(Studio legale  G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)

Corte di Cassazione, Sezione lavoro, ordinanza 14 ottobre 2024, n. 26663.

Applicazione CCNL Sanità Privata. Pagamento differenze retributive per illegittima disdetta unilaterale CCNL.

“[…] La Corte di Cassazione

(omissis)

 Rilevato che

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Milano, confermando il provvedimento del giudice di primo grado, ha accolto la domanda proposta da N.T. (e da FP CGIL, dichiarata carente di legittimazione ad agire), nei confronti dell’associazione La nostra Famiglia, di applicazione del CCNL Sanità Privata (stipulato nel 2005, rinnovato l’8.10.2020, e sostituito dall’Associazione, a far data dall’1.2.2020 con il CCNL Residenze Sanitarie Assistenziali-RSA e Centri di Riabilitazione-CDR, modifica contrattuale peraltro sospesa con comunicazione del 18.2.2020 che aveva ripristinato l’applicazione del CCNL Sanità Privata) e di pagamento delle differenze retributive conseguenti alla illegittima disdetta unilaterale del CCNL Sanità Privata.

2. La Corte territoriale ha, in sintesi, richiamato l’orientamento già espresso dalla Suprema Corte in relazione all’art. 4 del CCNL Sanità Privata sottoscritto il 19.1.2005 (e rinnovato l’8.10.2020) e alla clausola di ultrattività ivi inserita dalle parti sociali, rilevando la volontà delle associazioni sindacali, in sede di stipulazione, di prevedere un termine di durata in relazione ad un evento futuro certo nell’an (seppur incerto nel quando) e la conseguente illegittimità del recesso dell’associazione (recesso possibile solo ed esclusivamente nel momento di scadenza del CCNL, ossia alla data di sottoscrizione del nuovo CCNL), anche a fronte della reiterata applicazione di detto CCNL sino al 18.12.2020 (ossia sino a data successiva al suo rinnovo);

ha, altresì, osservato che il CCNL RSA-CDR (stipulato il 5.12.2012) costituiva una disciplina contrattuale distinta, priva della volontà di sostituire o modificare il CCNL Sanità Privata, e applicabile in parte ai medesimi settori (in specie, Centri di riabilitazione) regolati dal CCNL Sanità Privata e che la disdetta comunicata dall’associazione all’ARIS (associazione datoriale firmataria del CCNL Sanità Privata) il 29.7.2020 era priva di effetto sino alla data di scadenza del CCNL applicato (ossia il CCNL Sanità Privata, scaduto, a seguito di nuova stipulazione, in data 8.10.2020); ha, infine, accertato che il contratto individuale della lavoratrice (risalente al 1986) doveva interpretarsi nel senso di un rinvio agli istituti retributivi del CCNL Sanità Privata, posto che il diverso CCNL RSA-CDR era stato stipulato molti anni dopo (nel 2012), che il CCNL Sanità Privata includeva (nel suo campo di applicazione) anche i dipendenti dei Centri di riabilitazione, che le buste paga dell’infermiera dimostravano l’applicazione del CCNL Sanità Privata.

3. Avverso tale sentenza l’associazione ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.

La lavoratrice ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

4. Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.

Considerato che

1. Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 4, co. 2, ccnl sanità privata 19/01/2005, 1322, 1353, 1362, 1363, 1372, 1373, 1375 c.c., 39 e 41 Cost., nonché della dichiarazione congiunta n. 1 CCNL IRCCS 08/10/2020 per avere la Corte territoriale qualificato la clausola di ultrattività del CCNL sanità privata del 19/01/2005 come relativa ad un termine di durata piuttosto che ad una condizione risolutiva, tale da trasformare il CCNL in uno a tempo indeterminato, con conseguente libera recedibilità di una delle parti dopo il 31/12/2005.

Il motivo è infondato.

Questa Corte ha già affermato che i contratti collettivi di diritto comune, costituendo manifestazione dell’autonomia negoziale degli stipulanti, operano esclusivamente entro l’ambito temporale concordato dalle parti.

L’opposto principio di ultrattività sino ad un nuovo regolamento collettivo – secondo quanto prevede l’art. 2074 cod. civ. -, ponendosi come limite alla libera volontà delle organizzazioni sindacali, sarebbe in contrasto con la garanzia prevista dall’art. 39 Cost. (Cass. sez. un. n. 11325/2005).

Ciò posto, alla medesima autonomia collettiva è rimessa altresì la scelta di stipulare un’eventuale clausola di ultrattività, in tal caso di natura pattizia e non eteronoma.

Ciò è quanto accaduto nella specie.

Come questa Corte ha già più volte affermato nei precedenti arresti citati dai giudici d’appello proprio con riferimento all’art. 4, co. 2, CCNL c.d. sanità privata, alla previsione della perdurante vigenza del contratto fino alla nuova stipulazione dev’essere riconosciuto il significato della indicazione, mediante la clausola di ultrattività, di un termine di durata chiaramente individuato in relazione a un evento futuro ma certo nell’an, benché privo di una precisa collocazione cronologica ossia incerto soltanto nel quando (Cass. nn. 3671 e 3672/2021; Cass. n. 40409/2021; Cass. n. 33892/2022).

Trattandosi, dunque, di un termine pur sempre di durata ossia di efficacia del CCNL (c.d. termine finale), trova applicazione il principio, affermato più volte da questa Corte (ex multis Cass. n. 21537/2019) e riconosciuto anche dalla ricorrente, secondo cui dal contratto non è possibile recedere anticipatamente prima della scadenza di quel termine (se non per giusta causa, nella specie non prospettata dalle parti e quindi estranea all’ambito del presente giudizio).

Peraltro, secondo consolidato insegnamento di questa Corte, al quale si intende dare continuità, nel contratto collettivo di lavoro la possibilità di disdetta spetta unicamente alle parti stipulanti, ossia alle associazioni sindacali e datoriali che di norma provvedono anche a disciplinare le conseguenze della disdetta.

Pertanto al singolo datore di lavoro non è consentito recedere unilateralmente dal contratto collettivo, neppure adducendo l’eccessiva onerosità dello stesso, ai sensi dell’art. 1467 c.c., conseguente ad una propria situazione di difficoltà economica, salva l’ipotesi di contratti aziendali stipulati dal singolo datore di lavoro con sindacati locali dei lavoratori (Cass. n. 8994/2011; già prima Cass. n. 3296/2002 e Cass. n. 15863/2002).

Ne consegue che non è legittima la disdetta unilaterale da parte del datore di lavoro del contratto collettivo applicato, seppure accompagnata da un congruo termine di preavviso.

 Solo al momento della scadenza contrattuale sarà possibile recedere dal contratto ed applicarne uno diverso (Cass. n. 25062/2013).

Va tuttavia precisato che, una volta scaduto il termine, il recesso del singolo datore di lavoro non sarebbe neppure necessario, essendo sufficiente – appunto – la scadenza del termine, salvo che il CCNL venga rinnovato dall’associazione imprenditoriale alla quale sia iscritto il singolo datore di lavoro, perché in tal caso quest’ultimo sarà vincolato anche ad applicare il nuovo CCNL in virtù del principio di rappresentanza sindacale.

Nel caso di specie, dunque, il CCNL che aveva scadenza al 31/12/2005 in realtà ha avuto efficacia fino al suo rinnovo, avvenuto l’8 ottobre 2020, e pertanto fino a quella data era certamente vincolante nei confronti dell’odierna ricorrente, con conseguente inefficacia della sua disdetta del gennaio 2020.

2. Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 4, co. 2, CCNL sanità privata 19/01/2005, 1346, 1373, 1418, 1419 c.c. per avere la Corte territoriale omesso di dichiarare la nullità della clausola di ultrattività pattizia del CCNL sanità privata del 19/01/2005 per la sua indeterminatezza, in violazione dell’art. 1346 c.c.

Il motivo è infondato.

La clausola non è di contenuto indeterminato, in quanto individua esattamente e specificamente l’evento (rinnovazione del CCNL) al quale è collegata la cessazione della durata (rectius dell’efficacia) del CCNL, che deve ritenersi certo nell’an – visto il sistema di relazioni industriali, nel quale la stipulazione ed il rinnovo del contratto collettivo rappresentano i principali strumenti dell’attività svolta dai soggetti collettivi ex art. 39 Cost. – ed incerto solo nel quando, incertezza connaturata all’inesistenza di obblighi a contrarre nell’ambito dell’attività sindacale e, in generale, nel nostro ordinamento (salve le eccezioni espressamente previste dal legislatore, nella specie insussistenti).

3. Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per illogicità e contraddittorietà rispetto ai principi enunciati in materia di recesso dal CCNL, in violazione degli artt. 132, co. 2, n. 4), c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.

In particolare denunzia la contraddittorietà di quel passo della motivazione, in cui i giudici d’appello hanno affermato: “ANLF avrebbe potuto recedere da esso [il CCNL Sanità Privata] solo ed esclusivamente nel momento in cui fosse venuto a scadenza (ovvero alla sottoscrizione del nuovo CCNL)”.

Il motivo è infondato, poiché vi è perfetta coerenza fra il principio postulato – conforme a consolidata giurisprudenza di legittimità – e la decisione assunta.

Quel passo della motivazione va soltanto corretto ai sensi dell’art. 384 ult. co. c.p.c.: come sopra si è detto, il recesso dal CCNL non è necessario una volta che il termine finale sia scaduto. Il recesso assumerebbe invece tutta la sua rilevanza soltanto nel caso in cui il CCNL avesse una durata indeterminata, ipotesi che tuttavia non ricorre nella specie.

Inoltre, la comunicazione dell’associazione ricorrente del 27/01/2020 – ossia che dal 1°/02/2020 avrebbe variato il CCNL applicato ai rapporti di lavoro delle controricorrenti – ha perduto la sua rilevanza a fronte del comportamento delle medesima associazione, accertato in punto di fatto dalla Corte d’Appello in termini di prolungata applicazione del CCNL sanità privata (ossia quello rispetto al quale era stata intimata la “disdetta” in data 27/01/2020) anche dopo la sua scadenza rappresentata dal suo rinnovo dell’08/10/2020.

La Corte territoriale, con un apprezzamento di fatto, ha ravvisato un vero e proprio comportamento concludente contrario a quella comunicazione del 27/01/2020, idoneo come tale a neutralizzarne ogni possibile rilevanza.

Dunque è esatto in via di principio, come afferma la ricorrente, che “quantomeno a decorrere dal 08.10.2020 ALNF era libera di applicare il CCNL CDR o anche di non applicarne nessuno, attesa l’efficacia e la validità del recesso/disdetta … comunicati tempestivamente” (v. ricorso per cassazione, p. 35). Ma la Corte d’appello ha accertato che questa libertà si è tradotta in una scelta ben precisa, effettuata mediante comportamento concludente, di continuare ad applicare proprio il CCNL sanità privata che era stato rinnovatol’08/10/2020.

In particolare il comportamento concludente è stato ravvisato nella continuata e prolungata applicazione di quel CCNL sanità privata anche dopo l’08/10/2020 e fino al 10/12/2020, quando intervenne la nuova dichiarazione dell’associazione di voler applicare il diverso CCNL CDR, dichiarazione a questo punto irrilevante, poiché ormai l’associazione “La Nostra Famiglia” – pur non essendo più iscritta ad ARIS, ossia ad una delle organizzazioni imprenditoriali firmatarie anche del rinnovo del CCNL sanità privata, poi divenuto CCNL IRCCS – mediante quel comportamento concludente si era vincolata all’applicazione di quel CCNL.

4. Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 CCNL Sanità Privata, degli artt. 1 e 4 CCNL IRCCS e 1373, 1704, 1722 e 2069 c.c. per avere la Corte territoriale accertato un comportamento concludente invece inesistente.

Il motivo è inammissibile perché sollecita a questa Corte una e diversa valutazione in punto di fatto dei comportamenti concreti tenuti e delle dichiarazioni rese dall’associazione nel corso del tempo, il che è interdetto in sede di legittimità.

5. Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per illogicità e contraddittorietà tra i fatti accertati e la sussistenza di un comportamento concludente, in violazione degli artt. 132, co. 2, n. 4), c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.

Il motivo è infondato.

La Corte territoriale ha compiuto l’accertamento in fatto assegnando significato logico ed univoco ad una pluralità di comportamenti, quali la “sospensione” della disdetta del CCNL sanità per il periodo 01/02/2020 – 08/10/2020 e la continua applicazione di quel medesimo CCNL per un apprezzabile periodo successivo alla scadenza, cioè dall’8/10/2020 (data del suo rinnovo, che integrava anche scadenza di quello precedente del 2005 e che quindi avrebbe legittimato la non applicazione di quel CCNL ormai scaduto) fino al 10/12/2020.

6. Con il sesto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 4 CCNL sanità privata 19/01/2005, 4 CCNL IRCCS 08/10/2020, 1322, 1327, 1363, 1373 e 2069 c.c. per avere la Corte territoriale negato rilevanza all’avvenuto recesso di essa associazione da ARIS, quale associazione datoriale di rappresentanza della categoria, comunicato in data 29/07/2020 e, quindi, prima dell’8/10/2020, con conseguente inapplicabilità almeno del CCNL IRCCS stipulato l’8/10/2020.

Il motivo è infondato.

È pur vero che alla data dell’8/10/2020 ARIS, che aveva sottoscritto il CCNL IRCCS (sostitutivo del CCNL sanità privata del 2005), non rappresentava più l’odierna ricorrente, in quanto quest’ultima era receduta dal vincolo associativo sin da luglio 2020.

 Ma è altresì vero che la Corte d’Appello ha ravvisato la ragione dell’applicabilità del nuovo CCNL IRCCS non nel meccanismo della rappresentanza sindacale, bensì nella circostanza dell’avvenuta applicazione integrale di quel CCNL continuata anche dopo l’8/10/2020 e fino al 10/12/2020, ritenuta – con apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità – integrante gli estremi del comportamento concludente in termini di recezione tacita o implicita di quella determinata “fonte” collettiva e anche del suo rinnovo (v. sentenza impugnata, p. 11).

 Tanto è sufficiente a ritenere sussistente il vincolo ad applicare il CCNL IRCCS in virtù, appunto, di quella recezione tacita o implicita.

7. Con il settimo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. la ricorrente lamenta l’omessa statuizione circa il motivo di impugnazione sulla qualificazione del CCNL CDR del 05/12/2012 in termini di “accordo separato”, in violazione degli artt. 112, 132, co. 2, n. 4), c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.

Il motivo è infondato.

Come ammette la stessa ricorrente (v. ricorso per cassazione, p. 45), la Corte territoriale ha preso in esame quel motivo di appello alle pagine 10 e 11 della sentenza, escludendo la natura di “accordo separato” in considerazione del non coincidente ambito applicativo, se non in parte.

Che poi questa sia stata un’interpretazione errata del CCNL CDR del 2012 – di cui non sarebbero stati considerati alcuni articoli, che secondo la tesi della ricorrente disciplinavano proprio il passaggio dal CCNL sanità privata al CCNL CDR – è questione del tutto diversa, che la ricorrente avrebbe semmai dovuto prospettare e far valere sotto il diverso profilo della violazione diretta di disposizioni contenute nel CCNL cit.

Infine l’esatta qualificazione giuridica di quel CCNL CDR del 2012 in termini di “accordo separato” rappresenta una questione priva di rilievo a fronte dell’accertamento – compiuto dalla Corte territoriale in punto di fatto – dell’avvenuta continuata applicazione del CCNL sanità privata 2005 anche per il periodo dal 2012 in poi e fino al 10/12/2020, dunque per un periodo più che apprezzabile, ritenuto concludente in quanto significativo della volontà dell’Associazione “La Nostra Famiglia” di mantenere ferma la disciplina collettiva contenuta in quel CCNL sanità privata e, quindi, di non applicare il CCNL CDR quand’anche fosse stato un “accordo separato”.

8. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.

9. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;

P.Q.M.

Rigetta il ricorso […]”.