Il ruolo dello smart working nella transizione digitale nello scenario europeo
Bianca CucinielloIl ruolo dello smart working nella transizione digitale nello scenario europeo.
di Bianca Cuciniello
1. La pandemia da Covid-19 ha semplicemente accelerato e reso più evidenti alcune trasformazioni del lavoro che già erano in corso ma che, se non ci fosse stato il lockdown, avremmo percepito meno nitidamente. Dall’inizio dell’epidemia c’è stato un ricorso più che massiccio allo smart working (SW) e questo ci ha permesso di vedere limiti e opportunità di un lavoro che va oltre le dimensioni di “spazio e di tempo” con tempi di vita e di lavoro che si confondono e la linea che li separa abitualmente che tende a divenire sempre meno netta.
Lo SW, che era nato nella volontà del legislatore per favorire sempre più il bilanciamento tra la vita professionale e quella privata dei dipendenti finalizzato ad un modello di lavoro sempre più integrato e orientato alle esigenze dei lavoratori, oggi viene visto dalle aziende come strumento per ridurre i costi fissi e per trasformare l’organizzazione del lavoro attraverso la misurazione degli obiettivi in una prestazione che rasenta il cottimo, con un conseguente appiattimento dell’organizzazione del lavoro, per l’alto grado di autonomia che viene richiesto ai lavoratori nell’esecuzione delle proprie attività in modalità lavoro agile.
Il futuro utilizzo dello SW deve essere inserito anche nel quadro più complesso della dilagante pervasività delle tecnologie digitali che tende a intensificare l’utilizzo di lavoratori con mansioni non-routinarie. Le imprese tendono a rimpiazzare con algoritmi, processi di robotica e IA, i lavoratori con occupazioni nella fascia “media” che svolgono mansioni ripetitive che possono essere svolte dalle macchine. Aumenta invece la domanda di lavoro delle due categorie estreme: quella degli occupati con un “Alto” livello di competenze, vale a dire dirigenti, professionisti e tecnici, e quella degli occupati con livello “Basso”, composta dalle professioni elementari non routinizzabili, unitamente agli addetti alle vendite e ai servizi. È questo il cosiddetto “effetto polarizzazione”, che associato al desk sharing che accompagna lo SW, potrebbe produrre uno stravolgimento epocale dell’organizzazione del lavoro.
2. In un anno i lavoratori europei a distanza sono passati dal 5% al 30% in una condizione di assoluto vuoto legislativo a livello europeo. Infatti, in Europa per quanto attiene al lavoro da remoto, il riferimento normativo resta ancora l’Accordo quadro europeo sul telelavoro del 16 luglio 2002, recepito nel nostro Paese con un Accordo interconfederale del 9 giugno 2004, che necessita di un’attenta riflessione. Riflessioni sul tema sono in corso anche in alcuni Comitati di Dialogo Sociale presso la Commissione Europea, come quello del settore bancario e del settore assicurativo, che hanno prodotto già delle Dichiarazioni Congiunte in tema di Digitalizzazione.
In questo scenario diventa urgente avere un quadro di riferimento per il diritto alla disconnessione soprattutto per gli impatti che una iperconnessione potrebbe avere in tema di valutazione dello stress lavoro correlato per l’intensificazione dei ritmi di lavoro, per il burnout, il tecnostress, per l’isolamento dell’individuo e per tutti gli eventuali impatti psicologici. Il ricorso al lavoro da remoto ha messo in sicurezza aziende e lavoratori dalla crisi del Covid-19, ma la combinazione di orari di lavoro prolungati e di maggiori sollecitazioni sui lavoratori ha visto crescere i casi di ansia, depressione, esaurimento e altri disturbi fisici e mentali.
A differenza della Francia che ha normato con una legge il diritto alla disconnessione in Italia la tematica è stata affrontata dalla contrattazione di primo e secondo livello.
Solo due contratti collettivi di lavoro prevedono al momento il diritto di disconnessione: il primo è quello del credito, in relazione allo smart working, il secondo quello degli insegnanti, dove invece non c’è alcun collegamento al lavoro agile, infatti, il CCNL scuola rinnovato nel 2018 prevede all’articolo 22 tra le materie oggetto di contrattazione integrativa (comma 4 lettera c 8) i criteri generali per l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche di lavoro in orario diverso da quello di servizio, al fine di una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare (diritto alla disconnessione).
3. In tema di digitalizzazione lo scorso 23 giugno è stato sottoscritto dalle Parti sociali europee intersettoriali, (CES–BusinessEurope–CEEP– SME), l’Accordo quadro europeo sulla digitalizzazione, accordo che norma anche le modalità di connessione e disconnessione e che deve essere recepito con un Accordo Interconfederale con le Associazioni datoriali.
L’Accordo definisce gli elementi per un quadro di riferimento in merito agli impatti dell’innovazione tecnologica nel mondo del lavoro. Esso si applica al settore pubblico e privato e a tutte le attività economiche, comprese le attività che utilizzano piattaforme online in cui esiste un rapporto di lavoro come definito a livello nazionale.
Le Parti sociali europee, con questo accordo, hanno condiviso la finalità di governare la digitalizzazione in modo da renderla vantaggiosa per le imprese e i lavoratori. L’obiettivo è quello di prevedere ed anticipare il cambiamento e fornire le competenze necessarie in un’ottica di garanzia dell’occupabilità digitale, attraverso un impegno condiviso da parte di tutti gli attori (datori di lavoro, lavoratori e rappresentanti dei lavoratori) in un processo concordato e gestito congiuntamente, valorizzando quanto già previsto in tema dalla contrattazione collettiva. Processo nel quale dovranno essere analizzati e gestiti gli effetti della digitalizzazione sull’organizzazione del lavoro per quanto attiene al contenuto del lavoro e alle competenze, alle condizioni di lavoro e alle relazioni di lavoro. E’ fondamentale sviluppare una cultura in cui i datori di lavoro ed i lavoratori partecipano attivamente per garantire un ambiente di lavoro sicuro e sano tramite un sistema di diritti, responsabilità e doveri definiti, ed in cui il principio della prevenzione deve avere la massima priorità. In tal senso è stato sancito il principio che, nel pieno rispetto della legislazione e delle disposizioni sull’orario di lavoro contenute nei contratti collettivi, per ogni ulteriore contatto fuori orario da parte dei datori di lavoro, il lavoratore non è obbligato ad essere reperibile.
4. Nel report del 28 luglio 2020, il Parlamento Europeo aveva invitato la Commissione ad adottare una direttiva dell’Unione per garantire che i lavoratori siano in grado di esercitare il loro diritto di disconnettersi e di regolamentare l’uso di strumenti digitali esistenti e nuovi a fini lavorativi, indicando uno schema. Nello schema erano presenti elementi di criticità quali ad esempio, il controllo sui lavoratori, la videosorveglianza, la registrazione istantanea dell’orario di lavoro e la modalità di calcolo della compensazione per il lavoro svolto al di fuori dell’orario di lavoro, elementi di criticità che sono stati monitorati con attenzione dalla CES (Confederazione Europea dei Sindacati) in coordinamento con le Confederazioni a livello nazionale.
Nella seduta plenaria del 20 gennaio 2021 il Parlamento Europeo ha approvato a larga maggioranza (472 voti favorevoli, 126 contrari e 83 astensioni) la proposta di Direttiva Europea per garantire il diritto a disconnettersi dal lavoro. Nel testo sottoposto a votazione, viene richiesta una legge europea che garantisca la disconnessione quale “diritto fondamentale”, e che tuteli i lavoratori che lo rivendicano da eventuali ripercussioni negative da parte dei datori. Inoltre, i deputati chiedono che la normativa stabilisca requisiti minimi per il telelavoro e faccia chiarezza su condizioni e orari di lavoro e sui periodi di riposo. Nella risoluzione, i deputati chiedono inoltre che ai lavoratori venga consentito di astenersi dallo svolgere mansioni lavorative, come telefonate, email e altre comunicazioni digitali, al di fuori del loro orario di lavoro, comprese le ferie e altre forme di congedo.
Purtroppo è passato anche l’emendamento con il quale si chiede di rinviare di tre anni l’avvio dell’iter legislativo, così da lasciare spazio alle parti sociali di implementare l’accordo autonomo sottoscritto lo scorso anno. Accordo volontario che non assicura una implementazione omogenea nei Paesi UE, come è già accaduto per altri accordi autonomi europei. La CES ritiene che il Parlamento Europeo non ha alcun mandato per interpretare gli accordi delle parti sociali europee e continuerà a richiedere l’avvio urgente dell’iter legislativo per una Direttiva in materia.
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