Licenziamento. Mancato superamento del periodo di prova. Trasferimento d’azienda ex art. 2112 cod. civ. Esclusione

Corte di cassazione. Sentenza 16 marzo 2022, n. 8629

Corte di cassazione. Sentenza 16 marzo 2022, n. 8629.

Licenziamento. Mancato superamento del periodo di prova. Trasferimento d’azienda ex art. 2112 cod. civ. Esclusione

Dal testo della sentenza

“[…] Fatti di causa

  1. M. G. D. ha impugnato per revocazione la sentenza di questa Corte del 21 maggio 2018, n. 12441, che ha rigettato il suo ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 1403/2015, la quale a sua volta aveva disatteso, in riforma della decisione del locale Tribunale, la domanda proposta dal D. per ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato per il mancato superamento del periodo di prova dalla Sicilia e Servizi S.p.A. (oggi Sicilia Digitale S.p.A.). Il D. aveva dedotto di essere stato trasferito ex art. 2112 cod. civ. dalla Sicilia e Servizi V. S.c.r.l. (presso la quale aveva prestato servizio fino al 22 gennaio 2014, data in cui gli era stato comunicato il licenziamento collettivo non impugnato) alla Sicilia e Servizi S.p.A., con la quale il ricorrente aveva sottoscritto in data 21 gennaio 2014 un contratto di lavoro a tempo determinato, con decorrenza dal successivo 23 gennaio 2014, contratto del quale aveva chiesto dichiararsi la nullità sia perché era già in corso un rapporto tra le parti sia perché era privo di motivazione circa le ragioni dell’apposizione del termine.
  2. Questa Corte, nel respingere il ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo, ha escluso che, nella specie, vi fosse un trasferimento d’azienda ex art. 2112 cod. civ. perché il rapporto di lavoro del ricorrente era già cessato prima di quello intercorso con la asserita cessionaria, ha ritenuto che non sussistesse una continuità di rapporto di lavoro e, pertanto, ha considerato legittimo il nuovo patto di prova apposto al contratto a termine con la Sicilia e Servizi S.p.A. (oggi Sicilia Digitale S.p.A.). Quanto, poi, alla ritenuta legittimità da parte della Corte territoriale del contratto a termine, ha ritenuto inammissibile, per difetto di specificità, il relativo motivo perché il ricorrente lamentava una errata interpretazione e valutazione di legittimità del contratto di lavoro intercorso con la Sicilia Servizi S.p.A., senza però riportarne il contenuto, con ciò precludendo un corretto esame della parte in contestazione, senza precisare quali norme ermeneutiche sarebbe state in concreto violate, fermo restando che l’interpretazione dei contratti e degli altri atti di autonomia privata in genere è riservata all’esclusiva competenza del giudice di merito.
  3. Ricorre per revocazione della sentenza M. G. D. sulla base di un unico motivo.
  4. La Sicilia Servizi S.p.A. non ha opposto difese.
  5. Il Collegio ha proceduto in camera di consiglio ai sensi dell’art. 23, comma 8 – bis d.l. n. 137 del 2020, convertito con l. n. 176 del 2020, in mancanza di richiesta di discussione orale.
  6. Il Procuratore generale ha formulato le proprie motivate conclusioni, ritualmente comunicate, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

Ragioni della decisione

  1. Con un unico motivo di revocazione il ricorrente denuncia la “violazione degli artt. 391 bis e 395, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. – per intervenuta documentazione successiva al termine di giudicato e per l’intervenuto giudicato esterno tra medesime questioni di diritto”. Assume il ricorrente di essere venuto a conoscenza della formazione di un giudicato precedente alla sentenza di questa Corte, costituito dalla decisione del Tribunale n. 1783/2016, con il quale si era stabilito che tra la Sicilia e Servizi S.p.A. (oggi Sicilia Digitale S.p.A.) ed altri dipendenti (in totale 58), nella stessa posizione del D., vi era stato un trasferimento d’azienda ex art. 2112 cod. civ. in un momento antecedente al primo licenziamento della Sicilia e Servizi V. Scrl del 22.01.2014, con conseguente diritto dei ricorrenti a mantenere il proprio posto di lavoro presso la Sicilia e Servizi S.p.A. Sostiene che, sussistendo il medesimo petitum e la medesima causa petendi, tale sentenza, passata in giudicato, formerebbe un giudicato esterno ed implicito anche nei suoi confronti, essendo la propria situazione soggettiva del tutto identica a quella dei colleghi rispetto ai quali è stato riconosciuto il trasferimento d’azienda. In tal modo, in sostanza, parte ricorrente invoca la “efficacia riflessa” della sentenza passata in giudicato quale affermazione oggettiva di verità con conseguenze giuridiche anche su quei soggetti titolari di un diritto dipendente da quella accertata situazione o di un diritto subordinato alla stessa situazione accertata. Aggiunge che la Società oggi convenuta non ha impugnato la pronuncia richiamata, intervenuta tra la stessa società e gli altri dipendenti (sent. n. 1783/2016), sulla quale si è formato il giudicato, dimostrando così la propria acquiescenza quanto al ravvisato trasferimento. Sostiene che tale comportamento non possa che valere quale atto confessorio della Società, rilevante ex art. 2730 e 2733 cod. civ.

Rileva, inoltre, che la Società, nell’ambito di una identica fattispecie (contro l’ing. N.), ha rinunciato allo stesso ricorso per cassazione (sent. n. 551/2016), con sottoscritta transazione sindacale.

  1. Il motivo è inammissibile.

2.1. Rileva il Collegio che la revocazione della sentenza di questa Corte n. 12441/2018 è stata espressamente chiesta ai sensi dell’art. 395, n. 5, cod. proc. civ., laddove, invece, è inammissibile il ricorso per revocazione ai sensi della norma appena indicata nei confronti delle sentenze e delle ordinanze pronunziate dalla Corte di cassazione, trattandosi di motivo di revocazione non contemplato dalla disciplina positiva (v. art. 391 bis cod. proc. civ. e, per i provvedimenti – diversi da quello all’esame in questa sede – che abbiano deciso nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., v. art. 391 ter cod. proc. civ., introdotto dal d.lgs. n. 40 del 2006, che, pur ampliando il novero dei mezzi di impugnazione esperibili avverso dette pronunce, non ha incluso tale ipotesi). In tal senso si sono espresse Cass., Sez. Un., 18 luglio 2013, n. 17557; Cass., Sez. Un., 23 novembre 2015, n. 23833. Questa Corte ha anche precisato che l’inammissibilità della revocazione delle decisioni della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 395, n. 5, cod. proc. civ. non si pone in contrasto né con i principi di cui agli artt. 3, 24 e 111 Cost. né con il diritto dell’Unione europea, non recando alcun vulnus al principio di effettività della cosa giudicata, rimettendone la concreta attuazione all’autonomia processuale dei singoli Stati membri (Cass. 28 marzo 2019, n. 8630; Cass. 3 giugno 2021, n. 15426).

2.2. Il ricorso è del pari inammissibile nella parte in cui il motivo evoca una richiesta di revocazione ai sensi dell’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., nonostante che un’ipotetica violazione di norma di diritto da parte della sentenza impugnata – violazione, peraltro, qui inesistente – non costituisca motivo di revocazione.

  1. Da tanto consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
  2. Nulla va disposto in ordine alle spese, non avendo la società intimata svolto attività difensiva.
  3. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello prescritto per il ricorso, ove dovuto a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto […]”.