(Studio legale G.Patrizi, G.Arrigo, G.Dobici)
Corte di cassazione. Ordinanza 2 aprile 2025, n. 8788
Lavoro subordinato. Contratti a progetto. Art. 69 primo comma D.Lgs. 276/2003. Argomenti presuntivi della subordinazione. Cartella di pagamento. Onere della prova. Accertamento ispettivo. Credito contributivo.
“In mancanza di specificità del progetto da realizzare e vigendo la presunzione di lavoro subordinato, spetta al datore dimostrare i fatti impeditivi od estintivi della pretesa contributiva avanzata da INPS (attore in senso sostanziale), sicché non si assiste alla lamentata inversione di onere probatorio; questa Corte ha invero osservato (ord. n. 23252/2024) che i verbali redatti dall’ispettorato del lavoro, o dai funzionari degli enti previdenziali fanno fede fino a querela di falso per quanto riguarda la provenienza dal pubblico ufficiale che li ha redatti ed i fatti che quest’ultimo attesta essere avvenuti in sua presenza, o essere stati da lui compiuti, “con la conseguenza che incombe sulla controparte l’onere di fornire la prova contraria; invece per le altre circostanze di fatto che il verbalizzante segnali di aver accertato nel corso dell’inchiesta per averle apprese “de relato” o in seguito ad ispezione di documenti, la legge non attribuisce al verbale alcun valore probatorio precostituito, neppure di presunzione semplice, ma il materiale raccolto dal verbalizzante deve essere liberamente apprezzato dal giudice, il quale può valutarne l’importanza ai fini della prova, ma non può mai attribuirgli il valore di vero e proprio accertamento addossando alla controparte l’onere di fornire la prova dell’insussistenza dei fatti contestatigli”.
“[…] La Corte di cassazione
(omissis)
Rilevato che
1.La Corte d’Appello di Caltanissetta, respingendo il gravame proposto dal Comune di Sperlinga, ha confermato la sentenza di primo grado di rigetto dell’opposizione a cartella di pagamento inerente ad omesso pagamento di € 8.219,66 a titolo di contributi dovuti in favore di lavoratori assunti con contratti a progetto, convertiti ex art. 69 primo comma d.lgs. 276/2003 in rapporto di lavoro subordinato.
In primo grado erano state respinte l’eccezione di illegittimità della notifica dell’atto di accertamento ispettivo depositato presso l’ufficio protocollo dell’ente comunale il 25/11/2008 e l’invocata non debenza della pretesa contributiva per carenza probatoria del carattere autonomo del rapporto di lavoro.
Nell’impugnata sentenza, ritenuto che nessun effetto estintivo della pretesa discenda da un’irregolare notifica ben potendo l’Istituto previdenziale procedere a nuova iscrizione del credito contributivo entro i limiti decadenziali di cui all’art. 25 d.lgs. 46/1999 ed iscrivere a ruolo anche senza previa notifica dell’avviso di accertamento (circostanze non ricorrenti nel caso di specie in presenza sia della notifica dell’accertamento che della cartella), la Corte territoriale rilevava che l’INPS avesse fornito la prova, riportata nel verbale di accertamento, della natura subordinata dei rapporti di lavoro, desumibile dall’espletamento da parte dei lavoratori di compiti tipici delle attività istituzionali dell’ente, dall’assenza di un’organizzazione propria, dall’osservanza di un orario fisso di lavoro, dal compenso percepito per lavoro straordinario, dalla attestazione della presenza con firma o cartellino, dal godimento di ferie richieste ed autorizzate, dalla giustificazione di assenza per malattia, dall’osservanza di direttive ed ordini di servizio.
2. Il Comune di Sperlinga propone ricorso per cassazione affidandosi a due motivi, a cui il INPS resiste con controricorso.
3. La causa è stata trattata nell’adunanza camerale del 27 novembre 2024.
Considerato che
1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c. e del d.lgs. 46/1999, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per la illegittima notifica del verbale di accertamento a cui si riferisce la cartella esattoriale, non eseguita nelle forme delle notificazioni alle persone giuridiche mediante consegna dell’atto al rappresentante legale o alla persona incaricata di ricevere l’atto, o ad altra persona addetta alla sede, bensì mediante presentazione al protocollo del Comune di Sperlinga senza redazione di alcuna relata di notifica che identifichi la persona a cui l’atto è stato consegnato e che attesti l’ufficialità della notifica, non potendo tale formalità essere considerata equipollente alla notifica a mani proprie ed essendo la registrazione a protocollo un atto interno insuscettibile di attestare quanto emerge dalla attività dell’ufficiale giudiziario; sul verbale di accertamento mancherebbero l’attestazione di conformità e l’autenticità delle firme degli accertatori verbalizzanti.
Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione del principio dell’onere della prova in tema di opposizione a cartelle esattoriali, gravante sull’ente previdenziale; osserva il ricorrente che il verbale non riveste efficacia probatoria con riguardo ai fatti costitutivi del credito contributivo né può essere utilizzato come piena prova di sussistenza del rapporto di lavoro subordinato in assenza di regolare notifica e di attestazione di conformità: fatte salve le attestazioni di veridicità dei fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale, il verbale di accertamento non ha valore probatorio precostituito, neanche di presunzione semplice, riguardo alle circostanze in esso contenute; il giudice dovrebbe, invero, procedere ad una valutazione complessiva di tutte le risultanze probatorie, sicché in mancanza di riscontri ed in assenza di allegazione delle dichiarazioni rese dai lavoratori, il verbale non può assurgere al rango di prova certa.
Aggiunge il ricorrente che la Corte aveva omesso di esaminare l’art. 1 del contratto, di conferimento dell’incarico, che in modo dettagliato ne precisava l’oggetto e le modalità di svolgimento, possedendo in tal modo i requisiti richiesti dall’art. 69 d.lgs. 276/03; le prestazioni e le modalità concordate in base alle necessità ed esigenze organizzative dei collaboratori dovevano essere analizzate singolarmente, non genericamente cumulate per tutte le posizioni, e non si poteva prescindere dalla volontà delle parti e dal nomen juris utilizzato.
Il ricorrente ha poi confutato gli argomenti presuntivi della subordinazione: sull’orario di lavoro non si desume che esso sia stato unilateralmente stabilito dall’ente, sulla attestazione delle presenze in entrata e in uscita o sulla giustificazione delle assenze per malattia la clausola contrattuale nasceva dall’esigenza di prevedere le sostituzioni con altri collaboratori, quanto alle ferie ed agli ordini e direttive si trattava di indicazioni compatibili con il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, ma nulla era emerso sulle modalità di vigilanza e controllo nell’esecuzione delle prestazioni lavorative.
Mancava, quindi, la prova della fondatezza delle pretese contributive.
2. Nel controricorso l’INPS ha premesso, in via di fatto, che il credito vantato era sorto in conseguenza del verbale ispettivo del 28/11/2008 comunicato all’ufficio protocollo cui era seguita l’iscrizione a ruolo con affidamento al concessionario per l’emissione della cartella esattoriale, ma non è prevista un’ulteriore attività precedente ad essa; e riguardo al secondo motivo di ricorso, ne deduce l’inammissibilità perché attraverso l’assunta violazione del principio di ripartizione dell’onere probatorio si chiede alla Corte una nuova valutazione dei fatti di causa, già confermata concordemente nei due gradi di merito.
3. Il ricorso non è fondato e va respinto.
4. Riguardo alla prima doglianza si osserva che il ricorrente non nega di aver ricevuto il verbale di accertamento ispettivo ma contesta che la sua presentazione all’ufficio protocollo possa valere come equipollente della notifica secondo la previsione normativa dell’art. 145 c.p.c.
La norma, tuttavia, prescrive che la notificazione alle persone giuridiche si esegua nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa ovvero al portiere dello stabile in cui è la sede: la parte ricorrente non contesta che la consegna all’ufficio protocollo sia stata compiuta presso la sede del Comune, né che a tale articolazione interna dell’organizzazione amministrativa non sia attribuito il compito di ricevere le notificazioni o che la persona addetta al protocollo ufficiale dell’ente non abbia il potere di annotarne la ricezione.
D’altronde, la funzione di un ufficio protocollo risiede nella registrazione, in ordine seriale e progressivo, degli atti in entrata ed in uscita dell’ente comunale, di seguito distribuiti agli uffici competenti, e non risulta che nel caso di specie tale ufficio non sia incaricato alla ricezione di atti destinati anche al legale rappresentante dell’ente.
4.1 – Non si verte, inoltre, in un’ipotesi di notifica di un atto processuale per il quale occorre la consegna al rappresentante legale, modalità cui non è equipollente la consegna al dipendente comunale addetto (come asserito da Cass. sent. n. 9493/2008), bensì di un atto amministrativo comunque giunto a conoscenza dell’ente destinatario.
4.2 – Il ricorrente, poi, non illustra quale sia la disposizione legislativa violata circa le modalità di comunicazione del verbale di accertamento ispettivo che, in quanto redatto all’esito di un accesso ispettivo all’interno dei luoghi ove si svolge l’attività lavorativa per la verifica dell’osservanza, nei confronti del personale occupato, delle norme di tutela dei rapporti di lavoro e di legislazione sociale, presuppone una partecipazione dell’ente datoriale, non foss’altro per poter accedere ai luoghi (ispezione) e per raccogliere dati sulla regolare occupazione dei lavoratori (documentazione e dichiarazioni).
Né risulta quale sia l’iter procedimentale amministrativo violato nell’aver notificato una cartella esattoriale afferente l’accertata omissione contributiva, non preceduta da formale notificazione del predetto verbale piuttosto che dal materiale rilascio di una copia firmata dai verbalizzanti, a mente dell’art. 13 L.124/2004; neppure risulta che all’esito della consegna, in caso di inosservanza di norme di legge ed in presenza di inadempimenti da cui derivino sanzioni amministrative, il personale ispettivo abbia provveduto a diffidare il trasgressore.
La notifica di cui all’art. 24 d.lgs. 46/1999 è invece prevista con riguardo alla cartella di pagamento, che presuppone l’iscrizione a ruolo del debito accertato.
5. Si osservi, ancora, che il verbale ispettivo non è atto autonomamente impugnabile, venendo in rilievo nell’ambito di un contenzioso avente ad oggetto un accertamento negativo del credito contributivo di cui l’ente sostiene la fondatezza in ragione delle risultanze ivi riportate, rimettendo poi alla fase istruttoria la verifica delle ragioni creditorie; questa Corte, con ord. n. 19774/2023, ha precisato che il verbale ispettivo si pone fuori dal processo, e si sottrae anche alle considerazioni sul principio di non contestazione che si muove nell’ambito della circolarità, necessariamente endoprocessuale, tra oneri di allegazione, oneri di contestazione e oneri di prova, attestata dal combinato disposto dell’art. 414 nn. 4 e 5 e dall’art. 416 cod. proc. civ.
Sul solco di quest’ultima osservazione si innesta l’esame valutativo del secondo motivo di ricorso.
6. L’impugnata sentenza richiama “ad abundantiam, senza che ciò sia stato contraddetto dall’opponente” alcuni indici rivelatori della natura subordinata del rapporto di lavoro, emergenti dall’accertamento ispettivo, ma di fondo ha sostenuto la mancanza di specificità dei contratti a progetto dedotti in giudizio, facendo così ricadere la sanzione della conversione nell’ambito della prima ipotesi contemplata dall’art. 69 d.lgs. 276/2003.
Il punto non è stato tuttavia confutato dal ricorrente che ha inteso valorizzare la non legittima utilizzabilità delle risultanze del verbale ispettivo in mancanza di allegazione delle dichiarazioni degli undici lavoratori accertati e la mancanza di riscontri; tuttavia non è specificamente trascritto il tenore delle clausole contrattuali riportanti l’oggetto dell’incarico e del progetto, non essendo sufficiente la menzione del solo conferimento dell’incarico od il richiamo alla prestazione di un’opera e la realizzazione di obiettivi “con il coordinamento del responsabile del servizio o dell’ufficio a cui il collaboratore è affidato”, restando non esplicitata l’indicazione specifica dei progetti affidati.
Il motivo di ricorso, di conseguenza, non illustra le ragioni per le quali la sentenza abbia errato nel ritenere non specifico il progetto cui è finalizzato il contratto, piuttosto che definirne l’oggetto e le modalità delle prestazioni.
7. In mancanza di specificità del progetto da realizzare e vigendo la presunzione di lavoro subordinato, spetta al datore dimostrare i fatti impeditivi od estintivi della pretesa contributiva avanzata da INPS (attore in senso sostanziale), sicché non si assiste alla lamentata inversione di onere probatorio; questa Corte ha invero osservato (ord. n. 23252/2024) che i verbali redatti dall’ispettorato del lavoro, o dai funzionari degli enti previdenziali fanno fede fino a querela di falso per quanto riguarda la provenienza dal pubblico ufficiale che li ha redatti ed i fatti che quest’ultimo attesta essere avvenuti in sua presenza, o essere stati da lui compiuti, “con la conseguenza che incombe sulla controparte l’onere di fornire la prova contraria; invece per le altre circostanze di fatto che il verbalizzante segnali di aver accertato nel corso dell’inchiesta per averle apprese “de relato” o in seguito ad ispezione di documenti, la legge non attribuisce al verbale alcun valore probatorio precostituito, neppure di presunzione semplice, ma il materiale raccolto dal verbalizzante deve essere liberamente apprezzato dal giudice, il quale può valutarne l’importanza ai fini della prova, ma non può mai attribuirgli il valore di vero e proprio accertamento addossando alla controparte l’onere di fornire la prova dell’insussistenza dei fatti contestatigli”.
7.1 – Per contro, il ricorrente attraverso la prospettata violazione dell’art. 2697 c.c., introduce una nuova valutazione dei fatti di causa, mediante il richiamo ad alcune clausole contrattuali afferenti alle modalità di svolgimento del rapporto (ferie assenze giustificate, orari, volontà dele parti), che tuttavia non è rimettibile alla fase di legittimità involgendo valutazioni di merito di contrasto ad un argomento sviluppato, solo in via subordinata e ad abundantiam, dal giudice di appello, per revisionarne l’interpretazione in punto di mero fatto.
Anche in tal caso è stato osservato (ord. n.5851/2024) che nel giudizio sul rapporto previdenziale, il verbale ispettivo viene in rilievo non nella sua natura di atto amministrativo, di cui si possa sindacare la legittimità, bensì come fonte di prova liberamente valutabile dal giudice ai sensi dell’art. 116 c.p.c.”, non sindacabile in sede di legittimità.
8. Respinti entrambi i motivi di ricorso, segue la condanna alle spese della presente fase, liquidate come da dispositivo.
Segue anche la condanna al doppio del contributo unificato ex lege.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso […]”.
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