Class action e trattamento dati.

Corte di giustizia Ue, sentenza 28 Aprile 2022, Meta Platforms Ireland.

Class action e trattamento dati.

Corte di giustizia dell’Unione europea, Sentenza  28 aprile 2022, nella causa C-319/20, Meta Platforms Ireland.

Protezione dei dati personali. Legittimazione ad agire delle associazioni di tutela dei consumatori.

Le associazioni di tutela dei consumatori possono esercitare azioni rappresentative contro atti pregiudizievoli per la protezione dei dati personali. Un’azione siffatta potrebbe essere instaurata indipendentemente dalla violazione concreta del diritto alla protezione dei dati di un interessato e in assenza di un mandato conferito a tal fine.

1.La Meta Platforms Ireland, già Facebook Ireland, è la titolare del trattamento di dati personali degli utenti del social network on line Facebook nell’Unione.

L’Unione federale delle centrali e delle associazioni di consumatori (Germania) ha proposto un’azione inibitoria contro la Meta Platforms Ireland, contestandole di aver violato, nell’ambito della messa a disposizione degli utenti di giochi gratuiti forniti da terzi[1], delle norme relative alla protezione dei dati personali, alla lotta contro la concorrenza sleale e alla tutela dei consumatori.

La Corte federale di giustizia (Germania) osserva che l’azione proposta dall’Unione federale sarebbe fondata, ma nutre dei dubbi riguardo alla sua ricevibilità.

Infatti, detto giudice si interroga in merito alla questione se un’associazione per la tutela degli interessi dei consumatori, come l’Unione federale, disponga ancora, successivamente all’entrata in vigore del Regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD) [2] , del potere di agire in giudizio, instaurando un’azione dinanzi ai giudici civili, di fronte a violazioni di tale regolamento, e ciò indipendentemente dalla violazione concreta di diritti di soggetti individualmente interessati e in assenza di un mandato conferito da questi ultimi. Inoltre, detto giudice osserva che dall’RGPD è possibile dedurre che incombe principalmente alle autorità di controllo verificare l’applicazione di tale regolamento.

La Corte constata che l’RGPD non osta ad una normativa nazionale, la quale permetta ad un’associazione di tutela degli interessi dei consumatori di agire in giudizio, in assenza di un mandato che le sia stato conferito a questo scopo e indipendentemente dalla violazione di specifici diritti degli interessati, contro il presunto autore di un atto pregiudizievole per la protezione dei dati personali, facendo valere la violazione del divieto delle pratiche commerciali sleali, la violazione di una legge in materia di tutela dei consumatori o la violazione del divieto di utilizzazione di condizioni generali di contratto nulle, qualora il trattamento di dati in questione sia idoneo a pregiudicare i diritti che delle persone fisiche identificate o identificabili si vedono riconosciuti dal regolamento summenzionato.

In via preliminare, la Corte rileva che l’RGPD ha realizzato un’armonizzazione in linea di principio completa delle normative nazionali in materia di protezione dei dati personali. Tuttavia, alcune disposizioni dell’RGPD offrono la possibilità agli Stati membri di prevedere norme nazionali supplementari che lascino a questi ultimi un margine di discrezionalità circa il modo in cui tali disposizioni possono essere attuate, a condizione che le norme nazionali adottate non pregiudichino il contenuto e gli obiettivi del regolamento summenzionato. In proposito, essi hanno segnatamente la possibilità di prevedere un meccanismo di azione rappresentativa contro il presunto autore di un atto pregiudizievole per la protezione dei dati personali, enunciando al contempo un certo numero di requisiti che devono essere rispettati.

La Corte sottolinea anzitutto che un’associazione per la tutela degli interessi dei consumatori, come l’Unione federale, rientra nella nozione di «organismo legittimato ad agire» ai sensi dell’RGPD in quanto essa persegue un obiettivo di interesse pubblico consistente nell’assicurare i diritti dei consumatori. Infatti, la violazione di norme relative alla tutela dei consumatori o alle pratiche commerciali sleali può essere correlata alla violazione di una norma relativa alla protezione dei dati personali.

La Corte evidenzia poi che l’instaurazione di un’azione rappresentativa presuppone che un’associazione siffatta, indipendentemente da qualsiasi mandato che le sia stato conferito, «ritenga» che i diritti di un interessato previsti dall’RGPD siano stati violati a motivo del trattamento dei suoi dati personali, senza che sia necessario identificare, individualmente e preliminarmente, la persona specificamente interessata dal suddetto trattamento di dati ed allegare l’esistenza di una specifica violazione dei diritti riconosciuti dalle norme in materia di protezione dei dati.

Un’interpretazione siffatta è conforme all’obiettivo perseguito dall’RGPD consistente segnatamente nell’assicurare un elevato livello di protezione dei dati personali.

Infine, secondo la Corte, l’RGPD non osta a delle disposizioni nazionali, le quali prevedano l’esercizio di azioni rappresentative dinanzi a violazioni dei diritti conferiti da tale regolamento tramite, eventualmente, norme aventi una finalità di protezione dei consumatori o di lotta contro le pratiche commerciali sleali.

 [1] Al momento della consultazione dell’Area Applicazioni di alcuni di questi giochi, l’utente vede apparire l’indicazione secondo cui l’utilizzazione dell’applicazione in questione permette alla società fornitrice di giochi di ottenere un certo numero di dati personali e la autorizza a procedere alla pubblicazione di alcuni di questi dati a nome dell’utente in questione. Tale utilizzazione implicava l’accettazione, da parte dell’utente, delle condizioni generali dell’applicazione e della sua politica in materia di protezione dei dati.

[2] Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati).

Nota a cura della Redazione di Lucisullavoro – DPL

L’Azione di classe, o Class-Action (art. 140 bis del Codice del Consumo) è un’azione a “tutela dei  diritti  individuali omogenei e interessi collettivi dei consumatori e degli  utenti”,  esercitabile per l’accertamento della  responsabilità e per la condanna al risarcimento  del danno e alle restituzioni, derivanti da  danni o inadempienze contrattuali, legati al consumo.

La Class action, consente ai consumatori o utenti che hanno subito danni derivanti  da prodotti difettosi-pericolosi, oppure da comportamenti commerciali scorretti o contrari alle norme sulla concorrenza, di unire le proprie forze per  ottenere il risarcimento, in ipotesi in cui il ricorso al giudice sarebbe troppo oneroso per un singolo individuo.

Dal 1° gennaio 2010, tutti coloro che si trovino nella stessa situazione di chi ha promosso la causa, nelle ipotesi  suddette, possono aderire all’ azione di classe, facendo valere i propri diritti, anche attraverso il promotore e senza bisogno di ricorrere autonomamente ad un avvocato. Il procedimento sarà snello e consentirà di avere una sentenza immediatamente esecutiva.

Infatti, l’articolo 140 bis, comma 9, lettera b) del decreto legislativo 206/2005 (Codice del consumo) prevede che: “[…] Con la stessa ordinanza il tribunale: fissa un termine perentorio, non superiore a 120 giorni dalla data di scadenza di quello per l’esecuzione della pubblicità, entro il quale gli atti di adesione, anche a mezzo dell’attore, sono depositati in cancelleria. Copia dell’ordinanza è trasmessa, a cura della cancelleria, al Ministero dello Sviluppo economico che ne cura ulteriori forme di pubblicità, anche mediante la pubblicazione sul sito del Ministero”.

In cosa consiste la class action.

L’azione di classe consiste in un’azione collettiva, promossa da uno o più consumatori/utenti, i quali – titolari di diritti individuali omogenei – agiscono in proprio oppure dando mandato ad un’associazione di tutela dei diritti dei consumatori o ad un comitato al quale partecipano. Gli altri consumatori interessati, titolari di una pretesa omogenea, possono  aderire all’azione di classe già promossa, senza dover ricorrere al patrocinio dell’avvocato. Resta salva, comunque, la possibilità di agire individualmente per la tutela dei propri diritti. Quest’ultima ipotesi è incompatibile con la scelta di esercitare o aderire ad una class action.

Può essere promossa dai consumatori/utenti che abbiano subito le conseguenze di condotte o pratiche commerciali scorrette; oppure che abbiano acquistato un prodotto difettoso o pericoloso; oppure ancora che versino in una situazione omogenea di pregiudizio nei confronti di un’impresa, in conseguenza di un inadempimento contrattuale.

L’azione di classe ha per oggetto l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore degli utenti/consumatori, mediante ricorso al tribunale ordinario che abbia sede nel capoluogo della regione in cui ha sede l’impresa. Uno o più soggetti consumatori/utenti propongono l’azione assistiti da un avvocato, eventualmente dando mandato a un’associazione di tutela dei consumatori o attraverso un comitato appositamente costituito. Tutti gli altri cointeressati possono aderire senza doversi rivolgere all’avvocato.

Se molte persone ricevono singolarmente un danno di portata economicamente modesta difficilmente decidono di sostenere individualmente le spese necessarie per sostenere e vincere la partita legale. Nell’azione esercitata collettivamente, invece, l’unificazione dei procedimenti consente di abbattere le spese (sia quelle sostenute dai consumatori, sia quelle sostenute dall’amministrazione della giustizia); inoltre consente il formarsi di una interpretazione uniforme delle varie fattispecie. E anche il singolo acquista maggiore “forza” nei confronti della grande impresa.