LA SINISTRA BRASILIANA NEL SUO LABIRINTO

di Franco Patrignani

LA SINISTRA BRASILIANA NEL SUO LABIRINTO

 di Franco Patrignani

La situazione si preannuncia sempre più complicata in vista del 2022, che sarà l’anno delle elezioni del Presidente della Repubblica e dei Governatori dei 27 Stati della Federazione.

Nel testo che segue vorrei fornire qualche elemento utile per riuscire a capire come stanno andando le cose sociali e politiche brasiliane e quali sono le strettoie che il movimento democratico e progressista dovrà affrontare nell’immediato e in prospettiva dell’anno elettorale.

Cercherò di andare con ordine per evitare a tutti, me compreso, sbalzi di pressione.

  1. Il PT (Partido dos Trabalhadores), come partito innovatore e come forza morale capace di ridare dignità al popolo brasiliano e, in definitiva, al Brasile come paese, è stato messo all’angolo dalle indagini sulle corruzioni e sul finanziamento illecito dei partiti.

Sul PT si è accanita l’azione della Magistratura -sostenuta e glorificata dai mass media- dimostrando uno zelo straordinario nel demolire l’immagine (e i risultati) dei governi di Lula e Dilma. E bisogna dire che ci sono riusciti. Non è che il PT, in tema di finanziamenti illeciti, si sia comportato peggio degli altri: si è comportato come gli altri. Ma oggi il PT è comunemente considerato, se va bene, un partito uguale agli altri e, per una parte dei brasiliani è un partito che “ha tradito” (le aspettative, i sogni, il desiderio di giustizia, la possibilità di cambiare veramente).

2. Anche se il PT cresce, in termini di iscritti e di organizzazione, si ha la sensazione che cresca solo nell’area dei già simpatizzanti. Non si hanno notizie di un ampliamento della sua base a nuovi movimenti o a nuove fasce di popolazione e/o di opinione.

  1. I militanti del PT pur rimanendo il nerbo del movimento democratico brasiliano e delle lotte sociali, da diverso tempo hanno ridotto la loro presenza nelle periferie e nelle favelas. È così venuto meno quell’impegno ampio e capillare che aveva caratterizzato gli anni novanta e parte della decade successiva. La stessa presenza della Chiesa Cattolica, ispirata alla teologia della liberazione, ha registrato, in questi anni un forte arretramento a tutto vantaggio delle Chiese Evangeliche neopentecostali. Il risultato è che la sinistra, nel suo insieme, ha perso non solo un canale di intervento/consenso, ma ha lasciato che si disattivasse tutta quella rete di sensori che mantenevano vivo il legame tra “povão” (i ceti popolari poveri) e i partiti progressisti che ne dovrebbero essere l’espressione. Questa è la maggiore carenza che oggi caratterizza la crisi di rappresentanza, soprattutto del PT, nelle periferie e nelle favelas dove, anche sul piano elettorale, le Chiese Evangeliche garantiscono il più strutturato e diffuso sostegno al bolsonarismo.

 4.Altro elemento di criticità: il ruolo dei Sindacati e delle maggiori Centrali. L’attacco “scientifico” condotto a partire dall’impeachment della Presidenta Dilma fino ad oggi ha dato, puntualmente, i suoi frutti nefasti. Da quando la disoccupazione e le misure dei governi di destra hanno cominciato a mordere in profondità, la tendenza di militanti e dirigenti è stata quella di rinchiudersi nella propria categoria sperando di difendere, ove possibile, le proprie conquiste o cercando di gestire, al meno peggio, la perdita di pezzi importanti delle tutele e delle garanzie prima assicurate dalla legge e dalle contrattazioni locali. Con ridotte possibilità di mobilitare, la CUT è apparsa più occupata a seguire e denunciare le involuzioni politico-istituzionali in atto anziché dedicarsi alla “invenzione” di nuove forme di mobilitazione dei lavoratori, della gente, su rivendicazioni di carattere sociale universale. Una assenza di rappresentanza, di gestione e di negoziazione che ha investito tutto il movimento sindacale, comprese le centrali tradizionalmente più rappresentative.

Risultato: il ruolo del Sindacato, nel suo insieme, si è molto ridotto sul piano rivendicativo generale e quindi sul piano della rappresentanza reale.

 5.In questo contesto, come si presenta la situazione elettorale per il 2022?

 5.1. Le ultime presidenziali, quelle vinte da Bolsonaro, hanno lasciato molti segni su un corpo sociale indebolito e umiliato. Le classi subordinate risultano disorientate e preda di lusinghe e di fake-news. I partiti, non solo i progressisti, anche quelli di centro, devono ancora riprendersi e il rischio è che il tempo trasformi le ferite in piaghe.

5.2. I risultati delle recenti elezioni comunali non hanno aiutato a rianimare: Bolsonaro non ha vinto, ma la sinistra è arretrata, non in termini di voti, ma di Sindaci eletti. Questo ha riaperto il confronto, nella sinistra, su quale dei partiti sia in grado di rompere gli steccati e di raccogliere consensi dell’elettorato moderato (in caso di doppio turno).

5.3. È in questo clima che si sta pensando alle Presidenziali del 2022, con l’idea di creare un fronte ampio di centrosinistra che riunisca PT, PDT, PCdoB, PSOL e Rede e, si spera, anche il PS, per contenere e bloccare la slavina popular-bolsonarista in politica e neoliberale in economia. Su questo progetto, si è ancora alle prove tecniche di dialogo.  I leader del centrosinistra, pur manifestando la consapevolezza della gravità della situazione e della necessità di adottare misure “di emergenza”, non sembrano ancora pronti a compiere scelte innovative e chiaramente unitarie.

5.4. Si assiste, quindi, ad abbracci a distanza (e non solo a causa del Covid) ma per esplicita prudenza politica: non c’è ancora una vera disponibilità a fare, ciascuno, un passo indietro per fare tutti il passo avanti necessario. In altre parole, per chiarire, si può dire che tutti sanno che il futuro del Brasile è ancora una volta nelle mani di Lula, perché è ancora l’unico leader capace di battere elettoralmente Bolsonaro o qualunque altro candidato di un’eventuale coalizione di centrodestra (comunque attualmente non esistente), ma questo, dagli altri leader, non è più fatalmente accettato.

5.5. E così, il primo nodo da sciogliere sembra essere proprio quello della candidatura a Presidente: tutti sanno che senza Lula il fronte di centrosinistra avrà poche chance di recuperare il consenso popolare e vincere e però sul PT e su Lula gravano ancora molte riserve, in particolare nel ceto medio che fa riferimento al centro. e anche, comunque, all’interno dello stesso centrosinistra.

5.6. Allo stato attuale, oltretutto, non c’è la certezza che Lula possa essere candidato nel 2022. Non è fuori luogo prevedere che si possa ripetere la farsa del 2018: una nuova clamorosa detenzione del “leader più amato dal popolo” che lo toglierebbe dalla competizione. I tempi di un’eventuale ulteriore operazione di questo tipo potrebbero già essere stati programmati con cinica precisione per creare il maggior scompiglio possibile a sinistra. E già da oggi non è difficile vederne i primi segni: il confronto all’interno dello schieramento è proprio sul tema delle candidature.

5.7. Il nodo più difficile da sciogliere è e sarà sul ticket, ma in particolare sulla scelta del nome del possibile Vice. Nel caso si formalizzasse la candidatura di Lula a Presidente, il ruolo di Vice dovrebbe spettare, ragionevolmente, al leader di un’altra forza dello schieramento. Ma se la Magistratura decidesse di intervenire, più o meno all’ultimo momento, di nuovo nel processo elettorale, il candidato a Vicepresidente si ritroverebbe automaticamente candidato a Presidente.

5.8. Nel peggiore dei casi, quindi, il PT potrebbe ritrovarsi fuori da ogni ruolo con un forte ridimensionamento del ruolo che ha esercitato, finora, nel paese e all’interno della sinistra. Quella sorta di guida che aveva reso l’esperienza brasiliana, va detto, così diversa dalle tendenze mondiali in atto e così esemplare, perché semplicemente intelligente; così vicina perché possibile e, infine, così importante per i diversi paesi in via di sviluppo, ma anche per gli interlocutori europei (giustamente interessati a costruire nuove alleanze, in una fase di rimescolamento dei ruoli e delle relazioni tra le grandi potenze del mondo).

5.9. Nell’attesa che tutti i diversi nodi della possibile (si spera) futura coalizione vengano affrontati e sciolti, Bolsonaro continua ad imperversare. Ogni giorno c’è una decisione antisociale o almeno una esternazione provocatoria che, pur se inaccettabile viene assorbita e metabolizzata per la gioia dei suoi fanatici sostenitori. Recentemente il tema principale è la volontarietà delle vaccinazioni che fa il paio con la perseverante campagna negazionista nei confronti della pandemia. In questo clima, la sinistra deve combattere contro la tentazione di ribattere ad ogni uscita presidenziale oppure lasciar perdere, e impegnarsi nell’elaborazione di proposte chiare e aggreganti, per qualificarsi con un proprio progetto che si svincoli dall’usuale trantran (fatto di ricerca degli errori dell’altro) nel quale Bolsonaro ha capacità da vendere.

 5.10. C’è, infine, da segnalare elemento positivo, un passo importante che si sta compiendo in questi giorni nel Parlamento Federale. Si è in fase di elezione dei Presidenti della Camera e del Senato. Bolsonaro ha già indicato il suo preferito. L’esperienza fatta finora, con figure del centro è tutt’altro che edificante. La sinistra non ha un numero di deputati tale da poter avanzare candidature e d’altra parte non può lasciar cadere l’opportunità che si presenta di partecipare a definire le candidature oltre che dei Presidenti, anche dei rispettivi uffici che regoleranno il funzionamento del potere legislativo. Bene: esiste un documento comune elaborato tra i partiti di sinistra che esprime l’appoggio al candidato del Centro, avversario di quello bolsonarista. Una uscita da uno splendido, quanto inutile isolamento, una scelta che potrebbe far ben sperare per il futuro, sia in termini di strategie del “Fronte” che in termini di riattivazione del dialogo democratico.