“Era di maggio”, quando nacque l’Europa comunitaria.
Gianni Arrigo. 9 Maggio 2021“Era di maggio”, quando nacque l’Europa comunitaria.
di Gianni Arrigo
1. Le origini.
Il 9 maggio, giorno della “festa dell’Europa”, celebra la fine della seconda guerra mondiale e l’inizio ideale del processo d’integrazione europea. Questa data è inscindibilmente legata alla fine di quel conflitto (1a) e alla conquistata pace tra nazioni divise da rivalità secolari. Fu proprio il 9 maggio del 1950 che il ministro degli Esteri francese Robert Schuman indicò in una lungimirante Dichiarazione i percorsi e il metodo da seguire per “salvaguardare la pace mondiale […] con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minaccia[va]no”, e costruire un’Europa unita. Il conseguimento di questi obiettivi “esige[va] l’eliminazione del contrasto secolare tra la Francia e la Germania. A tal fine il governo francese propone[va] di concentrare immediatamente l’azione su un punto limitato ma decisivo”, consistente nel “mettere l’insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità […]. La fusione delle produzioni di carbone e di acciaio” avrebbe assicurato “ sùbito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea, e cambi[ato] il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime. La solidarietà di produzione in tal modo realizzata” avrebbe reso “non solo impensabile, ma materialmente impossibile […] una qualsiasi guerra tra la Francia e la Germania […]. La creazione di questa potente unità di produzione, aperta a tutti i paesi che vorranno aderirvi e intesa a fornire a tutti i paesi in essa riuniti gli elementi di base della produzione industriale a condizioni uguali” avrebbe gettato “le fondamenta reali della loro unificazione economica”.
Ideato da Jean Monnet[1], il Piano Schuman era proiettato in una dimensione più ampia dei valori dichiarati. La Francia avrebbe fondato su basi nuove e durature le relazioni con la ricostituita nazione tedesca e la Germania avrebbe potuto rivedere gli accordi stipulati dalle potenze occupanti alla fine della seconda guerra mondiale in cambio dell’adesione ad una nuova organizzazione di Stati europei fondata sulla pace[2] e sulla reciproca solidarietà e cooperazione, rientrando così nella grande famiglia dei popoli europei, nel consesso civile dell’Europa. L’iniziale unione di tipo economico in settori delimitati e significativi, una volta posti “i fondamenti di istituzioni capaci d’indirizzare un destino ormai condiviso” (come dirà il Preambolo del Trattato Ceca) avrebbe condotto ad “una unione sempre più stretta far i popoli europei” (come dirà il Preambolo del Trattato Cee) e gradualmente all’unificazione politica dell’Europa. Metodo funzionalista e approccio graduale, dunque. Del resto, come ripetevano Monnet e Schuman, “l’Europa non potrà farsi in una sola volta né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”[3].
- Il progetto di Rossi e Spinelli.
La proposta di unire gli Stati europei in una Federazione riformulava il progetto di Ernesto Rossi e Altiero Spinelli[4], che nel 1941 avevano lanciato dall’isola di Ventotene, dov’erano confinati insieme ad altri oppositori del regime fascista, un ardente appello agli Stati europei perché rinunciassero al dogma della sovranità assoluta degli Stati per creare una federazione europea[5]. La sfida degli autori del “Manifesto di Ventotene” venne raccolta e rilanciata, con accenti diversi, da Léon Blum nel libro “À l’échelle humaine“, diffuso clandestinamente durante la guerra dai sostenitori del pensiero federalista. L’idea di pervenire ad una unificazione degli Stati europei era stata nel frattempo sostenuta anche dal premier britannico Winston Churchill, che, in un discorso tenuto nel settembre 1946 all’Università di Zurigo, aveva caldeggiato, seppur con motivazioni diverse da quelle dianzi ricordate, la costruzione di un “edificio nel quale l’Europa possa vivere in un clima di pace”, propugnando la costituzione in tempi brevi di “una sorta di Stati Uniti d’Europa […]. Spetterà alla Germania e alla Francia ricostruire la famiglia europea. E il primo passo da compiere sarà la creazione di un Consiglio europeo”.
Il processo di unificazione va letto anche alla luce della divisione in due blocchi dell’Europa e della conseguente offerta di aiuto degli Stati Uniti all’Europa occidentale[6], priva di beni materiali e di valute pregiate, per consentirle di fronteggiare la gravissima situazione economica, sociale e politica del dopoguerra. Poiché l’offerta di aiuto era rivolta all’intero blocco dei Paesi europei, essi dovevano trovare una volontà comune per non dissolvere ogni possibilità di ripresa. L’unificazione (o, almeno, la semplice aggregazione), riferita in una prima fase al settore militare sulla base di un principio difensivo e di mutua assistenza, si estese in una seconda fase al campo economico e politico, complice l’aggravarsi della tensione internazionale e l’inizio della guerra fredda. Il primo approdo di questo nuovo indirizzo -dopo il trattato di Dunkerque tra Francia e Gran Bretagna e la sua estensione a Belgio, Olanda e Lussemburgo con il “Trattato di Bruxelles”, che creò l’Unione dell’Europa Occidentale[7] (Ueo)- fu la costituzione, nell’aprile del 1948, dell’Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica (Oece; dal 1960, Ocse) tra sedici Paesi dell’Europa occidentale. Essa alimentò grandi speranze seguite subito da profonde delusioni. Difatti l’Oece, oltre ad organizzare e amministrare gli aiuti americani, avrebbe dovuto avviare un’importante azione di liberalizzazione degli scambi, che tuttavia, a causa dell’opposizione del Regno Unito (RU), mancò dei poteri e degli strumenti necessari ad integrare l’economia europea. La via della costruzione europea riacquistò un più autonomo respiro con la costituzione, nel maggio del 1949, del Consiglio d’Europa[8], malgrado i limiti genetici di questa organizzazione, frutto di un compromesso tra chi aspirava a una rapida e integrale unificazione dell’Europa e chi, invece, non ammetteva limiti al principio della sovranità nazionale.
- L’istituzione della Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio.
Un legame stretto e definitivo tra Francia e Germania era, dunque, necessario per garantire all’Europa centrale un assetto territoriale e militare stabile e una gestione non conflittuale ed economicamente vantaggiosa per tutti del settore carbosiderurgico franco-tedesco nei bacini rivali della Ruhr e della Saar. Secondo il Piano Schuman, “porre l’insieme della produzione franco-tedesca del carbone e dell’acciaio sotto un’Alta Autorità comune, in un’organizzazione aperta alla partecipazione degli altri Paesi europei” avrebbe determinato “la fusione d’interessi indispensabile per costituire una comunità economica” e introdotto “il fermento di una comunità più ampia e più profonda”. Come anticipato, quest’obiettivo doveva raggiungersi gradualmente attraverso un programma di realizzazioni parziali e concrete volte a creare “una solidarietà di fatto [mediante] l’instaurazione di basi comuni di sviluppo economico” (come dirà il Preambolo del Trattato Ceca). La prima di queste realizzazioni concrete fu la creazione di un mercato comune in due settori strategici dal punto di vista economico (il carbone, che all’inizio degli anni Cinquanta dominava il campo delle fonti europee di energia) e dal punto di vista civile e militare (l’acciaio). Partendo da quanto era ritenuto necessario per produrre beni strumentali per l’industria di trasformazione, per i trasporti e per alcuni servizi pubblici indispensabili, il Trattato istitutivo della Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio (Ceca)[9] disegnava l’itinerario iniziale e quello ulteriore e prevedibile dell’integrazione europea. Difatti, mentre il trattato Ceca era di contenuto economico e sociale, le sue premesse erano di larga impostazione politica e miravano a scopi più generali dell’integrazione del mercato del carbone e dell’acciaio attraverso un mercato comune. Le “rivalità secolari” fra gli Stati europei venivano, dunque sostituite, da una “fusione dei loro interessi essenziali” e gli Stati s’impegnavano “a fondare con l’instaurazione d’una comunità economica le prime assise d’una comunità più vasta e più profonda” (così il Preambolo del Trattato Ceca). Questo metodo funzionalista si basava su iniziative limitate, volte a risolvere singoli problemi comuni attraverso la creazione d’istituzioni sovranazionali specializzate in una particolare funzione e mediante un programma di eliminazione di vincoli e ostacoli al mercato comune (integrazione negativa). Il successo delle singole iniziative avrebbe diffuso i suoi effetti ad altri campi, interessando progressivamente maggiori aree di cooperazione. A sua volta, l’allargamento della cooperazione avrebbe determinato l’esigenza di compiere ulteriori passi nella stessa direzione.
Il mercato della nuova Comunità di Stati era gestito da un’Alta Autorità, dotata di poteri decisionali autonomi e direttamente vincolanti gli Stati membri e le imprese del settore. Svincolati dalla sovranità nazionale, questi poteri superavano lo storico diaframma tra ente internazionale e singole persone fisiche e giuridiche degli Stati associati, con ciò distinguendo le istituzioni comunitarie dai titolari di altre organizzazioni internazionali. Con l’istituzione della Ceca nasceva, dunque, un’organizzazione di Stati peculiare per natura e scopi. Essa poteva adottare politiche comuni dentro e fuori il suo territorio e garantire all’interno della Comunità -in un primo tempo solo nell’ambito economico- la libertà di circolazione e la parità di diritti dei cittadini degli Stati membri mediante limitazioni dei diritti di sovranità nazionale, quasi alla stregua di un ordinamento federale. Di qui l’espressione di ente sovranazionale, che scolpiva l’originalità dei poteri attribuiti dagli Stati membri all’Alta Autorità. La sovranazionalità era in effetti l’innovazione più rilevante dell’ente Ceca. Essa indicava l’esercizio di un potere completo sulla globalità dei due settori di sua competenza (il carbone e l’acciaio) ma influente anche sui rapporti con altri soggetti giuridici. Un potere che si manifestava in particolare nell’esercizio dell’integrazione economica e nel processo di formazione unitaria delle decisioni. Trattandosi di poteri che incidevano a fondo negli ordinamenti nazionali, erano rilevanti le procedure di formazione degli organi esecutivi della Comunità nonché le modalità d’esercizio e la definizione dei limiti dei loro poteri[10]. Il carattere sovranazionale della Ceca costituì il modello di riferimento per la successiva determinazione di poteri analoghi in altri campi ai quali corrispondesse una forza giuridica autonoma (CEE ed Euratom), un’autorità non delegata e una disciplina meglio definita alla quale gli Stati dovevano subordinarsi.
4. Gli anni Cinquanta tra speranze deluse (come il fallimento del Trattato di Comunità europea della Difesa e del progetto di Comunità Politica europea) e progressi (come l’istituzione dell’Euratom e della CEE).
Negli anni Cinquanta il processo d’integrazione proseguì con alterne vicende. Una battuta d’arresto venne dalla mancata ratifica del Trattato istitutivo della Comunità europea della Difesa (Ced), che travolse anche la prima formulazione di Unione politica, costituita dal progetto di Comunità Politica Europea (CPE), intimamente connesso al Trattato Ced.
La proposta della Francia di creare un esercito europeo integrato sotto un comando comune (“piano Pléven”, dal nome del primo ministro francese; 1950) fu oggetto di negoziato tra i sei paesi della Ceca, che il 27 maggio 1952 firmarono a Parigi il Trattato istitutivo della Comunità Europea di Difesa (CED). Esso prevedeva forze armate sovranazionali, con bilancio e istituzioni comuni (un Consiglio dei ministri con poteri deliberativi; un Commissariato di nove membri, come organo direttivo provvisorio, in attesa di un Ministro della Difesa comune; un’Assemblea provvisoria, propedeutica a un’Assemblea eletta democraticamente che avrebbe deciso il proprio statuto e le eventuali modifiche al trattato; una Corte di giustizia). L’art. 38 del Trattato, voluto dal Governo italiano, attribuiva alla futura Assemblea elettiva il compito di studiare la possibile configurazione di una struttura “federale” o “confederale”, fondata sul principio della separazione dei poteri e caratterizzata da un sistema bicamerale di rappresentanza. Nel settembre del 1952, i Paesi della Ceca, per accelerare i tempi, affidarono il compito suddetto all’Assemblea della Ceca integrata con altri rappresentanti nazionali. Questa Assemblea ad hoc approvò, il 10 marzo 1953, il progetto di una “comunità politica europea a carattere sopranazionale” fondata “sull’unione dei popoli e degli Stati”. La Comunità politica europea (CPE) avrebbe inglobato le competenze della Ced e della Ceca, provveduto all’instaurazione di un mercato comune e stabilito un coordinamento della politica estera degli Stati membri. Quando la parola passò agli Stati membri, il progetto ebbe una tiepida accoglienza da parte dei ministri degli Esteri, i quali lo rimisero a una commissione di esperti che lo rimaneggiò ampiamente lasciandone cadere i caratteri federalisti e ne legarono il destino a quello della CED. Tutto divenne più difficile: mentre il trattato della CED fu subito ratificato da Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo, l’Italia adottò, invece, una posizione attendista (complice l’uscita di De Gasperi dalla scena politica italiana nel luglio 1953) legando le proprie decisioni alla soluzione del problema di Trieste. L’uso improprio della politica europea per questioni nazionali (pur giustificate) produsse un risultato negativo sul piano europeo. Mentre il Governo italiano tardava a pronunciarsi, il 30 agosto 1954 l’Assemblea Nazionale di Parigi votò per un rinvio sine die della ratifica del trattato CED, che non fu mai più discusso. Alla base della decisione della Francia stavano motivazioni diverse (come le difficoltà determinatesi nelle colonie del sud-est asiatico, il presunto stemperarsi del confronto tra i blocchi dopo la morte di Stalin e il timore di perdere, con il controllo dell’esercito da parte della Ced-CPE, la principale espressione della sovranità nazionale). L’occasione era ormai perduta. Pochi mesi dopo (ottobre 1954), la Repubblica Federale Tedesca e l’Italia furono invitate ad entrare nell’Ueo.
Per reagire all’impasse, gli Stati membri della Ceca si concentrarono sulla liberalizzazione del mercato e su iniziative comuni nei settori dei trasporti e dell’energia nucleare. La Conferenza di Messina (giugno 1955) ne affidò la definizione ad un gruppo di esperti indipendenti presieduto da una personalità politica (il belga Henri Spaak[11]) capace di garantirne il coordinamento con i rappresentanti degli Stati. Il gruppo Spaak presentò due progetti di Comunità, in armonia con due obiettivi maggiormente sentiti in quegli anni: una di ambito generale, concernente il commercio e gli affari (la Comunità economica europea; CEE), l’altra settoriale (la Comunità europea dell’energia atomica; CEEA o EURATOM) per lo sfruttamento civile dell’energia nucleare, ritenuta una “risorsa essenziale che assicurerà lo sviluppo e il rinnovo delle produzioni e permetterà il progresso delle opere di pace”[12].
In meno di due lustri sei Stati dell’Europa occidentale (Italia, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo) avevano creato tre Comunità[13], peraltro non collegate organicamente tra loro. Esse, infatti, avevano due sole istituzioni comuni: la Corte di giustizia e l’Assemblea[14], mentre restavano autonomi l’Alta autorità della CECA (rispetto alla Commissione CEE e alla Commissione EURATOM) e il Consiglio dei Ministri. Quest’assetto anomalo fu in parte risolto col Trattato sulla fusione degli esecutivi (luglio 1967), che dispose la fusione del Consiglio dei Ministri della CECA con il Consiglio dei Ministri della CEE e dell’EURATOM, e l’assorbimento (non funzionale ma personale) dell’Alta Autorità della CECA in una Commissione unica. Tuttavia, ogni istituzione agiva come organo ora dell’una ora dell’altra Comunità, alle condizioni e con i poteri conferiti dai rispettivi trattati. Gli Stati che non vollero aderire alla CEE costituirono l’Associazione europea di libero scambio (AELS, più nota con l’acronimo inglese EFTA).
NOTE
[1a] Il 9 maggio è festa nazionale in Russia e in altri Stati dell’ex URSS, perché fu proprio il 9 maggio del 1945 che il governo sovietico diede l’annuncio ufficiale della vittoria degli Alleati sul III Reich. Altri Paesi, invece, festeggiano la “Giornata della Vittoria” l’8 maggio, data della resa incondizionata della Germania.
[1] Jean Monnet (1888-1979) fu uno dei maggiori sostenitori della ricostruzione e riorganizzazione dell’Europa. Partecipò alla creazione della Ceca, di cui fu Presidente dal 1952 al 1955.
[2] Dal Preambolo del Trattato Ceca: “Considerando che la pace mondiale può essere difesa soltanto con sforzi creatori adeguati ai pericoli che la minacciano; […] Convinti che il contributo che un’Europa organizzata e viva può portare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche”. Per “il ruolo che ha esercitato nell’unire il continente”, l’Unione europea ha ricevuto nel 2012 il premio Nobel per la pace. Il Comitato per il Nobel ha lodato l’UE per l’opera di ricostruzione svolta dopo la seconda guerra mondiale e per il ruolo svolto nel diffondere la stabilità in vari paesi dell’Europa centrale e orientale, dopo la caduta del muro di Berlino: “l’Unione e i suoi membri per oltre sei decenni hanno contribuito al progresso della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa” (dal testo ufficiale di assegnazione del premio). Il Comitato per il Nobel ha messo in evidenza l’impegno dell’UE, coronato da successo, per la pace, la riconciliazione e per la democrazia e i diritti umani. “Il ruolo di stabilità giocato dall’Unione ha aiutato a trasformare la gran parte d’Europa da un continente di guerra in un continente di pace. Il lavoro dell’UE rappresenta la fraternità tra le Nazioni, e costituisce una forma di congressi di pace ai quali si riferiva Alfred Nobel nel 1895 come criterio per il premio Nobel per la pace”.
[3] Concetto ripreso dal Trattato Ceca nel suo Preambolo “[…] Coscienti che l’Europa si costruirà soltanto con attuazioni concrete che creino innanzi tutto una solidarietà di fatto […]”.
[4] Altiero Spinelli (1907-1986), fondatore nel 1943 del Movimento Federalista Europeo, fu membro della Commissione europea dal 1970 al 1976, poi del Parlamento italiano (1976) e quindi del primo Parlamento europeo eletto a suffragio universale (1979).
[5] Ernesto Rossi chiarì ulteriormente, nelle pagine de “Gli Stati Uniti d’Europa”, le ragioni della creazione di uno Stato federale. Rossi pubblicò “Gli Stati Uniti d’Europa” (forse il suo miglior scritto sull’unità europea) nel giugno del 1944 con lo pseudonimo di Storno, per i tipi delle “Nuove Edizioni Capolago”, di Lugano.
[6] Attraverso il Piano Marshall (dal nome del Segretario di Stato U.S.A., che nel giugno del 1947 rese ufficiale la proposta di un European Ricovery Program).
[7] Traité de collaboration en matière économique, sociale et culturelle et de légitime défense collective, firmato il 17 marzo 1948.
[8] Organizzazione internazionale volta a favorire la creazione di uno spazio democratico e giuridico comune in Europa, nel rispetto di principi concernenti la tutela dell’individuo (come quelli che saranno sanciti nel 1950 nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo: Cedu.
[9] Il trattato Ceca (firmato a Parigi il 18 aprile 1951 da Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo, ed entrato in vigore il 23.7.1952), a differenza del Trattato Cee, “concluso per una durata illimitata”, aveva una durata di cinquant’anni (a norma del suo art. 97) e pertanto si è estinto il 23 luglio 2002.
[10] Nel Trattato Ceca la sovranazionalità riguardava in primo luogo esigenze generali dello sviluppo economico, del progresso sociale e della giustizia distributiva (cfr. l’art. 3, lett. e-f, sulla promozione del “miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della mano d’ opera” e dello “sviluppo degli scambi internazionali”) e, in secondo luogo, ambiti che superavano le stesse competenze della Ceca: ad es., la configurazione degli interessi economici come base per il conseguimento della “solidarietà di fatto” (così il Preambolo del Trattato Ceca), o della pace come valore da salvaguardare. Nel Trattato Ceca la sovranazionalità presentava caratteri diversi da quelli poi assunti dai Trattati CEE ed Euratom, dove acquistava rilevanza in quanto recepita dagli Stati membri. Nella Ceca, invece, la sovranazionalità si radicava già nell’atto istitutivo, tanto da potersi affermare che la Ceca stessa fosse la fonte diretta della sovranazionalità senza bisogno d’interventi degli ordinamenti nazionali e con effetti che si spingevano oltre i settori destinatari dell’integrazione economica. Non a caso, il Trattato Ceca, definendo la “missione” della Comunità, insisteva sull’armonia che doveva intercorrere tra il suo contributo e l’economia generale degli Stati membri, nel senso che seppure i fini ultimi dell’integrazione potevano conseguirsi anche attraverso altre organizzazioni anch’esse di tipo comunitario, tuttavia gran parte delle attività poste in essere nell’ambito Ceca potevano produrre effetti sui Paesi interessati ottenendo “la distribuzione più razionale della produzione al più alto livello di produttività, insieme tutelando la continuità dell’ occupazione ed evitando di provocare, nelle economie degli Stati membri, turbamenti fondamentali e persistenti” (art. 2, Ceca).
[11] Henri Spaak (1899-1972) fu Presidente del Consiglio d’Europa (1949-51) e della CECA (1952-54) e Segretario Generale della NATO (1957-1961).
[12] Dal Preambolo del Trattato CEEA.
[13] Firmati a Roma il 25 marzo 1957 dai sei Stati che avevano costituito la CECA, i trattati EURATOM (o CEEA) e CEE entrarono in vigore il 1° gennaio 1958.
[14] L’Assemblea si autoproclamò Parlamento europeo il 30.3.1962, ma la denominazione divenne ufficiale solo nel 1987, con l’entrata in vigore dell’Atto unico europeo.
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