Coronavirus e blocco dei licenziamenti. Cosa prevede la legge

Giovanni Patrizi. 12 Maggio 2021

Coronavirus e blocco dei licenziamenti. Cosa prevede la legge.

di Giovanni Patrizi

Il blocco dei licenziamenti è stato prorogato dal “Decreto Sostegni”. In particolare, le aziende che ricorrono alla CIGO non possono procedere a recessi collettivi o individuali sino al 30 giugno 2021, mentre per le aziende che utilizzano la CIG in deroga o la FIS, il blocco dura fino al 31 ottobre 2021. Tra le ipotesi escluse dal divieto vi è il caso in cui sia predisposto un accordo collettivo aziendale di “incentivo” alla risoluzione del rapporto di lavoro. Un’altra possibilità sembra essere rappresentata dall’accordo conciliativo individuale “in sede protetta”.

1.Come noto, il Decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, recante “Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19”, noto come “Decreto Sostegni” , in conseguenza della difficile situazione economica e sociale causata dall’emergenza epidemiologica da COVID-19 ha ulteriormente esteso, fino al 30 giugno 2021, il blocco dei licenziamenti individuali e collettivi. Tale previsione è contenuta nell’art. 8 del “Decreto Sostegni”, recante “Nuove disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale”. Il D.L. 41/2021 è attualmente (11 Maggio 2021) in corso di esame in Commissione alla Camera dei Deputati (Atto C-3099).

2.Al comma 1, il cit. art. 8 prevede per i datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 la possibilità di richiedere fino a 13 settimane di trattamenti di cassa integrazione ordinaria (CIGO) con causale “emergenza COVID-19” (articoli 19 e 20 del decreto-legge 18/2020 – cd. “Cura Italia”), da utilizzare tra il 1° aprile 2021 e il 30 giugno 2021. I datori di lavoro che usufruiscono di tale trattamento non sono tenuti a pagare alcun contributo addizionale. Il comma 2 prevede la possibilità di richiedere fino a 28 settimane di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga (articoli 19, 21, 22 e 22-quater del decreto-legge 18/2020 – cd. “Cura Italia”) da utilizzare tra il 1° aprile 2021 e il 31 dicembre 2021. Il comma 3 fissa il termine decadenziale di presentazione delle domande alla fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa e, in fase di prima applicazione, alla fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto. Il comma 4, in caso di pagamento diretto delle prestazioni da parte dell’INPS, fissa il termine decadenziale, entro il quale il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale, alla fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione (in fase di prima applicazione, tali termini sono eventualmente spostati al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto). Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente. Il comma 5 prevede che per le domande di trattamenti di integrazione salariale di cui al presente articolo la trasmissione dei dati necessari al calcolo e alla liquidazione diretta delle integrazioni salariali da parte dell’INPS o al saldo delle anticipazioni delle stesse, nonché all’accredito della relativa contribuzione figurativa, sia effettuata con il nuovo flusso telematico denominato “UniEmens- Cig”. Il comma 6 prevede che il pagamento delle integrazioni salariali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono essere concessi sia con la modalità di pagamento diretto della prestazione da parte dell’INPS, compresa quella di cui all’articolo 22-quater del decreto-legge n. 18 del 2020, sia con le modalità ordinarie di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148. Il comma 7 fissa, nel limite massimo di 1.100 milioni, il finanziamento statale destinato ai fondi di solidarietà alternativi di cui all’articolo 27 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 (artigianato e lavoro in somministrazione) e prevede che tale importo sia assegnato ai rispettivi Fondi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Le risorse sono poi trasferite ai rispettivi Fondi con uno o più decreti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Il comma 8 prevede, in deroga ai limiti di fruizione riferiti al singolo lavoratore e al numero di giornate lavorative da svolgere presso la stessa azienda di cui all’art. 8 della legge 457/1972, la concessione dei trattamenti di CISOA per una durata massima di 120 giorni, nel periodo ricompreso tra il 1° aprile 2021 e il 31 dicembre 2021. Il comma 9 prevede il blocco generalizzato dei licenziamenti individuali e collettivi fino al 30 giugno 2021. Il comma 10 per i soli datori di lavoro che fruiscono dei trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19 prevede un ulteriore blocco dei licenziamenti dal 1°luglio 2021 al 31 ottobre 2021 e per l’intero periodo di fruizione dei suddetti trattamenti. Poiché a decorrere dal 1° luglio il blocco dei licenziamenti è collegato alla fruizione dei trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19, ai datori di lavoro che avviino le procedure di cui ai commi 9 e 10 resta preclusa la possibilità di presentare domanda di concessione dei trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19. Il comma 11 riproduce in materia le eccezioni già previste da ultimo nella legge di bilancio per il 2021. I commi 12 e 13 individuano i limiti di spesa. Il comma 13 specifica inoltre che qualora, a seguito dell’attività di monitoraggio relativa ai trattamenti concessi dovessero emergere economie rispetto alle somme stanziate per una o più tipologie dei trattamenti previsti, le stesse possono essere utilizzate, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, prioritariamente per finanziare eventuali esigenze finanziare relative ad altre tipologie di trattamenti di cui al primo periodo del comma, fermi restando i limiti massimi di durata previsti dai commi 1, 2 e 8 del presente articolo e dall’articolo 1, commi 300 e 304 della citata legge n. 178 del 2020, ovvero, limitatamente ai datori di lavoro di cui al comma 2 del presente articolo, i quali abbiano interamente fruito del periodo complessivo di 40 settimane, per finanziare un’eventuale estensione della durata massima di cui al comma 2. Il comma 14 individua la copertura finanziaria.

3.L’art. 8 del Decreto Sostegni prevede dunque la concessione dei trattamenti ordinari di integrazione ordinaria per ulteriori 13 settimane nel periodo compreso tra il 1° aprile 2021 e il 30 giugno 2021, e delle prestazioni di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga per una durata massima di 28 settimane collocate nel periodo tra il 1° aprile 2021 e il 31 dicembre 2021 a seguito di sospensioni o riduzioni di attività lavorativa riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Per tali trattamenti non è dovuto alcun contributo addizionale. I Fondi di cui all’articolo 27 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 garantiscono l’erogazione dell’assegno ordinario con le medesime modalità di cui al presente articolo. La norma prevede, inoltre, la concessione del trattamento di cassa integrazione salariale operai agricoli (CISOA) ai sensi dell’articolo 19, comma 3-bis, del decreto-legge n. 18 del 2020, richiesto per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, in deroga ai limiti di fruizione riferiti al singolo lavoratore e al numero di giornate lavorative da svolgere presso la stessa azienda di cui all’articolo 8 della legge 8 agosto 1972, n. 457, per una durata massima di 120 giorni, nel periodo ricompreso tra il 1° aprile 2021 e il 31 dicembre 2021. I periodi di integrazione autorizzati ai sensi della cit. norma sono computati ai fini del raggiungimento del requisito delle 181 giornate di effettivo lavoro previsto dall’articolo 8 della legge 8 agosto 1972, n. 457.

4.Riassumendo, il D.L. n. 41/2021 estende fino al 30 giugno 2021 il blocco dei licenziamenti. Inoltre, riserva un ulteriore blocco, dal 1º luglio al 31 ottobre 2021, per le aziende che ricorrono agli ammortizzatori sociali con causale “COVID-19”, limitatamente alle prestazioni di: a) Cassa integrazione guadagni in deroga, assegno ordinario erogato dal FIS per un totale di ventotto settimane dal 1º aprile al 31 dicembre 2021; b) Cassa integrazione salariale operai agricoli (CISOA), per un massimo di centoventi giorni dal 1º aprile al 31 dicembre 2021. Giova ricordare che il blocco dei licenziamenti, già prorogato dalla Legge di bilancio (L. n. 178/2020) sino al 31 marzo 2021, vieta alle aziende di: c) Ricorrere a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo; d) Avviare procedure di licenziamento collettivo.

Il blocco ha inoltre l’effetto di sospendere: e) le procedure di licenziamento collettivo pendenti, avviate in data successiva al 23 febbraio 2020; f) le procedure di conciliazione obbligatoria in corso riservate dall’art. 7 della L. n. 604/1966 ai lavoratori in tutele reali ante “Jobs Act”.

5. Non sono da annoverare tra i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, e come tale sono esclusi dal blocco dei licenziamenti le seguenti risoluzioni del rapporto di lavoro: i) licenziamento per motivi disciplinari: si tratta dei licenziamenti effettuati al termine della procedura ex art. 7 della L. n. 300/1970, qualora il lavoratore abbia commesso un inadempimento agli obblighi contrattuali che giustifica una sanzione “espulsiva”. Questi si distinguono, seconda la gravità, in licenziamenti per giustificato motivo soggettivo e licenziamenti per giusta causa; ii) licenziamento per superamento del periodo di comporto, ai sensi dell’art. 2110 c.c., in quanto escluso dallo stesso legislatore (art. 7, comma 7, della L. n. 604/1966), dalle fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo; iii) licenziamento durante o alla fine del periodo di prova; iv) licenziamento per raggiungimento del limite massimo di età per la fruizione della pensione di vecchiaia; v) licenziamento del lavoratore domestico; vi) licenziamento del dirigente; vii) risoluzione del rapporto di apprendistato al termine al termine del periodo formativo; viii) licenziamento dell’ex socio di una cooperativa di produzione e lavoro, qualora vi sia stata una previa risoluzione dal rapporto associativo, secondo le norme previste dallo statuto societario e dal regolamento della cooperativa.

6.Sono escluse dal blocco le ipotesi di recesso determinate da: i) Cambi di appalto, qualora le persone interessate dai licenziamenti siano state riassunte dal nuovo appaltatore in forza di un obbligo di legge, contratto collettivo o clausola del contratto di appalto; ii) cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività. Il licenziamento è legittimo ad eccezione del caso in cui durante la liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un suo ramo (ai sensi dell’art. 2112 c.c.); iii) Accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Queste sono le condizioni della procedura: a· la controparte deve essere rappresentata dalle OO.SS. territoriali, e non dalle rappresentanze aziendali (RSA/RSU); b) dev’essere previsto un incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoroche l’azienda deve corrispondere ai lavoratori che aderiscono alla procedura; c) l’accordo deve prevedere una adesione dei singoli lavoratori e non un licenziamento unilaterale. L’adesione deve essere certificata da un accordo individuale in sede “protetta” (principalmente la Commissione di conciliazione presso l’ITL o sede sindacale); d) per i lavoratori è riconosciuto il trattamento di NASpI (previsto dall’art. 1, del D.Lgs n. 22/2015,) anche nel caso in cui l’accordo preveda la risoluzione consensuale; e)  il lavoratore, nella domanda di NASpI, deve allegare l’accordo collettivo aziendale e l’accordo individuale di adesione (cfr. la Circolare INPS n. 111/2020); iv) Fallimento dell’azienda, nei casi in cui non sia previsto l’esercizio provvisorio d’impresa ovvero ne sia disposta la cessazione. Con riferimento a questa ipotesi,  a fronte dell’esercizio provvisorio di uno specifico ramo dell’azienda, il blocco riguarda solo i lavoratori adibiti a quest’ultimo.

6) Sono nulli i licenziamenti intimati in violazione delle citate norme di legge sul blocco imposto e prorogato dal Decreto Sostegni. Quanto alla sanzione prevista per tale ipotesi (ex art. 18, comma 1, L. 300/1970, per gli assunti fino al 6 marzo 2015, e art. 2, D.lgs. 23/2015, per gli assunti dal 7 marzo 2015), nella sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento il giudice ordina al datore di lavoro (imprenditore o non imprenditore) la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e lo condanna altresì al risarcimento del danno, “stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione”, superiore a cinque mensilità, dedotto quanto effettivamente percepito dal lavoratore, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. Il datore di lavoro è inoltre obbligato a versare, per lo stesso periodo di riferimento, i contributi previdenziali e assistenziali. Resta ferma la facoltà, per il lavoratore, di sciogliere il rapporto richiedendo al datore un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in sostituzione della reintegrazione.