(Studio legale G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)
L’art. 167 c.p.c. comma 1 impone al convenuto di prendere posizione sui fatti dedotti dall’attore ma non a pena di decadenza, come invece vuole il comma 2 per le eccezioni in senso stretto[1].
Una persona propone una domanda giudiziale per far accertare l’intervenuta usucapione su alcuni terreni.
Il Comune, evocato in giudizio, si costituisce pochi giorni prima dell’udienza contestando la pretesa dell’attore e affermando la demanialità dei fondi.
In sostanza l’ente comunale (convenuto) nega il diritto dedotto dall’attore, e questa presa di posizione è una mera difesa.
Ma fino a quando può essere formulata?
Secondo la Corte di Cassazione, Sezione II, ordinanza del 17 ottobre 2023, n. 28793, il convenuto può svolgere mere difese in ogni fase del giudizio; il convenuto che si limiti a negare la titolarità del diritto fatto valere dall’attore non subisce la decadenza prevista dall’art. 167, c. 2, c.p.c.
Il secondo comma della citata disposizione dispone infatti che si debbano proporre, nella comparsa di risposta, a pena di decadenza, le eccezioni in senso stretto; mentre il primo comma impone che si propongano tutte le difese ma non prevede alcuna preclusione.
Giova ricordare che, su tale aspetto si è pronunciata la Corte di Cassazione (Cass. SS. UU., sentenza 2951/2016) affermando (ai punti 64-65) che “64. La difesa con la quale il convenuto si limiti a dedurre, ed eventualmente argomentare (senza contrapporre e chiedere di provare fatti impeditivi, estintivi o modificativi), che l’attore non è titolare del diritto azionato, è una mera difesa. Non è un’eccezione, con la quale si contrappone un fatto impeditivo, estintivo o modificativo, nè quindi, un’eccezione in senso stretto, proponibile, a pena di decadenza, solo in sede di costituzione in giudizio e non rilevabile d’ufficio”, e che “65. Essa pertanto può essere proposta in ogni fase del giudizio (in cassazione solo nei limiti del giudizio di legittimità e sempre che non si sia formato il giudicato). A sua volta il giudice può rilevare dagli atti la carenza di titolarità del diritto anche d’ufficio”.
[1] Art. 167 Codice di procedura civile.
“Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione in modo chiaro e specifico sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, indicare le proprie generalità e il codice fiscale, i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni.
A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. Se è omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione.
Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell’articolo 269”.
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