Omessa formazione sull’uso del macchinario di lavoro e responsabilità contrattuale.
Cassazione, Sezione Lavoro, 12 novembre 2021, n. 34081CORTE DI CASSAZIONE. Sentenza 12 novembre 2021, n. 34081.
Infortunio sul lavoro. Omessa formazione sull’uso del macchinario di lavoro. Responsabilità contrattuale. Risarcimento del danno morale.
Omessa formazione sull’uso del macchinario di lavoro e responsabilità contrattuale. L’errore di percezione sul contenuto oggettivo di una prova, come del resto la denuncia di travisamento della prova, può dar luogo, se del caso, esclusivamente a revocazione, ex art. 395, n. 4 cod.proc.civ., mentre l’unico vizio del giudizio di fatto deducibile per cassazione consiste nell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario.
CORTE DI CASSAZIONE. Sentenza 12 novembre 2021, n. 34081.
“[…] Presidente: BERRINO UMBERTO
Relatore: MANCINO ROSSANA. Data pubblicazione: 12/11/2021.
Fatto
- La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza n. 1077 del 2015, decidendo in sede di rinvio da Cass. n. 1918 del 2015, ha condannato Golden Lady Company s.p.a. (datore di lavoro) e C.S. (capo reparto) al pagamento, in favore dell’INAIL, della somma di euro 123.308,83 a titolo di regresso per l’indennizzo versato alla dipendente I.D., a causa dell’infortunio occorsole sul lavoro, nel 1993, per non avere fruito della necessaria formazione sull’uso del macchinario di lavoro cui la lavoratrice era stata temporaneamente adibita.
2. Nei termini seguenti il principio di diritto affermato dalla sentenza rescindente n.1918 del 2015 cit.: «in presenza di una fattispecie contrattuale che, come nell’ipotesi del contratto di lavoro, obblighi uno dei contraenti (il datore di lavoro) a prestare una particolare protezione rivolta ad assicurare l’integrità fisica e psichica dell’altro (ai sensi dell’art. 2087 cod.civ.), non può sussistere alcuna incompatibilità tra responsabilità contrattuale e risarcimento del danno morale, siccome la fattispecie astratta di reato è configurabile anche nei casi in cui la colpa sia addebitata al datore di lavoro per non avere fornito la prova liberatoria richiesta dall’art. 1218 cod.civ. (così Cass. 24 febbraio 2006, n. 4184 ma vedi anche Cass. 7 novembre 2007, n. 23162, Cass. 17 2009, n. 6454, Cass. 6 agosto 2014 n. 17693) per poi derivarne, in relazione anche solo alla violazione del dovere di vigilanza accertata dalla Corte di merito, la configurabilità di una responsabilità del soggetto datore per inadempimento dell’obbligo di sicurezza non potendosi condividere, alla stregua dell’orientamento di cui sopra, l’affermazione della Corte di merito per la quale la responsabilità penale può essere affermata non quando manchi semplicemente la prova liberatoria, di avere tutelato l’incolumità dei dipendenti, ma soltanto sussista la prova positiva della emissione di comportamenti doverosi» (così Cass. n. 1918 del 2015 cit.).
3. La Corte di appello decidendo, dunque, in sede di rinvio, sulla domanda di garanzia svolta dal datore di lavoro e dalla capo reparto nei confronti della s.p.a. Assicurazioni Generali, dopo aver premesso che pur rilevando che sin dal ricorso introduttivo dell’INAIL emergeva la partecipazione della società al giudizio davanti alla Pretura di Vasto, definito con transazione del 5 febbraio 1999, e che pur volendo estensivamente ricondurre effetti sospensivi all’azione risarcitoria della lavoratrice, ha confermato la decisione di primo grado che aveva ritenuto prescritta la domanda di garanzia proposta dalla Gissy s.p.a. (incorporata dalla Golden Lady Company s.p.a.) nei confronti della compagnia assicuratrice (Generali Italia s.p.a.) ex art. 2952, quarto comma, cod.civ., sulla scorta del rilievo del primo giudice, e senza che l’accertamento divenisse oggetto di specifica contestazione da parte della chiamante, che il termine di prescrizione, all’esito della conclusione del giudizio di primo grado con la predetta transazione del febbraio 1999, aveva nuovamente cominciato a decorrere, senza ulteriori interruzioni o sospensioni.
4. La Corte territoriale ha confermato, poi, la decisione del primo giudice, di accoglimento della domanda di regresso svolta dall’Inail, per non avere fornito, datore di lavoro e capo reparto, la prova liberatoria della quale erano onerati ai sensi dell’art. 1218 cod.civ., e per non essere risultata acquisita alcuna prova positiva in riferimento all’informativa relativa agli specifici rischi connessi all’uso della macchina e all’osservanza del dovere di vigilanza sull’attività svolta dalla dipendente infortunata.
5. La Corte del gravame ha ritenuto, inoltre, fondata la domanda dell’INAIL, volta alla condanna al pagamento della maggiore somma rispetto a quella accertata in primo grado, per essere la liquidazione della somma chiesta in regresso soggetta a rivalutazione all’attualità, anche in assenza di gravame incidentale dell’ente, trattandosi di credito di valore.
6. Infine, quanto alla regolazione delle spese, la Corte territoriale ha condannato la società datrice al rimborso, per quanto in questa sede rileva, delle spese del giudizio di cassazione, pari ad euro 2.600,00 oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, IVA e CPA, in favore della s.p.a. Generali Italia.
7. Avverso tale sentenza ricorrono Golden Lady Company s.p.a. e C.S., con unico ricorso affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrato con memoria, cui resistono l’INAIL (sul secondo e sul terzo) e Generali Italia s.p.a. (sul primo), con controricorsi.
8. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del quarto motivo, rigettati gli altri.
Diritto
- Con il primo motivo di ricorso Golden Lady s.p.a. deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2952, commi 3 e 4, cod.civ. e omessa insufficiente motivazione della sentenza in ordine a un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per non avere la Corte di merito tenuto conto della speciale disciplina della sospensione del termine di prescrizione sino alla definitiva liquidità ed esigibilità del credito del terzo danneggiato INAIL, credito non ancora liquido ed esigibile in mancanza dell’accertamento definitivo della sussistenza dell’obbligo di rivalsa che si realizza soltanto con il giudicato.
10. In sintesi, assumono le parti ricorrenti che l’azione di rimborso sarebbe stata formalizzata già davanti alla pretura di Vasto con la conseguenza che l’effetto sospensivo si sarebbe verificato in quel momento, nel corso del giudizio a contraddittorio correttamente instaurato anche nei confronti della compagnia di assicurazione, per cui il termine di prescrizione decorreva non dalla denuncia di sinistro ma dalla comunicazione all’assicuratore della richiesta di risarcimento proposta dal danneggiato (nella specie coincidente con la chiamata del terzo autorizzata dal Pretore e, dunque, con la notifica alla compagnia della domanda di garanzia unitamente al ricorso proposto in via di regresso dall’INAIL), momento dal quale il corso della prescrizione doveva considerarsi, a tutti gli effetti, sospeso.
11. Con il secondo motivo si deduce nullità della sentenza, per difetto assoluto di motivazione per omessa pronuncia su un motivo di gravame, violazione dell’art. 1227 cod.civ. e del D.lgs n.626 del 1994 e nullità per motivazione omessa, incompleta, incoerente e illogica su fatti decisivi; si assume che la Corte non abbia tenuto conto delle eccezioni sollevate sotto il profilo della concorrente responsabilità della lavoratrice, della mancanza di elementi fattuali probatori idonei a sostenere il colpevole inadempimento datoriale per non essere emersa in concreto, e inconfutabilmente, una condotta ascrivibile al datore di lavoro e agli incaricati della sorveglianza e direzione, se non sotto forma di astratta previsione priva di una minima fonte probatoria; che sia stato tratto rilievo esclusivamente dalle risultanze istruttorie del giudizio penale per ritenere provato l’inadempimento colpevole, con travisamento dell’esito dell’istruttoria e omissione di ogni apprezzamento in ordine al concorso di colpa della lavoratrice che aveva posto in essere operazione esorbitante dalle mansioni, e dal ciclo produttivo, e una condotta di immediata percezione della pericolosità secondo una diligenza minima, contravvenendo a specifiche direttive impartite dai preposti, né si poteva ipotizzare un controllo capillare in azienda con un considerevole numero di dipendenti, una volta assolto correttamente, come nella specie, l’obbligo formativo e informativo sicche’ la condotta colposa della lavoratrice, nell’eseguire manovra palesemente pericolosa, aveva contribuito in modo rilevante alla realizzazione dell’evento e, conclusivamente, nel ragionamento della sentenza era stato omesso l’esame fattuale in ordine all’adozione di tutte le cautele possibili per impedire il danno.
12. Con il terzo motivo si deduce nullità della statuizione relativa al quantum preteso dall’INAIL, per difetto assoluto di motivazione, per non avere la Corte di merito, limitatasi a richiamare la giurisprudenza sulle variazioni di ammontare conseguenti alle variazioni quantitative della rendita, tenuto conto della specifica eccezione sollevata avverso la quantificazione unilaterale operata dall’INAIL, incentrata sul rilievo per cui trattandosi di aumenti per un presunto aggravamento postumo, essi avrebbero dovuto essere fatti valere nel giudizio di primo grado.
13. Con il quarto si deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 91,101,112 cod.proc.civ., per avere la Corte di merito condannato la società Golden Lady alle spese del giudizio di legittimità in favore della società assicuratrice che in quel giudizio, instaurato ad impulso dell’INAIL, non si era costituita e non aveva pertanto sopportato alcun onere economico.
14. Il primo motivo è da rigettare.
15. La decisione della Corte territoriale n.1448 del 2008, di rigetto della domanda di rivalsa dell’INAIL sulla base dell’assorbente – ancorché erroneo – rilievo della mancanza del nesso causale tra l’omessa formazione e infortunio e del mancato assolvimento dell’onere probatorio, sempre a carico dell’INAIL, della violazione del dovere di vigilanza per essere rimasta non raggiunta la prova che si sia tollerato che i dipendenti intervenissero su macchina in movimento – ha lasciato sostanzialmente impregiudicata la questione della fondatezza del diritto di rivalsa azionato dall’INAIL, per cui sarebbe stato inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso incidentale condizionato con censure volte ad investire la Corte di legittimità di questioni su cui il giudice di appello non si era pronunciato ritenendole assorbite e in relazione alle quali mancava la (anche implicita) statuizione sfavorevole in ordine alle medesime, dunque la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza (fra tante, Cass. n. 11270 del 2020; Cass.,Sez.Un., n. 14382 del 2002).
16. La questione assorbita ben può essere riproposta e decisa in sede di rinvio senza necessità di essere dapprima coltivata nel giudizio di legittimità (nel quale non si applica l’art. 346cod. proc. civ.) e poiché la forza preclusiva della sentenza di cassazione concerne soltanto le questioni che costituiscono il presupposto necessario e logicamente inderogabile della pronuncia cassata, tali questioni ben possono essere coltivate e decise nel giudizio di rinvio (v., fra tante, Cass.n. 7988 del 2018, ed ivi ulteriori precedenti, Cass. Sez.Un. n. 23833 del 2015).
17. Conseguentemente non si è formato il giudicato sulla questione della prescrizione dell’azione risarcitoria proposta dalle attuali ricorrenti nei confronti dell’assicuratore.
18. Nondimeno il motivo è inammissibile nella parte in cui devolve un vizio di motivazione avulso dal paradigma del novellato art. 360, n. 5, cod.proc.civ., applicabile ratione temporis.
19. Invero, il ricorso all’esame è stato proposto avverso una sentenza depositata il 29 ottobre 2015 e, quindi, nella vigenza del nuovo articolo 360, comma 1, n. 5 cod.proc.civ. introdotto dall’art.54, primo comma lett.b del D.L n.83 del 2012, convertito nella L 7 agosto 2012,n.134 che prevede che il ricorso per cassazione può essere proposto solo per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti.
20. Non essendo stata prevista alcuna norma speciale che disciplini il ricorso per cassazione avverso una sentenza emessa a seguito di rinvio disposto dalla Corte di cassazione, questo è disciplinato, quanto ai motivi deducibili alla stregua dell’articolo 360 cod.proc.civ., dal testo vigente all’epoca della proposizione dell’impugnazione (v., in termini, in riferimento ad impugnazione di sentenza d’appello resa in sede di giudizio di rinvio, Cass. n. 26654 del 2014 ed ivi ulteriori precedenti).
21. Ulteriore profilo di inammissibilità risiede nella carenza di specificità della censura svolta per violazione di legge perché la critica non si confronta con la sentenza impugnata che ha rimarcato non essere stato oggetto di specifica contestazione il decorso della prescrizione all’esito della transazione intervenuta nel 1999, senza interruzioni o sospensioni a mezzo di ulteriori atti, proposizione avverso la quale la parte nulla ha obiettato a confutazione snodando argomenti limitati all’individuazione del termine inziale del decorso della prescrizione.
22. Vale anche ricordare che la controeccezione di interruzione della prescrizione si configura come eccezione in senso lato, sicche’ può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice, in qualsiasi stato e grado del processo, purche’ sulla base di allegazioni e prove ritualmente acquisite o acquisibili al processo (assunto consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, a far data dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 15661 del 2005).
23. In seguito, le stesse Sezioni Unite, nella sentenza n. 10531 del 2013, hanno ricordato che tale rilievo d’ufficio non è subordinato neppure alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, essendo sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis; invero, il regime delle eccezioni si pone in· funzione del valore primario del processo (cioè della giustizia della decisione), che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto (per ulteriori successive conformi, fra tante, Cass. n. 18140 del 2020).
24. Diversamente opinando, in sostanza si reintrodurrebbero surrettiziamente, anche per le eccezioni in senso lato, oneri di allegazione e prova valevoli per quelle in senso stretto, in pratica vanificando la distinzione.
25. Da qui è invalso l’uso della locuzione, in dottrina e giurisprudenza, di «allegazioni silenti», per esse intendendosi anche soltanto le produzioni di documenti avvenute ad altro scopo (v. Cass. n. 18140 del 2020 cit. ed ivi ulteriori precedenti).
26. Il secondo motivo è da rigettare.
27. Il profilo di censura per vizio motivazionale non si colloca nel paradigma del novellato vizio di motivazione, per quanto detto dianzi, e si risolve nella richiesta di riesame e di un diverso apprezzamento delle emergenze istruttorie.
28. Inoltre, va ribadito, con Cass. n. 24395 del 2020, che l’errore di percezione sul contenuto oggettivo di una prova, come del resto la denuncia di travisamento della prova, può dar luogo, se del caso, esclusivamente a revocazione, ex art. 395, n. 4 cod.proc.civ., mentre l’unico vizio del giudizio di fatto deducibile per cassazione, ai sensi dell’art. 360, n. 5 cod.proc.civ., consiste nell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio, salva la preclusione della doppia conforme in fatto, di cui all’art.348-ter ult. co. cod.proc.civ.
29. Quanto ai profili di censura per violazione di legge, questa Corte ha da tempo chiarito che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità se non nei ristretti limiti dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (cfr., fra tante, Cass. nn. 24155 del 2017 e 3340 del 2019).
30. Nella specie, il motivo di censura incorre precisamente nella confusione appena chiarita, dal momento che, pur essendo formulato con riguardo ad una presunta violazione dell’art. 1227 cod.civ. e del decreto legislativo n. 626 del 1994, pretende in realtà di revocare in dubbio l’accertamento di fatto compiuto dai giudici di merito in ordine al nesso di causalità tra l’infortunio occorso alla lavoratrice e la violazione, da parte del datore di lavoro e della capo reparto, del dovere di informazione e vigilanza dell’attività della lavoratrice il cui intervento, con la macchina TAS 15 in movimento, nel provvedere all’aggiustamento manuale delle calze in produzione, alla luce delle circostanze di fatto emerse dal testimoniale acquisito alla causa, lungi dall’essere imprevedibile era risultato, invece, del tutto tollerato allo scopo di evitare fermi di produzione: che è, come appena detto, accertamento ormai intangibile in questa sede di legittimità.
31. Anche il terzo mezzo d’impugnazione è da rigettare.
32. La motivazione della sentenza non è nulla o meramente apparente alla stregua dell’art. 360, n.4 cod.proc.civ. e la censura evoca profili inerenti ad aumenti fondati su un presunto aggravamento postumo accertato nella visita del 23 marzo 2004 non emergenti dalla sentenza impugnata e inconferenti con la decisione gravata, uniformatasi al principio, costantemente affermato da questa Corte di legittimità, secondo cui in tema di azione di regresso dell’INAIL nei confronti del datore di lavoro, responsabile dell’infortunio sul lavoro subito dal dipendente assicurato, le variazioni di ammontare del credito dell’INAIL conseguenti alle variazioni quantitative della rendita (e, in generale, delle prestazioni erogate dall’Istituto), non costituiscono domande nuove ma mere precisazioni del petitum originario, in considerazione della natura del credito, come credito di valore che deve essere liquidato con riferimento alla data di liquidazione definitiva, per cui il maggiore ammontare in termini monetari rispetto a quanto dedotto in primo grado può essere liquidato anche d’ufficio (per tutte Cass. n. 4089 del 2016).
33. Vi è di più che la Corte territoriale, con motivazione per relationem (richiamando Cass. n.1841 del 2015), ha valorizzato il valore probatorio dell’attestato di costo aggiornato, in ordine all’ammontare delle prestazioni assicurative erogate alla lavoratrice infortunata, sottoscritto dal direttore dell’INAIL, assistito da presunzione di legittimità suscettibile di essere inficiata solo da contestazioni precise e puntuali che individuino il vizio dell’atto e offrano contestualmente di provarne il fondamento, senza che le parti ricorrenti abbiano dedotto, in questa sede di legittimità, a confutazione del decisum, in che termini, in quale atto ed in quale fase processuale la questione prospettata con il ricorso all’esame sarebbe stata sottoposta al giudice del merito, discendendone la sua inammissibilità per novità.
34. Il quarto mezzo, che avversa la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità, a carico di Golden Lady Company e in favore della società assicuratrice, è fondato in ragione dell’erronea condanna alle spese del giudizio di legittimità anche nei confronti della società assicuratrice, in quella sede contumace.
35. La condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 91 cod.proc.civ., ha il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto; sicché essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto (per tutte, Cass. n. 12610 del 2020 e ivi ulteriori precedenti).
36. In definitiva, in accoglimento del quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata e, per non essere necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’annullamento del capo della sentenza di condanna della s.p.a. Golden Lady al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore della società assicuratrice.
37. Il parziale accoglimento del ricorso giustifica la compensazione delle spese fra Golden Lady s.p.a. e s.p.a. Generali Italia.
38. Segue coerente con il rigetto degli ulteriori motivi di ricorso, la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo, in favore dell’INAIL.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e annulla il capo della sentenza relativo alla condanna di Golden Lady s.p.a. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di Generali Italia s.p.a.; compensa le spese del giudizio di legittimità fra Golden Lady s.p.a. e Generali Italia s.p.a. e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese, in favore dell’INAIL, liquidate in euro 200,00 per esborsi, oltre euro 7.000.00 per compensi professionali e accessori di legge, oltre rimborso forfetario del 15 per cento.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 luglio 2021.
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