Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla XVII Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori d’Italia (Roma, 16/12/2024).

(Fonte: Presidenza della Repubblica)

“Signor Vice Presidente del Consiglio e Ministro,

Signori rappresentanti del Parlamento,

Signori Ministri,

Signor Vice Ministro,

Signora e Signor Sottosegretario,

Signore Ambasciatrici e Signori Ambasciatori,

Signore e Signori,

ringrazio il Ministro Tajani per l’invito a inaugurare la diciassettesima edizione di questa Conferenza.

Viviamo un’epoca di grande incertezza sul fronte internazionale.

Il mondo, uscito stremato dalla pandemia – che pure aveva dato vita a forme di solidarietà tra Stati che inducevano alla speranza che si riproducessero a livello politico generale – non ha imboccato la strada della collaborazione.

Appare, al contrario, segnato dal proliferare di conflitti, da una corsa alla frammentazione, anche economica.

Le istituzioni multilaterali faticano ad agire in modo efficace.

Minacce transnazionali e non convenzionali, di natura ambientale, energetica, aggravano il quadro.

Gli stessi drammi migratori sono talvolta oggetto di gestioni strumentali da parte di alcuni Stati, per trasformarli in minaccia nei confronti dei vicini, in palese violazione di convenzioni internazionali liberamente sottoscritte.

Siamo di fronte al paradosso di una società globale sempre più interconnessa e interdipendente che attraversa una fase in cui si affacciano nuovamente, con ricette stantie, le sirene del settarismo nazionalistico, etnico, quando non arbitrariamente religioso.

Divisioni e fratture profonde si moltiplicano.

Viene spontaneo chiedersi quale posto abbia la diplomazia in questo contesto, rispetto ad atteggiamenti e a forze – anche di natura non statuale – che si propongono di intaccare la cornice di norme e principi statuiti per assicurare ai membri della comunità internazionale interazioni stabili e ordinate secondo regole riconosciute e valide per tutti.

Non è la prima volta nella storia che gli Stati vengono messi in discussione nella loro capacità di perseguire e garantire gli interessi dei popoli e, quindi, dei loro cittadini.

Tema che appare di rinnovata attualità a fronte di operatori internazionali svincolati da ogni patria, la cui potenza finanziaria supera oggi quella di Stati di media dimensione, e la cui gestione di servizi essenziali sfiora, sovente, una condizione monopolistica.

Rinnovare fiducia nei confronti della diplomazia e nell’alta professionalità diplomatica allora non è esercizio laudatorio di maniera, ma richiamo alla responsabilità.

Anno dopo anno, la mia stessa presenza a questo appuntamento ricorrente intende testimoniare quanto sicurezza e prosperità della Repubblica dipendano anche dalla competenza e dedizione con cui svolgete la vostra opera, talvolta in contesti estremamente critici.

Sono dunque lieto di avere l’opportunità, attraverso i Capi Missione qui presenti, di rivolgere ancora una volta il mio apprezzamento a quanti operano nella rete diplomatico-consolare.

La diplomazia, esercizio di paziente tessitura strategica, è, naturalmente, strumento, proiezione dei valori propri alla comunità che si rappresenta, nel nostro caso dei principi affermati dalla Costituzione, che ispirano la presenza dell’Italia nel mondo.

Nelle democrazie mature la politica estera è motivo di naturale convergenza tra le diverse opinioni che animano il dibattito pubblico.

In Italia è stato un processo che si è gradualmente affermato nei decenni, dopo la lezione degasperiana.

Unione Europea e Alleanza Atlantica hanno segnato e segnano nel profondo la collocazione della Repubblica nello scenario internazionale. Dalla coerenza di queste scelte è derivata larga parte dell’autorevolezza conquistata dall’Italia con la ricostruzione morale e materiale del Paese all’indomani della Liberazione.

La stabilità di un posizionamento la rinveniamo – come ho appena richiamato – nei principi definiti dalla Costituzione, agli articoli 10 e 11. Diritto di asilo per lo straniero cui venga impedito nel suo Paese l’esercito delle libertà democratiche, ripudio della guerra, perseguimento di pace e giustizia tra le nazioni anche attraverso limitazioni alla sovranità, in condizioni di parità con gli altri Stati.

Di qui l’integrazione d’Europa, le Convenzioni internazionali, di qui le Corti di giustizia che ne sono derivate, a tutela dell’applicazione degli ordinamenti.

Lo sforzo incessante della nostra azione è stato diretto, quindi, a prevenire i conflitti, a elaborare soluzioni idonee a ricostruire il capitale di fiducia tra gli Stati, oggi pericolosamente eroso. Questo ha consentito alla Repubblica di acquisire influenza e credibilità, in numerosi organismi multilaterali, a partire dalle Nazioni Unite, strumento ampiamente imperfetto ma prezioso.

Paziente e determinata ricerca della pace, difesa dei diritti inviolabili della persona, capacità di sintesi tra le posizioni dei nostri principali partner sui temi prioritari dell’agenda globale, sono gli sforzi evidenti, messi in campo anche nell’esercizio della Presidenza del G7.

Nel complesso delle attività svolte, l’Italia ha dimostrato di saper coniugare la consapevolezza delle proprie scelte di collocazione internazionale con la capacità di interpretare le sensibilità di Paesi, a tratti distanti in termini di sensibilità, interessi, livello di sviluppo o matrice culturale.

Onorevole Ministro,

Signore Ambasciatrici e Signori Ambasciatori,

le gravi situazioni di conflitto che colpiscono il nostro vicinato, così come numerose altre regioni del mondo, vedono i problemi della sicurezza e della stabilità al centro delle preoccupazioni.

Tornare a investire risorse umane e intellettuali nella funzione diplomatica della mediazione è, dunque, opera di grande utilità.

L’arduo sentiero della pacificazione prima e della costruzione della pace dopo, è pieno di contraddizioni, ritorni, riproposizioni, pause.

Basta pensare al cessate il fuoco in Libano.

L’intesa che abbiamo accolto pochi giorni orsono ripropone, in sostanza, quanto previsto dalla Risoluzione 1701 del 2006 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, mai pienamente attuata.

Su quella base, sebbene troppo fragile per incidere sulle cause profonde del conflitto, tenaci negoziatori hanno saputo inserire una dinamica positiva, anche rilanciando il ruolo della Missione UNIFIL delle Nazioni Unite.

La diplomazia conosce il valore prezioso dei piccoli passi.

Quello compiuto in Libano ci porta a sperare di poter sperare per Gaza.

Occorre ottenere finalmente l’immediata liberazione degli ostaggi israeliani.

Occorre porre fine alle disumane sofferenze della popolazione civile della Striscia e poter farvi giungere aiuti immediati. 

Ciò significa non limitarsi a soluzioni contingenti, pur se preziose in quanto permettono di salvare vite umane.

Mediare non significa rinunciare a obiettivi ambiziosi.

Guardando alla Palestina va ribadito fermamente che, per la Repubblica Italiana, l’autentica prospettiva di futuro risiede nella soluzione a due Stati.

È un obiettivo privo di alternative, come hanno ricordato i Ministri della regione intervenuti alla Conferenza dei Dialoghi Mediterranei, prezioso foro sviluppato dalla Farnesina, non solo di dialogo ma anche di tessitura di relazioni e rapporti che possono contribuire a maggiore comprensione, a scenari di stabilizzazione in una regione così complessa.

Perseguire l’obiettivo, ravvicinato, della statualità palestinese significa offrire al popolo della Cisgiordania e di Gaza un traguardo di giustizia e una convincente prospettiva di speranza per il proprio futuro, irrinunziabile condizione anche per una finalmente solida garanzia di sicurezza per Israele.

Con analoga tenacia occorrerà accompagnare la definizione dello Stato che sorgerà dalla nuova situazione siriana, sia dal punto di vista politico sia per quel che riguarda le conseguenze umanitarie.

La guerra in Ucraina sta per entrare nel suo terzo anno. In oltre 1000 giorni di conflitto la Federazione Russa ha fatto continuo ricorso a strumenti di morte contro la popolazione ucraina e le infrastrutture civili del Paese.

L’ingresso in campo di altri attori che forniscono truppe all’aggressione, allarga il conflitto, suscita allarme anche in aree più remote rispetto al teatro di guerra, alimentando i timori di una deriva fuori controllo.

L’Italia, continuerà a lavorare affinché siano rispettati parametri essenziali, quali il rispetto del diritto internazionale; l’integrità territoriale ucraina; il principio della sicurezza nucleare; il rilascio dei prigionieri di guerra; la restituzione alle famiglie dei bambini ucraini rapiti e condotti in Russia; l’accesso sicuro ai porti del Mar Nero e del Mar d’Azov, anche a beneficio della sicurezza alimentare al livello globale.

La pace richiede il contributo di tutti, in particolare delle potenze globali, perché globali sono le loro responsabilità e globali sono le conseguenze dell’aggressione alla legalità internazionale compiuto dalla Federazione Russa.

Nel frattempo l’Ucraina potrà contare sul nostro convinto sostegno militare, economico, diplomatico e umanitario, oltre che sulle garanzie che sono state inserite nell’accordo bilaterale con Kiev.

La prospettiva europea è quella che gli Ucraini hanno scelto e su di essa sanno di poter contare sul sostegno dell’Italia.

Del resto, messa di fronte al dramma di una guerra ai propri confini, è proprio l’Unione Europea ad aver trovato la forza e l’unità per reagire compatta con strumenti e misure che sarebbero stati inimmaginabili solo pochi anni addietro.

Dobbiamo capitalizzare questa esperienza e non disperderla, proseguendo nel percorso di unificazione europea con l’ingresso dei Paesi dei Balcani Occidentali e riattivando efficacemente le politiche di vicinato della Ue e i suoi strumenti, a partire dall’Unione per il Mediterraneo che vedrà, nel 2025, il proprio trentennale.

Sono prove che attendono le istituzioni europee al nuovo mandato loro affidato dai cittadini con la rinnovata elezione del Parlamento Europeo.

Una diplomazia efficace per la pace passa, per quanto ci riguarda, attraverso il ruolo dell’Unione europea e, in essa, del contributo attivo dell’Italia.

Signore e Signori,

la diplomazia, nella sua espressione autentica, è presidio della pace, come quest’ultima lo è dello sviluppo.

La Legge 125 del 2014 definisce le attività di cooperazione come “parte integrante e qualificante” della nostra politica estera. Questo riconoscimento è al contempo è una presa d’atto di quel che la cooperazione allo sviluppo è sempre stata, cioè un indispensabile strumento per promuovere nel mondo una crescita equilibrata e giusta e, al tempo stesso, un’indicazione a considerarla elemento “qualificante” integrato nella proiezione internazionale dell’Italia.

La legge fissa quali obiettivi della cooperazione, accanto alla lotta alla povertà, la prevenzione dei conflitti, il consolidamento delle istituzioni democratiche, la promozione di parametri di sostenibilità.

Quel nesso fra sviluppo, Stato di diritto e pace, a favore di una relazione paritaria, fondata sui concetti di interdipendenza e di partenariato.

Sono gli obiettivi dell’Agenda 2030 e del Patto per il futuro delle Nazioni Unite, da raggiungere con il contributo della nostra Cooperazione che coinvolge una pluralità di attori della società civile, oltre, naturalmente, alle agenzie del sistema onusiano.

Molti sono gli esempi di collaborazione. Il programma Food for Gaza realizzato con il polo romano delle Nazioni Unite per alleviare una delle più sconvolgenti tragedie umanitarie del momento attuale. E il Piano Mattei, sfida di grande portata che valorizza il contributo italiano allo sviluppo del continente africano.

Signor Ministro, Signor Vice Ministro, Signori Sottosegretari di Stato,

Ambasciatrici e Ambasciatori,

la diplomazia – in particolare, il Capo missione – è il soggetto chiamato alla sintesi della proiezione della complessa realtà del Sistema Italia nel Paese in cui opera.

Vale per il ruolo di accompagnamento alle iniziative commerciali e di investimento, soprattutto in quei contesti in cui i contatti istituzionali con le realtà locali possono avere valore determinante.

La diplomazia economica resta, per un Paese che ha storicamente fondato il suo sviluppo sulle esportazioni, tassello centrale di un’efficace strategia di internazionalizzazione.

Vale per la valorizzazione del nostro immenso patrimonio artistico, culturale, linguistico.

Le attività educative, con le scuole italiane all’estero, gli accordi tra le Università, i rapporti scientifici e artistici, rappresentano veicoli di amicizia ineguagliabili.

Né può mai essere sottostimato il ruolo di collegamento e assistenza svolto nei confronti delle nostre comunità all’estero, e delle comunità dei cittadini di origine italiana ormai saldamente integrati nelle società di accoglienza, che continuano a considerare un riferimento il nostro Paese.

Nelle numerose occasioni di incontro all’estero ho sempre riscontrato alto interesse e curiosità nei confronti dell’Italia e di ciò che essa esprime.

Il dialogo interculturale costituisce uno strumento potente, di cui spesso non si coglie appieno il valore. La cultura crea legami profondi, forti e duraturi, scevri da convenienze o tensioni di natura politica o economica.

Occorre certamente, quindi, anche più diplomazia culturale, per sviluppare quel soft power espresso dall’immenso patrimonio culturale italiano, con effetti di accrescimento del potere di attrazione nazionale.

Signore Ambasciatrici, Signori Ambasciatori,

ho in premessa richiamato le grandi sfide che attraversano la nostra società e la congiuntura mondiale.

Uno degli aspetti più caratterizzanti della realtà in cui ci muoviamo è certamente il crescente impatto delle relazioni internazionali sulle nostre vite, a tutti i livelli.

Globalizzazione e digitalizzazione hanno reso il mondo molto più interconnesso e interdipendente e più vicine le sue varie parti.

Se ne è avvantaggiata la conoscenza reciproca e, contemporaneamente, è emersa nuovamente la pretesa di alcuni governi di calare cortine sui flussi di informazione e sulle relazioni tra i cittadini di vari Paesi o di incidere negativamente su di essi attraverso ostili strumenti di manipolazione delle informazioni e di condizionamento di opinione.

La diplomazia ha il non facile compito di analizzare e comprendere costantemente la realtà internazionale, i movimenti al suo interno, e di costruire proficue relazioni con i nostri interlocutori esteri a tutela degli interessi fondamentali della Repubblica e di quello generale della Comunità degli Stati.

Un interesse che ritengo oggi coincida più che mai con il rispetto del quadro di principi e norme dell’ordinamento internazionale.

In questo quadro occupano un ruolo determinante le generazioni più giovani, impegnate in molti ambiti per la costruzione di un mondo con migliori condizioni.

Il futuro è nelle loro mani, a patto di poterlo ricevere in consegna non compromesso da chi li ha preceduti.

E’ giusto osservare da vicino e divenire protagonisti di quello che si profila in avvenire.

Anche in questo vostro ambito, in politica estera, vi è bisogno di un continuo apporto di idee nuove, di iniziative, di stimoli.

Nel rinnovare la gratitudine a voi tutti per l’impegno e la dedizione con cui servite quotidianamente l’interesse generale del Paese, colgo l’occasione per rivolgere ai voi e alle vostre famiglie i più cordiali auguri”.