Brexit e diritti di cittadinanza UE.

Conclusioni dell’avvocato generale nella causa C-673/20

Brexit e diritti di cittadinanza UE.

Conclusioni dell’avvocato generale nella causa C-673/20, Préfet du Gers e Institut National de la Statistique et des Études Économiques.

 A cura di Giovanni Patrizi

Secondo l’Avvocato generale Collins, i cittadini britannici che hanno goduto dei benefici connessi alla cittadinanza dell’Unione non conservano tali vantaggi dopo il recesso del Regno Unito dall’Unione europea. La perdita di tali diritti è una delle conseguenze della decisione sovrana del Regno Unito di recedere dall’Unione.

 

1.EP risiede in Francia dal 1984 ed è sposata con un cittadino francese; non ha acquisito la cittadinanza francese per matrimonio poiché, in quanto ex funzionaria dell’allora Ministero degli Esteri e del Commonwealth del Regno Unito, ha giurato fedeltà alla Regina d’Inghilterra.

A seguito dell’entrata in vigore dell’accordo di recesso, l’INSEE[1] ha cancellato EP dalle liste elettorali del comune di Thoux (Francia). EP non ha quindi potuto partecipare alle elezioni comunali tenutesi il 15 marzo e il 28 giugno 2020.

Il 6 ottobre 2020 EP ha presentato un’istanza di reiscrizione nelle liste elettorali per i cittadini non francesi dell’Unione europea. Il giorno seguente, il sindaco del comune di Thoux ha respinto l’istanza.

EP ha quindi adito la commissione elettorale del comune di Thoux.

Poiché tale organismo ha risposto indicando che non si sarebbe riunito prima del marzo 2021, EP ha considerato tale risposta come una conferma implicita della decisione del sindaco del 7 ottobre 2020.

Di conseguenza, il 9 novembre 2020 EP ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi al Tribunal judiciaire d’Auch (Tribunale giudiziario di Auch, giudice del rinvio).

2.Il giudice del rinvio ha proposto quattro questioni nel contesto di una controversia vertente sul fatto che EP, cittadina britannica, continui o meno a godere dei diritti di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali in Francia.

Con la prima e la seconda questione esso chiede se i cittadini del Regno Unito, o un loro sottoinsieme, continuino a essere cittadini dell’Unione e a godere dei benefici connessi a tale status. Se così non fosse, con la terza e la quarta questione esso chiede alla Corte di valutare la validità dell’accordo di recesso[2], segnatamente alla luce del principio di proporzionalità.

3.Nelle sue conclusioni, l’avvocato generale Collins considera, in primo luogo, che la cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza conferita dagli Stati membri e non la sostituisce.

La giurisprudenza della Corte di giustizia, segnatamente le sentenze nelle cause Rottmann[3] , Tjebbes[4] e, più recentemente, nella causa Wiener Landesregierung[5], riconosce espressamente che gli Stati membri conservano il potere di determinare chi sia loro cittadino e, di conseguenza, cittadino dell’Unione.

L’avvocato generale Collins esamina, in seguito, le conseguenze del recesso del Regno Unito dall’Unione europea.

L’avvocato generale constata che, a partire dall’entrata in vigore dell’accordo di recesso, i cittadini britannici non hanno più goduto del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiedono, riconosciuto in quanto cittadino dell’Unione.

Di conseguenza, a seguito del recesso del Regno Unito dall’Unione, i cittadini britannici hanno cessato di essere cittadini dell’Unione.

Sebbene i termini dell’accordo di recesso abbiano attribuito loro taluni diritti durante il periodo di transizione, il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nel loro Stato membro di residenza ne era escluso.

L’avvocato generale Collins constata altresì che, per effetto della perdita della cittadinanza dell’Unione a seguito dell’accordo di recesso, qualsiasi conseguenza giuridica discendente dal fatto che EP risiede al di fuori del Regno Unito ai fini dell’esercizio del diritto di voto nelle elezioni di tale Stato costituisce una questione fra EP e il Regno Unito, uno Stato terzo, e quindi esula dalla competenza della Corte di giustizia. Inoltre, egli conferma che le disposizioni dell’accordo di recesso e del TFUE non consentono ai cittadini britannici di conservare, senza eccezione, i diritti alla cittadinanza dell’Unione di cui godevano prima del recesso del Regno Unito dall’Unione europea.

Infine, l’avvocato generale Collins esamina la questione se la decisione 2020/135 relativa alla conclusione dell’accordo di recesso sia invalida nella parte in cui, tenuto conto del contenuto dell’accordo di recesso, non conferisce il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali a cittadini del Regno Unito che risiedono in uno Stato membro e non possiedono la cittadinanza di uno Stato membro.

A tale riguardo, l’avvocato generale Collins osserva che, tenuto conto dello status di paese terzo del Regno Unito a decorrere dal suo recesso dall’Unione europea, non si può contestare la decisione 2020/135 per non aver riconosciuto ai cittadini britannici il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro di residenza, né durante il periodo di transizione, né in seguito. La perdita di tali diritti è una delle conseguenze della decisione sovrana del Regno Unito di recedere dall’Unione europea.

Tale conclusione non è rimessa in discussione dal fatto che la decisione 2020/135, in combinato disposto con l’accordo di recesso, prevedeva che, in via eccezionale, alcune parti dell’acquis di diritto dell’Unione trovassero applicazione durante il periodo di transizione, al fine di garantire il recesso ordinato del Regno Unito dall’Unione europea, il che, ai sensi del suo preambolo, costituisce l’obiettivo dell’accordo di recesso.

L’avvocato generale Collins aggiunge che non vi è quindi alcuna base giuridica o fattuale che consenta di ritenere che l’Unione europea abbia ecceduto i limiti del suo potere discrezionale nella conduzione delle relazioni esterne, smettendo di consentire ai cittadini britannici residenti nell’Unione di esercitare il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali degli Stati membri dopo il recesso del Regno Unito, tanto mediante una decisione unilaterale, quanto in esito ai negoziati con il Regno Unito.

Poiché la scelta sovrana del Regno Unito di abbandonare l’Unione europea equivale a un rigetto dei principi sottesi all’Unione, e poiché l’accordo di recesso è un accordo tra l’Unione europea e il Regno Unito diretto ad agevolarne il recesso ordinato, l’Unione europea non si trovava in una posizione tale da poter insistere sul fatto che il Regno Unito si conformasse pienamente a qualsivoglia principio fondamentale dell’Unione europea.

L’Unione non poteva neppure garantire diritti che, in ogni caso, non era tenuta a difendere a nome di individui cittadini di uno Stato che ha abbandonato l’Unione europea e che, quindi, non sono più cittadini dell’Unione.

Note

[1] L’Istituto nazionale di statistica e studi economici [Institut national de la statistique et des études économiques (INSEE)] ha il compito di cancellare dalle liste elettorali i nominativi degli elettori deceduti e di quelli che hanno perso il diritto di votare.

[2] Decisione (UE) 2020/135 del Consiglio, del 30 gennaio 2020, relativa alla conclusione dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica.

[3] Sentenza del 2 marzo 2010, Rottmann, C-135/08, v. anche CS n. 15/10.

[4] Sentenza del 12 marzo 2019, Tjebbes e a., C-221/17, v. anche CS n. 26/19.

[5] Sentenza del 18 gennaio 2022, Wiener Landesregierung e a. (Revoca di una garanzia di naturalizzazione), C-118/20, v. anche CS n. 5/22.