Covid-19 MISURE ADOTTATE DALL'UE E DALL'ITALIA

23 Aprile 2020

COVID 19. LE MISURE ADOTTATE DALL’UNIONE EUROPEA E DALL’ITALIA

 

di Alberto LIMARDO

 

  1. I provvedimenti adottati a più riprese dal Governo italiano a marzo e ad aprile, da ultimo lo scorso 10 aprile con il cd. “decreto liquidità”, si sono tradotti nella sospensione degli obblighi tributari e contributivi, nella concessione ampia ed estesa (“in deroga”) della Cassa integrazione guadagni, nello stanziamento di fondi per i “nuovi poveri” (….), includendo in questa categoria chi traeva sostentamento dal lavoro nero, nella concessione della garanzia dello Stato per i finanziamenti alle imprese, attraverso la messa a disposizione di 400 miliardi di Euro, nell’avviamento di una serie di misure che faranno crescere il debito pubblico fino al 150% del Prodotto interno lordo (sperando che non si arrivi al default).
  2. Quanto ai provvedimenti adottati dall’Unione europea, in particolare attraverso la Banca centrale europea (BCE), essi sono tali da far pensare che la visione tradizionale del neoliberalismo non possa far fronte alla crisi derivante dal forzato arresto delle attività economiche e produttive. Ad ogni modo, per valutare la qualità delle politiche anti-crisi dell’UE bisognerà attendere le decisioni del Consiglio europeo[1] del prossimo 23 aprile. Sarà infatti il Consiglio europeo a formalizzare l’accordo raggiunto in seno all’Eurogruppo[2] nella riunione del 10 aprile scorso, dove si è concordato di mettere a disposizione dei Paesi che ne fanno richiesta, fondi attraverso il Meccanismo europeo di stabilità (MES)[3] per interventi sanitari diretti e indiretti, con il solo vincolo che siano utilizzati per questo scopo. Inoltre l’Eurogruppo ha raggiunto una prima intesa per creare un Fondo per la Ripresa (Recovery Fund o Next Generation EU)[4], un fondo per la ripresa che dovrebbe fornire finanziamenti attraverso il bilancio UE a programmi mirati al rilancio dell’economia.
  3. L’accordo raggiunto il 10 aprile 2020 in seno all’Eurogruppo è una mediazione tra posizioni diverse dei Paesi dell’Unione europea. Esso prevede lo stanziamento di risorse finanziarie, messe a disposizione da appositi enti e fondi europei, e segnatamente:

– Il MES: 240 miliardi, ma con condizionalità meno rigorose. Il  documento finale approvato dall’Eurogruppo prevede che le linee di credito precauzionali saranno aperte a tutti gli Stati in misura pari al 2% del loro Prodotto interno lordo (per l’Italia circa 35 miliardi di euro). Queste risorse potranno essere utilizzate per finanziare i costi sanitari, diretti e indiretti, e non per altre spese socio-economiche indirettamente legate all’emergenza;

-La Banca europea per gli investimenti  (Bei)[5]: liquidità di 200 miliardi per fornire garanzie e finanziare le imprese;

– Il SURE (Support to mitigate Unemployment risck in an emergency )[6]: 100 miliardi di prestiti ai governi per aiutare i lavoratori in difficoltà

Nel complesso dovrebbero essere mobilitati più o meno 500 miliardi di Euro.

 

[1] Il Consiglio europeo riunisce i capi di Stato e di governo degli Stati membri dell’UE e il presidente della Commissione europea; definisce gli orientamenti generali e le priorità politiche dell’UE, ma non adotta leggi. Rappresenta il livello più elevato di cooperazione politica tra i paesi dell’UE.

[2] L’Eurogruppo è un organo che riunisce “a titolo informale” i ministri dell’economia e delle finanze dei Paesi membri che, nell’Unione Europea, utilizzano come moneta l’euro. L’obiettivo di tali riunioni consiste nel “favorire le condizioni di una maggiore crescita economica nell’Unione europea e, a tale scopo, di sviluppare un coordinamento sempre più stretto delle politiche economiche della zona euro”. Base giuridica dell’Eurogruppo è l’art. 137 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il quaklel si limita ad affermare che “Le modalità per le riunioni tra i ministri degli Stati membri la cui moneta è l’euro sono stabilite dal protocollo sull’Eurogruppo”. Tuttavia, il suddetto “Protocollo  (n.14) sull’Eurogruppo” prevede solo che tali riunioni ”hanno luogo a seconda delle necessità, per discutere questioni attinenti alle responsabilità specifiche da essi condivise in materia di moneta unica. La Commissione partecipa alle riunioni. La Banca centrale europea è invitata a prendere parte a tali riunioni, preparate dai rappresentanti dei ministri responsabili delle finanze degli Stati membri la cui moneta è l’euro e dai rappresentanti della Commissione”. “ I ministri degli Stati membri la cui moneta è l’euro eleggono un presidente per un periodo di due anni e mezzo, a maggioranza di tali Stati membri”. Secondo la prassi sinora registrata, l’Eurogruppo si riunisce una volta al mese alla vigilia della sessione del Consiglio “Economia e finanza”.

[3] Il MES (o Fondo salva Stati) è stato istituito nel 2012 mediante un trattato intergovernativo, al di fuori del quadro giuridico della UE. Esso rappresenta l’evoluzione del Fondo Europeo per la Stabilità Finanziaria (FESF) e del Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF), strumenti nati per salvare dall’insolvenza alcuni Stati Membri dell’Eurozona, come il Portogallo e l’Irlanda, investiti dalle crisi economico-finanziarie del 2008 e del 2011 Il MES, inteso come Fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro, fu istituito in base alle modifiche al Trattato di Lisbona (art. 136), approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Consiglio europeo a Bruxelles il 25 marzo 2011. Il Governo italiano che consentì all’approvazione dello statuto del MES era il Governo Berlusconi IV (in carica dall’8 maggio 2008 al 12 novembre 2011). Inoltre, fu proprio il Consiglio dei Ministri del Governo Berlusconi IV (che aveva come ministri, tra gli altri, esponenti della Lega e di Fratelli d’Italia, i quali oggi si oppongono all’utilizzo del MES) ad approvare il 3 agosto 2011 il “disegno di legge per la ratifica della decisione del Consiglio Europeo 2011/199/Ue, che modifica l’articolo 136 del Trattato sul funzionamento della Ue relativamente a un meccanismo di stabilità, nei Paesi in cui la moneta è l’euro”. Prima del Consiglio Europeo del 25 marzo 2011, la decisione di istituire il MES fu presa in seno all’ Ecofin il 9-10 maggio 2010, con la precisazione che la sua attivazione sarebbe stata soggetta a forte condizionalità, nel contesto di un sostegno congiunto Unione Europea/Fondo Monetario Internazionale (FMI), e avrebbe avuto termini e condizioni simili a quelli del FMI. La funzione fondamentale del MES consiste nel concedere, sotto precise condizioni (la cd. condizionalità), assistenza finanziaria ai Paesi membri che- pur avendo un debito pubblico sostenibile- trovino temporanee difficoltà nel finanziarsi sul mercato. La condizionalità varia a seconda della natura dello strumento utilizzato: per i prestiti assume la forma di un programma di aggiustamento macroeconomico, specificato in un apposito memorandum; è meno stringente nel caso delle linee di credito precauzionali, destinate a paesi in condizioni economiche e finanziarie fondamentalmente sane ma colpiti da shock avversi. Il MES è guidato da un “Consiglio dei Governatori” composto dai 19 Ministri delle finanze dell’area dell’euro. Il Consiglio assume all’unanimità le principali decisioni (incluse quelle relative alla concessione di assistenza finanziaria e all’approvazione dei protocolli d’intesa con i paesi che la ricevono). Il MES può operare a maggioranza qualificata dell’85 per cento del capitale qualora, in caso di minaccia per la stabilità finanziaria ed economica dell’area dell’euro, la Commissione europea e la BCE richiedano l’assunzione di decisioni urgenti in materia di assistenza finanziaria. Il MES ha un capitale sottoscritto pari a 704,8 miliardi, di cui 80,5 sono stati versati; la sua capacità di prestito ammonta a 500 miliardi. L’Italia ha sottoscritto il capitale del MES per 125,3 miliardi, versandone oltre 14. I diritti di voto dei membri del Consiglio sono proporzionali al capitale sottoscritto dai rispettivi paesi. Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15 per cento e possono quindi porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza.

[4] Questo fondo avrebbe l’obiettivo di favorire una ripresa coordinata dell’economia dell’Unione europea, in linea con gli obiettivi del Green Deal, il piano ecologico al centro del programma della Commissione, e con la nuova strategia industriale che l’Ue ha presentato a marzo. Il fondo finanzierebbe quindi progetti legati alla transizione energetica, all’economia circolare e al digitale che possano aiutare gli Stati dell’Ue a riprendersi il più rapidamente possibile dalla crisi.

 

 

[5] La Banca europea per gli investimenti  è l’istituzione finanziaria dell’UE,  fondata ne 1958, in base al Trattato di Roma,  per il finanziamento degli investimenti necessari a sostenere gli obiettivi politici dell’Unione.

[6] Il SURE è uno strumento di solidarietà europea a favore dei lavoratori  subordinati che abbiano perso o ridotto le ore di lavoro e dei lavoratori autonomi che abbiano interrotto la loro attività lavorativa. Questa misura di sostegno di imprese e lavoratori in condizioni di difficoltà ricorda per alcuni aspetti il sistema italiano della Cassa integrazione guadagni. Esso fa leva su una dotazione pari a 100 miliardi da distribuire alle imprese maggiormente colpite dalla situazione di emergenza. In un comunicato del 2 aprile 2020, la Commissione europea ha reso nota una proposta di regolamento volto ad aiutare le imprese e i lavoratori nella pandemia causata dal coronavirus. La proposta di regolamento SURE punta a mobilitare risorse fino a € 100 miliardi in totale, da impiegare sotto forma di prestiti concessi dall’UE a condizioni favorevoli. L’assistenza finanziaria nell’ambito del SURE assume la forma di un prestito dall’UE allo Stato membro che lo richiede, senza quote precostituite. Per finanziare i prestiti agli Stati membri la Commissione, a sua volta, prende prestiti sui mercati finanziari. La Commissione assicura i prestiti agli Stati membri a condizioni favorevoli, consentendo agli Stati di trarre beneficio dal buon rating del credito dell’UE e dai bassi costi di finanziamento. I prestiti sono sostenuti da un sistema di garanzie volontarie degli Stati membri. I prestiti devono essere utilizzati dagli Stati per affrontare gli improvvisi aumenti di spesa pubblica aventi lo scopo di preservare l’occupazione, consentendo di coprire costi direttamente correlati alla creazione o all’estensione di “programmi nazionali di lavoro a tempo ridotto” e altre misure analoghe per i lavoratori autonomi.

È presto per dire se queste politiche aderiscano ad una visione neo-keynesiana o a qualcosa di simile. Il negoziato in atto, come si evince dalle posizioni contrapposte emerse in seno alle istituzioni dell’Unione Europea, tradisce scelte in parte opportunistiche e in parte anche incapaci di prevedere -e quindi di anticipare- ciò che potrebbe accadere tra pochi mesi, e di contribuire a governare con responsabilità le pulsioni populistiche nazionali basate sulla “necessità di tener conto degli umori” degli elettori dei singoli Stati membri.

 

[1] Il Consiglio europeo riunisce i capi di Stato e di governo degli Stati membri dell’UE e il presidente della Commissione europea; definisce gli orientamenti generali e le priorità politiche dell’UE, ma non adotta leggi. Rappresenta il livello più elevato di cooperazione politica tra i paesi dell’UE.

[2] L’Eurogruppo è un organo che riunisce “a titolo informale” i ministri dell’economia e delle finanze dei Paesi membri che, nell’Unione Europea, utilizzano come moneta l’euro. L’obiettivo di tali riunioni consiste nel “favorire le condizioni di una maggiore crescita economica nell’Unione europea e, a tale scopo, di sviluppare un coordinamento sempre più stretto delle politiche economiche della zona euro”. Base giuridica dell’Eurogruppo è l’art. 137 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il quaklel si limita ad affermare che “Le modalità per le riunioni tra i ministri degli Stati membri la cui moneta è l’euro sono stabilite dal protocollo sull’Eurogruppo”. Tuttavia, il suddetto “Protocollo  (n.14) sull’Eurogruppo” prevede solo che tali riunioni ”hanno luogo a seconda delle necessità, per discutere questioni attinenti alle responsabilità specifiche da essi condivise in materia di moneta unica. La Commissione partecipa alle riunioni. La Banca centrale europea è invitata a prendere parte a tali riunioni, preparate dai rappresentanti dei ministri responsabili delle finanze degli Stati membri la cui moneta è l’euro e dai rappresentanti della Commissione”. “ I ministri degli Stati membri la cui moneta è l’euro eleggono un presidente per un periodo di due anni e mezzo, a maggioranza di tali Stati membri”. Secondo la prassi sinora registrata, l’Eurogruppo si riunisce una volta al mese alla vigilia della sessione del Consiglio “Economia e finanza”.

[3] Il MES (o Fondo salva Stati) è stato istituito nel 2012 mediante un trattato intergovernativo, al di fuori del quadro giuridico della UE. Esso rappresenta l’evoluzione del Fondo Europeo per la Stabilità Finanziaria (FESF) e del Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF), strumenti nati per salvare dall’insolvenza alcuni Stati Membri dell’Eurozona, come il Portogallo e l’Irlanda, investiti dalle crisi economico-finanziarie del 2008 e del 2011 Il MES, inteso come Fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro, fu istituito in base alle modifiche al Trattato di Lisbona (art. 136), approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Consiglio europeo a Bruxelles il 25 marzo 2011. Il Governo italiano che consentì all’approvazione dello statuto del MES era il Governo Berlusconi IV (in carica dall’8 maggio 2008 al 12 novembre 2011). Inoltre, fu proprio il Consiglio dei Ministri del Governo Berlusconi IV (che aveva come ministri, tra gli altri, esponenti della Lega e di Fratelli d’Italia, i quali oggi si oppongono all’utilizzo del MES) ad approvare il 3 agosto 2011 il “disegno di legge per la ratifica della decisione del Consiglio Europeo 2011/199/Ue, che modifica l’articolo 136 del Trattato sul funzionamento della Ue relativamente a un meccanismo di stabilità, nei Paesi in cui la moneta è l’euro”. Prima del Consiglio Europeo del 25 marzo 2011, la decisione di istituire il MES fu presa in seno all’ Ecofin il 9-10 maggio 2010, con la precisazione che la sua attivazione sarebbe stata soggetta a forte condizionalità, nel contesto di un sostegno congiunto Unione Europea/Fondo Monetario Internazionale (FMI), e avrebbe avuto termini e condizioni simili a quelli del FMI. La funzione fondamentale del MES consiste nel concedere, sotto precise condizioni (la cd. condizionalità), assistenza finanziaria ai Paesi membri che- pur avendo un debito pubblico sostenibile- trovino temporanee difficoltà nel finanziarsi sul mercato. La condizionalità varia a seconda della natura dello strumento utilizzato: per i prestiti assume la forma di un programma di aggiustamento macroeconomico, specificato in un apposito memorandum; è meno stringente nel caso delle linee di credito precauzionali, destinate a paesi in condizioni economiche e finanziarie fondamentalmente sane ma colpiti da shock avversi. Il MES è guidato da un “Consiglio dei Governatori” composto dai 19 Ministri delle finanze dell’area dell’euro. Il Consiglio assume all’unanimità le principali decisioni (incluse quelle relative alla concessione di assistenza finanziaria e all’approvazione dei protocolli d’intesa con i paesi che la ricevono). Il MES può operare a maggioranza qualificata dell’85 per cento del capitale qualora, in caso di minaccia per la stabilità finanziaria ed economica dell’area dell’euro, la Commissione europea e la BCE richiedano l’assunzione di decisioni urgenti in materia di assistenza finanziaria. Il MES ha un capitale sottoscritto pari a 704,8 miliardi, di cui 80,5 sono stati versati; la sua capacità di prestito ammonta a 500 miliardi. L’Italia ha sottoscritto il capitale del MES per 125,3 miliardi, versandone oltre 14. I diritti di voto dei membri del Consiglio sono proporzionali al capitale sottoscritto dai rispettivi paesi. Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15 per cento e possono quindi porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza.

[4] Questo fondo avrebbe l’obiettivo di favorire una ripresa coordinata dell’economia dell’Unione europea, in linea con gli obiettivi del Green Deal, il piano ecologico al centro del programma della Commissione, e con la nuova strategia industriale che l’Ue ha presentato a marzo. Il fondo finanzierebbe quindi progetti legati alla transizione energetica, all’economia circolare e al digitale che possano aiutare gli Stati dell’Ue a riprendersi il più rapidamente possibile dalla crisi.

[5] La Banca europea per gli investimenti  è l’istituzione finanziaria dell’UE,  fondata ne 1958, in base al Trattato di Roma,  per il finanziamento degli investimenti necessari a sostenere gli obiettivi politici dell’Unione.

[6] Il SURE è uno strumento di solidarietà europea a favore dei lavoratori  subordinati che abbiano perso o ridotto le ore di lavoro e dei lavoratori autonomi che abbiano interrotto la loro attività lavorativa. Questa misura di sostegno di imprese e lavoratori in condizioni di difficoltà ricorda per alcuni aspetti il sistema italiano della Cassa integrazione guadagni. Esso fa leva su una dotazione pari a 100 miliardi da distribuire alle imprese maggiormente colpite dalla situazione di emergenza. In un comunicato del 2 aprile 2020, la Commissione europea ha reso nota una proposta di regolamento volto ad aiutare le imprese e i lavoratori nella pandemia causata dal coronavirus. La proposta di regolamento SURE punta a mobilitare risorse fino a € 100 miliardi in totale, da impiegare sotto forma di prestiti concessi dall’UE a condizioni favorevoli. L’assistenza finanziaria nell’ambito del SURE assume la forma di un prestito dall’UE allo Stato membro che lo richiede, senza quote precostituite. Per finanziare i prestiti agli Stati membri la Commissione, a sua volta, prende prestiti sui mercati finanziari. La Commissione assicura i prestiti agli Stati membri a condizioni favorevoli, consentendo agli Stati di trarre beneficio dal buon rating del credito dell’UE e dai bassi costi di finanziamento. I prestiti sono sostenuti da un sistema di garanzie volontarie degli Stati membri. I prestiti devono essere utilizzati dagli Stati per affrontare gli improvvisi aumenti di spesa pubblica aventi lo scopo di preservare l’occupazione, consentendo di coprire costi direttamente correlati alla creazione o all’estensione di “programmi nazionali di lavoro a tempo ridotto” e altre misure analoghe per i lavoratori autonomi.