Divieto di discriminazione basata sulla disabilità: obbligo di riassegnazione ad un altro posto di lavoro.
Corte di giustizia dell’UE. Sentenza 10 febbraio 2022.Divieto di discriminazione basata sulla disabilità: obbligo di riassegnazione ad un altro posto di lavoro.
Corte di Giustizia , Sez. 3, sentenza 10 febbraio 2022, in causa C-485/20, HR Rail
«Rinvio pregiudiziale–Politica sociale– Direttiva 2000/78/CE–Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro–Divieto di discriminazione fondata sulla disabilità–Licenziamento di un lavoratore divenuto definitivamente inidoneo ad esercitare le funzioni essenziali del suo posto di lavoro–Agente che effettua un tirocinio nel quadro della sua assunzione–Articolo 5–Soluzioni ragionevoli per i disabili–Obbligo di riassegnazione a un altro posto di lavoro–Ammissione con riserva di non integrare un onere sproporzionato per il datore di lavoro»
1.Un lavoratore disabile, compreso quello che svolge un tirocinio post-assunzione, che sia dichiarato inidoneo ad esercitare le funzioni essenziali del posto da lui occupato può beneficiare della riassegnazione ad un altro posto per il quale dispone delle competenze, delle capacità e delle disponibilità richieste Tuttavia, una tale misura non deve imporre al datore di lavoro un onere sproporzionato.
2.La società HR Rail, datore di lavoro esclusivo del personale delle Ferrovie belghe, nel novembre 2016 assume un agente di manutenzione specializzato delle linee ferroviarie che ha iniziato il suo tirocinio in seno alla Infrabel, ente incaricato della gestione delle infrastrutture per le Ferrovie belghe. Nel dicembre 2017 a tale agente tirocinante viene diagnosticata una patologia cardiaca che richiede l’impianto di un pacemaker, apparecchio sensibile ai campi elettromagnetici emessi, in particolare, dalle linee ferroviarie. Per tale ragione, egli viene riconosciuto disabile dal Service public fédéral «Sécurité sociale» (Servizio pubblico federale per la previdenza sociale, Belgio). Nel giugno 2018, il Centre régional de la médecine de l’administration (Centro regionale per la medicina dell’amministrazione, Belgio), incaricato di valutare l’idoneità medica degli agenti statutari delle Ferrovie belghe, dichiara l’agente inidoneo ad esercitare le funzioni per le quali era stato assunto. Egli viene quindi riassegnato ad un posto di magazziniere presso la stessa impresa. Il 26 settembre 2018 il consigliere capo della HR Rail lo informa del licenziamento con effetto al 30 settembre 2018, con divieto di assunzione di 5 anni nel grado in cui era stato assunto. Un mese più tardi, il direttore generale della HR Rail comunica all’agente la fine del periodo di tirocinio a causa della sua impossibilità totale e definitiva di proseguire le mansioni per le quali era stato assunto. Infatti, secondo lo statuto e il regolamento applicabili al personale delle Ferrovie belghe, contrariamente agli agenti nominati in via definitiva, i tirocinanti che sono riconosciuti disabili e non sono quindi più in grado di esercitare la loro funzione non beneficiano di una riassegnazione all’interno dell’impresa.
3.L’agente ha chiesto, dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio), l’annullamento della decisione di licenziamento. Tale giudice chiede alla Corte di giustizia chiarimenti relativi all’interpretazione della direttiva 2000/78 a favore della parità di trattamento in materia di occupazione e lavoro, e, più precisamente, alla nozione di «soluzioni ragionevoli per i lavoratori disabili» (cfr. l’art. 5 della direttiva 2000/78/CE, “che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”).
4.Nella sentenza del 10 Febbraio 2022, la Corte considera che tale nozione implica che un lavoratore, compreso quello che svolge un tirocinio post-assunzione, il quale, a causa della sua disabilità, sia stato dichiarato inidoneo ad esercitare le funzioni essenziali del posto da lui occupato, sia destinato ad un altro posto per il quale dispone delle competenze, delle capacità e delle disponibilità richieste, a meno che una tale misura non imponga al datore di lavoro un onere sproporzionato. In via preliminare, la Corte ricorda che la direttiva 2000/78 si propone di fissare un quadro generale per garantire a ogni individuo la parità di trattamento «in materia di occupazione e di condizioni di lavoro», offrendo una protezione efficace contro le discriminazioni, tra cui figura la disabilità. La Corte precisa che la direttiva si applica alle condizioni di accesso all’occupazione e al lavoro, sia dipendente che autonomo, e all’accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale. Secondo la Corte, la formulazione di tale disposizione è sufficientemente ampia da ricomprendere la situazione di un lavoratore che effettua un tirocinio di formazione conseguente alla sua assunzione da parte del suo datore di lavoro. Di conseguenza, il fatto che l’agente impiegato dalla HR Rail non fosse, alla data del suo licenziamento, un agente definitivamente assunto, non impedisce che la sua situazione professionale rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78.
La Corte ricorda poi che, secondo tale direttiva, al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, devono essere previste «soluzioni ragionevoli». Così, il datore di lavoro deve prendere le misure appropriate, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali misure richiedano da parte del datore di lavoro un onere sproporzionato. Tra le misure appropriate, la direttiva prevede «misure efficaci e pratiche destinate a sistemare il luogo di lavoro in funzione dell’handicap, ad esempio sistemando i locali o adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro, la ripartizione dei compiti o fornendo mezzi di formazione o di inquadramento».
La Corte precisa che si tratta di un elenco non esaustivo delle misure appropriate, potendo queste ultime essere di ordine fisico, organizzativo e/o educativo. La direttiva contempla un’ampia definizione della nozione di «accomodamento ragionevole».
La Corte ritiene, a tale proposito, che, quando un lavoratore diviene definitivamente inidoneo a ricoprire il suo posto di lavoro a causa di una sopravvenuta disabilità, la sua assegnazione a un diverso posto di lavoro può rappresentare una misura appropriata nell’ambito delle «soluzioni ragionevoli». Una tale interpretazione è conforme a tale nozione, che deve essere intesa come diretta all’eliminazione delle barriere di diversa natura che ostacolano la piena ed effettiva partecipazione delle persone disabili alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori.
Ciò posto, occorre osservare che la direttiva 2000/78 non può obbligare il datore di lavoro ad adottare provvedimenti che gli impongano un «onere sproporzionato». A tale proposito, per determinare se le misure in questione diano luogo a oneri sproporzionati, è necessario tener conto in particolare dei costi finanziari che esse comportano, delle dimensioni e delle risorse finanziarie dell’organizzazione o della possibilità di ottenere fondi pubblici o altre sovvenzioni. Peraltro, la Corte precisa che, in ogni caso, la possibilità di assegnare una persona disabile ad un altro posto di lavoro esiste solo in presenza di almeno un posto vacante che il lavoratore interessato è in grado di occupare.
Dal testo della sentenza
“[…] La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 5 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16). 2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra (…) e la HR Rail SA riguardante il licenziamento del primo a causa della sua disabilità.
Contesto normativo
Diritto internazionale
3 La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che è stata approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2010/48/CE del Consiglio, del 26 novembre 2009 (GU 2010, L 23, pag. 35; in prosieguo: la «Convenzione dell’ONU»), alla lettera e) del preambolo enuncia quanto segue: «riconoscendo che la disabilità è un concetto in evoluzione e che la disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri».
4 Ai sensi dell’articolo 1 di tale convenzione, intitolato «Scopo»: «Scopo della presente convenzione è promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità. Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri».
5 L’articolo 2 di detta convenzione, intitolato «Definizioni», prevede quanto segue: «Ai fini della presente convenzione: (…) per “discriminazione fondata sulla disabilità” si intende qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole; per “accomodamento ragionevole” si intendono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento o l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali; (…)».
6 L’articolo 27, paragrafo 1, della medesima convenzione, intitolato «Lavoro e occupazione», afferma: «Gli Stati parti riconoscono il diritto al lavoro delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri; segnatamente il diritto di potersi mantenere attraverso un lavoro liberamente scelto o accettato in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, che favorisca l’inclusione e l’accessibilità alle persone con disabilità. Gli Stati parti devono garantire e favorire l’esercizio del diritto al lavoro, anche a coloro i quali hanno acquisito una disabilità durante l’impiego, prendendo appropriate iniziative – anche attraverso misure legislative – in particolare al fine di: (…) h) favorire l’impiego di persone con disabilità nel settore privato attraverso politiche e misure adeguate che possono includere programmi di azione antidiscriminatoria, incentivi e altre misure; i) garantire che alle persone con disabilità siano forniti accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro; (…) k) promuovere programmi di orientamento e riabilitazione professionale, di mantenimento del posto di lavoro e di reinserimento nel lavoro per le persone con disabilità».
Diritto dell’Unione
7. I considerando 16, 17, 20 e 21 della direttiva 2000/78 sono così formulati: «(16) La messa a punto di misure per tener conto dei bisogni dei disabili sul luogo di lavoro ha un ruolo importante nel combattere la discriminazione basata sull’handicap. (17) La presente direttiva non prescrive l’assunzione, la promozione o il mantenimento dell’occupazione né prevede la formazione di un individuo non competente, non capace o non disponibile ad effettuare le funzioni essenziali del lavoro in questione, fermo restando l’obbligo di prevedere una soluzione appropriata per i disabili. (…) (20) È opportuno prevedere misure appropriate, ossia misure efficaci e pratiche destinate a sistemare il luogo di lavoro in funzione dell’handicap, ad esempio sistemando i locali o adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro, la ripartizione dei compiti o fornendo mezzi di formazione o di inquadramento. (21) Per determinare se le misure in questione danno luogo a oneri finanziari sproporzionati, è necessario tener conto in particolare dei costi finanziari o di altro tipo che esse comportano, delle dimensioni e delle risorse finanziarie dell’organizzazione o dell’impresa e della possibilità di ottenere fondi pubblici o altre sovvenzioni».
8 L’articolo 3 di tale direttiva, intitolato «Campo d’applicazione», al paragrafo 1 enuncia quanto segue: «Nei limiti dei poteri conferiti all'[Unione europea], la presente direttiva, si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene: a) alle condizioni di accesso all’occupazione e al lavoro, sia dipendente che autonomo, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione indipendentemente dal ramo di attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché alla promozione; b) all’accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali; c) all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione; (…)».
9 Ai sensi dell’articolo 5 della direttiva suddetta, intitolato «Soluzioni ragionevoli per i disabili»: «Per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l’onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili».
Diritto belga
10 La legge del 10 maggio 2007 volta a combattere determinate forme di discriminazione, che recepisce la direttiva 2000/78 nel diritto belga, vieta le discriminazioni dirette e indirette fondate su uno qualsiasi dei criteri protetti di cui al suo articolo 4, punto 4°, in particolare sullo stato di salute attuale o futuro e sull’handicap.
11 Ai sensi dell’articolo 9 di tale legge, una distinzione indiretta sulla base di un handicap costituisce una discriminazione indiretta, a meno che sia dimostrato che non può essere messa in atto nessuna soluzione ragionevole. Conformemente all’articolo 14 della medesima legge, è vietata ogni forma di discriminazione, intendendosi per discriminazione segnatamente la discriminazione diretta, la discriminazione indiretta e il rifiuto di mettere in atto soluzioni ragionevoli a favore di una persona disabile. 12 A tale proposito, l’articolo 4, punto 12, della medesima legge definisce la nozione di «soluzioni ragionevoli» come tutti «i provvedimenti appropriati, adottati in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione nei settori in cui la presente legge è applicabile, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte di chi deve adottarli un onere sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l’onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica pubblica a favore dei disabili».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
13 Il ricorrente nel procedimento principale veniva assunto come agente di manutenzione specializzato delle linee ferroviarie, dalla HR Rail, datore di lavoro esclusivo del personale delle Ferrovie belghe. Il 21 novembre 2016 iniziava un tirocinio in seno alla società Infrabel, ente giuridico che agiva in qualità di «gestore delle infrastrutture» per le Ferrovie belghe. Nel dicembre 2017 al ricorrente veniva diagnosticata una patologia cardiaca che richiedeva l’impianto di un pacemaker, apparecchio sensibile ai campi elettromagnetici generati, in particolare, dalle ferrovie. Poiché tale dispositivo medico era incompatibile con l’esposizione ripetuta ai campi elettromagnetici che subisce un agente di manutenzione delle linee ferroviarie, il ricorrente nel procedimento principale non era più in grado di svolgere le mansioni per quali era stato inizialmente assunto.
14 Il 12 giugno 2018, egli veniva riconosciuto disabile dal Service public fédéral «Sécurité sociale» (Belgio) (Servizio pubblico federale per la previdenza sociale, Belgio).
15 Con decisione del 28 giugno 2018, il Centre régional de la médecine de l’administration (Belgique) (Centro regionale per la medicina dell’amministrazione, Belgio), incaricato di valutare l’idoneità medica degli agenti statutari delle Ferrovie belghe, dichiarava il ricorrente nel procedimento principale inidoneo ad esercitare le funzioni per le quali era stato assunto (in prosieguo: la «decisione controversa»). Il Centro regionale per la medicina dell’amministrazione precisava, tuttavia, che l’interessato avrebbe potuto ricoprire un posto che rispondesse ai seguenti requisiti: «attività media, assenza di esposizione ai campi magnetici, non ad altezze elevate o a rischio di vibrazioni».
16 Il ricorrente nel procedimento principale veniva quindi riassegnato ad un posto di magazziniere presso la stessa impresa.
17 Il 1º luglio 2018, egli proponeva ricorso avverso la suddetta decisione dinanzi alla Commission d’appel de la médecine de l’administration (Commissione d’appello per la medicina della Pubblica amministrazione, Belgio).
18 Con lettera del 19 luglio 2018, la HR Rail comunicava al ricorrente che avrebbe beneficiato di un’«assistenza personalizzata al fine di individuare insieme a lui un nuovo impiego» e che sarebbe stato convocato a breve per un incontro a tal fine.
19 Il 3 settembre 2018, la Commissione d’appello per la medicina della Pubblica amministrazione confermava la decisione controversa.
20 Il 26 settembre 2018, il consulente capo – responsabile del servizio interessato della HR Rail informava il ricorrente nel procedimento principale del suo licenziamento con effetto dal 30 settembre 2018, con divieto di assunzione di 5 anni nel grado in cui era stato assunto.
21 Il 26 ottobre 2018, il direttore generale della HR Rail comunicava al ricorrente nel procedimento principale che, in applicazione dello statuto e del regolamento applicabili al personale delle Ferrovie belghe, si poneva fine al suo periodo di tirocinio per essere egli impossibilitato totalmente e definitivamente a proseguire le mansioni per le quali era stato assunto. Infatti, a differenza degli agenti nominati in via definitiva, i tirocinanti che sono riconosciuti disabili e non sono per questo più in grado di esercitare le loro funzioni non beneficiano di una riassegnazione all’interno dell’impresa. Il direttore generale lo informava altresì che la lettera che offriva un’«assistenza personalizzata» era divenuta priva di oggetto.
22 Il ricorrente nel procedimento principale ha proposto dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio) un ricorso di annullamento avverso la decisione del 26 settembre 2018 che lo informava del suo licenziamento con effetto dal 30 settembre 2018.
23 Il giudice del rinvio rileva che le condizioni di salute del ricorrente nel procedimento principale consentono di qualificarlo come «disabile», ai sensi della normativa che recepisce nel diritto belga la direttiva 2000/78. Tuttavia, esso constata che la questione se, per «soluzione ragionevole» ai sensi dell’articolo 5 di tale direttiva, occorra prendere in considerazione anche la possibilità di destinare ad un’altra funzione la persona che, a causa di una sopravvenuta disabilità, non sia più in grado di svolgere la funzione che rivestiva anteriormente, non è valutata in modo uniforme dalla giurisprudenza nazionale.
24 In tali circostanze, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se l’articolo 5 della direttiva [2000/78] debba essere interpretato nel senso che un datore di lavoro ha l’obbligo, nei confronti di una persona che, a causa della sua disabilità, non sia più in grado di svolgere le funzioni essenziali del lavoro al quale era assegnata, di destinarla ad un altro posto per il quale essa possieda le competenze, le capacità e le disponibilità richieste, quando una tale misura non imponga al datore di lavoro un onere sproporzionato».
Sulla questione pregiudiziale
25 Con la sua questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 5 della direttiva 2000/78 debba essere interpretato nel senso che la nozione di «soluzioni ragionevoli per i disabili», ai sensi di tale articolo, implica che un lavoratore, compreso quello che assolve un tirocinio post-assunzione, il quale, a causa della sua disabilità, sia stato dichiarato inidoneo ad esercitare le funzioni essenziali del posto da lui occupato, sia assegnato ad un altro posto per il quale dispone delle competenze, delle capacità e delle disponibilità richieste.
26 Va ricordato, in via preliminare, che sia dal titolo e dal preambolo sia dal contenuto e dalla finalità della direttiva 2000/78 emerge che essa si propone di fissare un quadro generale per garantire a ogni individuo la parità di trattamento «in materia di occupazione e di condizioni di lavoro», offrendogli una protezione efficace contro le discriminazioni fondate su uno dei motivi di cui al suo articolo 1, tra i quali sono menzionati gli handicap (sentenza del 15 luglio 2021, Tartu Vangla, C‑795/19, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).
27 Detta direttiva concretizza, nel settore da essa disciplinato, il principio generale di non discriminazione ormai sancito dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Inoltre, l’articolo 26 della Carta prevede che l’Unione riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità (sentenza del 21 ottobre 2021, Komisia za zashtita ot diskriminatsia, C‑824/19, punti 32 e 33, nonché giurisprudenza ivi citata).
28 Prima di tutto, si deve determinare se la suddetta direttiva possa essere invocata da una persona che, come il ricorrente nel procedimento principale, ha dovuto subire l’impianto di un pacemaker mentre assolveva un tirocinio post-assunzione da parte del datore di lavoro, ciò che ha reso impossibile che continuasse ad espletare le mansioni per le quali era stata inizialmente assunta, tenuto conto della sensibilità di tale apparecchio ai campi elettromagnetici generati dalle ferrovie, e ha di conseguenza condotto al suo licenziamento.
29 A tale proposito, in primo luogo, come risulta dal suo articolo 3, paragrafo 1, la direttiva 2000/78 si applica sia al settore pubblico che a quello privato, compresi gli enti pubblici. Pertanto, il fatto che la HR Rail sia una società per azioni di diritto pubblico non osta a che il ricorrente nel procedimento principale possa invocare tale direttiva nei propri riguardi.
30 In secondo luogo, ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), detta direttiva si applica alle condizioni di accesso all’occupazione e al lavoro, sia dipendente che autonomo, e all’accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale. La formulazione di tale disposizione risulta sufficientemente ampia da ricomprendere la situazione di un lavoratore che assolve un tirocinio di formazione conseguente all’assunzione da parte del datore di lavoro.
31 Inoltre, la Corte ha già dichiarato che la nozione di «lavoratore» ai sensi dell’articolo 45 TFUE, che è uguale a quella della direttiva 2000/78 (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2017, Abercrombie & Fitch Italia, C‑143/16, punto 19), si estende alle persone che svolgano un tirocinio di preparazione o periodi di apprendistato nell’ambito di una professione, che possono essere considerati quali preparazione pratica collegata all’esercizio vero e proprio dell’attività professionale, laddove tali periodi vengano svolti secondo le modalità di un’attività retribuita reale ed effettiva, a favore e sotto la direzione di un datore di lavoro (sentenza del 9 luglio 2015, Balkaya, C‑229/14, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).
32 Ne consegue che il fatto che il ricorrente nel procedimento principale non fosse, alla data del suo licenziamento, un agente definitivamente assunto, non impedisce che la sua situazione professionale rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78.
33 In terzo luogo, è pacifico che il ricorrente nel procedimento principale è portatore di un «handicap», ai sensi della normativa nazionale che attua la direttiva 2000/78.
34 Secondo una costante giurisprudenza, la nozione di «handicap», ai sensi di tale direttiva, deve essere intesa nel senso che si riferisce ad una limitazione, risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche, che, in interazione con barriere di diversa natura, può ostacolare la piena ed effettiva partecipazione dell’interessato alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori (v., in tal senso, sentenze 11.4.2013 HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, punto 38, e dell’11 settembre 2019, Nobel Plastiques Ibérica, C-397/18, punto 41).
35 Nel caso di specie, il ricorrente nel procedimento principale soffre, in effetti, di un problema di salute che richiede l’impianto di un pacemaker, dispositivo sensibile ai campi elettromagnetici generati, in particolare, dalle ferrovie, ciò che non gli consente di svolgere le funzioni essenziali del posto al quale era assegnato.
36 Pertanto, una fattispecie come quella di cui al procedimento principale rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78.
37 Al fine di rispondere alla questione sollevata dal giudice del rinvio, occorre rilevare che dalla formulazione dell’articolo 5 della direttiva 2000/78, letto alla luce dei considerando 20 e 21 della stessa, risulta che il datore di lavoro è tenuto ad adottare misure appropriate, ossia misure efficaci e pratiche, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione, senza che subisca un onere sproporzionato.
38 A tale proposito, occorre ricordare che la direttiva 2000/78 deve essere oggetto, per quanto possibile, di un’interpretazione conforme alla Convenzione dell’ONU (sentenza del 21 ottobre 2021, Komisia za zashtita ot diskriminatsia, C‑824/19,, punto 59 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, secondo l’articolo 2, terzo comma, della Convenzione dell’ONU, la discriminazione fondata sulla disabilità include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole.
39 Dall’articolo 5 della direttiva 2000/78 risulta che, al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, devono essere previste soluzioni ragionevoli. Così, il datore di lavoro deve prendere le misure appropriate, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali misure richiedano da parte sua un onere sproporzionato.
40 Per quanto riguarda specificamente il considerando 20 di detta direttiva, il quale menziona, tra le misure appropriate, «misure efficaci e pratiche destinate a sistemare il luogo di lavoro in funzione dell’handicap, ad esempio sistemando i locali o adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro, la ripartizione dei compiti o fornendo mezzi di formazione o di inquadramento», la Corte ha già dichiarato che esso elenca non esaustivamente le misure appropriate, potendo queste ultime essere di ordine fisico, organizzativo e/o educativo, in quanto l’articolo 5 della medesima direttiva, letto alla luce dell’articolo 2, quarto comma, della Convenzione dell’ONU, contempla un’ampia definizione della nozione di «soluzione ragionevole» (v., in tal senso, sentenza 11.4.2013, HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, punti 49 e 53).
41 Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 59 delle sue conclusioni, occorre ritenere che il riferimento effettuato, al considerando 20 della direttiva 2000/78, alla sistemazione del «luogo di lavoro» sottolinea il carattere prioritario di tale sistemazione rispetto ad altre misure di adeguamento dell’ambiente di lavoro della persona disabile al fine di consentirle una piena ed effettiva partecipazione alla vita professionale sul fondamento del principio di uguaglianza con gli altri lavoratori. Tali misure possono, quindi, comprendere l’attuazione da parte del datore di lavoro di provvedimenti che consentano al disabile di conservare la sua occupazione, come un trasferimento ad un altro posto di lavoro.
42 Per di più, come già dichiarato dalla Corte, la direttiva 2000/78 concretizza, nel settore da essa disciplinato, il principio generale di non discriminazione ormai sancito dall’articolo 21 della Carta. Inoltre, l’articolo 26 della Carta prevede che l’Unione riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità (v., in tal senso, sentenze del 17 aprile 2018, Egenberger, C‑414/16, punto 47, nonché del 21 ottobre 2021, Komisia za zashtita ot diskriminatsia, C‑824/19, punti 32 e 33).
43 Si deve quindi ritenere, come ha fatto l’avvocato generale al paragrafo 69 delle sue conclusioni, che, quando un lavoratore diviene definitivamente inidoneo a ricoprire il suo posto di lavoro a causa di una sopravvenuta disabilità, la sua assegnazione a un diverso posto di lavoro può rappresentare una misura appropriata nell’ambito delle «soluzioni ragionevoli» ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2000/78.
44 Una tale interpretazione è conforme a tale nozione, che deve essere intesa come diretta all’eliminazione delle barriere di diversa natura che ostacolano la piena ed effettiva partecipazione delle persone disabili alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori (v., in tal senso, sentenza 11.4.2013, HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, punto 54).
45 Ciò posto, occorre osservare che l’articolo 5 della direttiva 2000/78 non può obbligare il datore di lavoro ad adottare provvedimenti che gli impongano un «onere sproporzionato». A tale proposito, dal considerando 21 di tale direttiva deriva che, per determinare se le misure in questione diano luogo a oneri sproporzionati, è necessario tener conto in particolare dei costi finanziari o di altro tipo che esse comportano, delle dimensioni e delle risorse finanziarie dell’organizzazione o dell’impresa e della possibilità di ottenere fondi pubblici o altre sovvenzioni.
46 Va rammentato che, nell’ambito del procedimento ai sensi dell’articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale. Tuttavia, al fine di fornire al giudice nazionale una soluzione utile, la Corte può, in uno spirito di cooperazione con i giudici nazionali, dargli tutte le indicazioni che le appaiano necessarie (sentenza 11.4.2013, HK Danmark, C‑335/11 e C‑337/11, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).
47 Può costituire un elemento pertinente ai fini di tale valutazione la circostanza, rilevata dal giudice del rinvio, che, dopo essere stato dichiarato inidoneo ad esercitare le funzioni per le quali era stato assunto, il ricorrente nel procedimento principale sia stato riassegnato ad un posto di magazziniere all’interno della medesima impresa.
48 Peraltro, occorre precisare che, in ogni caso, la possibilità di assegnare una persona disabile ad un altro posto di lavoro esiste solo in presenza di almeno un posto vacante che il lavoratore interessato è in grado di occupare, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 77 delle sue conclusioni.
49 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 5 della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «soluzioni ragionevoli per i disabili», ai sensi di tale articolo, implica che un lavoratore, compreso quello che assolve un tirocinio post-assunzione, il quale, a causa della sua disabilità, sia stato dichiarato inidoneo ad esercitare le funzioni essenziali del posto da lui occupato, sia destinato ad un altro posto per il quale dispone delle competenze, delle capacità e delle disponibilità richieste, a meno che una tale misura non imponga al datore di lavoro un onere sproporzionato.
Sulle spese
50 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
L’articolo 5 della direttiva 2000/78 del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «soluzioni ragionevoli per i disabili», ai sensi di tale articolo, implica che un lavoratore, compreso quello che assolve un tirocinio post-assunzione, il quale, a causa della sua disabilità, sia stato dichiarato inidoneo ad esercitare le funzioni essenziali del posto da lui occupato, sia destinato ad un altro posto per il quale dispone delle competenze, delle capacità e delle disponibilità richieste, a meno che una tale misura non imponga al datore di lavoro un onere sproporzionato […]”.
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