Incompatibili con la direttiva rimpatri i respingimenti al confine in Francia.

Sentenza della Corte di Giustizia UE,  21 settembre 2023, nella causa C-143/22. ADDE e a.

Nota di Oscar  De Luigi

Rinvio pregiudiziale-Spazio di libertà, sicurezza e giustizia-Controllo alle frontiere, asilo e immigrazione-Regolamento (UE) 2016/399-Articolo 32-Ripristino temporaneo da parte di uno Stato membro del controllo di frontiera alle sue frontiere interne-Articolo 14-Provvedimento di respingimento-Equiparazione delle frontiere interne alle frontiere esterne-Direttiva 2008/115/CE-Ambito d’applicazione-Articolo 2, paragrafo 2, lettera a.

Per la Corte di Giustizia Ue i migranti irregolari devono poter beneficiare di un certo termine per lasciare volontariamente il territorio. L’allontanamento forzato è possibile solo in ultima istanza. La direttiva “rimpatri” si applica a qualunque cittadino di un paese terzo che sia entrato nel territorio di uno Stato membro senza soddisfare le condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza. Ciò vale anche qualora l’interessato sia entrato in detto territorio ancor prima di aver attraversato un valico di frontiera in cui tali controlli vengono effettuati.

1.Varie associazioni, tra cui l’associazione Avocats pour la défense des droits des étrangers (ADDE), contestano dinanzi al Consiglio di Stato francese la legittimità di un’ordinanza che ha modificato il codice sull’ingresso e sul soggiorno degli stranieri e sul diritto d’asilo (Ceseda).

Esse sostengono che, consentendo alle autorità francesi di rifiutare l’ingresso di cittadini di paesi terzi alle frontiere con altri Stati membri (in prosieguo: le «frontiere interne»), alle quali sia stato temporaneamente ripristinato un controllo di frontiera in forza del codice frontiere Schengen in ragione di una minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna della Francia, il Ceseda contravverrebbe alla direttiva «rimpatri»[1] 1 . Secondo tale direttiva, qualsiasi cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare deve, di norma, essere oggetto di una decisione di rimpatrio. Tuttavia, l’interessato deve, in linea di principio, beneficiare di un certo termine per lasciare volontariamente il territorio. L’allontanamento forzato avviene solo in ultima istanza.

2.Il Consiglio di Stato interroga la Corte di giustizia sulla questione se, qualora uno Stato membro decida di ripristinare temporaneamente i controlli di frontiera alle frontiere interne, esso possa adottare nei confronti del cittadino di un paese terzo che sia scoperto, privo di un titolo di soggiorno valido, ad un valico di frontiera autorizzato situato nel suo territorio e in cui tali controlli vengono effettuati, un provvedimento di respingimento sulla sola base del codice frontiere Schengen, senza dover rispettare le norme e le procedure comuni previste dalla direttiva «rimpatri».

3.La Corte dichiara che, in una situazione del genere, un provvedimento di respingimento può essere adottato sulla base del codice frontiere Schengen ma che, ai fini dell’allontanamento dell’interessato, devono comunque essere rispettate le norme e le procedure comuni previste dalla direttiva «rimpatri», il che può condurre a privare di una larga parte della sua utilità l’adozione di un siffatto provvedimento di respingimento.

La direttiva «rimpatri» si applica infatti, in linea di principio, a partire dal momento in cui il cittadino di un paese terzo, in seguito al suo ingresso irregolare nel territorio di uno Stato membro, è presente in tale territorio senza soddisfare le condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza, e vi si trovi dunque in una situazione di soggiorno irregolare.

Ciò vale anche qualora, come nell’ipotesi in esame, l’interessato sia stato sorpreso ad un valico di frontiera situato nel territorio dello Stato membro di cui trattasi. Una persona può infatti essere entrata nel territorio di uno Stato membro anche prima di aver attraversato un valico di frontiera. La Corte precisa che solo eccezionalmente la direttiva «rimpatri» consente agli Stati membri di escludere i cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare dall’ambito d’applicazione di tale direttiva.

Se è vero che ciò avviene in particolare quando cittadini di paesi terzi sono sottoposti a una decisione di respingimento ad una frontiera esterna di uno Stato membro, lo stesso non vale quando, come nel caso di specie, tali cittadini sono sottoposti a una decisione di respingimento ad una frontiera interna di uno Stato membro, anche qualora siano stati ivi ripristinati controlli.

La Corte ricorda, infine, che gli Stati membri possono trattenere un cittadino di un paese terzo, in attesa del suo allontanamento, in particolare qualora detto cittadino costituisca una minaccia per l’ordine pubblico, e che essi possono reprimere con la pena della reclusione la perpetrazione di reati diversi da quelli attinenti alla sola circostanza dell’ingresso irregolare. Inoltre, la direttiva «rimpatri» non osta all’arresto o al fermo di polizia di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare quando egli sia sospettato di aver commesso un reato diverso dal semplice ingresso irregolare nel territorio nazionale, e in particolare un reato che può costituire una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna dello Stato membro interessato.

Dal testo della sentenza:

“[…]  Nella causa C‑143/22, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), con decisione del 24 febbraio 2022, pervenuta in cancelleria il 1° marzo 2022, nel procedimento:

-Association Avocats pour la défense des droits des étrangers (ADDE),

-Association nationale d’assistance aux frontières pour les étrangers (ANAFE),

-Association de recherche, de communication et d’action pour l’accès aux traitements (ARCAT),

-Comité inter-mouvements auprès des évacués (Cimade),

-Fédération des associations de solidarité avec tou.-te.-s les immigré.-e.-s (FASTI),

-Groupe d’information et de soutien des immigré.e.s (GISTI),

-Ligue des droits de l’homme (LDH),

-Le paria,

-Syndicat des avocats de France (SAF),

-SOS – Hépatites Fédération

contro

Ministre de l’Intérieur,

con l’intervento di:

Défenseur des droits,

[…]

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

Il regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen), e la direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare,

devono interpretati nel senso che:

qualora uno Stato membro abbia ripristinato i controlli di frontiera alle sue frontiere interne, esso può adottare, nei confronti del cittadino di un paese terzo che si presenti ad un valico di frontiera autorizzato situato nel suo territorio e in cui tali controlli vengono effettuati, un provvedimento di respingimento, in forza di un’applicazione mutatis mutandis dell’articolo 14 di detto regolamento, purché a detto cittadino siano applicate le norme e le procedure comuni previste da tale direttiva ai fini del suo allontanamento”!.


[1] 1 Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. L’oggetto di tale direttiva è quello di stabilire le norme e le procedure comuni da applicare negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, conformemente ai diritti fondamentali e al diritto internazionale. Dal considerando 4 di tale direttiva risulta che essa è intesa a stabilire norme chiare, trasparenti ed eque per definire una politica di rimpatrio efficace quale elemento necessario di una politica d’immigrazione correttamente gestita.