Che significa "salvo intese" ?

19 Luglio 2020

Che significa “salvo intese” ? 

Venerdì 17 luglio 2020 è finalmente entrato in vigore il Decreto Legge 16 luglio 2020 n. 76, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”.

(a cura della Redazione) 

Il provvedimento era stato approvato, con la formula “Salvo intese”, dal Consiglio dei Ministri del 6 luglio, nella veste ufficiosa di 54 articoli, che in undici giorni di “intese” sono diventati 65 (vedi la nota riassuntiva in q. giornale)

Ma che significa “salvo intese”. E chi è il genitore di questa formula astrusa ?

Anzitutto, com’è intuibile, “salvo intese” significa che ancora non v’è un testo definitivo dell’articolato, che potrà quindi essere riveduto e corretto (e integrato) prima dell’invio al Parlamento (nel caso di una manovra  di bilancio) o della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. In secondo luogo, non si tratta di un espediente nuovo. Ad esso, negli ultimi anni, ha fatto ricorso il governo italiano con sempre maggiore frequenza, allo scopo di rispettare formalmente determinate scadenze (come, in particolare, quelle dell’invio a Bruxelles del Documento programmatico di bilancio) e/o di consentire all’esecutivo di avere più  tempo per la redazione dei testi e, in particolare, per sciogliere gli immancabili “nodi” tecnici e politici. Di conseguenza, con questa “prassi” non solo si allungano i tempi della pubblicazione e dell’entrata in vigore dei provvedimenti, ma in taluni casi essi subiscono modifiche anche di rilievo rispetto alla loro presentazione e approvazione in Consiglio dei Ministri.

La paternità dell’espressione non va attribuita al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. La nascita di questo espediente risale (“salvo errori”, diremmo noi) al 23 marzo 2012, durante il Governo di Mario Monti. La Presidenza del Consiglio emise allora un comunicato che iniziava così: “il Consiglio dei Ministri ha approvato oggi, salvo intese, il disegno di legge di riforma del mercato del lavoro”. Ciò significava evidentemente che il governo si riservava di modificare il disegno di legge prima di sottoporlo al Parlamento (che naturalmente avrebbe potuto emendarlo). In tal modo il Presidente Monti poteva mostrare ai mercati e alla comunità internazionale lo stato di avanzamento del progetto di riforma senza per questo rinunciare a ritoccare le norme che in quel momento non sembravano gradite a vari “pezzi” della maggioranza parlamentare che sosteneva il suo governo.

L’espediente in esame consente dunque la modifica delle disposizioni contenute nel decreto legge già deliberato dal Consiglio dei Ministri, con un conseguente slittamento della sua entrata in vigore e, dunque, in difformità dai principi di certezza del diritto e leale collaborazione tra gli organi costituzionali[2].

Il Governo Conte ha già fatto ricorso a questa procedura in occasione della messa a regime dei decreti-legge “crescita” (n. 34/2019) e “sblocca cantieri” (n. 32/2019, per il quale sono trascorsi addirittura 28 giorni tra l’approvazione e l’entrata in vigore).

Questa “prassi” è censurabile perché produce incertezza sui tempi di adozione dei decreti-legge, celata per l’appunto sotto la formula “salvo intese”, il cui abuso è stato a suo tempo censurato dal Comitato per la legislazione[3] e dallo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: dalle informazioni trapelate sulla stampa, il Capo dello Stato avrebbe esposto al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nell’aprile del 2019, la sua contrarietà all’adozione di testi normativi recanti la formula “salvo intese”. Per il Quirinale detti decreti-legge presenterebbero infatti profili di incostituzionalità per la presenza di contenuti estranei all’impianto normativo originario, che renderebbe indispensabile un nuovo passaggio dell’atto in Consiglio dei Ministri[4].

 

[2] Sulla deprecabile prassi del “salvo intese”, v. G. RIVOSECCHI, Considerazioni sparse in ordine alle attuali tendenze della produzione normativa, in Osservatorio AIC, fasc. 1-2/2019, spec. 88 s., in cui è presente un’analisi completa degli abusi governativi nell’ambito della decretazione d’urgenza. 

[3] Seduta del 9 ottobre 2018, nel cui resoconto si raccomanda all’Esecutivo di valutare “un più coerente e sistematico utilizzo della possibilità di approvazione dei provvedimenti in prima deliberazione da parte del Consiglio dei ministri “salvo intese” cui dovrebbe far seguito una seconda e definitiva deliberazione” (p. 7). 

[4] Sull’azione di persuasione morale svolta dal Capo dello Stato sul Governo in tema di “buone leggi”, cfr. M. GALLUZZO, Il richiamo di Mattarella al governo sui decreti bloccati da troppo tempo, Corriere della Sera, 16 aprile 2019.