Contratto di espansione: esteso alle imprese con almeno cento dipendenti.

Art. 39 del D.L. 73/2021, convertito in legge con L. n. 106/2021

Contratto di espansione: esteso alle imprese con almeno cento dipendenti.

Nota di Eva Zanghì

Riferimento legislativo: D.L. 73/2021 (“Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali”), convertito in legge con L. 23 luglio 2021, n. 106. 

Articolo 39 (Disposizioni in materia di contratto di espansione).

1.Il D.L. n. 73/2021 (cd. “Decreto Sostegni bis”), convertito in legge con L. 23 luglio 2021, n. 106, recante “Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali”, ha esteso l’ambito dei soggetti che possono accedere al Contratto di espansione.

Il contratto di espansione è stato introdotto dal “Decreto Crescita” (D.L. n. 34/2019, convertito in legge con L. n. 58/2019), ed inizialmente riguardava i processi di reindustrializzazione e riorganizzazione delle grandi imprese con un organico superiore a 1.000 unità, attraverso un insieme di interventi: a) il prepensionamento dei lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dal conseguimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata; b) l’accesso alla cassa integrazione straordinaria per quelli che non possono usufruire dello “scivolo” di cinque anni; c) la formazione per i dipendenti le cui competenze devono essere aggiornate e, d) nuove assunzioni di risorse umane qualificate e specializzate coerenti con le nuove esigenze dell’azienda.

La legge di Bilancio 2021 ha esteso, solo per il 2021, l’ambito soggettivo alle aziende con almeno 500 dipendenti, soglia ridotta a 250 addetti per l’accesso allo “scivolo” pensionistico.

L’estensione della misura alle imprese con 100 dipendenti- da tempo sollecitata dalle Parti sociali per affrontare le transizioni occupazionali che presumibilmente si verificheranno col venire meno della Cassa integrazione Covid gratuita e del blocco dei licenziamenti- è stata disposta dal D.L. n. 73/2021 (cd. “Decreto Sostegni bis”), convertito in legge con L. 23 luglio 2021, n. 106.

La soglia dimensionale per l’accesso allo strumento scende dunque a 100 addetti, con un incremento della spesa di 101,7 milioni per l’anno 2021, di 225,5 milioni per l’anno 2022, di 50,5 milioni per il 2023 e di 30,4 milioni per il 2024.

2. Art. 39 del D.L. n. 73/2021: “Disposizioni in materia di contratto di espansione”.

1.Con effetto dalla data di entrata in vigore del presente decreto, all’articolo 41, comma 1 -bis , del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, le parole “500 unità» e “250 unità” sono sostituite dalle seguenti: “100 unità” e, conseguentemente, i limiti di spesa di cui ai commi 5 – bis e 7 sono incrementati rispettivamente di 35 milioni di euro per l’anno 2021, 91 milioni di euro per l’anno 2022 e 50,5 milioni di euro per l’anno 2023 e di 66,7 milioni di euro per l’anno 2021 e 134,5 milioni di euro per l’anno 2022.

2.Agli oneri derivanti dal comma 1 del presente articolo pari a 101,7 milioni di euro per l’anno 2021, a 225,5 milioni di euro per l’anno 2022 e a 50,5 milioni di euro per l’anno 2023 si provvede ai sensi dell’articolo 77.

3.Al comma 5 -bis dell’articolo 41 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 le parole “3,7 milioni di euro per l’anno 2024” sono sostituite dalle parole “30,4 milioni di euro per l’anno 2024”. Agli oneri derivanti dal presente comma pari a 26,7 milioni di euro per l’anno 2024 si provvede ai sensi dell’articolo 77.

3. Come detto, il contratto di espansione presuppone l’adozione di un Piano di riconversione dell’azienda che indichi: a) numero e profili professionali dei lavoratori da assumere per realizzare il processo di reindustrializzazione o riorganizzazione aziendale; b) “cronoprogramma” delle nuove assunzioni e durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compreso il contratto di apprendistato professionalizzante; c) riduzione complessiva media dell’orario di lavoro e numero dei lavoratori in organico interessati dalla CIGS, prevista per un periodo massimo di 18 mesi; d) numero dei lavoratori che si trovino a non più di sessanta mesi dal conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia e che possono accedere allo “scivolo” di cinque anni, percependo dal datore di lavoro, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro e fino al raggiungimento del primo diritto a pensione, un’indennità mensile (comprensiva anche della NASpI, se spettante), commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

Per i lavoratori che non possono accedere all’agevolazione all’esodo sono previsti piani di formazione e riqualificazione per l’acquisizione di competenze tecniche diverse da quelle di sono in possesso anche mediante la sola “applicazione pratica”. L’accesso alla misura è subordinato a una procedura di consultazione preliminare alla stipulazione in sede governativa del contratto di espansione, previa verifica del progetto di formazione e di riqualificazione, del numero delle nuove assunzioni e della copertura finanziaria. 

4.L’art. 39 citato estende, dalla data di entrata in vigore del D.L. ed esclusivamente per il 2021, le disposizioni relative al contratto di espansione alle aziende che occupino almeno 100 dipendenti (commi 1 e 2) e rifinanzia per l’anno 2024 le disposizioni in materia di agevolazione all’esodo per i lavoratori che si trovino a non più di sessanta mesi dal conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia o anticipata (comma 3).

La suddetta disposizione, al comma 1, modifica il comma 1-bis dell’art. 41 del d.lgs. n. 148/2015 (articolo che disciplina il contratto di espansione), estendendo, per il solo anno 2021, alle aziende di qualsiasi settore che occupino almeno 100 dipendenti (calcolati complessivamente nelle ipotesi di aggregazione di imprese stabili con un’unica finalità produttiva o di servizi ) sia la possibilità di ricorrere al contratto di espansione (che nel testo modificato era consentita alle aziende con almeno 500 dipendenti) sia la disciplina della agevolazione all’esodo prevista dal comma 5-bis dell’art. 41 (applicabile sinora alle aziende con almeno 250 dipendenti). Per le aziende di cui sopra, la modifica del comma 1-bis qui descritta consente, in deroga agli articoli 4 e 22 del D.Lgs. 148/2015 (ai sensi del comma 3 dell’art. 41), la possibilità, nell’anno 2021, di un intervento straordinario di integrazione salariale che può essere richiesto per un periodo non superiore a 18 mesi, anche non continuativi.

L’art. 41 del D.Lgs 148/2015, prevede, in via sperimentale per gli anni 2019, 2020 e 2021, per le imprese con un organico superiore a 1.000 unità, la possibilità di avviare una procedura di consultazione sindacale finalizzata a stipulare in sede governativa un contratto di espansione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (comma 1). In deroga agli articoli 4 e 22 del medesimo D.Lgs, relativi alla durata complessiva degli interventi di integrazione salariale nel quinquennio mobile, l’intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto per un periodo non superiore a 18 mesi, anche non continuativi (comma 3). Il contratto deve contenere: a) il numero dei lavoratori da assumere e l’indicazione dei relativi profili professionali; b) la programmazione temporale delle assunzioni; c) l’indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro; d) la riduzione complessiva media dell’orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati (comma 2).

Il comma 1-bis dell’articolo citato, introdotto dalla L. n. 178/2020 (legge di bilancio per il 2021), prevede, come accennato, ma esclusivamente per il 2021, che il limite minimo di unità lavorative in organico di cui al comma 1 non sia inferiore a 500 unità, e, limitatamente agli effetti di cui al comma 5-bis, a 250 unità, calcolate complessivamente nelle ipotesi di aggregazione di imprese stabile con un’unica finalità produttiva o di servizi.

I commi 5 e 5-bis (quest’ultimo introdotto dalla L. n. 178/2020) prevedono un’indennità mensile per i lavoratori che si trovino a non più di sessanta mesi dalla prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia, che abbiano maturato il requisito minimo contributivo, o anticipata, nell’ambito di accordi di non opposizione e previo esplicito consenso in forma scritta dei lavoratori interessati, che il datore di lavoro riconosca per tutto il periodo e fino al raggiungimento della prima decorrenza utile del trattamento pensionistico, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro. In particolare, detta indennità, ai sensi del comma 5-bis, é commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall’INPS. Qualora la prima decorrenza utile della pensione sia quella prevista per la pensione anticipata, il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto.

Per l’intero periodo di spettanza teorica della NASPI al lavoratore, il versamento a carico del datore di lavoro per l’indennità mensile è ridotto di un importo equivalente alla somma della prestazione della stessa NASPI, di cui all’art. 1 del D.lgs 4 marzo 2015, n. 22 (mentre ai sensi del comma 5, che prende in considerazione la medesima “platea” di soggetti prevista dal comma 5-bis, è prevista un’indennità mensile, ove spettante comprensiva dell’indennità NASpI). Inoltre, il versamento a carico del datore di lavoro dei contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto alla pensione anticipata è ridotto di un importo equivalente alla somma della contribuzione figurativa, in base all’art. 12 del cit. D.lgs. n. 22, fermi restando in ogni caso i criteri di computo della contribuzione figurativa.

Per le imprese o gruppi di imprese con un organico superiore a 1.000 unità lavorative che attuino piani di riorganizzazione e/o di ristrutturazione di particolare rilevanza strategica, e che si impegnino ad effettuare almeno una assunzione per ogni tre lavoratori che abbiano prestato il consenso, la riduzione dei versamenti a carico del datore di lavoro, di cui sopra, opera per ulteriori dodici mesi, per un importo calcolato sulla base dell’ultima mensilità di spettanza teorica della prestazione NASPI al lavoratore.

Allo scopo di dare attuazione al contratto di espansione, il datore di lavoro interessato presenta apposita domanda all’INPS, accompagnata dalla presentazione di una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità in relazione agli obblighi. Il datore di lavoro è obbligato a versare mensilmente all’INPS la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa. In ogni caso, in assenza del versamento mensile di cui sopra, l’INPS è tenuto a non erogare le prestazioni. I benefici di cui al comma 5-bis sono riconosciuti entro il limite complessivo di spesa di 117,2 milioni di euro per l’anno 2021, 132,6 milioni di euro per l’anno 2022, 40,7 milioni di euro per l’anno 2023 e 3,7 milioni per l’anno 2024. Se nel corso della procedura di consultazione di cui sopra emerge il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non può procedere alla sottoscrizione dell’accordo governativo e conseguentemente non può prendere in considerazione ulteriori domande di accesso ai benefici di cui al presente comma. L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, fornendo i risultati dell’attività di monitoraggio al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze.

Ai sensi del comma 6, la prestazione di cui al comma 5 e 5-bis può essere riconosciuta anche per il tramite dei fondi di solidarietà bilaterali di cui all’articolo 26 già costituiti o in corso di costituzione, senza l’obbligo di apportare modifiche ai relativi atti istitutivi.

Ai sensi del comma 7, per i lavoratori che non si trovino nella condizione di beneficiare della prestazione prevista dal comma 5 e 5-bis è consentita una riduzione oraria, che non può essere superiore al 30 per cento dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di espansione. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro può essere concordata, ove necessario, fino al 100 per cento nell’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di espansione è stipulato. I benefici di cui al comma 3 e al comma 7 sono riconosciuti entro il limite complessivo di spesa di 15,7 milioni di euro per l’anno 2019, di 31,8 milioni di euro per l’anno 2020, di 101 milioni di euro per l’anno 2021 e di 102 milioni di euro per l’anno 2022.

Le disposizioni dell’art. 41, sopra descritte, sono ulteriormente chiarite dalla Circolare Inps n. 48/2021[1].

[1] Tra le statuizioni della Circolare Inps si segnalano (con riferimento al profilo dimensionale delle imprese destinatarie delle disposizioni in esame, in particolare ai fini della sussistenza dei requisiti occupazionali di cui al comma 1 e 1-bis dell’art.41 e in assenza di una specifica previsione legislativa) quelle che mutuano i criteri di computo utilizzati dall’Istituto per dare applicazione alle indicazioni di cui all’art. 20, comma 1, del D.Lgs n. 148/2015, riferendosi quindi ai lavoratori occupati mediamente nel semestre precedente la data di sottoscrizione del contratto di espansione. Il numero dei lavoratori in organico è riferito alla singola impresa, anche se articolata in più unità aziendali dislocate sul territorio nazionale. Inoltre, nella determinazione del numero dei dipendenti occupati sono ricompresi i lavoratori di qualunque qualifica (a domicilio, dirigenti, ecc.). Per il computo delle singole fattispecie contrattuali (lavoratori a tempo determinato, a tempo parziale, ecc.) si rinvia ai criteri precisati nel D.Lgs 15 giugno 2015, n. 81. Nel determinare la media occupazionale, devono essere ricompresi nel semestre anche i periodi di sosta di attività e di sospensioni stagionali. Per le aziende di nuova costituzione il requisito, analogamente ai casi di trasferimento di azienda, si determina in relazione ai mesi di attività, se inferiori al semestre. Il requisito occupazionale è valutato considerando il numero complessivo di lavoratori in forza a ogni singola azienda, applicando a ogni matricola aziendale interessata i criteri di computo sopra precisati.