Corte di Giustizia UE Sent. 17.XII.2020.
Estradizione di un cittadino UE verso uno Stato terzo. Obbligo di previa consultazione dello Stato membro di cui ha la cittadinanza.Estradizione di un cittadino dell’Unione verso uno Stato terzo. Informazione dello Stato membro del quale la persona reclamata ha la cittadinanza.
Corte di giustizia UE. Sentenza 17 Dicembre 2020, Generalstaatsanwaltschaft Berlin, in causa C-398/19.
di Alberto Limardo
Un cittadino dell’Unione può essere estradato verso uno Stato terzo solo previa consultazione dello Stato membro di cui ha la cittadinanza. Nell’ambito di tale consultazione, allo Stato membro di cittadinanza devono essere trasmessi, dallo Stato membro richiesto, tutti gli elementi di diritto e di fatto comunicati nella domanda di estradizione e deve essere concesso un termine ragionevole per emettere un eventuale mandato d’arresto europeo nei confronti di tale cittadino.
1. BY, cittadino ucraino e rumeno, è nato in Ucraina e vi ha vissuto fino al suo trasferimento in Germania nel corso del 2012. Nel corso del 2014, egli ha ottenuto, senza mai aver risieduto in Romania, anche la cittadinanza rumena in quanto discendente di cittadini rumeni.
Nel marzo 2016, alle autorità tedesche è stata inviata dalla procura generale dell’Ucraina una domanda di estradizione di BY, ai fini dell’esercizio dell’azione penale. Nel novembre 2016, la Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Procura generale di Berlino, Germania) ha informato il Ministero della Giustizia rumeno della domanda di estradizione e ha chiesto se le autorità rumene intendessero esercitare esse stesse l’azione penale nei confronti di BY. Il Ministero ha risposto, da un lato, che le autorità rumene potevano decidere di esercitare l’azione penale solo su domanda delle autorità giudiziarie ucraine e, d’altro lato, che l’emissione di un mandato d’arresto nazionale, quale condizione per l’emissione di un mandato d’arresto europeo, presuppone l’esistenza di elementi di prova sufficienti riguardo alla colpevolezza della persona considerata. Esso ha quindi chiesto alle autorità tedesche di fornire gli elementi di prova che erano stati loro comunicati dalle autorità ucraine.
2. Il diritto tedesco vieta l’estradizione dei cittadini tedeschi, ma non quella di cittadini di altri Stati membri. Pertanto, il Kammergericht Berlin (Tribunale superiore del Land di Berlino) ritiene che l’estradizione di BY verso l’Ucraina sia lecita, ma si chiede se essa non sia contraria ai principi elaborati dalla Corte nella sentenza Petruhhin (Sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, in causa C-182/15, in particolare punti 48 e 50), dato che le autorità giudiziarie rumene non si sono formalmente pronunciate sull’eventuale emissione di un mandato d’arresto europeo. Nella citata sentenza, infatti, la Corte ha dichiarato segnatamente che, quando a uno Stato membro, nel quale si sia recato un cittadino avente la cittadinanza di un altro Stato membro, viene presentata una domanda di estradizione da parte di uno Stato terzo, esso è tenuto ad informare lo Stato membro del quale la persona reclamata ha la cittadinanza, al fine di dare alle autorità di quest’ultimo la possibilità di emettere un mandato d’arresto europeo per la sua consegna ai fini dell’esercizio dell’azione penale.
Interrogandosi sulle conseguenze della suddetta sentenza sull’esito della causa di cui è investito, tale giudice ha sottoposto alla Corte tre questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione degli articoli 18 e 21 TFUE (relativi, rispettivamente, al principio di non discriminazione in base alla cittadinanza e alla libertà di circolazione e di soggiorno dei cittadini dell’Unione nel territorio degli Stati membri) nonché della sentenza Petruhhin.
Giudizio della Corte.
3. La Corte, in Grande Sezione, esamina, in primo luogo, la questione se gli articoli 18 e 21 TFUE si applichino alla situazione di un cittadino dell’Unione quale l’interessato nel procedimento principale. A tal riguardo, essa rileva che, secondo la sua giurisprudenza, un cittadino di uno Stato membro, avente a tale titolo lo status di cittadino dell’Unione, che soggiorni nel territorio di un altro Stato membro, ha il diritto di avvalersi dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e rientra nell’ambito di applicazione dei Trattati, ai sensi dell’articolo 18 TFUE. Il fatto che BY abbia acquisito la cittadinanza di uno Stato membro solo in un momento in cui già soggiornava in uno Stato membro diverso da quello di cui ha successivamente acquisito la cittadinanza è irrilevante al riguardo.
4. In secondo luogo, la Corte precisa gli obblighi gravanti sugli Stati membri nell’ambito dell’attuazione dello scambio di informazioni menzionato alla sentenza Petruhhin. A tal riguardo, essa dichiara che lo Stato membro richiesto deve mettere le autorità competenti dello Stato membro di cui la persona ricercata ha la cittadinanza in condizione di reclamare tale persona nell’ambito di un mandato d’arresto europeo. A tal fine, esso deve informare tali autorità non solo dell’esistenza di una domanda di estradizione, ma anche di tutti gli elementi di diritto e di fatto comunicati dallo Stato terzo richiedente nell’ambito di tale domanda di estradizione. Occorre altresì che sia segnalato qualsiasi cambiamento della situazione in cui si trova la persona ricercata, rilevante ai fini dell’eventuale emissione di un mandato d’arresto europeo nei suoi confronti. Per contro, né l’uno né l’altro di tali Stati membri possono essere tenuti, in forza del diritto dell’Unione, a chiedere allo Stato terzo richiedente la trasmissione del fascicolo penale, al fine di consentire allo Stato membro di cui l’interessato ha la cittadinanza di valutare la possibilità di esercitare esso stesso l’azione penale nei suoi confronti.
La Corte sottolinea che, qualora tale obbligo di informazione sia stato rispettato, le autorità dello Stato membro richiesto possono proseguire la procedura di estradizione e, se del caso, procedere all’estradizione dell’interessato in mancanza dell’emissione, entro un termine ragionevole, di un mandato d’arresto europeo da parte delle autorità dello Stato membro di cui egli ha la cittadinanza. Un termine siffatto deve essere indicato, dallo Stato membro richiesto, a dette autorità ed essere stato fissato tenendo conto di tutte le circostanze della causa, in particolare dell’eventuale detenzione dell’interessato in pendenza della procedura di estradizione e della complessità del caso.
5. In terzo luogo, la Corte dichiara che gli articoli 18 e 21 TFUE non possono essere interpretati nel senso che lo Stato membro richiesto è tenuto a rifiutare l’estradizione di un cittadino dell’Unione, che ha la cittadinanza di un altro Stato membro, e ad esercitare esso stesso l’azione penale nei suoi confronti per fatti commessi in uno Stato terzo, qualora, come nel procedimento principale, il diritto nazionale dello Stato membro richiesto autorizzi quest’ultimo a perseguire tale cittadino dell’Unione per determinati reati commessi in uno Stato terzo.
In un caso del genere, infatti, un obbligo di rifiutare l’estradizione e di esercitare esso stesso l’azione penale avrebbe l’effetto di privare lo Stato membro richiesto della possibilità di valutare esso stesso l’opportunità di avviare un procedimento penale nei confronti di detto cittadino sulla base del diritto nazionale e andrebbe al di là dei limiti che il diritto dell’Unione può imporre all’esercizio del potere discrezionale di cui gode tale Stato membro quanto all’opportunità dell’esercizio dell’azione in materia penale.
6. L’unica questione che si pone nel diritto dell’Unione, in un procedimento come quello principale, è se lo Stato membro richiesto possa agire, nei confronti di tale cittadino dell’Unione, in modo meno lesivo per l’esercizio del suo diritto alla libera circolazione e di soggiorno, contemplando di consegnarlo allo Stato membro del quale ha la cittadinanza anziché estradarlo verso lo Stato terzo richiedente
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