Insider trading e diritto al silenzio nei confronti di Consob e Banca d’Italia.

Corte Costituzionale, sentenza n. 84/2021.

Corte Costituzionale, sentenza n. 84/2021.

di B.Torres

1.Il 30 Aprile 2021 sono state depositate le motivazioni della sentenza n. 84/2021, con la quale la Corte Costituzionale, dichiarando lillegittimità costituzionale parziale dell’art. 187-quinquiesdecies del D.lgs. n. 58/1998, ha statuito che il diritto fondamentale al silenzio vale anche rispetto ai poteri d’indagine della Banca d’Italia e della Consob, quando dalle risposte alle domande possa emergere la propria responsabilità.  La Corte Costituzionale si è pronunciata sulla questione in oggetto  successivamente alla sentenza dellaCorte di Giustizia dell’Unione europea, del 2 Febbraio 2021, in causa C-481-19, che ha riconosciuto l’esistenza, in capo alle persone fisiche, di un diritto al silenzio, tutelato dagli artt. 47, co. 2, e 48, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE), nell’ambito dei procedimenti innanzi alla Consob per gli illeciti amministrativi di abuso di mercato.

La Corte di Giustizia ha così deciso: “L’articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato), e l’articolo 30, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6 e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE della Commissione, letti alla luce degli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi consentono agli Stati membri di non sanzionare una persona fisica, la quale, nell’ambito di un’indagine svolta nei suoi confronti dall’autorità competente a titolo di detta direttiva o di detto regolamento, si rifiuti di fornire a tale autorità risposte che possano far emergere la sua responsabilità per un illecito passibile di sanzioni amministrative aventi carattere penale oppure la sua responsabilità penale”.

Il diritto fondamentale al silenzio vale anche rispetto ai poteri d’indagine della Banca d’Italia e della Consob – afferma dunque la Corte costituzionale- quando dalle risposte alle domande possa emergere la propria responsabilità.

La Corte ha pertanto dichiarato incostituzionale l’articolo 187-quinquiesdecies del testo unico sulla finanza, “nella parte in cui si applica anche alla persona fisica che si sia rifiutata di fornire alla Banca d’Italia o alla Consob risposte che possano far emergere la sua responsabilità per un illecito passibile di sanzioni amministrative di carattere punitivo, ovvero per un reato”.

2. La questione esaminata dalla Consulta nasce dalla vicenda dell’amministratore di una società sottoposto a una pesante sanzione pecuniaria per non avere risposto alle domande della Consob su operazioni finanziarie sospette da lui compiute.
L’interessato aveva impugnato la sanzione, sostenendo di aver semplicemente esercitato il diritto costituzionale di non rispondere a domande da cui sarebbe potuta emergere la propria responsabilità. La Corte di cassazione, investita del caso, aveva sollevato nel 2018 questione di legittimità costituzionale dell’articolo 187-quinquiesdecies, che prevede una sanzione da 50.000 a un milione di euro a carico di chi “non ottempera nei termini alle richieste della Banca d’Italia o della CONSOB”, senza prevedere alcuna eccezione in favore di chi sia già sospettato di avere commesso un illecito.

3. Con l’ordinanza 117 del 2019, la Corte costituzionale aveva preso atto che è lo stesso diritto dell’UE a stabilire, a carico degli Stati, l’obbligo di sanzionare la mancata collaborazione con le autorità di vigilanza sui mercati finanziari. Pertanto aveva chiesto alla Corte di giustizia dell’Unione europea se, ai sensi del diritto UE, quest’obbligo valga anche nei confronti di chi è già sospettato di aver commesso un illecito; e se, in questi casi, un simile obbligo sia compatibile con il “diritto al silenzio” riconosciuto dalla Costituzione italiana, dal diritto internazionale e dalla stessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
A tali quesiti la Corte di giustizia dell’Unione europea ha risposto con la cit. sentenza del 2 febbraio 2021, chiarendo anzitutto che il diritto al silenzio è parte integrante dei principi dell’equo processo, così come riconosciuti dalla stessa Carta dei diritti fondamentali Ue. Questo diritto opera anche nell’ambito dei procedimenti amministrativi suscettibili di sfociare nell’applicazione di sanzioni aventi carattere punitivo, come quelle previste nell’ordinamento italiano per l’illecito amministrativo di abuso di informazioni privilegiate.

4. La Corte costituzionale ha sottolineato anzitutto che l’interpretazione della disciplina europea fornita dalla Corte di giustizia collima con la lettura del diritto al silenzioche la stessa Corte italiana aveva offerto nel proprio rinvio pregiudiziale, in armonia con le indicazioni provenienti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e del Patto internazionale sui diritti civili e politici. Dal diritto al silenzio discende dunque l’impossibilità di punire una persona fisica che si sia rifiutata di rispondere a domande, formulate in sede di audizione o per iscritto dalla Banca d’Italia o dalla Consob, dalle quali sarebbe potuta emergere una sua responsabilità per un illecito amministrativo o addirittura penale.

La Corte ha tuttavia precisato che il diritto al silenzio non giustifica comportamenti ostruzionistici fonte di indebiti ritardi allo svolgimento dell’attività di vigilanza, come il rifiuto di presentarsi a un’audizione, ovvero manovre dilatorie finalizzate a rinviare lo svolgimento dell’audizione stessa, o ancora l’omessa consegna di dati, documenti, registrazioni preesistenti alla richiesta dell’autorità.