/19, si è pronunciato sulla presunta responsabilità extracontrattuale della Commissione europea per la risoluzione di Banca delle Marche in relazione alla mancata ricapitalizzazione da parte del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) per l’assenza della previa valutazione positiva della Commissione sulla compatibilità di tale operazione con la normativa UE in materia di aiuti di Stato. Il Tribunale UE ha respinto il ricorso di alcuni azionisti della Banca affermando che non esisteva un nesso causale tra il comportamento asseritamente illecito della Commissione e il pregiudizio dedotto, di modo che non erano soddisfatti i presupposti per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’UE. Il Tribunale UE ha respinto l’argomento secondo cui le lettere e le prese di posizione provvisorie della Commissione che hanno portato all’adozione della decisione di risoluzione di Banca delle Marche sarebbero il risultato di un travisamento da parte della Commissione della nozione di “aiuto”, avendo essa ritenuto erroneamente che, malgrado il loro carattere privato, gli interventi del FITD costituissero misure imputabili allo Stato italiano e comprendessero risorse statali.
Secondo il Tribunale UE, poiché la Commissione aveva ricordato alle autorità italiane la necessità di notificare preventivamente, e di non attuare possibili misure di aiuto in particolare a favore di detta Banca, tali lettere e prese di posizione non contenevano alcuna valutazione giuridica alla luce dei criteri della nozione di “aiuto”. In queste lettere e prese di posizione, la Commissione non si è quindi espressa né su una misura concreta né sul modo preciso in cui avrebbe interpretato la nozione di “aiuto”. Pertanto, la Commissione non ha né minacciato le autorità italiane di bloccare o di vietare eventuali interventi del FITD a favore di Banca delle Marche né esercitato pressioni in merito. Al riguardo, il Tribunale UE rileva che non può essere legittimamente invocata la decisione di aprire il procedimento di indagine formale vertente sull’intervento del FITD a favore di Banca Tercas, adottata il 27 febbraio 2015, nella quale la Commissione aveva ritenuto che quest’intervento soddisfacesse i criteri di imputabilità e di risorse statali. Infatti, a differenza delle misure di sostegno a favore di Banca Tercas, prima dell’adozione della decisione di risoluzione di Banca delle Marche non esisteva né un progetto di intervento definitivo del FITD a favore di Banca delle Marche né una richiesta di autorizzazione di un simile progetto rivolta alla Banca d’Italia, né infine esisteva una notifica formale di tale progetto o un’altra ragione per cui la Commissione avviasse un procedimento di indagine formale a tal proposito.
Pertanto, secondo il Tribunale UE, era impossibile per la Commissione conoscere con sufficiente precisione se l’eventuale intervento previsto dal FITD a favore di Banca delle Marche potesse soddisfare i criteri di un aiuto di Stato.
Il Tribunale UE respinge inoltre l’affermazione secondo cui il comportamento asseritamente illecito addebitato alla Commissione avrebbe impedito il salvataggio di Banca delle Marche e sarebbe stato la causa effettiva ed esclusiva del pregiudizio subìto. Infine, secondo il Tribunale UE, anche se un tale comportamento può aver svolto un qualche ruolo nel processo di istruzione che ha indotto le autorità italiane a decidere la risoluzione di detta Banca, la loro decisione di avviare la risoluzione, adottata nell’esercizio delle loro proprie competenze e del loro margine di discrezionalità, restava comunque autonoma, non era influenzata in modo decisivo dall’atteggiamento della Commissione ed era essenzialmente fondata sulla loro constatazione dello stato di dissesto di tale Banca.
2.Le parti ricorrenti erano azioniste e obbligazioniste subordinate di Banca delle Marche, la quale era il principale istituto bancario della Regione Marche (Italia).
2.1.Il 9 gennaio 2012 la Banca d’Italia ha sottolineato che dagli accertamenti ispettivi condotti in seno a Banca delle Marche erano emerse diffuse carenze nei sistemi di controllo interno, che avevano ripercussioni inevitabili sulla sua “rilevante esposizione ai rischi di natura creditizia e finanziaria”. Il 15 ottobre 2013, Banca delle Marche è stata sottoposta ad amministrazione straordinaria, per via, in particolare, di “disfunzioni e irregolarità (…) gravi”.
Il 10 ottobre 2014, nell’ambito di una fase di esame preliminare avviata di propria iniziativa con riferimento agli interventi di sostegno previsti dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD, Italia), ossia il sistema italiano di garanzia dei depositi, sotto forma di consorzio di diritto privato tra banche che opera con risorse proprie, a favore di un’altra banca italiana, Banca Tercas[1], e di Banca delle Marche, la Commissione europea ha inviato alle autorità italiane una richiesta di informazioni, sottolineando che non si poteva escludere che detti interventi costituissero aiuti di Stato. Nell’ipotesi in cui la Banca d’Italia avesse inteso autorizzare un simile intervento, sarebbe stato opportuno, secondo la Commissione, che tali autorità notificassero la misura in questione prima della sua approvazione (conformemente alle prescrizioni di cui all’art.108, par. 3, TFUE).
Con lettera del 21 agosto 2015, avente ad oggetto il procedimento relativo a Banca delle Marche, la Commissione ha ricordato la possibilità dell’esistenza di un aiuto di Stato e ha invitato le autorità italiane a fornirle informazioni aggiornate al riguardo e a desistere dall’attuare qualsiasi misura del FITD prima della sua notifica e prima di aver ottenuto una decisione da parte sua.
L’8 ottobre 2015, il FITD ha fissato e approvato le linee generali di un secondo tentativo di intervento di sostegno a Banca delle Marche e ne ha informato la Banca d’Italia.
Con lettera del 19 novembre 2015, la Commissione ha in particolare richiamato l’attenzione delle autorità italiane sul fatto che il ricorso a un sistema di garanzia dei depositi per ricapitalizzare una banca[2] era soggetto all’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato.
Il 21 novembre 2015, la Banca d’Italia ha avviato la risoluzione, il cui programma è stato previamente notificato alla Commissione. In tale progetto, la Banca d’Italia ha, in particolare, rilevato il fatto che una ricapitalizzazione di Banca delle Marche da parte del FITD non era potuta avvenire, in assenza della “previa valutazione positiva della Commissione (…) sulla compatibilità [di tale operazione] con la normativa [dell’Unione] in materia di aiuti di Stato”.
Ritenendo che la Commissione abbia impedito, per mezzo di pressioni illegittime esercitate sulle autorità italiane, il salvataggio mediante la ricapitalizzazione di Banca delle Marche da parte del FITD, le ricorrenti hanno proposto un ricorso dinanzi al Tribunale dell’Unione europea diretto a far accertare e constatare la sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Secondo le ricorrenti, la Commissione avrebbe impedito un simile salvataggio e avrebbe indotto le autorità italiane ad avviare la risoluzione di Banca delle Marche ai sensi delle norme di diritto italiano che recepiscono la direttiva 2014/59[3] .
Il Tribunale respinge il ricorso delle ricorrenti, con la motivazione che esse non hanno dimostrato l’esistenza di un nesso causale tra il comportamento asseritamente illecito della Commissione e il pregiudizio dedotto, cosicché i presupposti per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione non sono soddisfatti.
2.2. Giudizio del Tribunale.
In via preliminare, il Tribunale ricorda che la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione (art. 340, comma 2, TFUE) richiede la compresenza di vari presupposti, ossia l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti alle persone, la realtà effettiva del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra la violazione dell’obbligo incombente all’autore dell’atto e il danno subìto dai soggetti lesi. Quest’ultimo presupposto concerne l’esistenza di un rapporto di causa-effetto sufficientemente diretto tra il comportamento delle istituzioni dell’Unione e il danno, rapporto di cui spetta alla parte ricorrente fornire la prova, tale che il comportamento addebitato deve essere la causa determinante del danno. Inoltre, la responsabilità extracontrattuale dell’Unione non può sussistere se non ricorrono tutti i presupposti ai quali è subordinato l’obbligo di risarcimento, sicché il mancato rispetto di uno di tali presupposti è sufficiente per respingere il ricorso.
Nell’ambito della valutazione del presupposto relativo alla sussistenza di un nesso di causalità sufficientemente diretto, il Tribunale respinge l’argomento delle ricorrenti secondo cui, in sostanza, le lettere e le prese di posizione provvisorie della Commissione che hanno portato all’adozione della decisione di risoluzione di Banca delle Marche sarebbero il risultato di un travisamento da parte della Commissione della nozione di “aiuto”, in quanto essa avrebbe erroneamente ritenuto che, nonostante il loro carattere privato, gli interventi del FITD costituissero misure imputabili allo Stato italiano e comprendessero risorse statali. Secondo il Tribunale, poiché la Commissione ha ricordato alle autorità italiane la necessità di notificare preventivamente e di non attuare possibili misure di aiuto in particolare a favore di detta banca, tali lettere e prese di posizione non contengono alcuna valutazione giuridica alla luce dei criteri della nozione di “aiuto”. In queste ultime, la Commissione non si è quindi espressa né su una misura concreta né sul modo preciso in cui avrebbe interpretato la nozione di “aiuto”. Pertanto, la Commissione non ha né minacciato le autorità italiane di bloccare o di vietare eventuali interventi del FITD a favore di Banca delle Marche né esercitato pressioni in merito.
A tale riguardo, il Tribunale rileva che le ricorrenti non possono legittimamente invocare la decisione di aprire il procedimento di indagine formale vertente sull’intervento del FITD a favore di Banca Tercas, adottata il 27 febbraio 2015, nella quale la Commissione aveva ritenuto che quest’intervento soddisfacesse i criteri di imputabilità e di risorse statali. Infatti, a differenza di tali misure di sostegno a favore di Banca Tercas, prima dell’adozione della decisione di risoluzione di Banca delle Marche, non esisteva né un progetto di intervento definitivo del FITD a favore di Banca delle Marche né una richiesta di autorizzazione di un simile progetto rivolta alla Banca d’Italia, né esisteva una notifica formale di tale progetto o un’altra ragione per cui la Commissione avviasse un procedimento di indagine formale a tal proposito. Pertanto, secondo il Tribunale, era impossibile per la Commissione sapere con sufficiente precisione se l’eventuale intervento previsto dal FITD a favore di Banca delle Marche potesse soddisfare i criteri di un aiuto di Stato.
Il Tribunale sottolinea che gli elementi decisivi a favore della decisione di risoluzione di Banca delle Marche erano lo stato di dissesto di tale banca, dimostrato dalle perdite complessive di Euro 1,445 miliardi e da un deficit patrimoniale al 30 settembre 2015 pari a Euro1,432 miliardi nonché dal fatto che, nel corso della procedura di amministrazione straordinaria, non era stato possibile definire interventi da parte di soggetti privati idonei a risolvere la sua situazione di crisi.
In aggiunta, ancor prima del recepimento nel diritto italiano della direttiva 2014/59, che avrebbe reso possibile un simile intervento di sostegno, i commissari straordinari di Banca delle Marche hanno segnalato alla Banca d’Italia l’imminente situazione di cessazione dei pagamenti di tale banca e hanno riferito di temere che il suo salvataggio non potesse essere attuato in tempo utile tenuto conto della sua situazione finanziaria. Secondo il Tribunale, ciò indica di per sé l’impossibilità di un rapido intervento del FITD, indipendentemente dall’eventuale necessità di notificarlo previamente alla Commissione (art. 108, par. 3, TFUE).
Inoltre, il Tribunale respinge le affermazioni delle ricorrenti secondo cui il comportamento asseritamente illecito addebitato alla Commissione avrebbe impedito il salvataggio di Banca delle Marche e sarebbe stato la causa effettiva ed esclusiva del pregiudizio da esse subìto. Secondo il Tribunale, persino qualora un tale comportamento abbia svolto un certo ruolo nel processo di istruzione che ha indotto le autorità italiane a decidere la risoluzione di detta banca, la loro decisione di avviare la risoluzione di Banca delle Marche, adottata nell’esercizio delle loro proprie competenze e del loro margine di discrezionalità, restava comunque autonoma, non era influenzata in modo decisivo dall’atteggiamento della Commissione ed era essenzialmente fondata sulla loro constatazione dello stato di dissesto di tale banca, il che costituiva la causa determinante della citata risoluzione. Pertanto, il Tribunale constata che le ricorrenti non hanno dimostrato in modo giuridicamente adeguato che, in assenza del comportamento asseritamente illecito della Commissione, il FITD, con l’accordo delle autorità italiane e, in particolare, della Banca d’Italia, sarebbe stato effettivamente in grado di procedere al salvataggio di Banca delle Marche nel novembre 2015.
NOTE
[1] Corte di Giustizia UE, sentenza 2 marzo 2021, Commissione/Italia e a., in causa C-425/19 P.
[2] Art. 11, par. 3, della Dir. 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi.
[3] Dir. 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio.
Fonte: www.curia.europa.eu
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