L’esercito europeo…memorie di un tentativo fallito

di Gianni Arrigo

1. Secondo molti osservatori, l’invasione russa dell’Ucraina ha obbligato l’Unione Europea a ripensare la sua politica di sicurezza. La lunga fase di stabilità interna seguita alla Seconda Guerra Mondiale ha subito infatti più dirette minacce a partire dal 24 febbraio 2022, con l’inizio del conflitto russo-ucraino. Questa situazione ha riproposto, su sollecitazione di alcuni governi europei, la creazione di un esercito comune. Non è la prima volta che si sente parlare di esercito europeo. Anzi, si potrebbe dire tale questione ha accompagnato le prime fasi del processo di integrazione, negli anni Cinquanta, caratterizzate da speranze deluse (come il fallimento del Trattato di Comunità europea della Difesa e del progetto di Comunità Politica europea) e progressi (come l’istituzione dell’Euratom e della CEE).

2. Come noto, negli anni Cinquanta il processo d’integrazione proseguì con alterne vicende. Una battuta d’arresto venne dalla mancata ratifica del Trattato istitutivo della Comunità europea della Difesa (Ced), che travolse anche la prima formulazione di Unione politica, costituita dal progetto di Comunità Politica Europea (CPE), intimamente connesso al Trattato Ced.

La proposta della Francia di creare un esercito europeo integrato sotto un comando comune (“piano Pléven”, dal nome del primo ministro francese; 1950) fu oggetto di negoziato tra i sei paesi che istituirono la Ceca, i quali il 27 maggio 1952 firmarono a Parigi il Trattato istitutivo della Comunità Europea di Difesa (CED). Esso prevedeva forze armate sovranazionali, con bilancio e istituzioni comuni (un Consiglio dei ministri con poteri deliberativi; un Commissariato di nove membri, come organo direttivo provvisorio, in attesa di un Ministro della Difesa comune; un’Assemblea provvisoria, propedeutica a un’Assemblea eletta democraticamente che avrebbe deciso il proprio statuto e le eventuali modifiche al trattato; una Corte di giustizia). L’art. 38 del Trattato, voluto dal Governo italiano, attribuiva alla futura Assemblea elettiva il compito di studiare la possibile configurazione di una struttura “federale” o “confederale”, fondata sul principio della separazione dei poteri e caratterizzata da un sistema bicamerale di rappresentanza.

Nel settembre del 1952, i Paesi della Ceca, per accelerare i tempi, affidarono il compito suddetto all’Assemblea della Ceca integrata con altri rappresentanti nazionali. Questa Assemblea ad hoc approvò, il 10 marzo 1953, il progetto di una “comunità politica europea a carattere sopranazionale” fondata “sull’unione dei popoli e degli Stati”. La Comunità politica europea (CPE) avrebbe inglobato le competenze della Ced e della Ceca, provveduto all’instaurazione di un mercato comune e stabilito un coordinamento della politica estera degli Stati membri. Quando la parola passò agli Stati membri, il progetto ricevette una tiepida accoglienza da parte dei ministri degli Esteri, i quali lo rimisero a una commissione di esperti che lo rimaneggiò ampiamente lasciandone cadere i caratteri federalisti e ne legarono il destino a quello della CED.

Tutto divenne più difficile: mentre il trattato della CED fu subito ratificato da Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo, l’Italia adottò, invece, una posizione attendista (complice l’uscita di De Gasperi dalla scena politica italiana nel luglio 1953) legando le proprie decisioni alla soluzione del problema di Trieste. L’uso improprio della politica europea per questioni nazionali (pur giustificate) produsse un risultato negativo sul piano europeo. Mentre il Governo italiano tardava a pronunciarsi, il 30 agosto 1954 l’Assemblea Nazionale di Parigi votò per un rinvio sine die della ratifica del trattato CED, che non fu mai più discusso. Alla base della decisione della Francia stavano motivazioni diverse (come le difficoltà determinatesi nelle colonie del sud-est asiatico, il presunto stemperarsi del confronto tra i blocchi dopo la morte di Stalin e il timore di perdere, con il controllo dell’esercito da parte della Ced-CPE, la principale espressione della sovranità nazionale). L’occasione era ormai perduta. Pochi mesi dopo (ottobre 1954), la Repubblica Federale di Germania e l’Italia furono invitate ad entrare nell’ l’Unione Europea Occidentale (Ueo). Insomma, nella tarda estate del 1954, l’Assemblea francese, senza impegnarsi in un approfondito dibattito, respingeva il progetto su una question préalable presentata dal generale Adolphe Aumeran, con 319 voti a favore, 264 contrari, 12 astenuti. Votavano compattamente contro la CED comunisti e gollisti, si dividevano socialisti e radicali. Queste forze, grottescamente coalizzate, riuscivano, in un contesto storico caratterizzato dal processo di distensione, dai ritrovati orgogli nazionali, dalla ripresa economica, a far fallire il primo tentativo di creare un esercito europeo[1].

3. L’UEO era nata nel 1954 da una revisione del Trattato di Bruxelles, un patto di autodifesa collettiva firmato il 17 marzo 1948 da alcuni stati europei (Belgio, Francia, Paesi Bassi, Lussemburgo e Gran Bretagna), allo scopo per l’appunto di organizzare una difesa collettiva nel caso di una rinnovata politica aggressiva della Germania. Sei anni dopo, fallito il Trattato CED, con i protocolli d’integrazione del trattato di Bruxelles (firmati a Parigi il 23 ottobre 1954) nasceva l’UEO, alla quale venivano invitate a partecipare, come anticipato, l’Italia e la Germania stessa. La ragione politica di questo processo stava nella necessità di consentire, dopo la mancata ratifica francese della Comunità Europea di Difesa (CED), di assicurare alla comune difesa dell’Europa occidentale (questa volta dalla minaccia sovietica) il contributo della Repubblica Federale di Germania, permettendo, peraltro, il controllo del riarmo tedesco. Entrata subito dopo (ottobre 1954) la Germania Occidentale a far parte dell’Alleanza Atlantica, l’UEO è venuta a costituire, nell’ambito dell’Alleanza stessa, una più intima associazione di stati, diretta al fine di rendere l’apparato difensivo centroeuropeo più organico ed efficiente. A tale scopo, le forze armate terrestri ed aeree che ciascuno stato metteva a disposizione dell’UEO, e la cui entità era stabilita da un apposito protocollo, erano sottoposte per il loro impiego al comandante supremo delle forze nordatlantiche in Europa.


[1] D. Preda ,Comunità europea di difesa, in Dizionario dell’integrazione europea (2008)