(Studio legale G.Patrizi, G.Arrigo, G.Dobici)

Corte di cassazione. Sentenza 21 febbraio 2025, n. 4654

Illegittimità proroga contratto a termine. Accertamento contratto di lavoro a tempo indeterminato. Riammissione in servizio del lavoratore con pagamento indennità. Decreto Dignità. Obbligo specificazione motivi posti a sostegno della proroga.

“[…] La Corte di Cassazione

(omissis)

Fatti di causa

La Corte di appello di Milano aveva rigettato l’appello proposto da A. S.p.A. avverso la decisione con cui il tribunale locale aveva accertato la illegittimità della proroga, al 31.3.2019, del contratto a termine stipulato dalla società e da M.L. comunicata con lettera del 26.10.2018 ed aveva accertato che tra le parti era in atto, in realtà, un contratto di lavoro a tempo indeterminato dal 1.11.2018; per l’effetto la società A. S.p.A. era stata condannata a riammettere in servizio il lavoratore con il pagamento dell’indennità prevista dall’art. 28 co.2 del D.lgs n. 81/2015, determinata nella misura di 8 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR e, quindi, la società era stata condannata al pagamento di complessivi Euro 12.392,96 oltre accessori.

Precisava la corte d’appello che, come già statuito dal tribunale, il M. aveva prestato attività lavorativa a seguito di successivi contratti (5) nel periodo 22.4.2015-31.12.2017 e che, in particolare, l’ultimo contratto del 1.6.2017 era stato prorogato, in data 20.12.2017 sino al 31.10.2018 e poi, ancora, in data 26.10.2018, con decorrenza 1.1.2019 sino al 31.3.2019.

Rispetto a tale ultima proroga la corte di merito riteneva che, al fine di stabilire la disciplina applicabile, bisognasse aver riguardo al momento in cui la proroga avrebbe prodotto i suoi effetti, così rilevando non il momento della sua stipula avvenuta il 26 ottobre 2018, ma il 1^ novembre 2018, ovvero il giorno in cui, cessata la valenza del precedente contratto, efficace sino al 31 ottobre, iniziava a produrre i suoi effetti la proroga in questione.

In tale data la disciplina applicabile era quella prevista dal c.d. Decreto Dignità (DL n. 87/2018) e, dunque, la disciplina che richiedeva l’obbligo di specificazione dei motivi posti a sostegno della proroga.

Risultando quest’ultima priva delle ragioni causative, la corte di merito riteneva applicabile l’art. 21 del richiamato d.l. n. 87/2018 (ndr art. 21 del richiamato d.l. n. 81/2015) dispositivo della conversione del contratto a tempo indeterminato.

Avverso detta decisione A. S.p.A. proponeva ricorso cui resisteva con controricorso il M.

L’Ufficio della Procura generale depositava memoria concludendo per il rigetto del ricorso.

Entrambe le parti depositavano successive memorie.

Ragioni della decisione

1) – Con il primo motivo la società ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 delle Disposizioni sulla Legge in Generale, degli artt. 1326 e 1362 e ss. c.c. e dell’art. 1, c. 2, D.L. 12.07.2018, n. 87, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2018, n. 96 e dell’art. 132 c.p.c. con riferimento al capo di sentenza (pag. 8, cpv. 2) nel quale la Corte d’Appello di Milano ha condiviso “la tesi del primo Giudice, secondo cui la proroga, diversamente da un contratto costitutivo, rileva proprio nel suo momento funzionale, essendo atta ad operare la continuazione di un rapporto di lavoro già in essere e non la sua costituzione”.

In particolare, la società ritiene errata la valutazione, intanto, perché “appiattita” su quella del tribunale e comunque errata la valorizzazione del momento e del concetto di “funzionalità” della proroga, in contrasto con i principi generali che valorizzano il momento di stipula del contratto per individuarne la disciplina regolatrice.

2) – Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 e 132 c.p.c., anche in relazione agli artt. 19 e 21 D. Lgs. 81/2015, per avere il giudice d’appello omesso ogni motivazione e, in ogni caso, per aver omesso di esaminare il fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, consistente nella circostanza che A., nel primo grado di giudizio e anche in grado d’appello, aveva dedotto – e nelle conclusioni aveva chiesto anche di provare – che ogni assunzione del sig. M. e/o ogni proroga dei contratti a termine con lui sottoscritti, e quindi anche quella del 26.10.2018, era stata motivata da giustificate esigenze di carattere temporaneo, quindi, in ogni caso rispettosa delle causali introdotte 
dal cd. Decreto Dignità.

3) – La prima censura risulta infondata.

Occorre preliminarmente evidenziare che la disciplina del contratto a termine è stata nuovamente rivista dal legislatore con il D.L. n. 87/2018, come modificato dalla legge di conversione n. 92/2018 (ndr legge di conversione n. 96/2018), che ha reintrodotto nel nostro ordinamento la necessità della causale nei contratti di lavoro a termine di durata superiore ai 12 mesi.

Allo stesso modo le proroghe del contratto di lavoro che determinino il superamento del limite di durata dei 12 mesi è previsto che siano giustificate da causali. Infine, in termini generali è stato ridotto il tetto massimo di durata del rapporto a termine (comprensivo di proroghe) a 24 mesi.

La legge di conversione ha disposto la modifica del comma 2 del D.L. cit., stabilendo che “le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018”.

La norma è chiara nel prevedere che i contratti stipulati e le proroghe successive alla data del 31 ottobre 2018 ricadano nella nuova disciplina dettata dal c.d. Decreto dignità, modificativo del d.lgs. 81/2015.

Rispetto al dettato della norma così esplicitata risulta quindi corretta l’interpretazione assicurata dal giudice d’appello che ha applicato la nuova disciplina alla proroga operativa dal 1° novembre 2018, così escludendo che la anticipata redazione materiale della stessa, effettuata il 26 ottobre 2018, potesse avere una valenza dirimente rispetto alla disciplina applicabile.

È all’evidenza, questa, una modalità finalizzata ad evitare che per la proroga – (sul concetto di proroga si veda Cass. n. 26153/2024) – fosse richiesta una specifica causale giustificativa, ma che non considera, oltre che il dettato normativo, anche la circostanza che sino al 31 ottobre 2018 le parti erano vincolate dal contratto già esistente e che la redazione al 26 ottobre della proroga non poteva che avere effetti concreti solo a partire dal 1^ novembre 2018, momento di operatività funzionale effettiva, con le conseguenti applicazioni temporali della disciplina in quel momento vigente.

4) – Una differente valutazione, come quella propugnata dalla parte ricorrente, renderebbe momento qualificante solo la concreta redazione della proroga in assenza di una esplicitata volontà delle parti di annullamento del precedente contratto, vincolante sino al 31 ottobre 2018, giustificata da una eventuale valida ragione idonea a dar conto della necessitata “sovrapposizione” tra le pattuizioni, altrimenti costituente un mero artificio finalizzato ad aggirare il nuovo disposto legislativo.

5) – A ciò deve inoltre aggiungersi che nessun prudente passaggio da una disciplina all’altra era opportuno poiché il legislatore aveva già previsto implicitamente un “regime transitorio”, consentendo la conservazione della disciplina previgente per il periodo dal 12 agosto 2018 (data di entrata in vigore della legge di conversione) al 31 ottobre 2018, così consentendo un tempo di adeguamento al nuovo dettato normativo.

La censura, dunque, va disattesa.

6) – Inammissibile è il secondo motivo in cui, pur denunciata la violazione di legge (artt. 112, 115, 116 e 132 c.p.c., anche in relazione agli artt. 19 e 21 D. Lgs. 81/2015), si fa poi riferimento all’omessa considerazione di un motivo di gravame proposto (relativamente all’offerta di prova circa le ragioni giustificatrici della proroga).

L’incoerenza tra il vizio denunciato e il concreto contenuto della lagnanza già evidenzia una ragione di inammissibilità della censura.

Peraltro, la sentenza in esame statuiva che alla proroga doveva applicarsi “l’obbligo della specificazione dei motivi” e che a tale onere la società datrice di lavoro non aveva ottemperato.

Rispetto a tale assunto il motivo in esame sostiene che la società, sin dal primo grado, aveva chiesto di provare la ragione della proroga consistente nella sostituzione di personale in ferie.

Lasciando in disparte ogni problematica circa l’obbligo di indicazione scritta di tale ragione che, secondo i principi espressi da questa Corte deve essere ottemperato dal datore di lavoro (Cass. n. 840/2019), nonché della formulazione della censura in questa sede, deve anche sottolinearsi che comunque, anche nel ricorso attuale, la società non ha allegato i capitoli di prova che, nella richiesta specificità, avrebbero potuto provare la reale esigenza di sostituzione.

Questa Corte ha ripetutamente chiarito che il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, il giudice di legittimità deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative” (Cass. n. 19985/2017; Cass. n. 23194/2017; Cass. n. 14107/2017).

Per le ragioni espresse il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono il principio di soccombenza.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ove dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali  […]”.