Nota di Giovanni Patrizi.

Impugnazione del licenziamento: valido qualsiasi atto idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore.1.La Corte di Cassazione, Sezione lavoro, con l’ordinanza del 21 giugno 2023 n. 17731, conferma il proprio orientamento secondo cui, ai fini dell’impugnazione extragiudiziale del licenziamento, ai sensi dell’art. 6 della legge 15 luglio 1966 n. 604, è sufficiente ogni atto scritto con il quale il lavoratore manifesti al datore di lavoro con qualsiasi termine, anche non tecnico e senza formule prestabilite, la volontà di contestare la validità e l’efficacia del provvedimento, essendo in detta manifestazione di volontà implicita la riserva di tutela dei propri diritti davanti all’autorità giudiziaria. Ai fini dell’impugnazione stragiudiziale del recesso, è pertanto sufficiente anche una frase scritta in calce alla lettera di licenziamento con cui il lavoratore esprime il proprio dissenso verso la sanzione espulsiva.

2. Un lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per inidoneità alle mansioni.

In secondo grado, la Corte d’Appello rigetta la domanda non ritenendo espressiva della volontà di impugnare il licenziamento la manifestazione di dissenso rispetto al provvedimento espulsivo pronunciata con la dicitura in calce alla lettera di comunicazione del recesso “prendo solo per ricevuta visione della lettera non condividendo né la forma né il contenuto“.

La Corte di Cassazione –ribaltando la pronuncia di merito– rileva che, ai fini dell’impugnazione stragiudiziale del licenziamento, ai sensi dell’art. 6 della L. n. 604/1966, è sufficiente ogni atto scritto con cui il lavoratore manifesti al datore la volontà di contestare la validità e l’efficacia del provvedimento.

È dunque sufficiente ogni atto scritto con cui il lavoratore manifesti al datore di lavoro, con qualsiasi termine, anche non tecnico, e senza formule prestabilite, la volontà di contestare la validità e l’efficacia del provvedimento, essendo in detta manifestazione di volontà implicita la riserva di tutela dei propri diritti davanti all’autorità giudiziaria.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso del lavoratore.

3. Di seguito pubblichiamo alcuni passi dell’Ordinanza.

Corte di Cassazione, Sezione lavoro, ordinanza del 21 giugno 2023, n. 17731.

” […] Considerato:

-che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’articolo 6, comma 1, L. n. 604 del 1966 come modificato dall’articolo 32 L. n. 183 del 2010, degli articoli 1362 e ss. c.c. e 121 c.p.c., lamenta la non conformità’ a diritto del convincimento espresso dalla Corte territoriale circa l’inidoneità’ della nota dal ricorrente apposta in calce alla lettera di licenziamento a riflettere la volontà’ di impugnare l’intimato licenziamento, assumendo essere sufficiente, ai sensi di legge ed in base al principio della libertà della forma degli atti, qualsiasi atto scritto che valga a manifestare al datore la volontà di contestare la validità ed efficacia del licenziamento;

-che con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli articoli 6, commi 1 e 2, L. n. 604 del 1966, 112 c.p.c., 97 Cost., 1-10 bis L. n. 241 del 1990, 1375 c.c., 1, comma 51, L. n. 92 del 2012, il ricorrente, nel ribadire la censura di cui al motivo che precede, imputa alla Corte territoriale l’omessa pronunzia in ordine ai dedotti motivi di illegittimità del recesso;

-che entrambi i motivi, i quali, per fondarsi in ogni caso sull’erroneo apprezzamento dell’insufficienza della nota del ricorrente ai fini dell’impugnazione del recesso, risultano strettamente connessi e possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi meritevoli di accoglimento alla luce dell’orientamento espresso da questa Corte (cfr. Cass. n. 7405/1994 ma già Cass. 4750/1982), secondo cui, ai fini dell’impugnazione stragiudiziale del licenziamento ai sensi dell’articolo 6, L. n. 604 del 1966, è sufficiente ogni atto scritto con cui il lavoratore manifesti al datore di lavoro, con qualsiasi termine, anche non tecnico, e senza formule prestabilite, la volontà di contestare la validità e l’efficacia del provvedimento, essendo in detta manifestazione di volontà implicita la riserva di tutela dei propri diritti davanti all’autorità giudiziaria;

– che, pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione, che provvederà in conformità, disponendo altresì in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità. […]”