(Studio legale G.Patrizi, G.Arrigo,G.Dobici)

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 846 del 9 gennaio 2024, ha affermato che la mancata comunicazione da parte del lavoratore dello svolgimento di una attività autonoma è causa di decadenza dalla NASPI (acronimo di Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), pur se tale attività non è nuova, ma successiva alla percezione dell’indennità.

La Corte afferma che il significato da attribuire alla frase contenuta nell’art. 10 del D.lgs. n. 22/2015 secondo cui “il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASPI intraprenda una attività autonoma”, è che la norma si riferisce non solo ad una nuova attività, ma anche all’attività svolta contemporaneamente alla percezione dell’importo di disoccupazione.

La Corte di Cassazione ritiene che il Legislatore -pur avendo previsto uno specifico onere informativo a carico dell’interessato “che durante il periodo in cui percepisce la NASpI intraprenda un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale intraprenda” (art. 10, D.lgs. n. 22/2015), fissando peraltro un termine decorrente dalla data di “inizio di un’attività lavorativa” (art. 23, D.lgs. n. 22/2015)- avrebbe inteso estendere l’operatività della decadenza anche ai soggetti che già titolari di partita IVA in epoca antecedente alla concessione dell’indennità che omettano di comunicare all’INPS i redditi che egli preveda di ricavare da detta attività, come detto già intrapresa ed avviata (e ragionevolmente nota anche all’INPS al momento dell’istruttoria).

Secondo la S.C., a rilevare ai fini della decadenza dalla NASpI sarebbe “… il solo fatto della contemporaneità tra godimento del trattamento di disoccupazione e svolgimento dell’attività lavorativa”, mentre resterebbe del tutto ininfluente la data di avvio dell’attività (da cui però, come detto, il Legislatore fa significativamente decorrere i termini informativi dell’art. 10).

La Corte di Cassazione aggiunge che una tale lettura non si pone in contrasto con l’art. 14 delle preleggi (che come noto prevede il divieto di interpretazione analogica delle leggi eccezionali o che introducono precetti penali), in quanto sarebbe logico “…intendere, come fa il motivo di ricorso, che l’obbligo di comunicazione riguardi anche l’attività lavorativa già intrapresa prima della domanda di NASpI”.