“Certificato verde” e rapporto di lavoro. La disciplina francese dopo la sentenza del Conseil constitutionnel.
Conseil constitutionnel, 5 Agosto 2021“Certificato verde” e rapporto di lavoro. La disciplina francese dopo la sentenza del Conseil constitutionnel.
A cura di Ada Noli
1. Il 5 agosto 2021 il Consiglio costituzionale francese (Conseil constitutionnel), con la decisione n. 2021-824 DC, si è pronunciato su alcune disposizioni di legge relative alla gestione della crisi epidemiologica in Francia.
La sentenza fa seguito a quattro istanze -presentate, rispettivamente, dal Presidente del Consiglio francese, da più di sessanta deputati dell’Assemblée nationale e dal Sénat (con due ricorsi, presentati, rispettivamente, da un gruppo di più di sessanta senatori e da un altro gruppo di più di sessanta senatori)- in merito alla legittimità costituzionale della legge relativa alla gestione della crisi sanitaria, approvata dal Parlamento francese il 25 luglio 2021.
In seguito alla sentenza del Conseil constitutionnel è entrata in vigore la Loi n. 2021-1040, “relative à la gestion de la crise sanitaire”.
Il Conseil constitutionnel si è pronunciato sulle disposizioni oggetto di ricorso ritenendo legittime, nel complesso, le disposizioni relative al passe sanitaire (cd. green pass, ovvero certificato verde COVID-19 nell’ordinamento italiano), ma dichiarando incostituzionali alcune disposizioni in merito alla risoluzione anticipata dei contratti di lavoro e al collocamento “automatico” in isolamento dei soggetti positivi al virus SARS-CoV-2.
Si ricorda che le certificazioni verdi (passe sanitaire nella disciplina francese) attestano la vaccinazione contro il COVID-19 o la guarigione dalla medesima malattia o l’effettuazione di un test molecolare o di un test antigenico rapido, con risultato negativo -con riferimento al virus-, e rilevano esclusivamente per specifici fini, stabiliti dal legislatore nazionale; le norme europee adottate in materia sono intese in via principale a garantire l’interoperabilità tra gli Stati membri delle certificazioni, fermo restando che queste ultime rilevano solo ai fini posti dal legislatore interno.
2. Quanto alla normativa dell’Unione europea, si deve ricordare, in primo luogo, il Reg. (UE) n. 2021/953 del PE e del Consiglio, del 14 giugno 2021, “su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione al COVID-19 (certificato COVID digitale dell’Ue)”. Inoltre, il Reg. (UE) n. 2021/954 ha esteso il quadro suddetto ai cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti o residenti nello “spazio Schengen”. Entrambi i regolamenti sono stati adottati il 14 giugno 2021. Il quadro del certificato digitale Ue comprende tre tipi di certificati: a) il certificato di vaccinazione, b) il certificato del test (indicante il risultato e la data di un test molecolare di amplificazione dell’acido nucleico o di un test antigenico rapido) e, c) il certificato di guarigione (comprovante che il titolare risulti guarito da un’infezione da SARS-CoV-2). Tali certificati devono essere rilasciati, in formato digitale o cartaceo (o in entrambi i formati), e comprendere un codice a barre interoperabile, contenente le informazioni necessarie per verificare l’autenticità, la validità e l’integrità del medesimo certificato. Le informazioni figuranti nei certificati devono essere presentate almeno nella lingua o nelle lingue ufficiali dello Stato membro di rilascio e in inglese. Il certificato viene rilasciato ai cittadini dell’Ue e ai loro familiari, indipendentemente dalla loro nazionalità, ed è valido in tutti gli Stati membri; può inoltre applicarsi all’Islanda, al Liechtenstein, alla Norvegia e alla Svizzera. Il regolamento (UE) 2021/953 precisa, tuttavia, che il certificato non è una precondizione per esercitare il diritto alla libera circolazione e non deve essere considerato un documento di viaggio. Per le eventuali restrizioni (quarantena o esecuzione di un test) adottate dagli Stati membri e valide anche per gli ingressi di viaggiatori in possesso di un certificato, si prevede che lo Stato membro pubblichi tali misure almeno 24 ore prima dell’entrata in vigore delle stesse. I Paesi dell’Unione devono accettare i certificati di vaccinazione rilasciati in altri Stati membri a persone a cui sia stato somministrato un vaccino autorizzato dall’Ema (spetta ai Paesi dell’Unione decidere se accettare anche i certificati delle vaccinazioni effettuate con gli altri prodotti, utilizzati in base alle procedure di autorizzazione di emergenza nazionali o rientranti in quelli elencati dall’OMS per uso di emergenza). La disciplina europea sul “certificato COVID digitale dell’Ue” trova applicazione per il periodo 1° luglio 2021-30 giugno 2022. I certificati che siano stati rilasciati da uno Stato membro prima del 1º luglio 2021 sono accettati dagli altri Stati membri fino al 12 agosto 2021.
3. In Francia, il Décret n. 2021-955, del 19 luglio 2021, relativo all’uscita dalla crisi sanitaria, ha reso obbligatorio in Francia il passe sanitaire per l’accesso ai luoghi della cultura e del tempo libero con una capienza di 50 persone e oltre.
Il decreto ha previsto che, a decorrere dal 21 luglio 2021, il passe si applichi per l’accesso a: audizioni, conferenze, proiezioni, riunioni, spettacoli o sale polivalenti; tendostrutture; sale giochi e sale da ballo; stabilimenti commerciali destinati a mostre, fiere o esposizioni di carattere temporaneo; stabilimenti all’aperto; stabilimenti sportivi coperti; luoghi di culto; musei e sale destinati ad ospitare mostre culturali di carattere temporaneo; biblioteche e centri di documentazione, fatte salve alcune eccezioni; eventi culturali, sportivi, ludici o festosi, organizzati in uno spazio pubblico o in un luogo aperto al pubblico e che possano dar luogo a controlli sull’accesso delle persone; navi e barche.
La cit. la Loi n. 2021-1040 del 5 agosto 2021estende l’obbligo di presentazione del passe sanitaire per l’accesso a luoghi, stabilimenti, servizi o eventi in cui si svolgano: a) attività ricreative; b) la ristorazione commerciale o l’esercizio della distribuzione di bevande, a eccezione della ristorazione collettiva, la vendita da asporto di pasti pronti e la ristorazione professionale stradale e ferroviaria; c) fiere e seminari, anche di tipo professionale; d) servizi sanitari, sociali e medico-sociali, con riferimento alle persone che accompagnino o visitino le persone ospitate nelle strutture in cui tali servizi vengano effettuati nonché a coloro che siano ivi ospitati per cure programmate, salvo casi di emergenza; e) viaggi a lunga percorrenza con mezzi pubblici interregionali, salvi i casi di urgenza che non permettano di ottenere il certificato richiesto; f) i grandi magazzini e i centri commerciali, se giustificato dalle loro caratteristiche e dalla gravità del rischio di contagio, con decisione motivata del prefetto e in modo da garantire l’accesso ai beni e ai servizi di base nonché, se del caso, ai mezzi di trasporto.
La regolamentazione prevista dalla suddetta Loi n. 2021-1040 si applica ai soggetti maggiorenni e successivamente a partire dal 30 settembre 2021, anche ai soggetti minorenni di età superiore ai 12 anni.
La legge citata prevede inoltre che i lavoratori, operanti in luoghi dove per l’accesso da parte degli utenti sia obbligatorio -in base alle norme summenzionate- il passe sanitaire, siano tenuti al possesso del medesimo passe a partire dal 30 agosto 2021. Se un lavoratore soggetto a tale obbligo non possiede il passe e non sceglie di utilizzare, d’intesa col datore di lavoro, giorni di riposo o giorni di ferie retribuite, il datore di lavoro deve dare comunicazione della sospensione del contratto di lavoro, cui si accompagna l’interruzione del pagamento della retribuzione fino a quando il lavoratore non produca i documenti giustificativi necessari per il libretto sanitario. Se, dopo ulteriori tre giorni lavorativi, il lavoratore non presenta i documenti, il datore di lavoro invita il lavoratore ad un colloquio, al fine di esaminare con lui i mezzi per regolarizzare la sua situazione, in particolare le possibilità di assegnazione, se necessario temporanea, all’interno dell’azienda ad altro posto non soggetto a tale obbligo.
A partire dal 15 settembre 2021, è obbligatoria la vaccinazione contro il COVID-19 per alcune categorie di lavoratori, quali i lavoratori delle strutture sanitarie e socio-sanitarie, gli altri professionisti sanitari, i vigili del fuoco e alcuni militari.
Nella menzionata sentenza, il Conseil constitutionnel afferma che le disposizioni impugnate potrebbero limitare l’accesso a determinati luoghi e porre restrizioni alla libertà di riunione, limitando il diritto alla libertà di circolazione e il diritto di esprimere e diffondere le proprie idee e opinioni. Il Conseil constitutionnel osserva tuttavia che: i) il legislatore ha ritenuto che, allo stato delle conoscenze scientifiche a disposizione, i rischi di circolazione del virus SARS-CoV-2 siano fortemente ridotti fra le persone vaccinate, guarite o che abbiano appena effettuato un test con risultato negativo. Secondo il Conseil constitutionnel, il legislatore ha pertanto “perseguito l’obiettivo, costituzionalmente rilevante, della tutela della salute”; ii) tali misure rimarranno valide solo per il periodo che va dall’entrata in vigore della legge in questione fino al 15 novembre 2021, periodo durante il quale il legislatore ha ritenuto vi sia un rischio significativo di diffusione dell’epidemia dovuto alla comparsa di nuove e più contagiose varianti del virus; iii) il legislatore ha limitato la loro applicazione ai luoghi in cui l’attività svolta presenta un particolare rischio di diffusione del virus; iv) i controlli dei documenti necessari per accedere a un luogo, stabilimento, servizio o evento possono essere effettuati solo dalle forze dell’ordine o dagli operatori preposti in tali luoghi. Inoltre, la presentazione di tali documenti avviene con una modalità che consente al verificatore soltanto di accertare la sussistenza di una certificazione in corso di validità, con esclusione della possibilità di rilevare il contenuto del documento medesimo.
Di contro, il Conseil constitutionnel ha censurato una disposizione dell’art. 1 del disegno di legge, la quale prevedeva la possibilità di risoluzione, prima della scadenza, del contratto di lavoro a tempo determinato, su iniziativa del datore di lavoro, per il lavoratore -operante in luoghi dove per l’accesso da parte degli utenti sia obbligatorio il passe sanitaire– che fosse privo di tale passe. Il disegno di legge non prevedeva analoga possibilità di risoluzione per i contratti di lavoro a tempo indeterminato. Il Conseil constitutionnel ha ritenuto che una tale diversità di disciplina fosse lesiva del principio di eguaglianza. Come detto, la disciplina legislativa adottata prevede comunque un complesso di misure restrittive per i lavoratori in oggetto che non siano titolari di un passe sanitaire.
Il Conseil constitutionnel ha inoltre ritenuto che la disciplina di cui all’art. 9 del disegno di legge -in base al quale veniva istituita una misura di isolamento di dieci giorni applicabile automaticamente alle persone risultate positive al virus- non fosse “necessaria, opportuna e proporzionata”, in quanto avrebbe costituito una privazione della libertà “senza una decisione individuale basata su una valutazione dell’autorità amministrativa o giudiziaria” (con la sola previsione della possibilità di chiedere a posteriori una modifica delle condizioni dell’isolamento). Pertanto, nell’ordinamento francese è rimasto in vigore il regime precedente, che prevede una misura di quarantena esclusivamente per casi di ingressi o rientri da altri Paesi, mentre, in generale, per i casi di positività o di contatto stretto con soggetti positivi le misure di isolamento sono formulate in termini di raccomandazione per i soggetti interessati.
Commenti recenti