La tempesta perfetta. Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia. Rapporto di Libera e Lavialibera
30 Novembre 2020“La tempesta perfetta. Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia.
Fonte: Libera Associazioni, nomi e numeri contro le mafie; Lavialibera.
Roma 30 novembre 2020.
1.Mafie e Covid: fatti l’uno per l’altro. È quanto risulta dal Rapporto curato da Libera e Lavialibera dal titolo: “La tempesta perfetta. Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia”. Il Rapporto fotografa il grado dell’infezione mafiosa ai tempi del Covid . Nel rapporto convergono dati e analisi desunti dal lavoro compiuto dalle forze dell’ordine: Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza e dalle relazioni istituzionali della Direzione Investigativa Antimafia, della Procura Nazionale e degli studi e rapporti sul riciclaggio della Banca d’Italia.
2.Dal turismo e ristorazione, dal settore sanitario a quello dei rifiuti, dagli appalti e all’energia, fino alla grande finanza. Secondo il Rapporto, l’infezione sanitaria del virus affianca l’infezione finanziaria mafiosa. «Senza dimenticare le opere di ristrutturazione ed ampliamento delle Residenze sanitarie per anziani, che dovranno essere riorganizzate, con conseguenti appalti da assegnare e materiale sanitario da approvvigionare, potrebbero suscitare interesse da parte dei clan. L’emergenza in atto, inaspettata e di enormi proporzioni, potrebbe determinare una crescita esponenziale dei profitti derivanti dal malaffare -afferma il Rapporto-. E se la rapida diffusione del coronavirus in Italia ha colto tutti impreparati, ciò non succede per le grandi organizzazioni criminali che sono in grado di farvi fronte più agevolmente perché nel loro tessuto connettivo è insita la capacità di rapido adattamento ai mutamenti economici e sociali. Le mafie hanno infatti un enorme vantaggio rispetto allo Stato: la rapidità di pensiero e di esecuzione. Ovviamente sfruttando il vantaggio di non avere regole, se non quelle interne al clan».
3.I mafiosi e i corrotti, dopo aver osservato la scena della tragedia, “ora sono in agguato o già operanti, come si evidenzia dall’incremento di alcuni reati spia -continua Libera -. Si registra un’impennata, con un andamento disomogeneo a livello territoriale, del numero di interdittive antimafia emesse dalle prefetture nei confronti di aziende controllate o condizionate dalle organizzazioni criminali. Nei primi nove mesi dell’anno si viaggia alla media di sei interdittive al giorno. Il ministero dell’Interno ne registra 1.637 (nello stesso periodo del 2019 erano state 1540) con un incremento del 6,3 per cento. Gli aumenti maggiori si registrano in Campania che passa dalle 142 interdittive del 2019 alle 268 del 2020 (+229 per cento) segue Emilia Romagna con + 89 per cento. Da segnalare le nuove entrate della Sardegna che passa da zero interdittive del 2019 alle otto del 2020, le Marche da zero del 2019 alle dieci del 2020, Trentino Alto Adige da zero a due interdittive. Significativo il dato del Molise che passa dalle sei interdittive del 2019 alle 28 del 2020(+366 per cento) e della Toscana con 26 interdittive nel 2020 erano dieci nel 2019( +160 per cento)».
4.In seguito agli approfondimenti delle specifiche segnalazioni riguardanti le anomale operatività bancarie così come trasmesse dall’U.I.F nel periodo aprile-settembre 2020, hanno generato 23 atti d’impulso di indirizzo pre-investigativo collegati alla criminalità organizzata, che vede il coinvolgimento di 26 Direzioni Distrettuali competenti e 128 soggetti attenzionati. “Nel 2019 erano stati 18 gli atti d’impulso di indirizzo pre-investigativo e 62 i soggetti attenzionati. Come si legge nella Relazione annuale della Dna, nel dettaglio il 31 per cento degli atti di impulso riguardano contesti riferibili alla camorra da comprendersi anche clan federati nel cartello dei cd. casalesi, seguiti con il 19 per cento dalla ‘ndrangheta e, in percentuale minore, 8 per cento da Cosa Nostra siciliana. “Ben il 38 per cento riguarda le altre organizzazioni criminali con particolare riferimento ai Casamonica e Fasciani. Sette attività pre-investigative riguardano la DDA di Roma, segue con 3 attività pre-investigative la DDA di Napoli e di Ancona”.
5. Da valutare con cautela, infine, l’incremento dei fenomeni di usura, in crescita nei del 6,5 per cento passando da 92 a 98 episodi denunciati nei primi sei mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2019 .
6.Allarme per i cybercrimes: prendono di mira importanti aziende italiane, e dietro ci sono organizzazioni criminali sia italiane sia straniere. L’allarme viene confermato dalla forte crescita delle segnalazioni della Polizia postale: dal 1 gennaio al 29 ottobre 2020 sono stati rilevati 476 attacchi informatici contro i 105 del 2019.
7.Non cambia la situazione a livello europeo. I sequestri di droghe illegali in alcuni paesi dell’UE durante la prima metà del 2020 sono stati maggiori rispetto agli stessi mesi degli anni precedenti: 14 tonnellate in Spagna tra marzo e aprile, sei volte la quantità scoperta nello stesso periodo del 2019, altre 18 tonnellate in Belgio -sei in più dell’anno scorso-, 4,5 in Olanda (fonte Europol).
8.Nel Rapporto viene presentato uno studio dei ricercatori della Banca d’Italia che hanno analizzato l’impatto dello shock generato dall’epidemia di Covid-19 sul fabbisogno di liquidità, la patrimonializzazione, la redditività e la struttura finanziaria di circa 730.000 società di capitali italiane. I dati si riferiscono per le sole società di capitali, che costituiscono un sottoinsieme altamente rappresentativo delle imprese attive in Italia (80 per cento del valore aggiunto e 87 per cento del fatturato complessivi). Nel dettaglio -scrivono i ricercatori Banca d’Italia- in assenza delle misure di sostegno, la riduzione dei fatturati generati dall’emergenza Covid-19, avrebbe determinato un fabbisogno di liquidità di circa 48 mld di euro per 142.000 imprese (19 per cento del campione totale). Le misure di sostegno previste dal Governo hanno permesso a 42.000 delle 142.000 imprese di fronteggiare le loro esigenze di liquidità. Il fabbisogno di liquidità delle rimanenti 100.000 imprese ammonterebbe però a circa 33 mld di euro. Centomila imprese, un numero cifra che preoccupa e che pone tanti interrogativi. Quante di queste imprese ritorneranno sul mercato salvate da una liquidità “sporca” che necessita di essere riciclata? Una domanda per ora senza risposta. “Oggi- commenta Libera- sappiamo che queste imprese si trovano in difficoltà per carenza di liquidità e per sotto patrimonializzazione, il timore è che domani una significativa frazione di queste imprese rischi di rappresentare un interessante obiettivo per la criminalità organizzata. Speriamo solo di essere smentiti.
9.Non possiamo abbassare la guardia: è alto il rischio delle organizzazioni criminali di mettere le mani sui fondi europei per la ripresa economica, quasi 209 miliardi di euro spettanti all’Italia del Next generation EU (ex Recovery Fund), circa il 28% dei 750 miliardi di euro previsti dal Consiglio Europeo per gli Stati Membri. “È più che mai necessario -conclude Libera- oggi, unire forze e competenze, vigilare sulla corretta distribuzione dei fondi europei per contrastare non solo la pandemia ma anche le organizzazioni criminali, parassiti della società favoriti da quelle forme virali che da troppo tempo infettano la democrazia: complicità, disuguaglianze, divisioni”.
1° Asse. Investire nel sociale. Per costruire progressivamente le reti pubbliche dei servizi socio-sanitari territoriali, anche con un ruolo centrale del Terzo settore. Per prevenire futuri rischi sanitari e sociali, specie per i più deboli. Per puntare così ad un’Italia più giusta, nella quale siano riconosciuti a tutti i diritti di cittadinanza. Per creare occasioni per nuove occupazioni qualificate, soprattutto per i giovani e le donne. La coesione sociale è la prima pre-condizione indispensabile per lo sviluppo, soprattutto al Sud.
2° Asse. Investire nell’istruzione pubblica. Per accrescere quantità e qualità degli apprendimenti, lungo tutta la filiera scolastica e in tutti i territori: dai servizi per l’infanzia al recupero dei vuoti didattici e di socialità causato dal Covid e dagli abbandoni. Con investimenti strutturali nelle scuole, e la promozione di “comunità educanti” animate da istituzioni scolastiche e soggetti del privato sociale. Nell’università, per aumentare le immatricolazioni con meno tasse e più diritto allo studio, e dare prospettive a più giovani ricercatori e docenti. Il sapere è l’ingrediente più importante per ricostruire l’Italia, soprattutto al Sud.
3° Asse. Investire sulla mobilità. Servono “grandi opere”, con effetti lontani nel tempo, ma anche e soprattutto un piano di interventi fisici puntuali di ricucitura ed efficientamento delle reti e contemporaneamente l’attivazione di servizi, anche nuovi, di trasporto urbano e di corto e medio-lungo raggio. Per accrescere le “capacità” delle periferie, rivitalizzare il terziario nei centri storici, aumentare l’integrazione fra le economie urbane e i territori circostanti. Riconnettere l’Italia e in particolare il Sud e tutte le aree marginalizzate è una precondizione per lo sviluppo dell’intero paese.
4° Asse. Investire sui luoghi. Dedicare risorse alla valorizzazione della varietà territoriale e ambientale dell’Italia: sostenere le produzioni tipiche, la qualità e biodiversità agricola, i beni culturali, un turismo più sostenibile, la produzione diffusa di energia da fonti rinnovabili, la prevenzione e tutela del suolo, soprattutto sull’Appennino; la rigenerazione dei patrimoni immobiliari anche per accrescere l’offerta di abitazioni per le famiglie a basso reddito¸ le forme di auto-organizzazione sociale locale. La ricostruzione è più forte con il contributo di tutti i luoghi, in tutto il paese.
5° Asse. Investire sulla qualità delle imprese. Rafforzare il tessuto di imprese industriali e terziarie in tutta Italia, favorendone la crescita dimensionale, una forte innovazione anche a matrice digitale, le convenienze a occupare di più (anche riducendo gli oneri contributivi sul lavoro e favorendo stabilmente le assunzioni di personale più qualificato, specie al Sud), investendo sui propri dipendenti. A stabilire legami con altre imprese e con una rete nazionale per la diffusione delle innovazioni. Il lavoro si crea con la qualità e i diritti.
Ma che cosa fare ancora non basta, senza una proposta sul come farlo.
10. Per come l’Italia è organizzata oggi difficilmente può realizzare un Piano di Rilancio presto e bene. L’esperienza dei programmi dei fondi strutturali è chiara: pletoricità degli obiettivi, frammentazione degli interventi, procedure complesse, lentezza nelle realizzazioni, scarso coordinamento fra gli interventi straordinari e ordinari. Non basta distribuire risorse, in particolare alle Regioni, sperando che questa volta le cose vadano meglio.
11. È un problema di governance. Occorrono scelte chiare e precise, sugli obiettivi e sulla “missione” del Piano. Ed è indispensabile rafforzare un governo centrale della sua attuazione: l’interfaccia con l’UE, le Regioni e le autonomie locali, con il Parlamento; anche potenziando le attuali strutture di coordinamento (come le Conferenze), con le rappresentanze delle forze sociali e del privato sociale. Passando dalla logica della mera distribuzione di risorse ai singoli attori e livelli istituzionali ad un processo in cui ciascuno ha obiettivi e tempi chiari.
12. Per attuare il Piano deve esse definito un insieme di modalità di intervento e di tipologie di progetti validi in tutto il paese, chiunque le realizzi; in ciascun territorio si tratterà di definire il loro mix ottimale, e di accompagnarne l’effettiva attuazione: non di ridisegnare ogni volta misure e procedure. Sono cruciali interventi per la semplificazione delle norme e degli iter procedurali, per ottenere sostanziali accorciamenti dei cicli dei progetti, e una velocità di spesa molto maggiore.
13. Le Amministrazioni Comunali dovranno avere un ruolo centrale nella realizzazione di molti degli interventi. Per questo, devono essere rapidamente potenziate le loro dotazioni di personale qualificato e ripensate le loro modalità organizzative, anche con un uso molto più intenso delle tecnologie digitali. Un ruolo centrale dei Comuni, delle unioni di Comuni e dell’Anci nella ricostruzione è fondamentale.
14. Alle imprese a partecipazione pubblica nell’ambito del Piano di Rilancio dovrebbero essere affidate importanti, specifiche “missioni” (per la mobilità, per i servizi digitali, per la transizione energetica), nel rispetto dell’autonomia manageriale e dell’economicità della loro azione.
[1] Sul Piano di Rilancio, si v. il Programma Nazionale di Riforma (PNR), in “Documento di Economia e Finanza 2020. Sezione III”; www.mef.gov.it). Il PNR, presentato dal Governo l’8 luglio 2020, s’inserisce nell’ambito dei documenti e delle procedure che formano il Semestre europeo, elencando le priorità di riforma definite dal Governo sulla scorta delle Raccomandazioni specifiche per l’Italia che, su proposta delle Commissione, sono state adottate dal Consiglio dell’UE a luglio 2019. L’esame parlamentare si è concluso il 29 luglio 2020 con l’approvazione delle risoluzioni di maggioranza relative al PNR e alla richiesta di autorizzazione al nuovo “scostamento di bilancio” (ulteriori 25 miliardi di Euro). La strategia complessiva del Governo italiano mira al rilancio del Paese attraverso il sostegno all’economia con interventi volti a sbloccare la crescita economica del Paese, raccogliendo le sfide dell’innovazione e della sostenibilità ambientale e sociale. Il PNR risponde, in tal senso, alle Raccomandazioni approvate dal Consiglio Europeo nel 2019 ispirate all’Annual Sustainable Growth Strategy della Commissione Europea e allo European Green Deal. Obiettivi principali del PNR sono: rafforzare la crescita grazie all’innovazione e alla modernizzazione del Paese; migliorare l’equità e l’inclusione sociale; promuovere e incentivare la sostenibilità ambientale. Per conseguire tal obiettivi il Governo intende adottare misure come: il rilancio degli investimenti pubblici; l’aumento delle spese per l’istruzione, la ricerca e lo sviluppo; il rilancio degli investimenti privati; il rilancio di importanti filiere e settori produttivi; riforme volte a rafforzare la competitività dell’economia e a migliorare l’equità, l’inclusione sociale e la sostenibilità ambientale; riforme fiscali (nota della Redazione di q. giornale).
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