Sulla regola del cognome paterno. Autorimessione della questione di legittimità

Corte costituzionale, ordinanza n. 18/2021

 

Cognome dei figli: la Consulta dubita che la piena parità dei genitori sia garantita da un accordo sulla scelta.

Corte costituzionale, ordinanza n. 18, dell’11 febbraio 2021.

L’accordo dei genitori sul cognome da dare al figlio può rimediare alla disparità fra di loro se, in mancanza di accordo, prevale comunque quello del padre? Con questo dubbio, la Corte ha sollevato dinanzi a sé la questione di legittimità dell’articolo 262, primo comma, del Codice civile, che detta la disciplina dei figli nati fuori dal matrimonio.

Il 14 gennaio 2021 la Corte costituzionale aveva esaminato la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Bolzano sull’articolo 262, primo comma, del Codice civile là dove non consente ai genitori di assegnare al figlio, nato fuori dal matrimonio ma riconosciuto, il solo cognome materno. Il Collegio aveva deciso di sollevare davanti a se stesso la questione di costituzionalità del primo comma dell’articolo 262 del Codice civile che stabilisce come regola l’assegnazione del solo cognome paterno. La Corte aveva ritenuto che tale questione fosse pregiudiziale rispetto a quella sollevata dal Tribunale di Bolzano. Il Tribunale di Bolzano chiedeva di dichiarare incostituzionale la norma laddove non prevede, in caso di accordo tra i genitori, la possibilità di trasmettere al figlio il cognome materno invece di quello paterno.

Con l’ordinanza n. 18, depositata l’11 febbraio 2021 (relatore il vicepresidente Giuliano Amato) la Corte spiega perché la risposta a questo dubbio sia pregiudiziale rispetto a quanto chiedeva il Tribunale di Bolzano, e cioè di dichiarare incostituzionale la norma là dove non prevede, in caso di accordo tra i genitori, la possibilità di trasmettere al figlio il cognome materno invece di quello paterno.

Nell’ordinanza, la Corte ha anzitutto richiamato la propria precedente giurisprudenza per ricordare che – al di là di come sono poste le questioni di legittimità costituzionale – ciò “non può impedire al giudice delle leggi l’esame pieno del sistema nel quale le norme denunciate sono inserite”.

A sostegno della decisione di autorimessione della questione di legittimità, la Corte ha poi osservato che, qualora venisse accolta la prospettazione del Tribunale di Bolzano, in tutti i casi in cui manchi l’accordo dovrebbe essere ribadita la regola che impone l’acquisizione del solo cognome paterno. E poiché si tratta dei casi verosimilmente più frequenti, verrebbe ad essere così riconfermata la prevalenza del patronimico, la cui incompatibilità con il valore fondamentale dell’uguaglianza è stata riconosciuta, ormai da tempo, dalla stessa Corte, che ha più volte invitato il legislatore a intervenire.

Ancorché siano legittimamente prospettabili soluzioni normative differenziate e permanga conseguentemente la discrezionalità del legislatore, la Corte ha ritenuto la necessità di sollevare -in riferimento agli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (CEDU) (1)- la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 262, primo comma, del Codice civile, nella parte in cui, in mancanza di accordo dei genitori, impone l’acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori.

Note.

(1) Articolo 8, CEDU. Diritto al rispetto della vita privata e familiare. 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui. 11 febbraio 2021

Articolo 14, CEDU. Divieto di discriminazione. Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.