Appalti pubblici. Dir. 2014/24. Fed.sportiva nazionale. Vigilanza sulla gestione.

Corte di Giustizia dell'UE. Sent.3.2.2021

Corte di giustizia dell’Unione Europea. Quarta Sezione. Sentenza 3 febbraio 2021 nelle cause riunite C-155/19 e C-156/19, Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) e Consorzio Ge.Se.Av. S.c.arl c. De Vellis Servizi Globali Srl .

Una federazione sportiva nazionale, come la Federazione Italiana Giuoco Calcio, può essere assoggettata alle norme in materia di affidamento degli appalti pubblici se esercita attività di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale.
Tuttavia, occorre anche che una federazione siffatta, dotata di personalità giuridica, sia sottoposta al controllo di un’autorità pubblica, come il Comitato olimpico nazionale italiano, nel senso che tale autorità deve poter influire sulle decisioni della federazione in materia di appalti pubblici.

Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici – Procedura di affidamento degli appalti pubblici – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 2, paragrafo 1, punto 4 – Amministrazione aggiudicatrice – Organismi di diritto pubblico – Nozione – Federazione sportiva nazionale – Soddisfacimento di esigenze di interesse generale – Vigilanza sulla gestione della federazione da parte di un organismo di diritto pubblico.

1.La Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) ha organizzato una procedura negoziata per l’affidamento dei servizi di facchinaggio al seguito delle squadre nazionali di calcio e presso il magazzino della FIGC per una durata di tre anni. All’esito di tale procedura, uno degli offerenti invitati a partecipare alla procedura stessa, al quale però l’appalto non è stato attribuito, ha presentato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) un ricorso per contestare le modalità di svolgimento di tale procedura. Secondo detto offerente, la FIGC deve essere considerata come un organismo di diritto pubblico e avrebbe dunque dovuto rispettare le regole di pubblicità previste dalla normativa in materia di appalti pubblici.
Poiché il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha accolto il ricorso e annullato l’affidamento dell’appalto in questione, la FIGC e il soggetto cui essa aveva affidato l’appalto hanno entrambi proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato (Italia) contro la decisione di detto tribunale. Dinanzi al Consiglio di Stato, le parti suddette hanno, in particolare, contestato la premessa secondo cui la FIGC dovrebbe essere qualificata come «organismo di diritto pubblico».
Alla luce di tali circostanze, il Consiglio di Stato ha deciso di sottoporre alla Corte due questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione della direttiva in materia di affidamento degli appalti pubblici (Dir. n. 2014/24, del 26.2.2014, sugli appalti pubblici e che abroga la Dir. n. 2004/18).

2. Giudizio della Corte.
2.1.Tale giudice intende chiarire se la FIGC soddisfi alcuni presupposti, enunciati dalla direttiva di cui sopra, per poter essere qualificata come “organismo di diritto pubblico” ed essere così tenuta ad applicare le norme in materia di affidamento degli appalti pubblici. Più in concreto, il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare, da un lato, il presupposto secondo cui un «organismo di diritto pubblico» deve essere stato creato per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale (art .2, par. 1, punto 4, lett. a, della Dir. n. 2014/24) e, dall’altro, il presupposto secondo cui la gestione di un organismo siffatto deve essere posta sotto la vigilanza di un’autorità pubblica (art. 2, par. 1, punto 4, lett. c, della Dir. n. 2014/24).

2.2.In primo luogo, la Corte rileva che, in Italia, l’attività di interesse generale costituita dallo sport viene realizzata da ciascuna delle federazioni sportive nazionali nell’ambito di compiti a carattere pubblico espressamente attribuiti a queste federazioni dalla normativa nazionale, con la precisazione che vari di questi compiti sembrano essere privi di carattere industriale o commerciale. La Corte ne inferisce che, qualora assicuri effettivamente la realizzazione di compiti siffatti, una federazione sportiva nazionale, come la FIGC, può essere considerata come creata per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale.
La Corte precisa che tale conclusione non viene rimessa in discussione dal fatto che, da un lato, la FIGC ha la veste giuridica di un’associazione di diritto privato e che, dall’altro lato, essa persegue, insieme ad attività di interesse generale tassativamente elencate dalla normativa nazionale, altre attività che costituirebbero una gran parte dell’insieme delle sue attività e che sarebbero autofinanziate.

2.3. In secondo luogo, per quanto riguarda la questione se la gestione di una federazione sportiva nazionale debba essere considerata assoggettata al controllo di un’autorità pubblica come, nel caso di specie, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), la Corte giudica che un’amministrazione pubblica incaricata, essenzialmente, di dettare regole in materia sportiva, di verificare la loro corretta applicazione e di intervenire unicamente a livello dell’organizzazione delle competizioni e della preparazione olimpica senza disciplinare l’organizzazione e la pratica nel quotidiano delle diverse discipline sportive, non può essere considerata, di primo acchito, come un organo gerarchico capace di controllare e di dirigere la gestione delle federazioni sportive nazionali. Essa aggiunge che l’autonomia di gestione conferita alle federazioni sportive nazionali in Italia sembra, in linea generale, deporre in senso contrario all’esistenza di un controllo attivo del CONI esteso al punto che quest’ultimo sarebbe in grado di influire sulla gestione di una federazione sportiva nazionale come la FIGC, segnatamente in materia di affidamento di appalti pubblici.
Tuttavia, la Corte precisa che una presunzione siffatta può essere rovesciata qualora sia dimostrato che i diversi poteri di cui il CONI è dotato nei confronti della FIGC hanno come effetto di creare una dipendenza di tale federazione nei confronti del CONI al punto tale che quest’ultimo possa influire sulle decisioni della federazione suddetta in materia di appalti pubblici.

2.4.Pur sottolineando che spetta al giudice del rinvio verificare l’esistenza di una dipendenza accompagnata da una siffatta possibilità di influenza, la Corte fornisce delle precisazioni intese a guidare tale giudice nella sua decisione. In tale contesto, la Corte indica in particolare che, al fine di valutare l’esistenza di un controllo attivo del CONI sulla gestione della FIGC e di una possibilità di influenza sulle decisioni di quest’ultima in materia di appalti pubblici, l’analisi dei diversi poteri di cui il CONI è investito nei confronti della FIGC deve essere oggetto di una valutazione d’insieme.
Inoltre, essa rileva che, nell’ipotesi in cui si concludesse che il CONI controlla la gestione delle federazioni sportive nazionali, il fatto che queste ultime possano esercitare, in virtù della loro partecipazione maggioritaria nei principali organi del CONI, unʼinfluenza sull’attività di quest’ultimo è pertinente soltanto qualora sia possibile dimostrare che ciascuna delle federazioni sportive nazionali, singolarmente presa, è in grado di esercitare un’influenza significativa sul controllo di gestione esercitato dal CONI nei confronti della federazione stessa, sicché tale controllo venga neutralizzato e tale federazione ritrovi così il dominio sulla propria gestione.

3. La Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1) L’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera a), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che un’entità investita di compiti a carattere pubblico tassativamente definiti dal diritto nazionale può considerarsi istituita per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, ai sensi della disposizione sopra citata, quand’anche essa sia stata creata non già sotto forma di amministrazione pubblica, bensì di associazione di diritto privato, e alcune delle sue attività, per le quali essa è dotata di una capacità di autofinanziamento, non abbiano carattere pubblico.

2) Il secondo dei criteri alternativi previsti dall’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera c), della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che, nel caso in cui una federazione sportiva nazionale goda, in virtù del diritto nazionale, di autonomia di gestione, la gestione di tale federazione può considerarsi posta sotto la vigilanza di un’autorità pubblica soltanto qualora da un’analisi complessiva dei poteri di cui tale autorità dispone nei confronti della federazione suddetta risulti che esiste un controllo di gestione attivo il quale, nei fatti, rimette in discussione l’autonomia di cui sopra fino al punto di consentire all’autorità summenzionata di influire sulle decisioni della federazione stessa in materia di appalti pubblici. La circostanza che le varie federazioni sportive nazionali esercitino un’influenza sull’attività dell’autorità pubblica in questione in virtù della loro partecipazione maggioritaria in seno ai principali organi collegiali deliberativi di quest’ultima è rilevante soltanto qualora sia possibile dimostrare che ciascuna delle suddette federazioni, considerata singolarmente, è in grado di esercitare un’influenza significativa sul controllo pubblico esercitato da tale autorità nei confronti della federazione stessa, con la conseguenza che tale controllo venga neutralizzato e la federazione sportiva nazionale torni così ad avere il dominio sulla propria gestione, e ciò malgrado l’influenza delle altre federazioni sportive nazionali che si trovano in una analoga situazione.