Giudice nazionale e obbligo dello Stato membro di recepire una direttiva.

Corte di Giustizia UE. Sent. 17 Marzo 2021.

Corte di Giustizia UE. Sent. 17 Marzo 2021. UH c. An tAire Talmhaíochta Bia agus Mara, Éire agus An tArd-Aighne, nella causa C-64/20.

Il giudice di uno Stato membro è tenuto a esercitare il potere conferitogli dal diritto nazionale di dichiarare che tale Stato membro non ha correttamente recepito una direttiva dell’Unione ed è tenuto a rimediarvi. Detto giudice non può prescindere dall’obbligo incombente a tale Stato membro di recepire una direttiva a causa del presunto carattere sproporzionato di tale recepimento che risulterebbe dalla futura modifica dei requisiti derivanti dal diritto dell’Unione

Rispondendo a una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Ard-Chúirt (Alta Corte d’Irlanda), la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha concluso (sent. 17 marzo 2021, C-64/20, UH c. An tAire Talmhaíochta, Bia agus Mara, Éire, An tArd-Aighne) che l’art. 288 TFUE dev’essere interpretato nel senso che osta a che un giudice nazionale il quale, nell’ambito di un procedimento previsto a tal fine dal diritto interno, constati che lo Stato membro al quale appartiene non ha adempiuto il proprio obbligo di recepire correttamente la direttiva, rifiuti di adottare, per il motivo che la normativa nazionale gli sembra conforme a un regolamento che abroga tale direttiva a partire dall’anno successivo, una dichiarazione giurisdizionale secondo la quale tale Stato membro non ha correttamente recepito detta direttiva ed è tenuto a rimediarvi.

1.UH, cittadino irlandese di madrelingua irlandese, originario della Gaeltacht di Galway (regione di Galway, Irlanda), ha constatato che le informazioni accluse ai medicinali veterinari erano esclusivamente redatte in lingua inglese. Egli ritiene però che la direttiva 2001/82 (1) imponga che tali informazioni siano redatte nelle due lingue ufficiali dell’Irlanda, ossia l’irlandese e l’inglese. Il 14 novembre 2016 UH ha chiesto all’Ard-Chúirt (Alta Corte, Irlanda) di accertare il recepimento non corretto di tale direttiva e l’obbligo per l’Irlanda di modificare la propria normativa di conseguenza.

L’Ard-Chúirt ha accertato la non conformità della normativa irlandese riguardante l’etichettatura e i foglietti illustrativi dei medicinali veterinari ai requisiti dettati dalla direttiva in materia linguistica e, quindi, una violazione dell’articolo 288 TFUE (2) . Tale giudice ha tuttavia osservato che il regolamento 2019/6 (3) , la cui entrata in vigore è prevista per il 28 gennaio 2022, ammette che le informazioni che devono figurare sui confezionamenti esterni, sui confezionamenti interni e sui foglietti illustrativi dei medicinali veterinari possano essere redatte in lingua irlandese o inglese. Esso ha quindi ritenuto che il ricorrente trarrebbe soltanto un beneficio limitato e temporaneo da una modifica del diritto irlandese introdotta per rispettare la direttiva, mentre i fornitori e i distributori di medicinali veterinari dovrebbero affrontare difficoltà che rischierebbero di provocare conseguenze gravi sulla salute animale e sulla situazione economica e sociale in Irlanda.

Adita in via pregiudiziale da tale medesimo giudice, la Corte dichiara che l’articolo 288 TFUE dev’essere interpretato nel senso che osta a che un giudice nazionale -il quale, nell’ambito di un procedimento previsto a tal fine dal diritto nazionale, constati che lo Stato membro al quale appartiene non ha adempiuto il proprio obbligo di recepire correttamente la direttiva 2001/82- rifiuti di adottare, per il motivo che la normativa nazionale gli sembra conforme al regolamento 2019/6 (regolamento che è stato adottato al fine di abrogare tale direttiva e che sarà applicabile a decorrere dal 28 gennaio 2022), una dichiarazione giurisdizionale secondo la quale tale Stato membro non ha correttamente recepito tale direttiva ed è tenuto a rimediarvi.

2.Giudizio della Corte.

La Corte ricorda che l’obbligo degli Stati membri di raggiungere il risultato previsto da una direttiva nonché il loro dovere di adottare tutte le relative misure generali o particolari è imposto a tutte le autorità degli Stati membri, ivi comprese, nell’ambito delle loro competenze, le autorità giurisdizionali (4) . La Corte constata inoltre che il diritto irlandese consente ai singoli di ottenere una dichiarazione giurisdizionale secondo la quale l’Irlanda non ha correttamente recepito una direttiva dell’Unione ed è tenuta a procedere al suo recepimento, pur lasciando ai giudici nazionali la possibilità di rifiutare di effettuare detta dichiarazione per i motivi stabiliti da tale diritto.

Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha accertato il recepimento non corretto della direttiva 2001/82. La Corte osserva in proposito che il fatto che la normativa irlandese risulti già ad oggi compatibile con il regolamento 2019/6, che si applicherà a decorrere dal 28 gennaio 2022, non può mettere in discussione l’accertamento dell’incompatibilità di tale normativa con il diritto dell’Unione fino a tale data né può, a fortiori, giustificare tale incompatibilità. Infatti, fino al momento dell’abrogazione della direttiva 2001/82 da parte di tale regolamento, le disposizioni della stessa conservano il loro carattere vincolante. Soltanto la Corte può, eccezionalmente e per considerazioni imperative di certezza del diritto, concedere una sospensione provvisoria degli effetti di una norma di diritto dell’Unione rispetto al diritto nazionale con essa in contrasto.

Di conseguenza, la Corte considera che l’articolo 288 TFUE osta a che un giudice nazionale possa prescindere dall’obbligo imposto allo Stato membro al quale appartiene di recepire una direttiva a causa del presunto carattere sproporzionato di tale recepimento in quanto quest’ultimo potrebbe rivelarsi costoso o inutile a fronte della futura abrogazione di tale direttiva. Spetta quindi al giudice del rinvio prendere ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare che il risultato previsto da detta direttiva sia raggiunto e adottare, di conseguenza, la dichiarazione richiesta.

NOTE

(1) Direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (GU 2001, L 311, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2004/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004. La direttiva 2001/82 prevede in particolare che i confezionamenti esterni o i recipienti dei medicinali veterinari contengano diciture obbligatorie relative ai medicinali, ad esempio la denominazione, il dosaggio, la forma, la composizione, il lotto di fabbricazione, il numero dell’autorizzazione, la specie animale e la posologia. L’articolo 58, paragrafo 4, della direttiva stabilisce che tali informazioni devono essere redatte «nella lingua o nelle lingue del paese in cui sono immessi in commercio».

(2) L’articolo 288, terzo comma, TFUE prevede che «la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi».

(3) Regolamento (UE) 2019/6 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, relativo ai medicinali veterinari e che abroga la direttiva 2001/82. L’articolo 7, paragrafo 1, di tale regolamento dispone che le diciture obbligatorie sono redatte utilizzando «una lingua o le lingue ufficiali dello Stato membro in cui il medicinale veterinario è messo a disposizione sul mercato».

(4) A tale riguardo va ricordato che l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, TUE dispone che «gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione».