(Studio legale G.Patrizi, G.Arrigo, G.Dobici)
Corte di cassazione, sezione lavoro, Ordinanza n. 18744 depositata il 9 luglio 2024.
La parifìcazione della denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, sul piano processuale, a quella delle norme di diritto, comporta, in sede di legittimità, l’interpretazione delle loro clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 ss. c.c.) come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione
Lavoro. CCNL Industria Metalmeccanica. Classificazione dei lavoratori. Esigenze organizzative ed economico-produttive dell’azienda. Mansioni appartenenti a categorie superiori. Espletamento delle funzioni proprie della professione. Mobilità tra la seconda e la terza categoria. Differenze retributive maturate. Accoglimento parziale.
Fatti di causa
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Trento rigettava l’appello proposto dalla T.R. s.r.l. contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 66/2019, che, in accoglimento delle domande proposte da G.M., aveva condannato detta società al pagamento, in favore del lavoratore, della somma di € 11.662,55, oltre interessi e rivalutazione.
2. Il lavoratore aveva chiesto la condanna della società convenuta al pagamento di tale somma complessiva a titolo di differenze retributive maturate dal mese di maggio 2010 sino al mese di luglio 2015, sull’assunto che il passaggio dalla 2^ alla 3^ categoria del CCNL Industria Metalmeccanica del 20.1.2008 doveva applicarsi in via automatica rispetto a lui.
2.1. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, nel considerare quanto previsto alla lett. C), § II, dell’art. 1 del Titolo II della Sezione IV del CCNL citato, considerava che l’interpretazione di tale specifica previsione già fornita dal Tribunale, contrariamente a quanto sostenuto dalla società appellante, era aderente alla lettera della norma che ritiene raggiunta la necessaria professionalità trascorso il tempo di 18 mesi dallo svolgimento delle mansioni appartenenti alla categoria superiore.
2.2. Respingeva la Corte anche le ulteriori censure dell’allora appellante.
3. Avverso tale decisione T.R. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
4. Ha resistito l’intimato con controricorso e successiva memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente ex art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c. denuncia “violazione e/o falsa applicazione del contratto collettivo Metalmeccanico Aziende Industriali, art. 1, lett. C), Titolo II, Sezione IV del CCNL. Violazione dell’art. 1362 e ss. c.c.”.
Per la ricorrente, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello, non poteva dubitarsi, sulla scorta del tenore letterale della clausola contrattuale di riferimento, che la mobilità tra la seconda e la terza categoria, per il caso de quo, non sia automatica, ma che al contrario sia subordinata ad un doppio requisito, che comporta, da un lato, l’accertamento/verifica/istruttoria da parte del datore di lavoro dello svolgimento per almeno 18 mesi di mansioni superiori, e, dall’altro, la previa richiesta da parte del lavoratore che intenda conseguirla.
2. Con un secondo motivo, in subordine, denuncia ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c. “motivazione insufficiente e obiettivamente incomprensibile” e “2 bis) in ogni caso art. 360, comma 1, n. 1, per violazione e/o falsa applicazione del Contratto Collettivo Metalmeccanico Aziende Industriali, art. 1, lett. C), Titolo II, sezione IV, lett. C), II, lett. c) del CCNL, con riferimento al dato testuale relativo ai macchinari”.
3. Con un terzo motivo denuncia: “Art. 360 comma 1 c.p.c. n. 3, in ogni caso, per violazione e/o falsa applicazione dell’accordo d.d. 18.08.2013 e degli artt. 2077 e 2103 c.c. Insussistenza di differenze retributive per il periodo 1.7.2013-07.07.2015”.
4. Il primo motivo è fondato per quanto di ragione, nei termini che si passa ad illustrare.
4.1. Va premesso che è corretta deduzione di tale motivo, ammissibile nella sua formulazione e con allegazione (sub p.to D1) al ricorso del CCNL Industria Metalmeccanica 20.1.2008, e che l’interpretazione diretta di questa Corte del CCNL, per la parifìcazione della denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, sul piano processuale, a quella delle norme di diritto, comporta, in sede di legittimità, l’interpretazione delle loro clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 ss. c.c.) come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione (Cass. 6335/2014; Cass. 35607/2023).
5. Il Contratto collettivo nazionale di lavoro in data 20 gennaio 2008 per le lavoratrici e i lavoratori addetti all’industria metalmeccanica privata e alla installazione di impianti, nell’ambito della Sezione IV (relativa alla “Disciplina del rapporto individuale di lavoro”), reca al Titolo II le norme circa “Classificazione del personale e particolari tipologie di lavoratori”.
Il lungo art. 1 di tale Titolo II, che riguarda anzitutto la “classificazione dei lavoratori” in ordine ascendente dalla 1^ categoria, quella più bassa, alla 7^ categoria, la più elevata (sub lett. A), e, quindi, i “Quadri” (sub lett. B), al punto C) contiene complesse previsioni in tema di “Mobilità professionale”.
Per quanto qui soprattutto interessa, dopo talune premesse, il § II dell’ora cit. punto C), detta specifiche disposizioni circa il “Passaggio dalla 2^ categoria alla 3^ categoria”.
5.1. E’ pacifico che il lavoratore invocava l’applicazione in proprio favore della lett. c) del § II del punto C). In particolare, tale § II recita: “Nell’ambito delle esigenze organizzative ed economico-produttive dell’azienda, come è detto in premessa del presente punto C), i passaggi dalla 2^ alla 3^ categoria avverranno come segue: … c) per i lavoratori inseriti in figure professionali articolate, l’assegnazione alla 3^ categoria avverrà previo accertamento della capacità del lavoratore concretamente dimostrata di svolgere funzioni di livello superiore.
Tale capacità verrà accertata attraverso la sperimentazione di un periodo di almeno un mese in compiti di livelli superiori, trascorsi 18 mesi nell’espletamento delle funzioni proprie della professione, ritenuti di regola sufficienti ad acquisire le necessarie capacità; …”.
5.2. Nota preliminarmente il Collegio che quello previsto dalla lett. c) ora riportata non è l’unico “canale” di mobilità verticale (la premessa sub 4) del punto C) parla appunto di “mobilità verticale”) contemplato dal § II, ai fini del “Passaggio dalla 2^ alla 3^ categoria”: le lett. a), b) e d) del medesimo § II, infatti, descrivono ulteriori ipotesi di tale “passaggio”, in sintesi a seconda delle posizioni, dei titoli di studio o professionali o di altri requisiti posseduti dai lavoratori, in ogni caso inquadrati nella categoria 2^ di partenza, vale a dire, quella già posseduta.
Come già evidenziato, nel caso in esame rileva direttamente in causa il dettato della lett. c) del § II, perché sullo stesso si fonda la domanda del lavoratore, pur se sul terreno squisitamente interpretativo deve considerarsi il completo contenuto del § II, che, a rigore, costituisce un’unica “clausola”, sebbene articolata, della fonte collettiva in parte qua.
6. Tanto per ora rilevato, l’interpretazione confermata dalla Corte di merito, secondo la quale tale lett. c) reca <La previsione di un passaggio automatico, ma all’esito di un periodo di svolgimento delle mansioni “superiori” di 18 mesi>, è contraria anzitutto al principale canone ermeneutico legale di cui all’art. 1362, comma primo, c.c.
Invero, già il tenore testuale della singola lett. c) del § II è fin troppo chiaro anzitutto nello stabilire, “per i lavoratori inseriti in figure professionali articolate”, che la loro assegnazione “alla 3^ categoria avverrà previo accertamento della capacità del lavoratore concretamente dimostrata di svolgere funzioni di livello superiore”.
Questa prima parte della disposizione collettiva, quindi, non implica il benché minimo “automatismo” per tale forma di “passaggio”, legata, non al mero svolgimento di determinate mansioni per un determinato periodo, ma a precipuo e concreto accertamento, che è precisato dover essere “previo”, vale a dire, precedente allo stesso passaggio.
E il seguito della stessa lett. c) esprime semplicemente una specificazione di come debba espletarsi detto “previo accertamento”, nel senso, cioè, che la “capacità del lavoratore concretamente dimostrata di svolgere funzioni di livello superiore” deve essere “accertata attraverso la sperimentazione di un periodo di almeno un mese in compiti” appunto “di livelli superiori”.
6.1. Inoltre, l’inciso conclusivo della stessa lett. c), e, cioè: “trascorsi 18 mesi nell’espletamento delle funzioni proprie della professione, ritenuti di regola sufficienti ad acquisire le necessarie capacità”, sempre nel suo tenore letterale e logico sintattico, sta a significare due cose distinte, ma collegate.
In primo luogo, vuol dire che la “sperimentazione” in questione di almeno un mese si colloca cronologicamente una volta “trascorsi 18 mesi nell’espletamento delle funzioni proprie della professione”, cioè dopo detto periodo (si noti in tal senso l’uso del modo futuro “verrà accertata” in relazione alla capacità da accertarsi attraverso la sperimentazione, e l’adozione, invece, del participio passato “trascorsi” a proposito dei 18 mesi).
In secondo luogo, lo stesso inciso intende specificare che quel periodo di 18 mesi, una volta decorso, viene reputato “di regola”, ma non senz’altro, sufficiente “ad acquisire le necessarie capacità”, infatti restando comunque necessario l’accertamento di tali capacità “attraverso la sperimentazione” successiva a detto periodo.
6.2. Ancora, il periodo di “18 mesi nell’espletamento delle funzioni proprie della professione” non si riferisce allo “svolgimento delle mansioni appartenenti alla categoria superiore”, come invece a più riprese opinato dalla Corte territoriale nella sua motivazione.
Invero, tanto la norma collettiva in parte qua non dice; e, peraltro, in tale prospettiva si tratterebbe dello svolgimento di fatto di mansioni superiori rispetto al formale inquadramento da considerare rispetto alla disciplina legale di cui all’art. 2103 c.c., cui, invece, l’intero punto C), Titolo II, della parte IV, del CCNL non fa il benché minimo cenno (cfr. a riprova il successivo art. 2 dello stesso Titolo II, dedicato, invece, al “Passaggio temporaneo di mansioni”).
Nel senso sostenuto dalla Corte distrettuale, inoltre, l’inciso risulterebbe in contrasto con la parte immediatamente precedente della previsione in cui l’impiego del lavoratore interessato al passaggio “in compiti di livelli superiori” è sì contemplato ma in via di “sperimentazione” per il periodo di almeno un mese, allo scopo, come già messo in luce, di accertare l’effettivo raggiungimento della capacità richiesta per svolgere funzioni della 3^ categoria.
7. Nella medesima direzione interpretativa depongono ulteriori rilievi in ossequio all’altro criterio ermeneutico legale di cui all’art. 1363 c.c.
7.1. Più nello specifico, mentre in taluni casi il mero decorso di indicati periodi di tempo di svolgimento delle mansioni di attuale inquadramento è di regola, ma secondo varie declinazioni, sufficiente di per sé, talvolta a livello presuntivo, a produrre l’inquadramento superiore (cfr. il § I per il “Passaggio dalla 1^ alla 2^ categoria”; e le lett. a) e b) del § II ora in esame), anche per i lavoratori, la cui posizione è considerata nella lett. d) dello stesso § II, è previsto che “l’idoneità al passaggio verrà accertata attraverso la sperimentazione per un periodo di un mese nello svolgimento dei compiti di livello superiore, trascorsi 36 mesi nell’espletamento delle funzioni proprie della professione, ritenuti di regola sufficienti ad acquisire la necessaria capacità”.
7.2. In definitiva, il riferimento nella lett. c) in esame all’ “espletamento delle funzioni proprie della professione”, è da intendersi come relativo all’espletamento delle funzioni proprie dell’attuale inquadramento nella 2^ categoria.
8. Infine, occorre considerare che tra le premesse del punto C), come si è visto, esplicitamente richiamate in apertura del § II, è compresa quella di cui al punto 4), secondo la quale: “Il sistema prevede una mobilità verticale nell’ambito delle esigenze organizzative ed economico-produttive dell’azienda e pertanto non darà luogo ad una dinamica automatica ed illimitata”.
E di analogo significato è la “Norma transitoria” in calce al § II in commento, che recita: “Eventuali accordi aziendali che prevedano il passaggio automatico a categorie superiori continueranno ad essere applicati esclusivamente ai lavoratori a suo tempo individuati dagli accordi medesimi”.
8.1. Pertanto, anche in base a tali disposizioni, che manifestano un tendenziale sfavore delle parti collettive rispetto a passaggi di categoria seccamente automatici (intenzione da valutare sempre ex art. 1362, comma primo, c.c.), oltre che in base al completo tenore letterale della lett. c) del § II, deve escludersi che quest’ultima contempli un passaggio c.d. automatico all’esito di un periodo di svolgimento delle mansioni superiori di 18 mesi.
9. Conclusivamente, il § II, lett. c), del punto C) dell’art. 1 del Titolo II della Parte IV del CCNL Industria Metalmeccanica privata del 20 gennaio 2008, recante la disciplina del “Passaggio dalla 2^ alla 3^ categoria”, dev’essere interpretato nel senso che, “per i lavoratori inseriti in figure professionali articolate”, “l’assegnazione alla 3^ categoria avverrà previo accertamento della capacità del lavoratore concretamente dimostrata di svolgere funzioni di livello superiore”, e che l’accertamento di “tale capacità” è da compiere “attraverso la sperimentazione di un periodo di almeno un mese in compiti di livelli superiori”; sperimentazione, a sua volta, da operare una volta che siano “trascorsi 18 mesi nell’espletamento delle funzioni proprie” della 2^ categoria assegnate e svolte; periodo, questo, di regola sufficiente “ad acquisire le necessarie capacità”.
10. L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento degli ulteriori due motivi.
11. Pertanto, in accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri motivi, la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla medesima Corte territoriale che, in differente composizione, oltre a regolare le spese anche di questo giudizio di cassazione, dovrà riesaminare il caso in conformità all’interpretazione, sopra illustrata, delle specifiche disposizioni collettive nazionali da applicare.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarati assorbiti gli altri due motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Trento, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese anche di questo giudizio di legittimità […]”.
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