I contratti di lavoro a tempo determinato nella normativa emergenziale. Parte prima.

L. n. 106/2021. Art. 41-bis: Disposizioni in materia di contratti di lavoro a tempo determinato.

I contratti di lavoro a tempo determinato nella normativa emergenziale. Parte prima

Nota di Gustav Ida.

Legge 23 luglio 2021, n. 106. Articolo 41-bis: Disposizioni in materia di contratti di lavoro a tempo determinato.

 1.Come già anticipato in nostri precedenti articoli dedicati alla normativa emergenziale in materia di lavoro, a partire dal 25 luglio 2021 (data di entrata in vigore della L. 23 luglio 2021, n. 106,  che ha convertito in legge, con modificazioni, il D.L. n. 73/2021, noto anche come “Decreto Sostegni-bis”), nuove e rilevanti modifiche sono state introdotte alla disciplina dei contratti a tempo determinato, per i quali, giova ricordarlo, nel corso del 2020 e nella prima metà del 2021 sono state introdotte misure temporanee volte a salvaguardare i posti di lavoro.

Tali misure suscitano diversi problemi interpretativi. Secondo una lettura positiva della novella, le disposizioni innovate dal Legislatore non dovrebbero soddisfare chi, intendeva, da subito, attraverso l’innovazione prevista con l’allargamento alle “specifiche esigenze” individuate dalla contrattazione collettiva, allentare le rigidità delle causali legali. Esse restano, ma accanto a loro nascono quelle individuate dai contratti ed accordi collettivi, i quali necessitano di tempi adeguati per la loro stipula. Tuttavia, una volta sottoscritti, nel primo periodo (ossia fino al 30 settembre 2022) potranno essere utilizzate unicamente, per “contratti di qualità”, di durata superiore all’anno, il cui scopo è quello di assicurare un minimo di stabilità a tali rapporti[1].

In una seconda parte, di prossima pubblicazione, daremo conto delle questioni aperte e delle diverse soluzioni interpretative poste dalle innovazioni in argomento. 

2.La legge di conversione del D.L. n. 73/2021 ha modificato la disciplina dei contratti di lavoro a termine a partire dal 25 luglio 2021, aggiungendo nuove causali legali a quelle del cd. “Decreto Dignità”, causali che fanno riferimento (così la lett. b-bis dell’art. 41-bis) a “specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81”. Non è, questa, l’unica novità. È stato difatti introdotto un comma secondo cui il termine di durata superiore a 12 mesi, e comunque non eccedente i 24 mesi, può essere apposto ai contratti di lavoro subordinato in presenza delle citate “specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di lavoro”. Il tutto  “fino al 30 settembre 2022”.

Come detto, le novità sono contenute nell’art. 41-bis del “Decreto Sostegni bis”, che ha apportato importanti novità alla disciplina del contratto a tempo determinato con particolare riguardo alla disciplina delle proroghe e dei rinnovi.

3.L’art. 41-bis (“Modifica all’articolo 19 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di lavoro a tempo determinato”) prevede che “all’articolo 19 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni”.

3.1.La prima modifica è contenuta nella lett. a) dell’art. 41-bis  prevede che “al comma 1” (cioè il comma che individuava le “causali” di legge) è aggiunta, in fine, la seguente lettera: b-bis):  specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’articolo 51”. Pertanto, il comma 1 dell’art. 19 risulta essere il seguente:

Art. 19. Apposizione del termine e durata massima.

1.Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;

b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

b-bis) specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’articolo 51.

In sostanza il legislatore ha recepito una proposta avanzata a suo tempo dalla Confindustria[2], al solo scopo di attenuare le “insostenibili rigidità” introdotte dal c.d. “Decreto dignità”, specie in ordine alla possibilità di effettuare proroghe e rinnovi dei contratti a termine, anche in forma di somministrazione. Pertanto, con accordi di livello nazionale o di secondo livello, stipulati ai sensi dell’art. 51 del D.lgs  n. 81/2015, è possibile concordare, con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, ovvero con le rappresentanze aziendali, “specifiche esigenze”, ricorrendo le quali, in virtù del rinvio al comma 1 del cit.art. 19, operato dall’art. 21 del menzionato decreto legislativo, possono essere prorogati o rinnovati contratti a termine, anche di somministrazione. In tal caso, anche laddove l’Agenzia assuma a termine il lavoratore da inviare in missione presso l’utilizzatore, quest’ultimo potrà rappresentare l’esigenza specifica contrattuale che legittima l’eventuale proroga del contratto già in essere o l’eventuale rinnovo (cfr. l’ art. 2, comma 1- ter, del D.L.  87 del 2018 convertito in L. n. 96/2018).

A maggior ragione, il datore di lavoro che assume direttamente con contratto a termine può prorogare o rinnovare tale contratto al ricorrere delle esigenze contrattualmente individuate. In ogni caso devono essere rispettati sia il temine massimo dei ventiquattro mesi sia le percentuali massime di legge per l’assunzione di lavoratori a termine, sempre che la contrattazione collettiva non abbia provveduto a dar seguito ai rinvii ad essa riservati dalla legge, per modificare i suddetti limiti (art. 19, comma 2, e artt. 23, comma 1 e art. 31, commi 1 e 2).

3.2.La seconda modifica introdotta all’art. 19 del D.lgs. n. 81/2015 è contenuta nella lett. b) dell’art. 41-bis, il quale prevede che: “dopo il comma 1 è inserito il seguente: “1.1. Il termine di durata superiore a dodici mesi, ma comunque non eccedente ventiquattro mesi, di cui al comma 1 del presente articolo, può essere apposto ai contratti di lavoro subordinato qualora si verifichino specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di lavoro di cui all’articolo 51, ai sensi della lettera b-bis) del medesimo comma 1, fino al 30 settembre 2022”.

Con questa modifica il legislatore, prendendo le mosse dalla prima modifica, introdotta con la lett. b-bis del comma 1, ha esteso il campo di applicazione delle “causali contrattuali” che non limitano i loro effetti alla sola disciplina dei rinnovi e delle proroghe ma che consentono al datore di avvalersi anche di una nuova ipotesi di lavoro a termine. Difatti, al verificarsi delle “specifiche esigenze” individuate dalla contrattazione collettiva, è possibile stipulare anche un primo contratto a termine di durata superiore a 12 mesi, ma comunque non eccedente i 24 mesi.

L’efficacia di tale disposizione è limitata nel tempo, cioè fino al 30 settembre 2022.

4.La modifica più interessante dell’’art.  41-bis, al nostro esame, consiste pertanto nell’inserimento, in via transitoria, di una nuova fattispecie tra quelle che possono costituire il presupposto di ammissibilità (la cd. causale) di una durata del contratto superiore a dodici mesi (e in ogni caso non superiore a ventiquattro mesi)[3]. Essa è costituita dalla sussistenza di specifiche esigenze individuate dai contratti collettivi di lavoro. Qualora si basi su tale nuova causale, il suddetto termine in deroga può essere apposto nel contratto solo fino al 30 settembre 2022 (ferma restando l’applicazione del contratto nel periodo successivo in base al termine di durata già apposto).

In particolare, la novella in argomento fa rinvio ai contratti collettivi di lavoro di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2021,  che sono costituiti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria. Come anticipato, il suddetto termine in deroga, laddove  si basi sulla nuova causale in esame, può essere apposto nel contratto solo fino al 30 settembre 2022 (ferma restando l’applicazione del medesimo contratto nel periodo successivo in base al termine di durata già apposto). Giova ricordare che nella normativa previgente le ipotesi di ammissibilità di un termine superiore a dodici mesi (e in ogni caso non eccedente i ventiquattro mesi) erano individuate dall’art .19, comma 1, lettere a) e b), del cit. D.Lgs. n. 81/2015  e successive modificazioni. Tali disposizioni fanno riferimento alla sussistenza di esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, o di esigenze di sostituzione di altri lavoratori, o di esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

In caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a dodici mesi in assenza di una delle causali in oggetto, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi, ai sensi del comma 1-bis del menzionato art.19. Giova inoltre ricordare che l’art. 21, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015  richiede la sussistenza di una di tali causali per: a) i rinnovi dei contratti a termine; b) le proroghe dei contratti a termine che determinino una durata complessiva del rapporto superiore ai dodici mesi (con la precisazione che tale condizione non si applica alle proroghe e ai rinnovi dei rapporti di lavoro concernenti le attività stagionali).

Tuttavia, in base ad una norma transitoria[4], i contratti possono essere rinnovati o prorogati, per un periodo massimo di dodici mesi e fermo restando il limite di durata complessiva, pari a ventiquattro mesi, mediante un atto intervenuto entro il 31 dicembre 2021, anche in assenza delle causali in oggetto[5]. Il menzionato art. 21, comma 1, richiama l’intero comma 1 dell’art. 19 citato; la nuova causale è introdotta in quest’ultimo comma dalla novella di cui all’articolo 41bis al nostro esame, mentre la norma transitoria, che limita la validità della nuova causale ai termini apposti fino al 30 settembre 2022, è posta dal nuovo comma 1.1, comma inserito dalla novella nel medesimo art. 19 e che resta fuori dall’ambito del richiamo operato dal suddetto art. 21, comma 1[i].

È opportuno ricordare che la disciplina delle causali non concerne i dipendenti pubblici, per i quali, ai sensi dell’art. 1, comma 3, del D.L. 12 luglio 2018, n. 87, convertito in legge, con modificazioni, con L. 9 agosto 2018, n. 96, e successive modificazioni, continua a trovare applicazione la disciplina sui contratti a termine previgente alle novelle operate dal medesimo art. 1 del D.L. n. 87/2021. Per quanto riguarda altre esclusioni o deroghe rispetto alle norme generali sui contratti a tempo determinato, si v. l’art. 29 del cit. D.Lgs. n. 81/2015, e successive modificazioni, nonché l’art. 1, comma 3, del D.L. n. 87/2021.

NOTE

[1] In un articolo del 27 Luglio 2021, pubblicato nella rivista “Labor”, il Prof. Maresca parla di “una nuova ipotesi di lavoro, del tutto speciale, che consente l’assunzione temporanea nei casi previsti dalla contrattazione collettiva”. L’A. lo definisce “contratto a termine a durata minima garantita” (CTD-DMG). Afferma l’A: “con la seconda modifica, il legislatore ha introdotto nella disciplina del lavoro a termine una nuova ipotesi di lavoro, del tutto speciale, che consente l’assunzione temporanea nei casi previsti dalla contrattazione collettiva (nazionale, territoriale e aziendale), ponendo però un limite di qualità occupazionale. Limite consistente nella durata minima garantita del contratto di lavoro (CTD-DMG) di almeno dodici mesi ed un giorno (il termine deve avere una “durata superiore ai dodici mesi”), affinché il lavoratore possa contare, nella fase post pandemica, cioè fino al 30 settembre 2022, su un periodo di occupazione sufficiente (almeno, ci si augura) per attraversare questa fase nell’auspicata attesa del ritorno alla normalità”. Tuttavia, dalla lettura del testo di legge sembra evincersi che al datore di lavoro sia consentito di concludere il nuovo contratto non solo con i lavoratori da lui in passato assunti a tempo determinato, ed anche quando questi lavoratori abbiano già raggiunto il limite dei 24 mesi o il diverso limite previsto dai contratti collettivi. Che potranno anche prevedere una durata complessiva superiore ai 2 anni. Con la conseguenza che un lavoratore assunto con un contratto di 12 mesi il 1° di agosto del 2021 potrebbe poi firmarne un altro di 24 mesi a fine settembre 2022. Estendendo il periodo di lavoro a termine fino all’autunno del 2024.

[2] La Confindustria, in un’apposita nota, tiene ad evidenziare come l’art. 41 bis introduca due distinte importanti novità: a) alle causali che consentono una durata del singolo rapporto di lavoro oltre i 12 mesi, già previste dal cd “Decreto Dignità”, si aggiungono le “specifiche esigenze previste dai contratti collettivi” sia nazionali sia aziendali. L’efficacia di tale disposizione è però limitata nel tempo perché sarà possibile porla in essere soltanto fino al 30 settembre 2022; b) il contratto a termine potrà essere rinnovato o prorogato, oltre che per le causali già previste in precedenza, anche al ricorrere delle specifiche esigenze individuate contrattualmente. A differenza di quanto previsto per la durata del singolo contratto, in caso di rinnovo o proroghe, non troverebbe applicazione il limite temporale di efficacia della norma al 30 settembre 2022.

[3] Un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso gli uffici dell’Ispettorato nazionale del lavoro competenti per territorio (ai sensi dell’art. 19, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2021).

[4] Di cui all’art. 93 (e successive modificazioni) del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito in legge, con modificazioni, con  L. 17 luglio 2020, n. 77.

[5] Rinnovo (o proroga), consentito una sola volta. Per i rinnovi o proroghe concordati prima del 23 marzo 2021, si v. il comma 2 dell’art. 17 del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito in legge, con modificazioni, con L. 21 maggio 2021, n. 69.