(Studio legale  G. Patrizi, G. Arrigo, G. Dobici)

Corte di Cassazione. Sentenza 19 agosto 2024, n. 22897

Infortunio in itinere. Godimento dal 30% al 48%, Patologia epatica manifestatasi, Principio di stabilizzazione dei postumi, Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie, Riconoscimento del diritto alla salute, Accoglimento

 “[…] La Corte di Cassazione,

(omissis)

Fatti di causa

1. (…) convenne in giudizio l’INAIL per ottenere l’adeguamento della rendita da infortunio in itinere in godimento dal 30% al 48%.

2. Il Tribuna le di Firenze rigettò la domanda avendo accertato che la domanda di aggravamento era stata proposta quando era oramai decorso il termine di dieci anni di cui all’art. 83 del T.U..

3. La Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza osservando che la domanda doveva essere qualificata come richiesta di aggravamento degli esiti dell’infortunio in itinere sofferto dal lavoratore.

Ha accertato che la patologia epatica era conseguente alle trasfusioni cui l’assicurato era stato sottoposto in occasione dell’infortunio ed ha ritenuto perciò che in relazione a tale causa petendi il diritto alla prestazione era precluso per effetto del decorso dei dieci anni dall’infortunio (infortunio del 1975 e patologia epatica manifestatasi nel 2010 e diagnosticata nel 2014).

3.1. La Corte territoriale ha escluso che nella specie trovasse applicazione l’art. 80 del d.P.R. n. 1124 del 1965 osservando che, pur emersa a distanza di anni dall’infortunio, la patologia epatica era pur sempre effetto di una modifica peggiorativa delle condizioni fisiche dell’infortunato collegata a quell’evento e che non era ravvisabile un nuovo evento lavorativo che consentisse l’unificazione dei postumi.

3.2. Ha ritenuto infatti che, diversamente dal caso in cui vi sia stata una protratta esposizione al fattore di rischio che giustifica l’insorgere di nuove patologie valutabili ai sensi dell’art. 80 del testo unico (ad esempio il rumore come esaminato dalla sentenza della Corte costituzionale del 2010 n. 46 e dalle sentenze 5548 e 5550 del 2011 della Cassazione), nel caso in esame si era verificato un aggravamento dei postumi dell’originario infortunio senza che fosse identificabile nella trasfusione subita un diverso rischio lavorativo.

3.3. Inoltre, sotto altro profilo, la Corte di appello ha ritenuto che comunque l’art. 80 citato non potrebbe essere applicato ad un caso, come quello in esame, in cui i postumi dei due eventi assoggettati temporalmente a sistemi giuridici diversi non sarebbero cumulabili.

4. Per la cassazione della sentenza propone ricorso affidato a quattro motivi ai quali L’INAIL resiste con tempestivo controricorso.

Motivi della decisione

5. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 83 d.P.R. 1124 1965 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. con riguardo al principio di diritto affermato nella sentenza della Cassazione n. 1048 del 2018.

5.1. Ad avviso del ricorrente la Corte di merito avrebbe dato una interpretazione errata dei principi affermati in quella decisione con la quale si era contemperato il principio di stabilizzazione dei postumi con il principio costituzionale, consacrato nell’art. 38 Cost., che tende ad assicurare all’infortunato mezzi adeguati alle esigenze di vita senza condizioni. Ad avviso del ricorrente valorizzando la causa sopravvenuta dell’unico infortunio si realizza un equilibrato riconoscimento del diritto alla salute.

6. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione dell’art. 13 comma 6 del d.lgs. n. 38 del 2000 in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. e si deduce che al comma 6 dell’art. 13 sono previste due ipotesi: la prima relativa alle menomazioni preesistenti che però non sono state indennizzate con la rendita. La seconda che riguarda menomazioni non indennizzate in rendita perché conseguenti a nuovo infortunio.

6.1. Sottolinea che nella specie è circostanza dedotta e non contestata che l’assicurato beneficiava di una rendita da infortunio e che non vi era stato un nuovo infortunio.

7. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., la violazione dell’art. 113 c.p.c. e del principio iura novit curia in riferimento all’art. 101 Cost. e si deduce che applicando tale disposizione – che prevede per le malattie infettive che “la domanda di aggravamento ai fini della liquidazione della rendita può essere presentata anche oltre i limiti temporali (dettati dalla norma stessa) con scadenze quinquennali” – la domanda sarebbe stata accolta.

8. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 83 del T.U. e dell’art. 2935 c.c. con riguardo alla decorrenza del termine. Si deduce che lo stesso può decorrere solo dal momento in cui il diritto può essere fatto valere e dunque per le malattie infettive da quando viene percepita come conseguenza di un comportamento doloso o colposo sulla base delle conoscenze scientifiche e usando l’ordinaria diligenza.

8.1. Rileva che nella specie l’istanza era stata presentata il 18 marzo 2013, la visita era avvenuta l’11 aprile 2014 ed il procedimento era stato iniziato nel 2016 con la conseguenza che non era maturata la prescrizione.

9. Il primo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto, restando assorbito l’esame delle altre censure.

9.1. Ritiene il Collegio che debba essere data continuata al principio affermato da questa Corte con la sentenza n. 1048 del 2018 e che pertanto il termine dettato dall’art. 83 del d.P.R. n. 1124 del 1965 per l’esercizio del diritto alla revisione della rendita INAIL si riferisca esclusivamente all’eventuale aggrava mento derivante dalla naturale evoluzione dell’origina rio stato morboso. Laddove invece il maggior grado di inabilità dipenda da una concausa sopravvenuta ma comunque collegata causalmente a quell’infortunio deve essere applicata la disciplina dettata dall’art. 80 del d.P.R. citato.

9.2. Occorre premettere che l’art. 80 pone, nell’ambito dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie, un principio di rilevante rilievo sistematico. Si tratta, infatti, di norma che si propone di unificare in una unica rendita tutte le inabilità accertate in capo al medesimo soggetto.

9.2.1. Al primo comma si prevede che in favore del titolare di una rendita che sia colpito da un nuovo infortunio indennizza bile si costituisca un’unica rendita in base al grado di riduzione complessiva dell’attitudine al lavoro.

9.2.2. Al secondo comma, poi, si dispone che qualora il nuovo infortunio, di per sé considerato, determini un’inabilità permanente non superiore al dieci per cento, e tuttavia l’inabilità complessiva sia superiore a quella in base alla quale era stata liquidata la precedente rendita, si debba procedere alla liquidazione una nuova rendita che ne tenga conto unificando le conseguenze.

9.2.3. Al terzo comma, infine, è prevista la possibilità di unificare in un’unica rendita le inabilità, ciascuna inferiore al minimo indennizzabile, quando queste tra loro cumulate lo raggiungano.

9.3. L’art. 83 del d.p.r. n. 1124 del 1965, poi, al settimo comma prevede che la misura della rendita per inabilità possa essere rivista entro il termine di dieci anni dall’infortunio (quindici anni per il caso di malattia professionale).

9.3.1. Per stabilire quando applicare la regola della stabilizzazione dei postumi occorre verificare se il peggioramento delle condizioni di inabilità, causalmente correlato a circostanze che originano sempre dall’originario infortunio, si inseriscano nella catena causale modificando la naturale evoluzione del processo morboso avviato dal medesimo infortunio oppure ne realizzino la naturale evoluzione.

9.3.2. Solo tale naturale evoluzione soggiace alla regola della stabilizzazione dei postumi. La concausa sopravvenuta e causalmente dipendente dall’infortunio, infatti, proprio per il suo carattere di evento non prevedibile ed estraneo al naturale evolversi del danno origina rio, si colloca logicamente al di fuori della regola di stabilizzazione dei postumi di cui al citato art. 83 settimo comma del d.P.R. n.1124 del 1965 e non ne consente l’applicazione (Corte Cost. n. 46 del 2010).

9.4. L’esistenza del principio di necessaria considerazione di tutti i postumi derivanti dalla realizzazione del rischio assicurato, che è sotteso alla citata sentenza n. 46 del 2010 della Corte costituzionale, comporta che anche gli ulteriori postumi derivati da concausa sopravvenuta ma direttamente correlata all’infortunio, ove verificatisi oltre il termine decennale previsto dall’art. 83 del citato d.P.R., devono essere presi in esame per la rideterminazione della rendita in applicazione dell’art. 80 del medesimo d.P.R. che richiede che si considerino unitariamente postumi anche ove singolarmente inferiori al minimo indennizzabile.

9.5. In sintesi, allorquando il maggior grado di inabilità dipenda da una concausa sopravvenuta, sempre necessariamente originata dalla lesione generata dallo stesso infortunio (se non ci fosse stato l’infortunio non ci sarebbe stato bisogno di procedere a trasfusione del sangue) deve trovare applicazione la disciplina dettata dall’art. 80 d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124.

Il termine per l’esercizio del diritto alla revisione della rendita INAIL stabilito dall’art. 83 dello stesso d.P.R. si riferisce solo a quell’ aggravamento che è identificabile come una natura le progressione dello stato morboso originario che per legge si intende stabilizzato una volta decorso il termine previsto dalla norma per esercitare il diritto alla revisione.

9.6. Poiché nella specie si deduce che il complessivo aggravamento delle condizioni di salute del ricorrente è connesso ad un evento, la trasfusione, che ha contribuito come concausa a determinarlo con conseguenze divenute evidenti solo a distanza di tempo stante il periodo di latenza della malattia (accertata nel 2010 ed il cui collegamento causale con l’evento la trasfusione sarebbe divenuto evidente solo nel 2014) erra la Corte nel ritenere applicabile l’art. 83 del d.P.R. n. 1124 del 1965.

10. Ne consegue che la sentenza deve essere sul punto cassata e rinviata alla stessa Corte di appello che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame della domanda alla luce dei principi su esposti verificando se la malattia sopravvenuta abbia inciso sul grado di inabilità ai fini della riliquidazione della rendita che non sarebbe preclusa da quanto disposto dal comma sei ultimo capoverso dell’art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000 ove risulti confermato che la malattia sia dovuta ad una concausa verificatasi antecedentemente la sua entrata in vigore.

10.1. Alla Corte del rinvio è demandata anche la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 52 comma 5 del d.lgs. n. 196 del 2003 e ss. mm. in caso di diffusione dispone che si omettano le generalità e gli altri dati identificativi di (…).

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità […]”.