Il Documento di economia e finanza (DEF) 2022
Aprile 2022Il Documento di economia e finanza (DEF) 2022.
1.Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Mario Draghi e del Ministro dell’economia e delle finanze Daniele Franco, ha approvato il Documento di economia e finanza (DEF) 2022, previsto dalla legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196).
Il Documento tiene conto del peggioramento del quadro economico determinato da diversi fattori, in particolare l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’aumento dei prezzi dell’energia, degli alimentari e delle materie prime, l’andamento dei tassi d’interesse e la minor crescita dei mercati di esportazione dell’Italia. Tali fattori sono oggi tutti meno favorevoli di quanto fossero in occasione della pubblicazione della Nota di aggiornamento al DEF (NADEF) nello scorso settembre.
In tale scenario, la previsione tendenziale di crescita del prodotto interno lordo (PIL) per il 2022 scende dal 4,7% programmatico della NADEF al 2,9%, quella per il 2023 dal 2,8% al 2,3%.
Il disavanzo tendenziale della pubblica amministrazione è indicato al 5,1% per quest’anno; scende successivamente fino al 2,7% del PIL nel 2025. Gli obiettivi per il disavanzo contenuti nella NADEF sono confermati: il 5,6% nel 2022, in discesa fino al 2,8% nel 2025. Vi è quindi un margine per misure espansive (0,5 punti percentuali di PIL per quest’anno, 0,2 punti nel 2023 e 0,1 punti nel 2024 e nel 2025).
Questo spazio di manovra sarà utilizzato dal Governo per un nuovo intervento con diverse finalità, in particolare per contenere il costo dei carburanti e dell’energia per famiglie e attività produttive, potenziare gli strumenti di garanzia per l’accesso al credito delle imprese, integrare le risorse per compensare l’aumento del costo delle opere pubbliche e ripristinare alcuni fondi utilizzati a parziale copertura del recente decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17.
Per effetto di questi interventi, la crescita programmatica sarà lievemente più elevata di quella tendenziale, soprattutto nel 2022 e nel 2023 (3,1% e del 2,4%), con riflessi positivi sull’andamento dell’occupazione. Il rapporto debito/PIL nello scenario programmatico diminuirà quest’anno al 147,0%, dal 150,8% del 2021, per calare poi progressivamente fino al 141,4% nel 2025.
La decisione di confermare gli obiettivi programmatici di disavanzo testimonia l’attenzione verso la sostenibilità della finanza pubblica. Al contempo, per il Governo resta imprescindibile continuare a promuovere una crescita economica elevata e sostenibile. Laddove necessario, il Governo non esiterà a intervenire con la massima determinazione e rapidità a sostegno delle famiglie e delle imprese italiane.
2. Come noto, Il Documento di economia e finanza costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio, nell’ambito del processo di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE. Esso traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall’Italia per il rispetto del Patto di stabilità e crescita europeo (PSC).
2.1.Il DEF si colloca al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE, il cd. Semestre europeo.
Tuttavia, il semestre europeo avrà anche nel 2022 natura particolare ed eccezionale, in virtù delle conseguenze economiche della pandemia da COVID-19 e della risposta dell’UE alla crisi. L’operatività della clausola di salvaguardia generale del PSC (c.d. general escape clause – GEC), infatti, è stata mantenuta anche per il 2022, a seguito della Comunicazione della Commissione sulla analisi annuale della crescita sostenibile 2022 del 24 novembre 2021. La Commissione Europea ha deciso l’applicazione della clausola di salvaguardia al fine di assicurare agli Stati membri il necessario spazio di manovra nell’ambito del proprio bilancio per il sostenimento delle spese sanitarie necessarie ad affrontare l’emergenza epidemica e delle misure per contrastare gli effetti recessivi sulle economie europee della diffusione del Covid-19. L’applicazione della clausola consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine, ma non sospende l’applicazione del Patto di Stabilità e Crescita, né le procedure del semestre europeo in materia di sorveglianza fiscale. La Commissione, inoltre, si è riservata di estendere l’applicazione della general escape clause anche al 2023, sulla base delle previsioni economiche di primavera 2022.
2.2. Il DEF viene trasmesso alle Camere affinché si esprimano sugli obiettivi e sulle conseguenti strategie di politica economica in esso indicati. Dopo il passaggio parlamentare, il documento va inviato al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea, entro il 30 aprile.
Unitamente al DEF 2022 il Governo ha trasmesso al Parlamento, ai sensi dell’art. 6, co. 5, della L. n. 243/2012 la Relazione che illustra l’aggiornamento del piano di rientro verso l’obiettivo di medio termine (OMI) per la finanza pubblica, che dovrà essere approvata a maggioranza assoluta da entrambe le Camere. Con la Relazione in particolare, il Governo chiede l’autorizzazione a modificare leggermente il percorso di convergenza verso l’OMI rispetto a quanto programmato nella NADEF 2021, al fine di utilizzare il margine di bilancio, pari 0,5 punti percentuali di PIL per quest’anno, 0,2 punti nel 2023 e 0,1 punti nel 2024 e nel 2025, per misure espansive che saranno oggetto di un decreto-legge da approvare nelle prossime settimane.
3.Il quadro macroeconomico
3.1.Per quanto concerne le prospettive dell’economia italiana, il DEF presenta due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l’altro programmatico.
Il quadro macroeconomico tendenziale, validato dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) in data 24 marzo 2022, riflette un quadro economico di forte incertezza, sia per quanto riguarda l’evoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina, sia in riferimento ai connessi aumenti dei prezzi delle materie prime e alle oscillazioni dei mercati finanziari.
Il quadro tendenziale evidenzia, anzitutto, un rallentamento del ritmo di crescita del PIL già nella seconda metà del 2021, dopo la notevole ripresa nei primi due trimestri, a causa della quarta ondata pandemica e dell’avvio del rialzo dei prezzi del gas naturale e dell’energia elettrica. Le tensioni internazionali deflagrate all’inizio del 2022 hanno ulteriormente aggravato il fenomeno, determinando una crescita tendenziale dei prezzi al consumo a marzo 2022 del 6,7 per cento su base annua, trainata soprattutto dall’accelerazione dei prezzi dei beni energetici e alimentari. L’inflazione di fondo, invece – calcolata al netto dei prodotti energetici e alimentari freschi – ha raggiunto il 2 per cento. In base alle previsioni del DEF, l’inflazione dovrebbe attestarsi su valori pari al 3 per cento nell’anno in corso, per poi ridursi al 2,1 per cento nel 2023 e all’1,8 per cento nel biennio 2024-2025.
Sul fronte del mercato del lavoro, il DEF prevede che entro la fine del 2022 l’occupazione si attesti sui valori pre-pandemici e che il tasso di disoccupazione si riduca dal valore medio del 9,5 per cento registrato nel 2021 all’8,7 per cento nel 2022, per poi attestarsi all’8 per cento alla fine del triennio 2023-2025. Si prevede, d’altro canto, un aumento delle retribuzioni e dei redditi da lavoro più moderato rispetto a quello dell’inflazione.
Gli andamenti congiunturali legati alla pandemia e al conflitto in corso rendono dunque le prospettive di crescita dell’economia italiana deboli e incerte. La previsione tendenziale di crescita del PIL in termini reali nel 2022 è fissata al 2,9 per cento (-1,8 per cento rispetto al dato contenuto nella Nota di aggiornamento al DEF di settembre 2021). Per il 2023 la previsione di crescita del PIL scende, rispetto alla NADEF 2021, dal 2,8 al 2,3 per cento; per il 2024, dall’1,9 all’1,8 per cento. Per il 2025, infine, la previsione di crescita è dell’1,5 per cento.
3.2. Per quanto concerne il quadro macroeconomico programmatico per gli anni 2022 e successivi, il Governo conferma gli obiettivi della NADEF 2021 del deficit al 5,6 per cento del PIL nel 2022, al 3,9 per cento nel 2023, al 3,3 per cento nel 2024, mentre l’ obiettivo di deficit per il 2025 è fissato al 2,8 per cento del PIL.
In conseguenza delle proiezioni più favorevoli del rapporto deficit/PIL a legislazione vigente per il 2022 (5,1 per cento), il Governo dispone di un margine di 0,5 punti percentuali che dichiara di voler utilizzare per finanziare un nuovo decreto-legge, da adottare nel mese di aprile, finalizzato in primo luogo al ripristino dei fondi di bilancio utilizzati a parziale copertura del D.L. n. 17/2022 (riguardante misure per il contenimento dei costi dell’energia e del gas naturale). Le restanti risorse saranno dedicate a interventi per il contenimento dei prezzi dei carburanti e del costo dell’energia, per l’assistenza ai profughi ucraini, per il contenimento dell’impatto economico del conflitto sulle aziende italiane e per il sostegno al sistema sanitario e ai settori maggiormente colpiti dalla pandemia.
Il DEF prevede, in conseguenza di tale intervento, una crescita del PIL reale al 3,1 per cento nel 2022 e al 2,4 per cento nel 2023, mentre le previsioni di crescita per il 2024 e il 2025 rimangono sostanzialmente invariate.
4.La finanza pubblica
4.1.Con riferimento ai dati di consuntivo 2021 si segnala, innanzitutto, che l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni nel 2021 è stato pari, in valore assoluto, a 128,3 miliardi, corrispondente al 7,2 per cento del Pil. Il dato evidenzia un miglioramento sia rispetto all’anno 2020 (esercizio nel quale l’indebitamento netto è, infatti, risultato pari a 159 miliardi, corrispondente al 9,6 per cento del Pil), sia rispetto all’obiettivo programmatico per il 2021, aggiornato in chiave migliorativa dalla NADEF 2021, che prevedeva un indebitamento netto pari al 9,4 per cento del PIL.
Le entrate totali delle Amministrazioni pubbliche registrano nel 2021 una crescita tendenziale del +9,2 per cento rispetto al 2020, portandosi a 857,6 miliardi di euro. In rapporto al Pil, le entrate totali registrano un incremento al 48,3 per cento rispetto al 47,4 per cento del 2020.
La pressione fiscale si attesta, nel 2021, al 43,5 per cento rispetto al 42,8 per cento dell’anno precedente (+0,7 punti percentuali). La “pressione fiscale effettiva”, che considera riduzioni di entrata anziché maggiori spese gli effetti delle agevolazioni fiscali e contributive, è stimata al 41,7 per cento nel 2021 (rispetto a 41,4 per cento nel 2020).
Le spese finali si attestano nel 2021 a 986 miliardi, in aumento del 4,4 per cento rispetto al dato 2020. In termini relativi, invece, le spese finali diminuiscono, dal momento che la loro incidenza rispetto al Pil passa dal 57 per cento del 2020 al 55,5 per cento del 2021.
4.2. Per quanto riguarda le previsioni tendenziali, il DEF prevede per il 2022 un indebitamento netto pari al 5,1 per cento del Pil (95,2 miliardi). Per gli anni successivi, si stima un decremento dell’indebitamento netto in rapporto al Pil al -3,7 per cento nel 2023, al -3,2 per cento nel 2024, al -2,7 per cento nel 2025.
Il DEF stima un andamento crescente delle entrate totali in termini assoluti per tutto il periodo di previsione 2022-2025 (da 857,6 miliardi nel 2021 a 913,6 miliardi nel 2022 a 987,3 miliardi nel 2025). In termini di incidenza sul Pil, le stime relative alle entrate totali registrano un trend di crescita fino al 2023, quando si prevede raggiungano il 48,8 per cento nel 2023, a cui segue una riduzione fino al 46,9 per cento nel 2025. Le entrate comprendono, alle voci “altre entrate correnti” e “entrate in conto capitale non tributarie”, le sovvenzioni legate al programma Next Generation EU. Tali voci sono previste in forte crescita fino al 2023 (fino a raggiungere rispettivamente il 4,8 e l’1,2 per cento del Pil), per poi contrarsi negli anni seguenti (rispettivamente al 4,1 e allo 0,5 per cento del Pil)
La pressione fiscale scende dal 43,5 per cento del 2021 al 43,1 per cento nel 2022, al 42,8 per cento nel 2023, al 42,3 per cento nel 2024 fino ad attestarsi al 42,2 per cento nel 2025.
Per quanto concerne le spese, in valore assoluto i dati stimati per gli anni dal 2022 al 2025 sono rispettivamente pari a 1.008,8 miliardi, 1.032,3 miliardi, 1.028,2 miliardi e 1.045,2 miliardi; il valore annuo stimato aumenta (rispetto all’esercizio precedente) del 2,3 per cento nel 2022 e nel 2023 (rispettivamente +22,8 miliardi e +23,5 miliardi), si riduce dello 0,4 per cento nel 2024 (-4,1 miliardi) per poi incrementarsi dell’1,7 per cento nel 2025 (+17 miliardi).
L’incidenza delle spese rispetto al PIL si riduce di quasi 2 punti percentuali nel 2022 rispetto al precedente esercizio, raggiungendo il 53,6 per cento per poi contrarsi ulteriormente di 1,1 punti percentuali nel 2023, di 2 punti percentuali nel 2024 e di 0,9 punti percentuali nel 2025, anno in cui l’incidenza sul PIL si attesta al 49,6 per cento. La riduzione del rapporto che si registra è da porre in relazione soprattutto con l’incremento della previsione relativa al PIL al denominatore (+330,2 miliardi nel quadriennio 2022-2025).
Riguardo alle principali componenti di spesa, si evidenzia che l’incidenza delle spese correnti al netto degli interessi rispetto al PIL diminuisce di circa 1 punto percentuale nel 2022, raggiungendo il 45,0 per cento per poi ulteriormente ripiegare al 44,1 per cento nel 2023, al 42,8 per cento nel 2024 e al 42,0 per cento nel 2025.
L’incidenza della spesa in conto capitale rispetto al PIL si riduce, invece, di circa 0,9 punti percentuali nel 2022 arrivando al 5,1 per cento per poi aumentare al 5,3 per cento nel 2023 e ripiegare al 4,7 per cento nel biennio 2024-25.
4.3. Per quanto riguarda lo scenario programmatico, il nuovo livello di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è stimato ridursi al 5,6 per cento nel 2022, al 3,9 per cento nel 2023, al 3,3 per cento nel 2024 e al 2,8 per cento nel 2025, in linea con quanto previsto dal NADEF 2021, ma a livelli più alti rispetto ai dati tendenziali.
Il nuovo livello del debito pubblico, invece, è previsto scendere al 147 per cento del PIL nel 2022, al 145,2 per cento nel 2023, al 143,4 per cento nel 2024 e al 141,4% nel 2024.
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