Tre crisi per il Brasile: pandemica, economica e istituzionale.
Franco Patrignani. Aprile 2021.Franco Patrignani. Tre crisi per il Brasile: pandemica, economica e istituzionale.
In Brasile la pandemia colpisce ancora con una veemenza incredibile.
Nel corso della settimana, si è toccata la cifra di 4.000 decessi in 24 ore e, in questi giorni, si è superata la soglia dei 320 mila morti. Oggi si supereranno le 330 mila vittime.
Molti Governatori, in accordo con i sindaci, hanno messo in piedi un lockdown fatto in casa: hanno anticipato alcune festività future, collegandole con le festività pasquali.
Così, per la Settimana Santa si è avuta la chiusura, generalizzata (più o meno), delle attività.
Sul fronte giudiziario, la notizia più significativa è che il Supremo Tribunal Federal ha annullato, per “legittima suspicione”, le sentenze emesse dal giudice Moro nei confronti di Lula.
Questa decisione, insieme alla precedente che aveva dichiarato l’incompetenza territoriale del Tribunale di Curitiba, ha scagionato completamente Lula.
Adesso si può dire che Lula è libero e che potrà candidarsi alle elezioni presidenziali del 2022.
Questa novità ha scombinato ulteriormente il quadro politico accelerando processi ancora non facilmente decifrabili. Vediamoli:
Ora, più che mai, il Governo Federale naviga tra le incertezze e le incapacità.
Solo in questa settimana Bolsonaro ha cambiato sei ministri (Esteri, Giustizia, Difesa, Casa Civile, Segreteria di Governo e Avvocatura Generale dello Stato). Due settimane fa aveva sostituito il Ministro della Salute. È il quarto dall’inizio della pandemia.
La rimozione del Ministro della Difesa ha provocato una reazione immediata dei vertici delle forze armate: i Comandanti delle tre Armi si sono dimessi per manifestare solidarietà al loro collega. I tre Generali sono stati immediatamente sostituiti.
Le valutazioni sull’indirizzo di questo ampio rimpasto sono ancora prudenti. Tra gli osservatori, comunque, prevale la convinzione che Bolsonaro stia raddoppiando la posta: non sta giocando più sul piano politico; è chiaro che sta spostando il confronto sui rapporti di forza. Un braccio di ferro, al momento, tutto interno al governo e all’esercito e non è ancora decifrabile come si configurerà in relazione agli altri poteri. Ancor più incalcolabili, al momento, le conseguenze per l’intero paese.
Nel Paese: la scorsa settimana è apparso un manifesto firmato da 500 imprenditori, uomini della finanza e economisti che si sono dichiarati esplicitamente a favore della campagna di vaccinazione sollecitando il Governo ad assume iniziative più incisive per combattere la pandemia.
Ma la novità ancor più rilevante, dal punto di vista politico, è stata l’iniziativa assunta da 6 figure considerate “presidenziabili” che hanno sottoscritto un “Manifesto per la coscienza democratica”. Il documento parte dalla lotta sostenuta negli anni 80 per la ridemocratizzazione del Brasile, richiama l’importanza della mobilitazione popolare, segnala la criticità della situazione attuale e indica la necessità di un nuovo impegno e di mobilitazione per difendere la Democrazia. I firmatari sono: due governatori in carica (Doria di São Paulo e Leite di Rio Grande do Sul), un ex ministro (Mandetta , che è stato il primo ministro della Salute ad essere stato licenziato da Bolsonaro), l’esponente di un partito “nuovo” (Amodeo), Luciano Huck, un popolare presentatore televisivo e, infine, Ciro Gomes (candidato a Presidente per il PDT, partito già alleato del PT). Salvo quest’ultimo, tutti gli altri firmatari, sono ascrivibili ad un’area di centro.
L’iniziativa politica è significativa in sé, sia per il momento di grave crisi politico-istituzionale in cui si colloca, sia perché potrebbe segnalare la nascita di una aggregazione “autenticamente di centro”: democratica nella concezione e moderata nelle politiche. Un evento da non sottovalutare, anche se sono evidenti le diversità tra le posizioni, i progetti e le aspirazioni di ciascuno dei partecipanti.
Lula non ha aderito all’iniziativa sottolineando che i sei firmatari, quando potevano scegliere, nel secondo turno delle elezioni del 2018, o si sono astenuti (come fece platealmente Ciro Gomes, che partì per un viaggio in Francia) o hanno sostenuto esplicitamente Bolsonaro (praticamente tutti gli altri, soprattutto quelli che sono poi stati eletti governatori, grazie anche all’appoggio del neoeletto Presidente).
Ed è proprio Lula, molto intervistato da canali e testate brasiliane ed estere, che continua ad aumentare la sua popolarità e il ruolo di catalizzatore delle aspirazioni del “popolo brasiliano”.
Un popolo “oggettivamente” tagliato fuori da questi processi, come da quei movimenti di palazzo.
Un popolo in condizioni sempre più gravi di povertà e di rischio.
Un popolo, purtroppo, ancora una volta, cui è negato di essere protagonista.
Vitória, 3 aprile 2021.
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