I trattamenti di integrazione salariale nella normativa anti-Covid.
Artt. 40 e 40-bis. del D.L. 73/2021, convertito in legge con L. n. 106/2021.I trattamenti di integrazione salariale nella normativa anti-Covid. Legge 23 luglio 2021, n. 106. Articoli 40 e 40-bis.
A cura di Ada Noli
Riferimento legislativo: D.L. 73/2021 (“Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali”), convertito in legge con L. 23 luglio 2021, n. 106. Articoli 40 e 40-bis.
Art. 40: “Ulteriori disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale e di esonero dal contributo addizionale”.
1.In alternativa ai trattamenti di integrazione salariale di cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, i datori di lavoro privati di cui all’articolo 8, comma 1 del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, che nel primo semestre dell’anno 2021 hanno subito un calo del fatturato del 50 per cento rispetto al primo semestre dell’anno 2019, possono presentare, previa stipula di accordi collettivi aziendali ai sensi dell’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 di riduzione dell’attivita’ lavorativa dei lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto finalizzati al mantenimento dei livelli occupazionali nella fase di ripresa delle attivita’ dopo l’emergenza epidemiologica, domanda di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga alle disposizioni di cui agli articoli 4 e 21 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 per una durata massima di 26 settimane nel periodo tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 dicembre 2021. La riduzione media oraria non puo’ essere superiore all’80 per cento dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati dall’accordo collettivo. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non puo’ essere superiore al 90 per cento nell’arco dell’intero periodo per il quale l’accordo collettivo di cui al presente comma e’ stipulato. Il trattamento retributivo perso va determinato inizialmente non tenendo conto degli aumenti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nel periodo di sei mesi antecedente la stipula dell’accordo collettivo di cui al presente comma. Il trattamento di integrazione salariale e’ ridotto in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale. Gli accordi di cui al presente comma devono specificare le modalita’ attraverso le quali l’impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, puo’ modificare in aumento, nei limiti del normale orario di lavoro, l’orario ridotto. Il maggior lavoro prestato comporta una corrispondente riduzione del trattamento di integrazione salariale. Ai lavoratori impiegati a orario ridotto ai sensi del presente comma e’ riconosciuto un trattamento speciale di integrazione salariale, in misura pari al 70 per cento della retribuzione globale che sarebbe loro spettata per le ore di lavoro non prestate, senza l’applicazione dei limiti di importo previsti dall’articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, e la relativa contribuzione figurativa. Per i trattamenti concessi ai sensi del presente comma non e’ dovuto dal datore di lavoro alcun contributo addizionale.
1-bis. Al fine di mitigare i disagi che, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, si sono determinati nella gestione degli adempimenti connessi alle richieste di accesso alle prestazioni integrative di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 95269 del 7 aprile 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 21 maggio 2016, i termini di decadenza di cui all’articolo 7, comma 8, del medesimo decreto per l’invio delle domande di accesso ai trattamenti integrativi, scaduti nel periodo dal 1° febbraio 2020 al 30 aprile 2021, sono differiti al 31 luglio 2021. Il beneficio di cui al primo periodo del presente comma e’ riconosciuto nel limite di spesa di 18 milioni di euro per l’anno 2021; a tale fine e’ previsto uno specifico finanziamento del Fondo di cui al citato decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 95269 del 2016 a titolo di concorso ai relativi oneri, pari a 18 milioni di euro per l’anno 2021. All’onere derivante dal secondo periodo del presente comma, pari a 18 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede ai sensi dell’articolo 77.
2.I trattamenti di cui al comma 1 sono concessi nel limite massimo di spesa pari a 557,8 milioni di euro per l’anno 2021. L’INPS provvede al monitoraggio del limite di spesa di cui al primo periodo del presente comma. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che e’ stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande. Agli oneri derivanti dal primo periodo del presente comma pari a 557,8 milioni di euro per l’anno 2021 si provvede ai sensi dell’articolo 77.
3. I datori di lavoro privati di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, che a decorrere dalla data del 1° luglio 2021 sospendono o riducono l’attivita’ lavorativa e presentano domanda di integrazione salariale ai sensi degli articoli 11 e 21 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 sono esonerati dal pagamento del contributo addizionale di cui all’articolo 5 del medesimo decreto legislativo fino al 31 dicembre 2021. Il beneficio contributivo di cui al primo periodo del presente comma e’ riconosciuto nel limite di minori entrate contributive pari a 163,7 milioni di euro per l’anno 2021. L’ente previdenziale provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa di cui al secondo periodo del presente comma e comunica i risultati di tale attivita’ al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Qualora dal predetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori.
4.Ai datori di lavoro che presentano domanda di integrazione salariale ai sensi del comma 3 resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 per la durata del trattamento di integrazione salariale fruito entro il 31 dicembre 2021 e restano altresi’ sospese nel medesimo periodo le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, gia’ impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto. Ai medesimi soggetti di cui al primo periodo resta, altresi’, preclusa nel medesimo periodo, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facolta’ di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e restano altresi’ sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.
5.Le sospensioni e le preclusioni di cui al comma 4 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attivita’ dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attivita’ di impresa conseguente alla messa in liquidazione della societa’ senza continuazione, anche parziale, dell’attivita’, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attivita’ che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente piu’ rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori e’ comunque riconosciuto il trattamento di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22. Sono altresi’ esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
6.Alle minori entrate derivanti dal comma 3, rispettivamente pari a 163,7 milioni di euro per l’anno 2021 e valutate in 24 milioni di euro per l’anno 2023, si provvede ai sensi dell’articolo 77.
Art. 40. Commi 1 e 2.
I commi 1 e 2 dell’art. 40 prevedono, in via transitoria, per alcuni datori di lavoro, la possibilità di ricorrere a trattamenti straordinari di integrazione salariale in base ad una specifica fattispecie, ivi definita, con criteri di calcolo della misura e una durata massima diversi da quelli previsti dalla disciplina generale per i medesimi trattamenti (concessi in base a causali da quest’ultima definite). Per i trattamenti di cui ai commi in argomento non è dovuto il contributo addizionale a carico del datore di lavoro, previsto dalla disciplina generale in caso di ammissione ai trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale. I trattamenti di cui ai commi 1 e 2 sono subordinati alla stipulazione di un accordo collettivo aziendale di riduzione dell’attività lavorativa dei dipendenti in forza alla data di entrata in vigore del D.L. n. 73/2021 (26 maggio 2021) e sono ammessi per una durata massima di 26 settimane nel periodo compreso tra la suddetta data e il 31 dicembre 2021.
Quanto all’ambito dei datori di lavoro ammessi alla disciplina transitoria in argomento, il comma 1 fa riferimento ai datori di lavoro privati di cui all’art .8, comma 1, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69. Questo comma concerne la concessione, per periodi compresi entro il 30 giugno 2021, di trattamenti ordinari di integrazione con causale COVID-19, e subordina la possibilità di ricorso ai trattamenti straordinari in esame alla condizione che nel primo semestre dell’anno 2021 il datore abbia subito un calo del fatturato del 50 per cento rispetto al primo semestre dell’anno 2019.
Come accennato, i trattamenti di cui ai commi 1 e 2 sono subordinati alla stipulazione di un accordo collettivo aziendale di riduzione dell’attività lavorativa dei dipendenti in forza alla data del 26 maggio 2021.L’accordo è inteso al mantenimento dei livelli occupazionali nella fase di ripresa delle attività dopo l’emergenza epidemiologica da COVID-19. L’accordo, in base al richiamo dell’art. 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, dev’essere stipulato con le rappresentanze sindacali aziendali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero con la rappresentanza sindacale unitaria. A tali fini, l’accordo deve rispettare le seguenti condizioni: a) la riduzione media oraria non può essere superiore all’80 per cento dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati; b) per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 90 per cento, nell’arco dell’intero periodo oggetto dell’accordo; c) devono essere specificate le modalità attraverso le quali l’impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, possa modificare in aumento l’orario – nei limiti del normale orario di lavoro-, con corrispondente riduzione dei trattamenti di integrazione salariale in esame.
Le condizioni sub a e b costituiscono una deroga -come indica il comma 1- a quelle previste dalla disciplina generale per i trattamenti straordinari di integrazione salariale con causale di contratto di solidarietà[1].
Si ricorda che, in base a quest’ultima disciplina, la riduzione media oraria non può essere superiore al 60 per cento dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati e per ciascun lavoratore la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 70 per cento nell’arco dell’intero periodo oggetto del contratto di solidarietà[2]. I trattamenti di cui ai commi 1 e 2 in esame possono essere concessi per una durata massima di 26 settimane, nell’ambito del periodo compreso, come già detto, tra il 26 maggio 2021 e il 31 dicembre 2021.
Comenoto, secondo la disciplina generale, i trattamenti straordinari di integrazione salariale hanno una durata massima[3] di: i) 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile, per la causale di riorganizzazione aziendale; ii) 12 mesi, anche continuativi, per la causale di crisi aziendale (una nuova autorizzazione non può essere concessa prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente autorizzazione); iii) 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile per la causale di contratto di solidarietà.
Sempre in base alla disciplina generale, il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possono superare complessivamente[4] la durata massima di 24 mesi in un quinquennio mobile (a tal fine, la durata dei trattamenti per la causale di contratto di solidarietà viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente), ovvero di 30 mesi per alcune imprese[5]. Il comma 1 pone esplicitamente una deroga ai limiti di cumulo suddetti, di cui all’art. 4 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148. Ne consegue che il trattamento concesso ai sensi dei commi 1 e 2 non viene computato nell’ambito di tali limiti.
Il trattamento di integrazione per le ore di lavoro non prestate ed oggetto degli accordi collettivi di cui al comma 1 è pari al 70 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata per esse. Si ricorda che, in base alla disciplina generale dei trattamenti straordinari di integrazione salariale[6], l’aliquota di calcolo della misura è invece pari all’80 per cento e l’importo mensile del trattamento non può superare un determinato limite[7]. L’applicazione di quest’ultimo è esclusa per il trattamento di cui ai commi 1 e 2 in argomento.
Resta fermo il riconoscimento della contribuzione figurativa ai fini pensionistici per le ore coperte dal trattamento in oggetto (così come previsto anche dalla disciplina generale).Il comma 1 specifica altresì (in conformità alla disciplina generale relativa al trattamento straordinario di integrazione salariale con causale di contratto di solidarietà che: x) il calcolo del trattamento retributivo perso dev’essere determinato inizialmente al netto degli eventuali aumenti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nel periodo di sei mesi antecedente la stipula dell’accordo collettivo; y) il trattamento di integrazione salariale è ridotto in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi, intervenuti in sede di contrattazione aziendale.
Come accennato, per i trattamenti di cui ai commi 1 e 2 non è dovuto il contributo addizionale a carico del datore di lavoro, previsto dalla disciplina generale in caso di ammissione ai trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale.
Art. 40 bis: “Ulteriore trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria”.
1.Anche per fronteggiare situazioni di particolare difficolta’ economica presentate al Ministero dello sviluppo economico, ai datori di lavoro di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 maggio 2021, n. 69, che non possono ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale di cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, e’ riconosciuto, nel limite di spesa di 351 milioni di euro per l’anno 2021, un trattamento straordinario di integrazione salariale in deroga agli articoli 4, 5, 12 e 22 del medesimo decreto legislativo n. 148 del 2015, per un massimo di tredici settimane fruibili fino al 31 dicembre 2021. L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo del presente comma. Qualora dal predetto monitoraggio emerga il raggiungimento, anche in via prospettica, del predetto limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande.
2.Ai datori di lavoro che presentano domanda di integrazione salariale ai sensi del comma 1 resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, per la durata del trattamento di integrazione salariale fruito entro il 31 dicembre 2021 e restano altresi’ sospese, nel medesimo periodo, le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, gia’ impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto. Ai medesimi soggetti di cui al primo periodo resta, altresi’, preclusa, nel medesimo periodo, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facolta’ di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresi’ sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.
3.Le sospensioni e le preclusioni di cui al comma 2 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attivita’ dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attivita’ di impresa conseguente alla messa in liquidazione della societa’ senza continuazione, anche parziale, dell’attivita’, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si realizzi la cessione di un complesso di beni o attivita’ che possa configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente piu’ rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori e’ comunque riconosciuto il trattamento di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22. Sono altresi’ esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
4. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 351 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede ai sensi dell’articolo 77.
Articolo 40-bis, commi 1 e 4.
I commi 1 e 4 dell’articolo 40-bis costituiscono la trasposizione delle norme di cui all’art. 4, comma 8, capoverso 1, e comma 9, del D.L. 30 giugno 2021, n. 99[8]. Il comma 1 prevede, in relazione a situazioni di particolare difficoltà, presentate al Ministero dello sviluppo economico, la possibilità del riconoscimento di un periodo di trattamento straordinario di integrazione salariale in favore di datori di lavoro che, per esaurimento dei limiti di durata, non potrebbero più ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale (ordinaria o straordinaria); per il periodo così ammesso è riconosciuta altresì l’esonero dalla contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro, prevista dalla disciplina generale in caso di concessione di trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale. Il riconoscimento del periodo in esame è possibile nel limite massimo di tredici settimane -fruibili entro il 31 dicembre 2021- e nel rispetto di un limite massimo di spesa pari a 351 milioni di euro per il 2021..
Quanto all’ambito dei datori di lavoro ammessi alle disposizioni in esame, il comma 1 fa riferimento all’art. 8, comma 1, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69 (recante “Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19”). Questo comma concerne la concessione, per periodi compresi entro il 30 giugno 2021, di trattamenti ordinari di integrazione con causale COVID-19[9].
Riguardo alle situazioni coperte dal presente comma 1, esse sono costituite da casi in cui, nell’ultimo quinquennio mobile, il trattamento ordinario e/o quello straordinario di integrazione salariale abbiano raggiunto complessivamente la durata massima di 24 mesi (a tal fine, la durata dei trattamenti straordinari per la causale di contratto di solidarietà viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente) ovvero di 30 mesi per alcune imprese[10]. Le aziende in oggetto hanno, presumibilmente, usufruito dei trattamenti ordinari di integrazione salariale con causale COVID-19 (concessi in base alle relative norme transitorie via via adottate), in luogo del trattamento straordinario di integrazione salariale (ovvero del trattamento ordinario senza causale COVID-19); in tal caso, esse non sono in concreto interessate dagli altri limiti di durata -previsti dalle norme del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, richiamate dal comma 1-, in quanto i trattamenti ordinari con causale COVID-19, in base alla propria peculiare disciplina, non sono computati nei limiti di durata relativi agli istituti in oggetto.
Come accennato, per il periodo ammesso ai sensi del comma 1, non si applica il contributo addizionale a carico del datore di lavoro, previsto dalla disciplina generale in caso di ammissione ai trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale[11] . Si ricorda che il contributo addizionale è pari -ex art.5, comma 1, del D.Lgs. n. 148/ 2015- al: a) 9 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al dipendente per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale, ordinaria o straordinaria, fruiti all’interno di uno o più interventi concessi, sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile; b) 12 per cento oltre il limite suddetto e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile; c) 15 per cento oltre quest’ultimo limite, nell’ambito di un quinquennio mobile.
Note
[1] Le causali per le quali può essere concesso il trattamento straordinario di integrazione salariale sono disciplinate dall’art.21 del D.Lgs. n. 148 del 2015.
[2] La terza condizione summenzionata, che, ai sensi del comma 1 dell’art. 40, dev’essere rispettata dall’accordo collettivo, è posta anche dalla disciplina generale (relativamente al trattamento straordinario di integrazione salariale con causale di contratto di solidarietà).
[3] Cfr. l’art. 22 del D.Lgs. n. 148 del 2015. I limiti massimi in oggetto si riferiscono alle singole unità produttive interessate dal trattamento.
[4] Anche per tali limiti occorre far riferimento alla singola unità produttiva.
[5] Tale limite più elevato concerne: le imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini; le imprese industriali esercenti l’attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo; le imprese artigiane che svolgano attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgano tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dall’attività di escavazione.
[6] Cfr. l’art. 3 del D.Lgs. n. 148 del 2015.
[7] Limite pari, nel 2021, a 998,18 euro, ovvero a 1.199,72 euro qualora la retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, sia superiore a 2.159,48 euro.
[8] Decreto di cui l’art. 1 del disegno di legge di conversione del D.L. n. 73, nel testo riformulato dalla Camera, ha disposto l’abrogazione, con la salvezza degli effetti già prodottisi.
[9] Cfr. l’art. 20 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148.
[10] Tale limite più elevato concerne: le imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini; le imprese industriali esercenti l’attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo; le imprese artigiane che svolgano attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgano tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dall’attività di escavazione. Cfr. supra, nota 5
[11] Per i trattamenti ordinari di integrazione salariale, il contributo addizionale non è dovuto qualora il trattamento sia concesso per eventi oggettivamente non evitabili (art. 13, comma 3, del D.Lgs. n. 148 del 2015).
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